È mezzanotte
L’amore che unisce
le anime gemelle non si manifesta sempre con una relazione romantica. È eterno
e incondizionato, trascende il tempo e lo spazio.
[Brian Weiss]
Bologna, 14 novembre
È mezzanotte, fuori piove.
Detesto stare a Bologna con questo tempo.
Scrivo perché non riesco a dormire.
Sento Mike lavorare, lui non si ferma mai.
È pieno autunno, vorrei solo potermi rifugiare tra le
lenzuola e accoccolarmi accanto a lui, sentire l'inconfondibile aroma di caffè
e lasciarmi avvolgere dalle sue braccia.
Ma mio marito lavora. I suoi vocalizzi si mescolano alle
gocce di pioggia che scorrono torrenziali fuori dalla finestra.
La musica è la sua vita, è qualcosa che lo rende unico.
È anche per questo che lo amo.
San Francisco, 28
dicembre
È mezzanotte, sono sfinita, ma non riesco a dormire.
Sento il vento scuotere le persiane e turbinare all'esterno,
unito alle macchine che corrono frenetiche e a una dolce melodia.
Mi concentro sulla voce di Mike: è bellissima.
Sfumature dolci divengono minacciose e cupe, per poi tornare
a farsi lievi e suadenti. È un'altalena continua, un po' come il suo umore.
Sono a San Francisco da una settimana e non sono ancora
riuscita a stare davvero con mio marito.
La stanza è vuota e fredda, il vento pare penetrarmi fin
nelle ossa anche se non può oltrepassare le finestre ben chiuse.
Vorrei chiedere a Mike di raggiungermi, ma so che adesso non
posso disturbarlo.
So quanto tiene ai suoi progetti, ha delle scadenze.
Anche io dedico molto tempo alla mia arte, in fondo posso
capirlo.
Che vita ci siamo scelti!
Milano, 23 gennaio
È mezzanotte, l'inverno è davvero rigido a Milano.
Questo appartamento è bello, spazioso, confortevole.
Ma lo sento freddo perché Mike non c'è.
Oggi ho parlato al telefono con Alda.
A un certo punto mi ha infastidito.
Mi ha detto: «Titti, come fai a stare con uno così? Hai
visto che io Tore l'ho mollato? In casa non c'era mai, non stava mai con i
bambini… vuoi diventare una madre single?»
Ho evitato di rispondere, lei non capisce.
Io e Mike siamo sposati perché c'è qualcosa di unico tra
noi. Perché ci capiamo al volo, ci diciamo tutto senza parlare.
Siamo amici per la pelle, anime gemelle oltre ogni preconcetto.
Lo saremo sempre, lo siamo sempre stati.
Non è facile da spiegare, da capire, da accettare. Il nostro
non è un matrimonio convenzionale.
Questo non significa che lui non mi manchi come l'aria che
respiro quando non ce l'ho intorno.
E adesso Milano mi sembra ancora più grande, mi fa un po'
paura senza il mio uomo accanto.
Bologna, 14 febbraio
È mezzanotte, la città è insonne come me.
San Valentino è una ricorrenza bizzarra e raccapricciante.
In Piazza Maggiore è sempre pieno di coppiette che aspettano
questa data per sbaciucchiarsi in pubblico.
Io e Mike non lo abbiamo mai fatto, non ci abbiamo mai
pensato.
Scrivo perché lui domani tornerà da me e so che sarà troppo
poco il tempo da trascorrere insieme.
Intanto, Alda è tornata con il marito. Ha detto che ha
cambiato idea perché lui si è scusato e le ha fatto una serenata.
Ho sorriso per non piangere.
Ho sorriso per non pensare che anche io un giorno potrei
diventare come lei.
No, non succederà. Io e Mike ci nutriamo del rispetto reciproco.
Non nascondo che mi piacerebbe costruire una famiglia con
lui, ma per il momento siamo noi la famiglia. Io la sua e lui la mia.
Forse sono troppo malinconica, forse dovrei essere felice di
rivederlo domani.
Ma lui avrà altro per la testa, avrà le sue cose a cui
pensare e tante persone da incontrare a Bologna.
Andremo in Piazza Maggiore, sceglieremo un posto a caso in
cui pranzare e poi lui si getterà a capofitto nei suoi impegni.
Lo aspetterò fino a mezzanotte, poi cercherò di dormire
senza sentirmi sola.
Londra, 4 marzo
È mezzanotte, Mike è sotto la doccia.
Siamo in un albergo qualsiasi, stasera ha suonato con i
Faith No More ed è stato pazzesco.
Mi sono ricordata per l’ennesima volta quanto lo amo.
Ero l’unica a sorridere mentre si muoveva sul palco e
incuteva timore al pubblico, mentre mostrava un lato di sé che trovo
affascinante e magico.
È stato pazzesco. Mi ha portato quasi alle lacrime vedere
mio marito bagnato dalla folla, dal sudore, dalla malcelata ammirazione dei
colleghi.
Mi ha strappato il cuore vederlo sorridere dolcemente, solo
per un attimo, quando mi ha intravisto nel backstage.
Non ci siamo detti una parola, ma sentivo il mio cuore
battere all’unisono con il suo.
E adesso lo aspetto e scrivo, rapita dall’atmosfera di Londra,
la città più rumorosa e caotica che abbia mai visitato.
Dove noi possiamo confonderci ed essere liberi.
San Francisco, 25
aprile
È mezzanotte qui, mentre in Italia sono già le nove del
mattino.
La gente è in festa, è il giorno della Liberazione.
Pasqua è passata da poco, io ho trascorso quel giorno in
aereo per venire da Mike.
La primavera ha un profumo diverso in California, è perfino
più calda e avvolgente.
So che Mike è in studio, non so se tornerà a casa stanotte.
Alda mi ha chiesto come faccio a sopportare questi ritmi,
questa distanza, questi rari incontri.
Le ho detto che tra me e Mike funziona così, perché non mi
va di darle spiegazioni che sicuramente criticherebbe.
Lei non sa quanto io sia orgogliosa di mio marito, non ha
idea di quante soddisfazioni mi dà. Mi basta sapere che possiamo contare l’uno
sull’altra e tutto il resto sparisce.
Anche quando Mike è impegnato, non dimentica mai di
scrivermi per sapere se sto bene o per dirmi cosa combina. Se mi sente strana,
si preoccupa e vuole capire cosa mi succede.
È un marito premuroso, è la persona più buona e complessa
che io conosca. Ci sono momenti in cui mi pare impossibile essere la sua donna.
Non credo di non meritarlo, non è questo il punto. Solo, lui
trova sempre il tempo per me, lo trova anche quando non ce l’ha.
Mentre in Italia tutti festeggiano perché per un giorno non
devono lavorare, Mike è in studio e ci dà dentro.
Non so bene a quale progetto si stia dedicando, quando siamo
insieme cerchiamo sempre di distrarci.
So che domani pomeriggio si sveglierà e vorrà tornare in
studio, ma io riuscirò a impedirglielo.
Lo corromperò con dell’ottimo caffè italiano, l’ho portato
apposta per lui. Poi staremo sul divano a mangiare schifezze come due
adolescenti, mentre faremo zapping in tv e commenteremo programmi trash
americani.
So già che gli dirò: «Quelli italiani sono più
raccapriccianti».
E lui negherà, perché ha un debole per l’Italia, riesce a trovare
bellezza anche dove noi italiani troviamo orrore.
Anche per questo lo amo.
Torino, 18 maggio
È mezzanotte, l’estate sembra essere già cominciata.
Oggi sono stata al Salone del Libro, mi sono divertita.
Ho trovato degli stand pazzeschi in cui si trovavano libri
dedicati all’arte e alla musica.
Questa città mi mette buonumore, sarà perché adesso è piena
di colori, di gente, di atmosfera.
È una fiera grandiosa, mi fa sentire bene vedere quante
persone ancora amano leggere e condividere la loro passione.
Io e Mike siamo stati due tra tanti. Nessuno ha fatto caso a
noi, nessuno lo ha riconosciuto.
Abbiamo chiacchierato con un po’ di gente, è stato come se
due amici di vecchia data gironzolassero per un mercatino, ridendo e scherzando
tra loro.
Abbiamo visto gente interessante, comprato libri
interessanti, mangiato cibo disgustoso. Siamo andati in cerca di qualcosa di
meglio e abbiamo finito per appollaiarci sugli scalini di una chiesa a ingozzarci
con un panino comprato da un ambulante.
È stata una giornata perfetta, di quelle che possiamo
concederci raramente. Ma è proprio per questo che è stata così bella.
«Titti, vedi tutta questa gente? Loro stanno sempre insieme,
vivono sempre appiccicati, non sanno cosa sia un vero legame» mi ha detto.
«Qualcuno si incontra per la prima volta, però. Qualcuno
approfitta della fiera per stare insieme e concedersi dei momenti unici» gli ho
fatto notare, sfiorandogli appena il braccio.
Mike si è voltato a sorridermi, mettendo in evidenza le
fossette e quegli occhi brillanti e intensi, affamati di vita e di conoscenza.
E quando ha annuito ho capito che per l’ennesima volta
avevamo pensato alle stesse riflessioni, alle stesse cose, come due anime
gemelle che vivono l’una per l’altra senza mai opprimersi.
Rimini, 23 giugno
È mezzanotte, la vita notturna di Rimini comincia adesso.
La gente viene qui per il mare, ma il mare è uno schifo.
Puzza di petrolio, di merda, di felicità ingannevole.
Forse anche la mia lo è, in fondo.
Ho deciso di concedermi qualche giorno qui con Alda e i suoi
figli. Suo marito Tore sembra stia lavorando, Mike è in tour europeo con i Mr.
Bungle e non lo sento da tre giorni.
Alda dice che stavolta vuole davvero mollare Tore.
«Mi ha rotto, quel porco. Di sicuro si scopa la donna delle
pulizie che lavora in banca» mi ha detto stamattina, mentre stavamo sdraiate al
sole in mezzo a tutti quei corpi appiccicosi e sudaticci. Qui uno stabilimento
balneare vale l’altro.
Poi Alda, dopo aver lanciato un grido a suo figlio Manuel,
ha proseguito: «Tu non lo lasci, Mike?»
Non so cosa mi sia preso, davvero. Il sangue ha cominciato a
pulsare più forte, sicuramente per colpa del troppo sole.
«No, non lo lascio. Non lo lascerò mai» ho risposto.
Ed è vero, mi ritrovo a pensarci mentre il ventilatore mi
spara in faccia l’aria stagnante e sempre più calda.
Non lo abbandonerò mai, e adesso preferirei mille volte
trovarmi in tour con lui, dormire sul pavimento di una camera d’albergo
qualunque insieme a Mike e Trevor. Farei di tutto pur di non essere qui,
buttata a Rimini, a morire di caldo e sentire questa puzza nauseabonda di mare
finto.
Non voglio giustificare il mio legame con Mike, non
permetterò a nessuno di interferire.
Eureka, 13 luglio
È mezzanotte, Mike si è appena addormentato.
Abbiamo appena due giorni per stare in questa cittadina
californiana sospesa tra mito e realtà.
Ho sempre pensato che Eureka in estate fosse terribile, ma
stavolta è un po’ più sopportabile.
Lui è con me, la sua famiglia è stata felice di rivederci
dopo quasi un anno. Perfino suo fratello ha cenato con noi stasera, facendosi
spostare un turno di pattuglia pur di poterci salutare.
In confronto alla solita vita frenetica, divisa tra città
sempre più grandi e caotiche, qui sembra di stare in paradiso.
Mike domani vuole portarmi al vecchio negozio di dischi dove
lavorava tanti anni fa, poi vuole che andiamo a fare la spesa insieme. So che
ha bisogno di ritrovare la sua semplicità, la quotidianità che raramente può
godersi.
Fa terribilmente caldo, dopodomani dovremo ripartire, ma
stasera siamo immersi in questa pace e io non ho più voglia di scrivere.
Voglio solo sdraiarmi al fianco di mio marito e
addormentarmi, ascoltando il suo respiro regolare e tranquillo.
Almeno per stanotte.
Bologna, 21 agosto
È mezzanotte, dipingevo fino a poco fa.
Ho guardato la luna fuori dalla finestra e ho pensato al mio
cuore, da sempre legato a quello di Mike.
Allora ho preso una tela bianca e ho cominciato a imbrattarla
senza criterio.
Ora la guardo, è piena di colori caldi che fanno a pugni con
tonalità gelide e cupe.
Rappresenta Mike e allo stesso tempo non riesce a
rappresentarlo. Ha così tante sfaccettature che neanche tutti i colori dello
spettro potrebbero descriverlo.
È in tour, siamo lontani, ma oggi ho capito che siamo più
legati che mai.
Stavo cucinando la cena quando ho avvertito una fitta al
petto. Mi sono spaventata, ho pensato a un attacco di cuore.
Poi la mia mente ha messo a fuoco un’immagine: il viso di
Mike.
Ho sentito che qualcosa non andava, così ho guardato
l’orologio appeso in cucina mentre il respiro accelerava.
Ho capito che in Brasile erano le erano circa le otto del
mattino.
L’ho chiamato e mi ha risposto quasi subito, aveva il
respiro accelerato e la voce rotta.
«Titti, stavo per telefonarti…» Ha detto solo questo e io ho
capito che era molto agitato.
Mi ha detto che Trevor era in ospedale per via di
un’intossicazione alimentare, mi ha detto che era preoccupatissimo e ha
iniziato a imprecare forte.
L’ho lasciato sfogare, l’ho sentito piangere. Mi sono
sentita morire perché avrei voluto essere lì per sostenerlo con un sorriso
rassicurante.
So che lui e Trevor sono veramente legati, è uno dei pochi
veri amici di Mike.
Poi gliel’ho detto: «Ti ho chiamato perché ho sentito
qualcosa».
Allora lui ha riso. «Siamo anime gemelle» ha sussurrato, poi
mi ha salutato in fretta ed è corso da Trevor.
È stata la dichiarazione d’amore più bella che io abbia mai
ricevuto.
Milano, 7 settembre
È mezzanotte e io sto ripensando al giorno in cui Mike mi ha
chiesto di sposarlo.
O meglio, in cui abbiamo capito che ci saremmo sposati.
Mi viene da sorridere perché so che non siamo affatto una
coppia convenzionale, noi.
Era bello come non mai quel giorno. Eravamo appena rientrati
in albergo dopo una delle sue date, una a cui avevo assistito.
Ci eravamo sistemati in terrazza, la vista sulle mille luci
di Las Vegas era stupenda, oserei dire romantica.
Ma noi e il romanticismo non siamo mai andati d’accordo.
Mike mi aveva attirato al suo fianco, cingendomi le spalle
con un braccio. Era rimasto in silenzio, con lo sguardo perso nel vuoto e il
respiro tranquillo.
In me si era fatta largo l’idea di noi due insieme, sulla
cima di uno di quei grandissimi palazzi, a prometterci di non lasciarci mai per
nessun motivo.
«Sarà alto almeno trecento metri» aveva mormorato Mike,
indicando un maestoso hotel casinò in lontananza, che spiccava al di sopra
degli altri.
«Ti immagini come sarebbe cadere da lassù?» avevo scherzato.
«Cadere da lassù… e sposarci lassù?»
Allora avevo sorriso e avevo annuito. «Sarebbe decisamente più
bello» avevo commentato.
È stato strano, lo ammetto. Il mio animo da ragazzina mi
aveva sempre suggerito di ricercare qualcosa di tradizionale, romantico,
smielato.
Ma con Mike non esiste niente di banale, di scontato. Tutto
è imprevedibile come lui.
Ed è proprio per questo che non importa se io e lui
rimarremo sposati per sempre, perché siamo anime gemelle.
Il matrimonio è solo un pezzo di carta, ha un valore legale,
per molti religioso.
Per noi è un legame profondo, di anima, di cuore, di mente.
San Francisco, 20
ottobre
È mezzanotte e San Francisco respira forte, tentando di
togliermi l’aria.
Io resisto, resisto anche se io e Mike oggi ne abbiamo
parlato.
Ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che non
possiamo continuare così.
Semplicemente, il nostro legame ha bisogno di trasformarsi.
Non è una questione di sesso, non è una questione di amore,
è una questione di rispetto: quello che tra noi non manca mai.
Siamo sinceri, siamo schietti, anche a costo di ferirci.
«Dobbiamo divorziare, Cri» ha detto.
Non mi chiamava Cri da tempo, lo fa quando c’è una
questione seria da risolvere. Mette in evidenza la r che per lui è
sempre un problema da pronunciare.
Ho annuito, consapevole. Sapevo che lo avrebbe detto e se
non lo avesse fatto lui, l’avrei fatto io.
Poi Mike si è inginocchiato di fronte a me e mi ha preso le
mani tra le sue. I suoi occhi erano così caldi e intensi.
«Saremo legati per sempre» ha mormorato.
Gli ho sorriso anche se non sono riuscita a trattenere le
lacrime. «Su questo non devi mai dubitare» ho replicato.
«Non l’ho mai fatto. Non lo farò mai.»
Abbiamo capito che è la fine di quel pezzo di carta, ma non
del nostro profondo legame. Quello non si dissolverà mai.
Domani tornerò a Bologna senza di lui e sono certa che ci
rivedremo presto.
Mi farà sempre sapere cosa combina, mi chiederà sempre come
sto. Se mi sentirà strana, mi chiederà che succede. Queste cose non
cambieranno, perché esistono a prescindere dal matrimonio.
Mi dispiace, ma accettare la realtà può soltanto aiutare a
renderla più vivibile, a renderci liberi.
San Francisco sarà sempre casa mia, Eureka sarà sempre casa
mia. Mike sarà sempre casa mia.
Sarà sempre la mia famiglia, il mio cuore, la mia anima
gemella.
Perché mi ha permesso di amarlo e si è fatto conoscere in
tutte le sue sfaccettature.
La notte avanza e io non mi sento diversa dal solito.
Bologna, 25 dicembre
È mezzanotte, i festeggiamenti per il Natale sono stati
ingombranti.
Cibo, cibo e ancora cibo. Famiglia, parenti, regali, calore.
Sarebbe stato l’anniversario di matrimonio tra me e Mike,
lui non se l’è dimenticato.
Mi ha chiamato per farmi gli auguri, abbiamo parlato un po’.
Tra noi non è cambiato niente, non ho pensato neanche per un
attimo che potesse succedere.
Mi ha confidato le sue sensazioni, io gli ho parlato un po’
di me. È stato rilassante, è stato come ritrovare per l’ennesima volta il mio
migliore amico.
Entrambi siamo stati più spontanei che mai, era da un po’
che non parlavamo senza imbarazzo.
Siamo stati noi stessi e io non mi sono sentita sola.
Ho avuto come l’impressione che lui fosse lì con me, a
sorridermi, a guardarmi con rispetto e stima, a parlarmi con il cuore in mano.
Non posso negare che vorrei abbracciarlo, sfiorare il suo
viso con le dita e immergermi nel suo aroma di caffè e dolcezza.
È stato mio marito, non posso cancellare questo fatto da un
giorno all’altro.
Ma sento che il mio cuore è più tranquillo, che la mia mente
può andare avanti, senza però rinunciare alla connessione naturale con quella
di Mike.
«Avevo proprio bisogno di parlare con te, Titti» ha detto a
un certo punto.
«Lo so, per me è lo stesso.»
«Buon anniversario» ha sussurrato, poco prima di
interrompere la telefonata.
«Buon anniversario, amore mio.»
La mia voce si è persa nel vuoto, nell’atmosfera del Natale
e nelle musiche piene di campanelli e buonismo di plastica.
Lui non mi ha udito, ma entrambi sappiamo.
Sappiamo che ci ameremo sempre, di quell’amore speciale che
lega le persone oltre i confini carnali, oltre le formalità, oltre le distanze.
Quell’amore autentico che non può essere distrutto.
Mai.
∞ ∞ ∞
Un piccolo diario, delle piccole schegge per raccontare un
legame che resiste al tempo, allo spazio, alle formalità.
La mia visione senza pretese di questo legame, con l’unica
intenzione di valorizzarlo e renderlo più luminoso e bello.
È stata un’ispirazione improvvisa e non ho saputo
resisterle.
Spero che questa storia vi sia piaciuta, che vi abbia
trasmesso qualcosa e vi abbia strappato un piccolo sorriso.
Mi auguro anche che abbia fatto nascere in voi la speranza:
un legame come questo può esistere e non dev’essere necessariamente abbinato a
una relazione romantica, come recita la citazione in cima.
Ho immaginato questo diario come fosse mio, per me è stato
un viaggio emotivo pazzesco.
Grazie a chiunque lo abbia letto e a chi recensirà.
Alla prossima ♥
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