Irresistible09
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
9°
Capitolo.
"Tesoro, non è decisamente il caso che tu vada a scuola
oggi."
proclamò la zia, dopo aver dato un'occhiata al termometro.
"Ma zia..." bofonchiò Peter, posando successivamente la mano
sulla bocca, tossendo per un lungo istante "... sto bene, non
è
così alta e-"
"Oh no Pete, tu rimani qui." esclamò la donna, con un
sospiro,
sistemandosi meglio sul letto per guardarlo in faccia "E' meglio che ti
prenda un giorno di riposo in casa ora, piuttosto che stare male a
scuola dopo. Poi guardati, stai tremando e hai una brutta tosse...
potresti
peggiorare."
Il nipote tacque a quelle parole, sistemando la testa vicino alle sue
gambe, in modo che la parente potesse sfiorargli delicatamente i
capelli.
Ammalarsi in pieno maggio dove, a parte per la giornata del giorno
prima, c'era un sole che spaccava le pietre, era una cosa davvero
assurda - e da sfigato, se proprio doveva dirlo.
Per non parlare del fatto che era il periodo in cui, solitamente, a
scuola riempivano di compiti in classe quindi non era proprio il caso
di-
"Oh caro, posso leggere nella tua bella testolina quello che pensi."
disse May con tono di voce affettuoso, dandogli un buffetto sulla
guancia "So che è un periodo stressante ma vedrai, anche se
mancherai qualche giorno, sono sicurissima che recupererai senza
problemi. Sei tanto intelligente Pete, e sai che se hai bisogno, io e
tuo zio saremo sempre pronti per aiutarti."
Il moro sorrise lievemente a quelle parole incoraggianti, per poi
guardare sua zia alzarsi e sgranchirsi lievemente la schiena.
"Però devo ammettere che sei stato un po' sconsiderato ieri
sera." proclamò la donna, sospirando nuovamente "Insomma,
ieri
sei tornato a casa fradicio e sei andato a letto senza praticamente
toccare cibo... Capisco che sei giovane, ma non sei invincibile,
pulcino. Fai più attenzione la prossima volta, okay?"
Il newyorkese tacque per un lungo istante, per poi annuire debolmente
con la testa.
"Bene." sussurrò la zia, dandogli poi un bacino in fronte
"Ti ho
sgridato abbastanza, ora cerca di riposare, okay? Devo uscire a fare
qualche commissione, ma ti lascio sul comodino qualcosa da mangiare e
la medicina. Cerca di sforzarti e prenderla, va bene?"
Si avvicinò lentamente alla porta, in procinto di uscire,
per poi indicargli la sedia.
"Prima che me ne dimentichi, ti ho lavato i vestiti di ieri, te li ho
appoggiati sulla sedia. Quando ne hai voglia, conservali, okay?"
Come la donna andò via, chiudendo la porta alle sue spalle,
Peter non potè fare a meno di posare lo sguardo sui vestiti
piegati e, più precisamente, sulla tuta prestata da un certo
qualcuno.
Improvvisamente, i terribili ricordi della serata di ieri apparirono
nella sua mente e, rannicchiandosi nel lenzuolo, per la prima volta
nella sua vita, si rese conto che non era poi così
dispiaciuto
di stare a casa quel giorno.
Insomma, chi glielo faceva fare di stare in un ambiente dove veniva
costantemente preso di mira?
Certo, ora sembrava averli tenuti ' a bada ' ma chi glielo diceva che
la cosa sarebbe durata?
Detto sinceramente, non aveva mai odiato l'umanità come in
quel momento.
Se non fosse stato per quei tre amici che aveva a scuola, lui-
... Ah già, erano tornati ad essere due.
Si morse il labbro inferiore, al ricordo della terribile discussione
con Wade che l'aveva portato a chiudere ogni rapporto con lui.
Aveva sentimenti contrastanti in merito a quella faccenda in quanto,
sì, sapeva che aveva esagerato - la situazione avvenuta
negli
spogliatoi della scuola non era stato di certo un toccasana per i suoi
nervi - ma il canadese non aveva fatto niente per
impedirlo.
Non aveva detto niente quando l'aveva accusato di allontanarlo o di
come lo considerasse in generale.
A pensarci meglio, non aveva detto proprio niente.
Tuttavia, ricordava perfettamente i suoi occhi sbarrarsi, le labbra
dischiudersi in una smorfia di puro dolore e la mano libera stringersi
in un pugno, come gli aveva annunciato la chiusura del loro rapporto.
Davvero, più ci pensava e più il minore non
capiva cosa
gli passasse per la testa e, soprattutto, perchè non avesse
detto neanche una minima parola.
Si odiava per questo, ma nonostante fosse stato il primo a chiudere il
rapporto con l'altro, era anche vero che era il primo che ogni volta
guardava il cellulare, speranzoso di un suo messaggio che magari lo
esortava a fare pace con lui.
Ovviamente, sapeva che era solo uno stupido e, il fatto che avesse una
cotta gigantesca per l'altro, lo rendeva ancora più stupido.
Sospirando sconsolato, posando una mano sul petto che gli faceva male
per tutti quei pensieri, pensò che dopotutto, non gli
avrebbe
fatto poi così male stare a casa.
... Anche se, i terribili brividi di freddo che gli percorrevano il
corpo, la tosse e gli occhi lucidi che si facevano via via pesanti, gli
davano l'idea che sarebbe mancato per un po' a scuola.
Prima di addormentarsi, Peter si chiese se il biondo avesse il cuore
spezzato come ce l'aveva lui in quel momento.
****************
Come il newyorkese si svegliò, dopo qualche ora, un
terribile
mal di testa lo obbligò a borbottare, per maledirsi in
centomila
lingue diverse.
Chi glielo aveva fatto fare di ridursi in questo modo?
Nonostante ogni fibra del suo corpo gli ordinasse di andare in un
letargo tattico, il moro si autoimpose di mangiare qualcosa e prendere
la medicina, sperando che questo lo aiutasse a stare subito meglio.
A tentoni, allungò il braccio verso il comodino, in cerca
dei
suoi occhiali e come li indossò - focalizzando quello che,
fino
a quel momento, erano macchie indistinte - potè guardare con
disgusto
quello che la zia gli aveva lasciato, per poi piangere dentro al suo
stesso pensiero: una fetta di pizza.
In situazioni normali, avrebbe mangiato più che volentieri
la
pizza avanzata dal giorno prima - anche se era poco probabile che ne
sarebbe avanzata, in caso - ma quando stava così male,
qualsiasi cibo diventava stomachevole, anche il più
invitante.
E ciò significava solo una cosa: non gli sarebbe bastato un
giorno per rimettersi.
Sbuffando a quel pensiero, cercò di sistemarsi come meglio
poteva sul letto e addentò l'alimento il più
lentamente
possibile controvoglia, per poi ingoiare la pastiglia.
Una forte nausea si impadronì di lui e, stanco morto,
sperò
che gli passasse in fretta, almeno così poteva tornare a
dormire.
Tuttavia, in un baleno, il suo malessere passò per un
istante in
secondo piano in quanto, una gamba - insieme al resto di un corpo -
stava entrando dalla finestra di camera sua.
Non ebbe manco la forza di urlare per lo spavento, semplicemente smise
di respirare e, molto probabilmente, sarebbe svenuto se non fosse che
quasi subito riconobbe la persona che aveva scavalcato la finestra di
camera sua come se nulla fosse.
"E tu cosa ci fai qui?!"
"Ciao a te, Petey pie." cinguettò come se nulla fosse Wade,
pulendosi i vestiti dalla terra e dalle foglie.
"Io- tu-" balbettò il più piccolo senza fiato
"Cioè, sei salito al piano di sopra utilizzando l'albero
fuori in
giardino--? Ma è una pazzia, potevi romperti l'osso del
collo e-"
In quel preciso momento, si mise a tossire per un lungo istante,
tant'è che fu costretto a strizzare gli occhi e mise le mani
sopra la bocca.
Come li riaprì, lacrimando per lo sforzo,
sussultò trovandosi il biondo a qualche centimetro dalla sua
faccia.
"Non hai una buonissima cera, uh." mormorò pensieroso,
osservandolo per un lungo istante "Quindi è per questo che
non
sei andato a scuola oggi?"
"... Per quale altro motivo, sennò?"
Il biondo non rispose e, come cercando di cambiare argomento,
indicò il termometro sul comodino.
"Quanto hai?" chiese con sincera preoccupazione
"Niente fahrenheit, eh! Da nobile canadese alpha, mi rifiuto
di
usare i vostri barbari metodi di misurazione!"
"Ah, uh..." mormorò Peter, troppo debole per ribattere alle
sue
fesserie "Dovrebbe essere... 38° celsius. Circa. Forse qualcosa
in
meno, uh, non ho voglia di fare calcoli."
"O- emme- gi!" esclamò immediatamente l'altro, posando le
mani
sulle guance, con fare scioccato "Cosa fai Petey, devi correre
immediatamente a letto! Ah no, cioè, sei già a
letto- ma
sai, insomma, dovresti riposare- oddio, forse lo stavi già
facendo e-"
Mentre il biondo continuava praticamente a parlare da solo, Peter non
poteva che chiedersi che diavolo ci facesse l'altro in quella casa.
Insomma, avevano litigato, chiuso per sempre, e allora
perchè?
Come se non bastasse, c'erano un'infinità di motivi per cui
non voleva il canadese in stanza.
Punto primo, era in condizioni ancora peggiori del solito -
non si era visto ancora allo specchio, ma ne era più che
sicuro.
Secondo, era in pigiama e non quei pigiami fighi, no, aveva un
pigiama stra largo e stra usato comprato a chissà quale
mercatino delle pulci - giusto per rimarcare ulteriormente la sua
povertà.
E terzo - ma non ultimo - motivo, era proprio la sua stanza,
che trasudava nerd da tutti i pori.
Infatti, nella seppur piccola stanza di Peter Parker, oltre ad un
piccolo armadio malandato, un letto a una piazza e mezzo, un comodino
ed una scrivania ricolma di libri, scartoffie e un portatile aggiustato
chissà quante volte, aveva appeso nei muri tutti vari
telefilm
che seguiva - mai come ora era pentito di non aver tolto quel poster di
Xena che lo fissava con sguardo sprezzante - o foto di cui andava
particolarmente fiero.
In quei pochi scaffali che si ritrovava, si potevano trovare tutti vari
premi e trofei legate a cose di natura scientifica, oltre a due action
figure di Iron Man e di Capitan
America - perchè, insomma, chi non era fan di Steve Rogers?
-
regalate da Harry quando erano piccoli e poi libri, libri e ancora
libri.
Aveva già detto libri?
Infine, in uno spazietto che gli era particolarmente caro - e di cui
andava fiero, nonostante l'imbarazzo - c'era uno scaffale dove teneva
le foto a cui teneva di più.
La foto dove raffigurava Peter e lo zio Ben e la loro prima volta a
pesca assieme, la volta che aveva ricevuto la macchina fotografica dai
suoi zii, il primo compleanno passato con Harry, la prima uscita con
Mary Jane ed Harry... Insomma, tutti i suoi ricordi più cari.
A pensarci, non aveva fatto in tempo a fare neanche una foto insieme a
Wade, nonostante lui per primo la volesse.
... O beh, in ogni caso, ormai era tardi.
****************
"Petey!"
Sentendosi chiamare, il più piccolo riaprì gli
occhi, guardandosi in giro spaesato.
Quando diavolo si era addormentato? E da quanto tempo Wade stava nella
sua camera?!
"Ow, mi sa ti eri appena addormentato, uh." mormorò il
canadese, inclinando il viso "Devi
stare davvero tantissimo male, principessa. Insomma, se te lo sei
perso, avevo preso il tuo gameboy e vedevo che hai solo Super Mario e
parlavo del fatto che-
aspetta."
Si bloccò per qualche istante, fissando il moro e poi la sua
vecchia console.
"C'è la principessa Peach. E tu sei Peter Parker.
Principessa. Peter. Peach. Parker. P.P. Capisci??"
Ovviamente, non aveva idea di che cavolo stesse parlando e non aveva
troppa voglia di scerverllarsi per capire come funzionasse il suo
cervello bacato.
"... Uh, Wade, tu sei venuto qui, perchè...?"
"Ah! GIUSTO."
Con un sorrisetto soddisfatto, il biondo estrasse un quaderno dal suo
zaino, indicandolo con l'indice.
"Tadaaaan!"
Non ricevendo alcun tipo di risposta, avvicinò il quaderno
alla
faccia di Peter, e ripetè la parola in tono più
alto.
"TA-DAAA-"
"Wade, sono ammalato, non sordo." mormorò il newyorkese con
un
sospiro, prendendo poi l'oggetto fra le mani "Che sarebbe?"
"Beeeeeh, oggi hai saltato la nostra intensa sessione di studio e,
insomma, ho chiesto nella tua classe eeee...."
Fece un lungo respiro profondo, facendo un sorrisone, come preparandosi
al 'gran finale'.
"... eeee ho chiesto ad una tua compagna se poteva prestarmi il suo
quaderno, sai, per gli appunti."
Con sguardo molto perplesso - perchè, insomma, chi diavolo
prendeva appunti oltre a lui?? - guardò sulla prima pagina,
per
vedere a chi appartenesse quel quaderno e sospirò, posando
una
mano sulla faccia.
"Sai almeno chi è Elizabeth Allan?" chiese il moro,
continuando
successivamente allo sguardo da pesce lesso dell'altro "E' Liz, una
delle ragazze più popolari della scuola... oltre a essere
l'ex
di Flash. Ricordi, l'avevano nominata quella volta e-"
Il ragazzo con gli occhiali tacque, mordendosi il labbro inferiore,
cercando di cacciare via i ricordi dei giorni scorsi.
"... non è una che segue in classe, sicuramente ti ha
lasciato
il quaderno per darti il suo numero o qualcosa del genere."
"Che?!" esclamò il più grande, riprendendosi il
quaderno,
iniziando a sfogliarlo velocemente "Ma ti pare che una ragazza del
genere, mi dia il quaderno perchè vuole--?"
Ecco che, improvvisamente, il canadese si stoppò e, senza
aggiungere altro per un lungo istante, strappò un foglio,
tagliandolo in minuscoli pezzettini.
"... Bene ma non benissimo, non ci sono più le giovani
scolare
di una volta." esclamò oltraggiato, nascondendo i pezzettini
dentro il suo zaino, rimettendoci poi il quaderno stesso
"Vorrà
dire che
chiederò a qualcun'altro."
"Non c'è nessuno che prenda appunti decentemente e che segua
anche tutti
i miei corsi." ribattè l'altro, roteando gli occhi "Se non
Harry."
Sentito quel nome, come previsto da Peter, Wade arricciò il
naso.
"Quel riccone del cavolo." borbottò, sbuffando sonoramente
"Visto che è tanto figo e perfetto e un super amico,
perchè non è venuto a trovarti per darti i
compiti lui
stesso?"
"Ha una salute abbastanza cagionevole." disse semplicemente il
newyorkese, facendo spallucce "Una volta è venuto dopo che
sono
stato un paio di giorni a casa con l'influenza ed... è stato
un
mese a casa. E' un periodo abbastanza stressante, non è il
caso che se la rischi."
Senza contare che il padre non permetterebbe mai che il ragazzo uscisse
per trovare l'amico malato, ma questo era un altro discorso.
"Meh. E quell'altra? La rossa?"
"Lei prende appunti ma non segue tutti i miei stessi corsi."
mormorò il più piccolo con voce impastata,
sentendo che
si stava per addormentare da un momento all'altro.
Decisamente, aveva bisogno di chiudere quella conversazione subito.
"Wade, l'unico che può darmi gli appunti giusti è
Harry.
Ad ogni modo, non capisco perchè questa discussione, non sei
obbligato a prendere gli appunti per me."
Calò per un lungo istante un silenzio pesante, che venne
spezzato giusto dallo scricchiolio del legno, causato dai passi di
Wade, diretto nuovamente alla finestra.
"... okkkkay, forse è il caso di lasciarti riposare."
esordì il biondo, con un tono di voce che non nascondeva il
suo disagio "Ci vediamo, Peter."
Guardandolo di sottecchi sparire dalla finestra - chiedendosi
perchè la porta dell'ingresso gli facesse così
schifo -
si rese conto che l'altro l'aveva chiamato nuovamente 'Peter'.
Che avesse esagerato e fosse stato esageratamente tagliente nei suoi
confronti?
Forse, ma che altro poteva dire?
Era la pura verità, ufficialmente, non erano più
amici e, anzi, avevano chiuso ogni rapporto.
O almeno, avrebbero
dovuto.
... Sinceramente, iniziava a non capirci più nulla, ed era
un tutto dire visto che Wade era... beh, Wade.
Mentre lentamente cadeva fra le braccia di Morfeo, Peter si chiese se
quando l'avrebbe rivisto, la situazione fra loro sarebbe stata ancora
così imbarazzante ma tanto, sapeva benissimo che non
l'avrebbe
rivisto così tanto presto.
****************
"Eccomi di nuovo qui! Ti sono mancato??"
Come non detto.
Era di nuovo lì, in camera sua, dopo essere passato dalla
finestra e sembrava che, nuovamente, non fosse successo niente fra loro
e, anzi, era arrivato con un sorriso più trionfale di ieri.
"... Non pensavo saresti tornato..." ammise il moro, con voce nasale.
"Perchè?? Dovevo portarti gli appunti giusti, era una
questione
di principio!" disse, porgendogli un'altra serie di appunti "Ecco a te
il quaderno del Principe Mezzosangue! E ce ne sono tantissimi altri,
eh!"
Il newyorkese non proferì parola ma non fu sorpreso
più
di tanto nel vedere che il nuovo quaderno apparteneva ad Harry, in
quanto quest'ultimo l'aveva avvisato con un messaggio che diceva 'ho
prestato gli appunti a quel tuo amico strambo, fammi sapere se sono
arrivati tutti integri' ma era piuttosto stupito dal fatto
che
il canadese avesse superato le avversità con il suo amico
per
prendere quegli appunti... per lui.
Se non fosse che stava davvero male e che era rosso di suo per la
febbre, sicuramente sarebbe arrossito a quel pensiero.
Si chiese perchè facesse tutti quegli sforzi ma molto
probabilmente, come detto da lui stesso, era una questione di
principio e, si sa,
quando il più grande aveva in mente qualcosa, nulla poteva
fargli cambiare idea.
Doveva essere questo il motivo o, almeno, era questo che si ripeteva
mentalmente, per non farsi un'idea sbagliata della situazione.
"... Grazie." disse semplicemente, cercando di sistemarsi meglio nel
letto "Potresti passarmi i miei quaderni? Inizio a copiarli."
"Cos-" esclamò il canadese, guardandolo scioccato "Peach,
stai male, devi pensare a riposare, mica a studiare!"
Peach?!
Da quando quel nome faceva parte dei suoi soprannomi?
"... Devo farlo." disse semplicemente, facendo spallucce "Servono anche
ad Harry, non posso tenermeli in eterno, deve studiare anche lui."
"Ma tu-- AAAAAH, Dannazione! Non potevi essere un normalissimo ragazzo
di 14 anni che si droga??" esclamò esasperato, prendendo gli
appunti dalle mani del più piccolo "Va bene, va bene, ho
capito.
Copierò io gli appunti, sei fortunato che sei carino."
A quelle parole, Peter non potè che lanciargli uno sguardo
di puro scetticismo.
"Wade, sei sicuro di capirci qualcosa?"
"Ovviamente no." rispose, senza alcuna vergogna "Ma tanto devo solo
copiare, no? Non importa che capisca o meno."
Il newyorkese lo fissò per un lungo istante, in quanto molte
delle sue affermazioni erano in qualche modo sbagliate, ma
sospirò, e si accasciò sul letto, troppo stanco
per
ribattere.
E, anche volendo, conosceva abbastanza l'altro da sapere che avrebbe
fatto comunque come voleva.
"Come vuoi." disse semplicemente, rannicchiandosi sulle coperte
"Lì ci sono i quaderni e le penne. Cerca di scrivere in
maniera
che io possa capire, almeno."
****************
Nuovamente, che il newyorkese lo volesse o no, si rese presto conto che
si era nuovamente addormentato mentre il più grande parlava
di
come avrebbe copiato velocemente tutti quei quaderni in pochissimo
tempo.
Chissà che fine aveva fatto... ora non sentiva nulla, quindi
forse era andato via.
Ora come ora non importava, in quanto sentiva solo un gran freddo e
l'unica fonte di calore che aveva intorno sembrava il cuscino che stava
abbracciando in quel momento.
Anche se, a pensarci, aveva una forma strana, ma poco importava in quel
momento.
"Ugh, mi stai bloccando la circolazione."
Sentendo quella voce familiare, Peter riaprì debolmente gli
occhi, rendendosi conto che stava abbracciando il braccio del canadese,
che ora era chinato a terra mentre, col braccio libero, scriveva ancora
su un quaderno.
"Buongiorno principessa, dormito bene?" esclamò con un
sorrisone, guardandolo con sincero stupore "Mi molleresti il braccio?
Ti ho sfiorato la fronte per vedere come stavi e- insomma, giuro, non
facevo nulla di strano e- sì, ti sei appiccicato tantissimo,
e
non c'è nulla di male, ma sai, penso che sto perdendo il
braccio, potresti mollarlo o--?"
In tutta risposta, il moro non disse nulla e strinse ancora di
più il braccio a sè, poggiando la guancia sulla
mano
aperta dell'altro.
E questo faceva parte dei mille e uno motivi per cui non voleva che
Wade lo vedesse in quelle condizioni.
Quando aveva la febbre alta, il suo comportamento diventava quasi
l'opposto del suo solito e diventava estremamente appiccicoso e
bisognoso di attenzioni.
Diciamo che sarebbe stato capacissimo di confessarsi e chiedergli
qualche coccola, in quella situazione.
... Sì, decisamente imbarazzante.
"... Non ti importa della fine che farà il mio braccio?
Molto sadico da parte tua, Parker."
Il biondo sembrò osservarlo per un lungo istante, per poi
mollare gli appunti e sistemarsi più comodamente,
avvicinandosi
col viso a quello di Peter, poggiando la guancia sul braccio libero.
"Mmmmh, stai proprio male, eh?" disse ancora, muovendo le dita sulla
guancia dell'altro, per donargli una delicata carezza "E' stato un
susseguirsi di merdate una dietro l'altra, questi giorni."
Rimase per un lungo istante in silenzio, guardando un punto non
precisato della stanza, per poi voltarsi nuovamente verso Peter, che
aveva nuovamente gli occhi socchiusi.
"Scusami Petey, ma meglio che vada, hai decisamente bisogno di riposare
decentemente, senza rompipalle psicopatici intorno."
esclamò,
estraendo delicatamente il braccio dalle grinfie del minore, che
sbuffò infastidito in quanto la sua fonte di calore si era
appena allontanata.
Come vide il canadese poggiare i vari quaderni sopra la scrivania e
sistemare lo zaino, gli occhi nocciola del ragazzo si spostarono per un
istante sulla sedia, dove ancora erano sistemati i vestiti che la zia
aveva lavato.
"... La tua tuta..." borbottò Peter con voce impastata.
"Che? Oh." esclamò Wade, ormai già
metà fuori la
finestra per poi fare spallucce "Beh, non ti preoccupare, la
prenderò la prossima volta. Ci si vede!"
Dopo che passarono alcuni istanti, il newyorkese si obbligò
ad
alzarsi per chiudere la finestra e poi sfogliare con
curiosità
gli appunti fatti dall'altro.
Nonostante alcuni disegni nei lati e qualche errore d'ortografia, erano
scritti abbastanza bene e si leggevano tranquillamente.
Posò poi lo sguardo fuori, notando solo in quel momento
che fosse sera inoltrata e rimase turbato, pensando a quanto tempo
l'altro avesse dedicato a quegli appunti.
Perchè passare un intero pomeriggio, in una posizione
scomodissima, a scrivere un'infinità di cose su
un'infinità di quaderni?
Perchè fare tutto questo... per lui?
****************
Dire che stava uno schifo era dire poco.
Certo, ora la febbre era calata ed era più 'lucido', ma
aveva
una fortissima nausea che faceva in modo tale che, qualsiasi odore di
cibo sentisse, lo faceva correre in bagno a rigettare anche l'anima.
Mai come ora si sentiva come una donna in stato di gravidanza.
Era appena ritornato da una delle sue 'capatine al bagno', quando si
ritrovò in camera nuovamente un canadese di sua conoscenza,
che
addentava con voracità dei biscotti.
...Decisamente, non era l'ideale ora come ora.
"Fao Fetey." borbottò con la bocca piena, ingoiando di colpo
"Ti
racconto una storia buffa. Stavo nuovamente per arrampicarmi in camera
tua quando tua zia mi ha visto e ha detto che era pericoloso e di
entrare dall'ingresso. E' stata proprio gentile, mi ha dato anche dei
biscotti appena sfornati! Li vuoi anche tu??"
"Detto sinceramente, ora come ora qualsiasi cosa mi nausea, quindi..."
"Non c'è problema, risolvo io la situazione."
Detto queste parole, prese tutti i biscotti che aveva sulle mani e se
li infilò nella bocca, masticandoli poi rumorosamente.
In un momento del genere, una scena del genere non faceva che farlo
stare peggio.
"Comunque stavo pensando, i tuoi zii sembrano un sacco fighi, ma quindi
abiti solo con loro? Non ho visto i tuoi, sono quel tipo di genitori
che stanno spesso via o...?"
"Non mi va di parlarne." lo bloccò il moro con fare
tagliante, incrociando le braccia al petto "Che volevi?"
Il biondo non sembrò scoraggiarsi da quelle male parole e
gli mostrò una busta di plastica.
"Sai cosa? E' stata proprio una fortuna aver beccato tua zia,
effettivamente, con questo addosso sarebbe stato un po' difficile
scalare la finestra."
Estrasse dalla busta una pentola e, come tolse il coperchio, il
più piccolo sbiancò, sentendo lo stomaco
contorcersi
nuovamente.
"E'...?"
"Brodo di pollo." esclamò orgoglioso l'altro "E' una cosa
che si
porta agli ammalati! L'ho visto su Gilmore Girls. O era O.C.? Oh beh,
non importa, ma l'ho cucinato con le mie dolci manine, quindi devi
assaggiare."
"... Senti..."
Decisamente, Wade aveva trovato il giorno peggiore per insistere sulle
fesserie, senza contare che quella situazione, la loro situazione, lo
stava stressando non poco.
"Io non capisco." esordì, posando l'indice e il pollice sul
setto nasale, massaggiandolo lievemente "Fino a qualche giorno fa non
mi potevi vedere e non hai battuto ciglio quando ti ho chiesto
spiegazioni, nè quando ho chiuso la nostra amicizia. E ora,
che
sto male, non ho voglia di vedere niente e nessuno, appari ogni giorno
come se non fosse successo niente, come se fossimo dei super amiconi!
Mi spieghi che diavolo hai per la testa? Io non ti capisco
più."
Il maggiore di bloccò a quelle parole, allargando gli occhi,
per
poi iniziare a borbottare da solo velocemente non si sapeva bene cosa.
Capendo che ne avrebbe avuto per le lunghe, il moro si sedette sul
letto, sentendo che era troppo stanco per rimanere in piedi oltre -
senza contare che, se avesse dovuto aspettare che l'altro si decidesse
a parlare, sarebbe diventato vecchio.
"Ho... capito." esclamò con sguardo triste l'altro,
porgendogli
la pentola "Me ne vado, però, sai, dovresti prenderne almeno
un
po'. Non sei costretto eh, ma ti farebbe bene."
Rimase per qualche secondo fermo, come se volesse dire qualcosa, poi
lentamente si avvicinò, scompigliò delicatamente
i
capelli dell'altro e se ne andò, chiudendo lentamente la
porta
di camera sua.
Come se ne andò, Peter sentì un enorme dolore al
petto ed
era abbastanza sicuro che non fosse per la zuppa che aveva portato
l'altro - almeno, non solo per quello.
Si era pentito amaramente delle parole che gli aveva appena rivolto, ma
che altro poteva fare?
Non poteva stare per sempre in balia degli umori dell'altro, non era
giusto per se stesso.
Si ritrovò quindi a sospirare, osservando il brodo con certo
disgusto per poi, nonostante tutto, prendere il cucchiaio all'interno
della busta e assaggiarlo.
Nonostante i suoi pensieri, era comunque in balia di Wade.
****************
Quel
giorno aveva fatto preoccupare da morire i suoi zii, quando la
temperatura gli si era alzata pericolosamente, costringendoli a
chiamare un medico, il quale gli aveva prescritto dei farmaci specifici
- facendo sentire in colpa il moro per lo spreco di soldi.
Aveva passato l'intera giornata a dormire, svegliarsi per qualche
istante, per guardare la finestra e poi sospirare, riaddormentandosi di
nuovo.
Non importavano le volte che si ripeteva di aver ragione ad aver
chiuso, non importava quanto si dicesse che non gliene fregava
più nulla e non importava quante volte incolpasse la febbre
per
il suo umore, sapeva benissimo quanto il biondo gli mancasse, quanto
avrebbe voluto che riapparisse e quanto avrebbe voluto fare pace con
lui.
Quanto l'avrebbe voluto vedere ancora.
Ovviamente, sapeva bene che la cosa non era possibile in quanto,
innanzitutto, il suo orgoglio glielo avrebbe impedito, per non parlare
del fatto che l'altro si ostinava a non dargli spiegazioni e, infine,
dopo
il modo in cui l'aveva trattato l'ultima volta, era abbastanza palese
che non l'avrebbe rivisto così tanto presto.
Era
l'incoerenza fatta a persona.
Come se non bastasse, ogni volta che dormiva, sognava in maniera
confusa momenti quotidiani passati assieme, nella quale
chiacchieravano, ridevano o anche solo si facevano compagnia l'un
l'altro.
Per questo non si sorprese più di tanto di sognare il
maggiore
in camera sua, con la divisa da cheerleader della squadra di football e
i pompon.
"DATEMI UNA P. DATEMI UNA E. DATEMI UNA T. DATEMI UN- UH- MI SONO PERSO
MA VA BENE UGUALE, GUARISCI PRESTO NON FARMI URLARE. OLE'!"
Mentre osservava con sguardo vuoto quel Wade-sogno che scuoteva con
passione i suoi ponpon giallo fluo, dovette ammettere a sè
stesso che non era affatto male.
Insomma, quel toppino gli stringeva al punto giusto il petto, mostrando
per bene i suoi addominali perfetti, per non parlare della pelle nuda
sulla pancia ed infine, la gonna che gli arrivava alle cosce.
Forse a parlare era l'influenza, il fatto che non lo vedesse benissimo
o il suo debole per le cheerleader, ma gli stava enormemente da dio e
ne era pressocchè affascinato.
Quindi, perchè non approfittare di quella situazione, nella
realtà irrealizzabile, per stare in pace con se stesso,
almeno
un pochino?
In completo silenzio, allungò quindi il braccio verso di
lui,
accarezzandogli la gamba, spostandosi verso
l'altro, prendendogli
infine un pezzo di stoffa della gonna, alzandogliela lievemente.
"... Eh? Boxer al posto degli slip?" esclamò contrariato,
sbuffando, lasciando immediatamente la presa "Neanche nei sogni
può essere tutto perfetto..."
Con qualche difficoltà, si voltò dall'altra
parte, dando
le spalle alla versione sogno del suo ex amico, rannicchiandosi sotto
le coperte.
"Invece di apparire nei sogni altrui, non dovresti comportarti da
persona decente nella realtà? Stupido."
Tirò su col naso, prendendo uno dei suoi cuscini per
abbracciarlo, sentendo gli occhi farsi nuovamente pesanti.
"Forse lo stupido sono io, visto che spero che fra noi due
torni tutto come prima..."
E mentre perdeva nuovamente conoscenza, pensò che quelle
mani
che poco dopo raggiunsero i suoi capelli, fossero tremendamente reali e
calorose.
****************
Non seppe quanto tempo era passato dall'ultima volta che era sveglio e
lucido, ma sapeva che qualcosa era strana in quel
momento, nella
sua stanza, nel suo letto, quella sera.
Perchè Wade era addormentato sul suo letto e lo stava
abbracciando?!
Okay, era il caso di ragionare a mente lucida, per quanto gli era
possibile.
Intanto, indossava un paio di jeans ed una maglietta quindi era
abbastanza sicuro che non fosse un altro sogno di dubbia
moralità.
Il fatto strano era che, nonostante fossero a maggio e si
morisse di caldo -
a parte Peter che
aveva la febbre -
il canadese indossava il sopra
della sua tuta e l'aveva usata per 'imprigionare' il moro sul suo petto.
Il newyorkese sentì il viso arrossarsi nuovamente, ma
stavolta
non per la febbre e, con la faccia così vicino alla sua,
dovette
ammettere che l'altro mentre dormiva era davvero carin- no, non era
questo il momento.
Che diavolo era successo mentre dormiva? E perchè l'altro
era
lì? Pensava che non l'avrebbe rivisto, se non a scuola e-
"Mh-"
A interrompere i suoi pensieri, il borbottio del ragazzo al suo fianco
che lo strinse ulteriormente, per poi sgranchirsi le gambe.
" 'Giorno Petey pie." mormorò con voce impastata "Come stai
ora?"
Senza aspettare una risposta, allungò il collo verso la
fronte
del minore, dandogli un leggero bacio, un gesto così
familiare
ed intimo da spiazzare l'altro.
"Mi sembri fresco." disse ancora pensieroso "Tu che dici? Ti senti
ancora male?"
Come poteva parlare così tranquillamente dopo aver fatto
qualcosa del genere ad un altro?
Insomma, okay, era stato intimo con 'tante persone' - in
maniera
decisamente più passionale - ma, insomma, doveva pur sapere
che
Peter non era abituato a quel genere di cose!
"... Non dovresti stare così appiccicato a qualcuno di
malato."
borbottò invece, guardandolo con un leggero broncio in viso.
"Che? NAH, vai tranquillo, non mi ammalo mai. Potrei far concorrenza a
Capitan America e- sì, l'ho nominato apposta
perchè ho
visto il modellino e- è stata una sorpresa, sai? Okay Iron
Man
ma Cap- non c'è nulla di male eh, però non
pensavo che
fossi tipo da-"
Ecco che mentre il moro si stava perdendo nuovamente nei suoi discorsi
sconclusionati, il ragazzo si bloccò, guardandolo con fare
intenso, mettendo in difficoltà Peter.
"... Che c'è?"
"Hai le lentiggini." disse, con sguardo intenerito, sfiorandogli con
l'indice il naso "Sono solo qui e si vedono appena ma ti stanno un
sacco bene. Non le avevo mai
notate perchè porti sempre gli occhiali e- okay, sono
carinissime.
Togli gli occhiali più spesso. Okay, forse no, non
è
l'ideale se non ci vedi. Hai mai pensato di usare le lenti a contatto?"
"Uh, non sono tutto sto' granchè, d'estate poi sono una
tragedia
e non ho soldi per una cosa di così futile..."
mormorò in
imbarazzo, non sapendo davvero che dire "Umh, Wade, esattamente siamo
in questa situazione perchè...?"
"Oh? OH."
Fu a quel punto che il biondo tacque e, per la prima volta in quella
serata, sembrava essere lui quello in imbarazzo.
"Sono venuto a trovarti come mio solito e mi sembravi che stavi davvero
male e..." mormorò, bloccandosi nuovamente per un breve
istante
"Mi sembra che hai borbottato il mio nome e che avevi freddo e- sono
intervenuto."
... Oddio.
Ora lo nominava pure nel sonno?
Quanto cavolo era patetica la sua cotta per l'altro?!
"Non potevi semplicemente mettermi la tuta sopra o chiedere a mia zia
una coperta...? Perchè beccarti caldo a caso?"
"Io..."
Il canadese alzò lo sguardo al cielo, poi lo
spostò di lato e infine lo guardò dritto negli
occhi.
"... Sai com'è, non sono bravo a prendere decisioni sensate
in
situazioni di stress. Ma anche in situazioni normali." disse, facendo
spallucce "Hai caldo?"
"Beh... Sì. Siamo anche fin troppo appiccicati."
mugugnò
il newyorkese in imbarazzo, abbassando lo sguardo "Forse è
il
caso di staccarti."
Il maggiore fischiettò felice, avvicinandosi velocemente,
abbassando la cerniera della tuta che stava dietro la schiena di Peter.
Il suo respiro sul collo, unito alle dita che gli percorrevano appena
lungo la spina dorsale, lo fecero rabbrividire piacevolmente, oltre a
causargli l'ennesimo rossore.
Decisamente stava molto meglio ma non era il caso che fosse
così 'reattivo' in quei casi.
"Oooooh, aria finalmente!" esclamò Wade, lanciando da una
parte
la tuta, facendosi aria con la maglietta "Ammetto che stavo soffocando
là dentro."
Il newyorkese rimase in silenzio e, distanziandosi un po' dall'altro,
appiccicandosi al muro piacevolmente freddo, lo guardò con
fare
interrogativo.
"Uh... Sei qui perchè...? Hai bisogno degli appunti?"
"Eh?"
"Beh..." mormorò roteando gli occhi "Tempo fa ti sei
lamentato
perchè non mi ero presentato alla nostra sessione di studio.
Ho
provato a scriverti qualcosa ma non avevo proprio testa."
"Cos- Sei assurdo Peter Parker." borbottò il biondo con uno
sbuffo infastidito, mettendosi a pancia in su sul letto "Ti pare che
vengo per studiare? IO? E comunque, stai male da una settimana, oggi
è sabato."
Wow, si era assentato per parecchio a scuola, non osava immaginare
tutto ciò che avrebbe dovuto recuperare.
Tuttavia, gli fece rendere conto che l'altro aveva passato quasi
l'intera settimana a prendersi cura di lui, in un modo o nell'altro.
Quel pensiero, bastò per stringergli il cuore e lo convinse
a
provare un'ultima volta a capire cosa frullasse nella mente del ragazzo
a suo fianco.
Così gli strinse la maglietta, in modo da attirare la sua
attenzione e farlo smettere di borbottare fra sè e
sè.
"Wade... Ascolta." borbottò Peter, in imbarazzo per la
situazione "A me non ha fatto piacere com'è andata la
situazione
di- beh, lo sai. Non ti dico di tornare amici, specie se non lo vuoi,
ma quantomeno vorrei capire... che è successo, ecco."
A quelle parole, il canadese allargò gli occhi, sconvolto.
"Oddio, Petey, non ho mai detto che io voglio-!! E poi tu-!!! E questo
perchè--AAAAHH!"
Il moro osservò l'altro mettersi una mano sulla faccia,
tornando
a borbottare fra sè e sè in maniera frenetica e
non
potè fare altro che aspettare lì, pazientemente,
che
l'altro formulasse una frase di senso compiuto.
Dopo un lungo momento, il maggiore sembrò bloccarsi di
botto,
per poi fare un grosso respiro profondo e respirare più
regolarmente.
"E' colpa mia."
Il newyorkese alzò un sopracciglio a quella frase detta
dall'altro con un filo di voce, ma continuò a tacere, in
modo di
dare all'altro la possibilità di spiegarsi.
"Quello che è successo negli spogliatoi era colpa mia."
continuò, mettendosi una mano sugli occhi "Nel senso, non
doveva
esserci nessuno, no? Era così. Per questo, quando il coach
mi
chiese dov'eri e gli risposi, non pensavo che Flash e quegli altri
avrebbero sentito. Nè che avrebbero usato la cosa contro di
te.
Ma poi li ho visti confabulare e- e- ero in panico. Ma ormai era fatto,
no? Ho provato tanta rabbia e- però ho provato a non
esagerare,
sai? Non volevo che i tuoi sforzi di farmi rigare dritto andassero a
farsi friggere ma- poi ho sentito che ti sei inventato quella storia
del video e sono andato in panico nuovamente perchè,
insomma,
sono forte, ma non sono onnipresente e se succedesse qualcosa e lo
scoprissero e io non ci fossi a proteggerti? Sono queste le cose che mi
hanno bloccato-"
"Oh Wade..."
"No aspetta Petey, non ho finito." esclamò nuovamente,
raccogliendo nuovamente fiato "Lo so che ti ho evitato ed era quello
che volevo. Ma non perchè non provi più affetto
nei tuoi
confronti. Ma perchè mi sto rendendo conto che è
egoista
da parte mia coinvolgerti nei miei casini. Insomma, avessi i problemi
adolescenziali da ragazzino cringe, tant'è tanto, ma ho dei
grossi problemi con la violenza e il fatto che mio padre è
più psicolabile di me non migliora di certo la situazione. E
se
la prossima volta fossi coinvolto in qualche casino grosso per colpa
mia? Non me lo perdonerei mai."
Si bloccò nuovamente e, a sto giro, il moro si chiese se
stesse trattenendo le lacrime o qualcosa del genere.
"Ma nonostante i miei bei propositi del cazzo e l'idea che fosse meglio
per tutti e due se ci frequentassimo meno ... Beh, eccomi a romperti le
palle ogni volta che ne ho la possibilità." concluse, con
uno
sbuffo "Sono un casino, ecco la verità."
Peter lo osservò per un lungo istante, senza sapere davvero
come rispondere dopo un discorso simile.
Era struggente vederlo soffrire in quel modo, non solo per
ciò
che gli capitava, ma perchè era tutto così
dannatamente
difficile.
Cosa dirgli, in casi del genere?
Come poteva, uno come lui, che non aveva niente, che non era niente, riuscire a
tranquillizzarlo?
Sinceramente, avrebbe voluto risolvere tutti i suoi problemi e dubbi,
ma oramai era abbastanza appurato che non potesse fare nulla, a
riguardo.
Riflettè quindi per un lungo istante sui suoi vari discorsi
sconclusionati, per poi sfiorare la mano sopra i suoi occhi e spostarla
lievemente, in modo da poterlo guardare negli occhi.
"Innanzitutto." esordì, rivolgendogli un leggero sorriso "Un
enorme problema bisognerebbe scomporlo in tanti problemi più
piccoli, in modo che sia più facile risolverlo."
Mentre il maggiore gli lanciava un'occhiata ricolma di pura confusione,
Peter si sistemò meglio sul letto, in modo che potesse
guardarlo
meglio.
"Punto primo, pensi davvero che non me la possa cavare da solo, neanche
minimamente?" esclamò, schioccando la lingua "Ho combattuto
con
gente del genere per una vita, non crollerò così
facilmente per cretini del genere, davvero."
Come cercando di tranquillizzarlo, gli sfiorò i capelli
lievemente arruffati con le dita, nonostante non fosse tutto sto
granchè a fare le coccole.
Tuttavia, il canadese non fiatò a quel gesto, nè
sembro volerlo allontanare.
"Per la situazione di tuo padre... Beh. E' difficile. E non
è
una cosa che si possa risolvere così, su due piedi." ammise,
con
un sorriso triste "Ma non sarà sempre così, no?
Praticamente l'anno è finito e andrai avanti. Avrai solo un
anno, poi potrai lavorare dove vuoi. Hai un'infinità di
scelte
davanti a te, così potrai andartene di casa. Dovrai...
Dovrai
solo mettercela tutta per un po'."
Mentre continuava a sfiorare i capelli dell'altro, si chiese se un
discorso del genere fosse fin troppo ottimista, per una persona che non
aveva alcuna idea di cosa fare nella vita.
Senza contare che avrebbe dovuto aspettare un bel po'.
" E... e poi sai, io dopo il liceo andrò sicuramente ad un
college e mi cercherò un lavoretto, per cercare di non
pesare
troppo sui miei zii. E, quindi, se mai avessi delle
difficoltà
potremo, non so, lavorare assieme un giorno, vivere in un appartamento
orribile per dividere i costi... insomma, quelle cose lì."
"Sai Peach" esordì Wade a quel punto, guardandolo con un
sorriso
"Dai tuoi discorsi sembra quasi che tu mi stia chiedendo di sposarci o
qualcosa del genere."
A
quelle parole, avvampò brutalmente, in seria
difficoltà.
Che avesse esagerato con le sue parole?
Effettivamente, gli aveva praticamente proposto di vivere insieme, in
un futuro.
"Non fare quella faccia, principessa, mica ti sto dicendo di no."
esclamò, con un sorriso sornione "Però sai, non
sono mica
uno facile! Voglio come minimo un anello fatto di rubini e- nah, okay,
lo perderei, ma almeno una cenetta romantica, okay? E voglio avere un
bellissimo abito da sposa, scollatissimo ovviamente. Voglio essere sexy
anche in chiesa."
A quel punto, Peter scoppiò a ridere e, successivamente,
anche l'altro.
Risero assieme per un lungo istante finchè, con le lacrime
agli
occhi, non tornarono a guardarsi intensamente negli occhi.
"Scherzi a parte..." esordì nuovamente il minore " Quello
che
sto cercando di dirti... non sei da solo, Wade. Ma questo te l'ho
già detto, no?"
A quel punto, il canadese non gli rispose ma allungò il
braccio
verso di lui, sfiorandogli dolcemente la guancia, per poi portargli
dietro l'orecchio alcuni ciuffi ribelli.
Il newyorkese arrossì a quel gesto ma, quella
volta, non
disse, nè fece niente e, anzi, lasciò fare
all'altro
ciò che voleva.
Non sapeva se aveva usato le parole giuste con lui ma spero che,
almeno, fosse più tranquillo e che non lo allontanasse
più.
E non era forse giusto così?
Insomma, stavano bene assieme e entrambi sembravano stare male quando
si allontanavano l'uno dall'altro, per cui perchè avrebbero
dovuto dividere le loro strade? Non aveva senso.
Tuttavia, c'era un'altra cosa che non aveva senso in quel momento:
l'atmosfera in quella camera.
C'era uno strano silenzio fra loro e sembravano comunicare solo con gli
sguardi che si lanciavano.
Non era un silenzio imbarazzante o ricolmo di disagio ma era calmo, ma
strano, come se entrambi sapessero che sarebbe successo qualcosa, anche
se non sapeva bene cosa.
Fu quasi all'ultimo che il minore si accorse di come l'altro aveva
quasi azzerato la distanza fra loro e continuava a guardarlo con occhi
carichi di non si sapeva bene cosa.
Che Wade lo stesse per...?
"Peter, tesoro, come stai?"
Come il moro sentì la porta della sua camera aprirsi,
istintivamente, spinse via il maggiore, facendolo finire a terra con un
tonfo.
Quando la zia entrò, il minore era completamente rosso in
viso,
nascosto buona parte dalle coperte, mentre l'amico era di profilo, con
il gomito poggiato a terra e la mano a reggergli la testa, sorridendole
come se nulla fosse.
"Buonasera, signora Parker."
"Oh Wade caro, non sapevo che fossi qui." esclamò con un
sorriso
cordiale, avvicinandosi a Peter "Sei passato nuovamente dalla finestra?
Te l'ho detto che è pericoloso!"
"Non si preoccupi, sono uno sprezzante del pericolo."
Il biondo si spostò, sedendosi più in
là per
terra, mentre la signora sfiorava dolcemente la fronte del nipote,
assumendo uno sguardo più rilassato.
"Oh, meno male, sembra che la febbre sia calata del tutto."
esclamò, dandogli un bacio in fronte, porgendogli gli
occhiali "Ti va di mangiare qualcosa, tesoro?"
Dopo che il nipote annuì con la testa, si voltò
poi verso
Wade, che sembrava sul punto di prendere le sue cose ed andare via,
rivolgendogli un enorme sorriso.
"Ti va di fermarti anche tu per cena?"
"Uh?" il canadese rimase sinceramente sorpreso da quelle parole, come
se non fosse abituato a cose del genere "Errrmmhm, non vorrei
disturbare signora."
"Nessun disturbo e puoi darmi del tu." rispose la donna, avvicinandosi
poi alla porta "Peter, ti consiglio di farti la doccia, prima di
scendere, sei davvero sudato. E... Oh. Anche tu Wade, sei messo nella
stessa situazione."
Il maggiore si guardò la maglietta, facendosi aria con essa,
incuriosito dalla cosa.
Forse si era scordato la sauna fatta con il sopra della tuta, per far
caldo al minore.
"Forse è il caso che ti rinfreschi anche tu."
esclamò,
pensierosa "Ti lascio una maglietta pulita in bagno, okay? Dovrei avere
da qualche parte una maglia della tua taglia."
"Ma non c'è-"
"Trovi tutto in bagno." disse, con un dolce sorriso che non permetteva
repliche "Mi raccomando, fra un'ora scendete, okay?"
Come la donna chiuse la porta alle sue spalle, calò
nuovamente
il silenzio fra loro e, nuovamente, i suoi occhi azzurri tornarono su
quelli nocciola dell'altro.
"Lo so, è tosta, ma a zia May non puoi dire di no."
esclamò il newyorkese con un sorrisetto imbarazzato,
sperando di
cambiare argomento.
Insomma, non voleva parlare di certo di quello che era successo prima.
Perchè, davvero, che diavolo era successo prima?
Cos'era quell'atmosfera strana fra loro?
Si era immaginato cose o stava succedendo qualcosa di strano?
In ogni caso, non era certo di volerlo scoprire, ora come ora.
"Sì, hai ragione." rispose Wade, facendo spallucce - e Peter
ringraziò mentalmente che anche l'altro sembrava non voler
parlare della cosa "Comunque, devo ammettere che l'idea di tua zia mi
ha salvato la vita. Effettivamente, avevo proprio bisogno di
rinfrescarmi."
Senza aggiungere altro, si tolse di botto la maglietta di dosso,
mostrando senza vergogna, il suo bel fisico e il moro si sorprese di
quanto fosse simile al sogno che aveva fatto qualche giorno fa.
No, non era il momento di pensare ad una cosa simile.
Perchè si stava spogliando in camera sua?!
"Oh, scusa, ti da fastidio?" esclamò il più
grande, con
una strana cadenza nella voce "Mi sentivo davvero appiccicoso e non
vedevo l'ora di togliermi quella stoffetta di dosso~."
"... Ah... Capito." riuscì a balbettare appena l'altro, non
sapendo davvero dove guardare.
O meglio, dove non guardare, visto che non riusciva a smettere di
guardare gli addominali dell'altro.
Dio, sembrava un maniaco.
Sperò almeno che l'altro non si fosse accorto della cosa.
"Oh Petey, senti ancora." disse ancora, avvicinandosi in maniera quasi
lasciva "Sto pensando. Dici che tua zia se la prenderebbe se le
chiedessi di farmi direttamente la doccia? Non mi sento appiccicoso
solo sul petto."
Posizionò l'indice vicino all'ombelico, scendendo poi
lentamente fino alla sua cintura, giocherellandoci appena.
"... Che dici, dovrei togliere anche questo?"
Fu a quel punto che il cervello del moro smise di funzionare e perse
completamente l'uso della parola.
Aveva perso anche la capacità di elaborare un pensiero di
senso compiuto.
Era abbastanza sicuro che avrebbe perso a breve la capacità
di
far funzionare i polmoni e il cuore, se non fosse stato per il suono
della risata di Wade.
"Oddio Peach, dovresti vedere la tua faccia, è- pff,
fantastica."
Il newyorkese, che finalmente riusciva ad elaborare quello che gli
dicevano, guardò con bocca semi spalancata l'altra,
rivolgendogli poi un'occhiataccia.
"... E' stato uno scherzo di pessimo gusto." mormorò con
tono indispettito.
"Uh?" rispose Wade, calmandosi di botto "Scherzo? Chi ha mai detto che
era uno scherzo?"
Mentre il minore gli rivolgeva uno sguardo assai confuso, il biondo si
sedette al suo fianco, continuando a sorridergli come se nulla fosse.
"Non scherzerei mai su una cosa del genere con te." proclamò
Wade "Vedila così, volevo solo dimostrare una tesi che avevo
in
testa da un po'."
Certo che, ultimamente, quello di 'dimostrare tesi' era diventato un
vizio per lui.
Specie poi perchè con le sue 'tesi', gli faceva sempre
prendere un infarto.
"Sì?" borbottò, il moro con fare stizzito "Tesi
su?"
"Un dubbio che avevo da un po'." rispose semplicemente, alzandosi poi
dal letto "Grazie a te, però, ho avuto una conferma."
Mentre Peter lo guardava ancora più confuso, facendo finta
di nulla, Wade aprì la porta di camera sua.
"Oh, un'ultima cosa." esclamò, posando lo sguardo su di lui
"Prometto di fare il bravo e di andarci piano. Ma..."
Fece una pausa, mordendosi il labbro inferiore.
"... Se vuoi seguirmi in bagno e fare una doccia davanti a me, non ti
dico di no~."
esclamò con voce calda, per poi ridersela da solo e chiudere
la porta alle sue spalle.
A quelle parole, con un certo terrore, il moro iniziò a
chiedersi che diavolo avesse capito quell'idiota.
//Eh-eh, volevate il porno, eh?
ED INVECE NO, MUAHAH.
Ad ogni modo, purtroppo ho già appuntato cosa doveva
succedere
in questo e nei prossimi capitolo, quindi davvero, era programmato dal
almeno un anno che Peter si ammalasse, quindi spero che non la
prenderete a male, visto i casini che stanno succedendo 3
Spero che voi tutti stiate bene e che vi sia piaciuto questo capitolo!
Ci stiamo avvicinando sempre più alla fine, sob (-3!)
Concludo ringraziando tutti quelli che mi seguono ed in particolare la
mia amica Alice, che oramai mi sta correggendo tutti i capitoli,
è un angelo!;_;
Alla prossima ragazzi, fatemi sapere che ne pensate! <3
Ps: ho pubblicato la famosa raccolta di cui vi parlavo lo scorso
capitolo! Andate a leggere e fatemi sapere che ne pensate della prima
storia, se vi va <3
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