Titolo: Little Brats in Love
Rating: G
Pairing: Arthur/Merlin
Genere: AU
AN: ok, vi siete mai trovati nel bel
mezzo di un blocco dello scrittore senza precedenti?
Avete in testa tante idee, sapete di dover finire
innumerevoli storie, ma vi sedete al computer e non riuscite a scrivere
niente? Ecco, io in questo periodo mi sento così. Fra i
mille impegni, riesco a ritagliarmi un angoletto per rilassarmi e
scrivere ma nada de nada. Il foglio bianco mi blocca. Così,
cosa faccio? Mentre tento di aggiustare opere già pubblicate
in precedenza, ho deciso di provare a scribacchiare questa cosetta. Non
lasciatevi ingannare dal prologo, mi raccomando - che continua a non
convincermi molto, ma la mia Delicious là fuori mi ha
letteralmente costretto a postare, quindi prendetevela con lei -.
Tornando alla storia, s’ispira molto al cartone
animato Rugrats, se qualcuno lo ricorda.
Troverete i protagonisti di Merlin nelle vesti di poveri e
innocenti – si fa per dire – pargoli dai cinque
anni in giù.
Spero che la storia sia di vostro gusto. La canzone di
sottofondo è Animals dei Nickelback, suggeritami dalla mia
cara collega di sclero Suicidal_love. Tesoro, questa storia
è per te!
P.S.: sono alla disperata ricerca di un beta…
qualcuno può aiutarmi?
Prologo: Nella tana dei Conigli
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
“I, I'm driving black on black
Just got my license back
I got this feeling in my veins this train is coming off the track
I'll ask polite if the devil needs a ride
Because the angel on my right ain't hanging out with me tonight
I'm driving past your house while you were sneaking out
I got the car door opened up so you can jump in on the run
Your mom don't know that you were missing
She'd be pissed if she could see the parts of you that I've been kissing
Screamin'”
Assolo di chitarra. Cigolio
di letto.
Poteva percepire le vibrazioni spandersi attraverso il soffitto,
giù sempre più giù, colando tra
mattoni e travi di legno come se queste fossero di burro fuso.
TUM
TUM TUM
TUM TUM TUM
“No, we're never gonna quit
Ain't nothing wrong with it
Just acting like we're animals
No, no matter where we go
'Cause everybody knows
We're just a couple of animals”
Era la sua immaginazione, doveva esserlo. Nemmeno loro due potevano arrivare a
tanto. Eppure… no, impossibile. Totalmente fuori ogni logica.
Radere al suolo una mega-villa come
la loro, richiedeva più di una coppia di adolescenti in
piena tempesta ormonale… vero? VERO?!
Per quanto provasse a ripeterselo, questo non le dava alcun conforto.
Nemmeno la sua incredibile razionalità poteva funzionare a
dovere a quell’ora assurda.
Erano le 3 del mattino…
soltanto le 3 del mattino!
Tuttavia, se c’era una cosa che Morgana Le Fay aveva imparato
nei suoi diciassette anni di vita in quel manicomio, era
l’aspettarsi di tutto quando si trattava di quei due.
Provò a tapparsi le orecchie con le dita, a seppellire la
testa sotto il cuscino, ma niente.
I suoi lunghi boccoli
d’ebano giacevano spettinati sulle calde lenzuola di seta
ricamata. La rabbia li stava percorrendo elettrica, tramutandoli in una
massa arruffata.
Le veniva da piangere.
Lei, bellissima come un’antica bambola di porcellana,
osannata dalle sue coetanee come la ragazza più bella e
aggraziata degli ultimi secoli, ora aveva l’aspetto di uno
spaventapasseri.
Lo sapeva, lo sapeva. Quei due pazzi sarebbero stati la sua morte un
giorno!
E Gwen aveva anche il coraggio di definirli carini, puah!
Continuava a fissare con insistenza il soffitto, aspettandosi che da un
momento all’altro questo venisse giù. Terremoto?
Quale terremoto! Erano un cataclisma vivente!
Alzò il volume ancora un po’. Forse, un
po’ di musica sarebbe servita a distrarla.
“So come on baby, get in
Get in, just get in
Check out the trouble we're in”
Congiura!!! Era una congiura!
Adesso anche la radio si accaniva
contro di lei. Afferrò uno dei costosissimi cuscini del suo
letto a baldacchino e si coprì il viso. Nada, Nain, Ciccia.
Neppure così riusciva a scacciare quelle immagini. Avrebbe
dovuto trapanarsi il cervello per allontanarle.
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
Stupido Uther!
Aveva speso una fortuna per
costruire quella villa. Sauna ad ogni piano, piscina olimpionica,
stanze da letto grandi quanto una suite di hotel. Non aveva badato al
prezzo, il caro paparino… ma avere delle pareti
insonorizzate sarebbe stato chiedere troppo?
TUM
TUM TUM
“You're beside me on the seat
Got your hand between my knees
And you control how fast we go by just how hard you wanna squeeze
It's hard to steer when you're breathing in my ear
But I got both hands on the wheel while you got both hands on my gears
By now, no doubt that we were heading south
I guess nobody ever taught her not to speak with a full mouth
'Cause this was it, like flicking on a switch
It felt so good I almost drove into the ditch
I'm screamin'”
Terapia a vita! Anzi no, una bianca camicia di
forza!
Cielo, se chiudeva gli occhi, quelle immagini oscene
parevano intensificarsi, divertendosi con il loro sadismo a privarla
del tanto agognato riposo.
Ecco, ora anche quelle benedette visioni si ritorcevano
contro la sua anima candida. Corpi sudati che si cercavano, voci
arrochite dalla passione… il sedere nudo di Arthur!!! Bleah!
“So come on baby, get in
Get in, just get in
Check out the trouble we're in”
Un lieve bussare la riscosse da quelle orrende immagini,
impedendo che la gustosissima pizza al formaggio di quella sera
tornasse a farle visita. Non c’era limite al peggio in quella
casa di pazzi.
Il picchiettio si ripeté ancora.
Era un rumore troppo flebile per il
trattarsi di un adulto. Escludendo i due conigli, poteva essere solo
una persona.
“Entra pure, Mordred”.
Un bimbo di appena sei anni fece capolino dalla pesante
porta di legno, stropicciando i suoi grandi occhi azzurri ancora
assonnati. Il caldo pigiama adornato di orsetti scuri gli cadeva ampio
sul corpicino ancora minuto. Era sempre stato un tipetto molto esile,
suo fratello. Esile, vero, ma con più risorse di un gatto
selvatico.
Morgana non poté
trattenere un piccolo sorriso a quella vista. Gli arruffati capelli
color cioccolato gli conferivano un aspetto tenerissimo, a dir poco
irreale. Mordred poteva benissimo fare concorrenza ad uno di quei
bambolotti visti in TV.
La voglia strapazzarlo di baci era
fortissima. Faceva questo effetto lui alle donne, donne di ogni
età.
A quell’invito, il bimbo corse fra le braccia
della sorella, sedendosi sulle sue gambe. Quasi intimidito, nascose il
viso contro Sir Theodor, l’orsetto che Merlin gli aveva
regalato per il suo quarto compleanno.
Era tutto intirizzito. Per quanto fossero ancora agli inizi
di maggio, la primavera tardava ad arrivare.
“Morghy, io non riesco a dormire”.
Mormorò, con un’espressione talmente angelica da
spezzarti il cuore.
Era il cucciolo di casa, Mordred, l’ultimo nato.
Coccolato e viziato da tutti… salvo un’unica
eccezione.
Era il tesoro di Hunith, il piccolo
ometto di Uther, l’adorato fratellino di Merlin e Morgana.
Satana sceso sulla Terra, se chiedevi ad Arthur.
Scaltro, manipolatore e sociopatico, il cui unico scopo era
rovinargli l’esistenza… che assurdità!
Come si poteva accusare quel candido angioletto di tali infamie!
Anche se, ancora oggi, Morgana non riusciva a spiegarsi
come l’adorata decappottabile di Arthur fosse finita nella
piscina.
Chissà, doveva trattarsi
di uno dei misteri della vita. Una di quelle cose che andava accettata
semplicemente per fede, senza una spiegazione logica. Come il perché il cielo
fosse blu o Keira Knightely venisse definita una delle donne
più belle del pianeta nonostante fosse piatta come una
tavola.
Pontificare su tali pensieri poteva
rivelarsi una buona distrazione, ma quella serie di tonfi sinistri che
avevano accompagnato l’ingresso del suo povero angioletto la
riportarono ben presto alla realtà. Rumori minacciosi ed
inquietanti.
Si, la casa non avrebbe retto a
lungo.
“So
come on baby, get in
We're just a couple of animals
Get in, just get in
Ain't nothing wrong with it
Check out the trouble we're in
Get in, just get in”
Che razza di famiglia… ninfomani! Tutti conigli ninfomani!
Ninfomani, egocentrici e possessivi
al punto da rasentare l’ossessione. Meno male
che non ne condivideva i geni da roditore!
Era in momenti come questi che Morgana ringraziava il cielo
per l’essere nata da due genitori relativamente normali,
anche se le erano stati sottratti troppo presto.
A dirla tutta, per quanto la
facessero impazzire, le era impossibile pensare alla sua famiglia come
a qualcuno che non fosse uno di quei matti maniaci con cui condivideva
le sue giornate.
Se glielo avessero chiesto avrebbe
negato ad oltranza, sia chiaro, ma dopo tanti anni aveva imparato a
sopportarli, e sì, anche a voler loro bene…
asino compreso.
Erano tutto il suo mondo.
Non poteva dire di avere un ricordo nitido della sua vita
prima dell’adozione, questo no.
Erano solo immagini sfocate,
sensazioni vaghe legate a profumi impressi nei meandri più
reconditi della sua mente. Gli stessi luoghi che serbavano il segreto
del suo dono.
Per quanto si sforzasse, non ricordava nulla dei Le Fay.
Certo aveva delle foto, vecchi
scatti di una donna dai lunghi boccoli d’ebano che sedeva
innanzi ad un camino col ventre gonfio di vita. Morgause era colei che
l’aveva generata eppure non riusciva a chiamarla mamma.
Una madre è una persona
dal sorriso caldo che ti prepara i biscotti, che ti sveglia al mattino
per andare a scuola, che ti sgrida quando hai sbagliato e ti abbraccia
quando sei triste.
Morgause non aveva mai fatto nulla
di tutto questo per lei. Non ne aveva avuto il tempo.
Un banale incidente d’auto
e la sua vita era stata recisa come una di quelle rose con cui amava
così tanto circondarsi. Era bastato un solo istante, uno
solo.
Non ne sentiva la mancanza.
Sì, il suo
cognome poteva anche essere Le Fay ma erano i Pendragon la sua
famiglia. Lo erano sempre stati.
Uther – CEO della Camelot
INC. – aveva fatto carte false per prenderla con
sé, addossandosi quella grave responsabilità
senza esitazione alcuna.
L’uomo aveva sguinzagliato tutti i migliori
avvocati del Paese per terminare l’adozione in tempi da
record, come se il peso di dover crescere già un figlio da
solo non fosse abbastanza, figuriamoci due.
Sapeva essere un uomo severo alle volte, questo nessuno lo
metteva in dubbio. Niente avrebbe mai potuto scalfire
l’ammirazione che Morgana sentiva verso il suo padre adottivo.
Uther, in meno di sei mesi, si era ritrovato senza la sua
adorata Igraine a far da padre a due neonati piagnucolosi. Eppure non
si era tirato indietro.
Debito d’onore o no verso suo padre biologico,
l’aveva accettata in famiglia come qualcuno del suo stesso
sangue.
Così la piccola Morghy era passata dalla
condizione di figlia unica all’essere la sorellastra
dell’impossibile Arthorius, o più semplicemente
Arthur. Un nome che era tutto un programma.
Loro due avevano riscritto senza
problemi la definizione di “odio a prima vista”.
Se uno diceva bianco, allora
l’altro per forza avrebbe risposto
“nero”. Veniva loro naturale come respirare. Erano
nati per farsi la guerra, per forza.
Nonostante tutto e tutti però, lei Uther ed
Arthur se l’erano cavata abbastanza bene da soli. La loro
vita non era stata affatto male. Bei vestiti, ogni sorta di giochi e
leccornia. Uther ce l’aveva messa tutta per essere un buon
genitore. Anche se non era molto presente e ferrato in tema di
disciplina.
Poi tutto era cambiato…
in meglio. In molto meglio.
Circa cinque anni dopo la sua adozione - durante una
rocambolesca estate piena di avventure e situazioni al limite
dell’assurdo - Uther aveva perso la testa per Hunith, una
lontana parente del vecchio Gaius, il loro medico di famiglia.
Da cosa nasce cosa, Hunith era diventata presto la loro
nuova e dolce matrigna aggiungendo a quel trio incredibilmente
depresso, suo figlio Merlin… e sul serio, prima
dell’arrivo della donna, ne avevano di musi lunghi.
Merlin, oh Merlin.
Dolce e meraviglioso bambino senza
un briciolo di spirito di sopravvivenza, se la sua relazione con Arthur
poteva svelarne qualcosa sul carattere.
Insomma, ma come faceva Merlin a
guardare quell’asino come un dio sceso sulla terra?
Merlin avrebbe volentieri baciato la
terra dove aveva poggiato i piedi… quando non era impegnato
ad ucciderlo, sia chiaro. In fin dei conti, il ragazzo era pur sempre
umano. Nemmeno un santo sarebbe mai stato capace di sopportare Arthur
24 ore su 24.
Eppure, quei due funzionavano divinamente insieme, nonostante fossero agli antipodi su tutto.
Uno biondo e l’altro moro, uno sportivo e
l’altro artista, uno imbecille da farti venir voglia di
prenderlo a schiaffi e l’altro così tenero da
risvegliarti dentro un iperprotettivo istinto materno.
Tanto diversi eppure legati peggio che con la supercolla.
Ce ne erano di cose da raccontare su di loro. Un giorno vi
avrebbe dedicato un libro, guadagnando miliardi e trasferendosi
finalmente su di un’isola lontanissima. Oh, si! Sarebbe stato
fantastico.
Sorvolando sui due conigli, come Morgana li aveva
affettuosamente ribattezzati, a chiudere il loro allegro quadretto
familiare alcuni anni dopo era nato a sorpresa Mordred.
I loro genitori dovevano essere sicuramente folli per avere
un altro figlio, insomma con già tre birbanti
così cui badare! Ciononostante, la gravidanza di Hunith fu
accolta con gioia, soprattutto da Uther che finalmente si era visto
arrivare un figlio “normale” dopo il disastro che
si era rivelato il suo primogenito.
Normale… tzé. Non esisteva quella
parola nel vocabolario della famiglia Pendragon. Loro potevano essere
tutto fuorché normali.
Se delle forti personalità non fossero bastate a
far rizzare i capelli a ognuna di quelle povere anime che aveva dovuto
far loro da balia, tutti i ragazzi Pendragon avevano sviluppato
naturalmente un innato talento magico, un dono non visto di buon occhio
in molti circoli.
Secondo il vecchio Gaius, avrebbero potuto sovvertire il
mondo se avessero voluto.
Morgana era una veggente, Merlin e Mordred due maghi
piuttosto potenti e Arthur… come amava definirlo il suo
fratellino, Arthur era semplicemente un piromane.
Se non ci credete, avreste dovuto
vedere la palestra della loro scuola l’anno prima, quando un
povero idiota aveva osato fare degli apprezzamenti poco puliti su di un
certo musicista.
Arthur aveva letteralmente perso la
testa, scatenando tutta la sua furia… sete di
vendetta… istinto omicida come solo un asino del suo calibro
poteva fare.
La loro magia era potente, oh
sì se era potente.
Un altro colpo basso per il vecchio
Pendragon.
Per Uther non era stato facile accettare la cosa. Aveva
perso una moglie per colpa della magia.
Eppure Hunith ci era riuscita. Li
aveva guidati e protetti, insegnando loro che con quei doni che avevano
dentro di sé potevano realizzare cose meravigliose.
La magia non era solo qualcosa da
temere bensì qualcosa che avrebbe potuto sul serio rendere
felici le persone. Ed Uther, alla fine, lo aveva capito.
Il fatto che i due conigli avessero
poi adottato un cucciolo di drago, aveva contribuito alla nuova
filosofia di vita del paparino. Se non puoi combatterlo, accettalo e
ridici su!
Una manina fredda attirò piano la sua
attenzione. L’espressione disperata di quel povero bambino le
stringeva il cuore. Doveva pensare a Mordred adesso.
“Morghy, io ho paura! L’asino non
starà facendo del male a Merlin, vero?”. Due
grossi lacrimoni minacciavano di solcare il suo visetto pallido.
Fare del male a Merlin, ora questa era una domanda
soggettiva.
Morgana era sicura che, per quanto urlasse e si lamentasse
e protestasse, Merlin non fosse del tutto contrario a quello che Arthur
al momento gli stesse facendo.
“Ma no, Mordred. Sono sicura che Merlin stia
benissimo”. Gli sorrise, rassicurante. Magari non domattina,
aggiunse tra sé.
“Davvero?”. Per un istante, le parve
di vedere un ghigno diabolico fare capolino su quel visetto angelico.
No, doveva essersi sbagliata. Arthur
la stava condizionando. “Io ho visto l’asino
prendere il tuo bel vestito rosso e portarlo di sopra! Con le scarpe
della mamma e il tuo frustino da polo!”.
ALT! Vestito rosso?
“Quale vestito rosso?”. Ti prego! Fa
che non sia quello, fa che non sia quello.
“Quello della tua serata di gala, Morghy.
L’asino – cascasse il mondo che Mordred chiamasse
suo fratello maggiore per nome – ha detto che se te lo avessi
raccontato, mi avrebbe dato in pasto a Sparky!”.
No, il labbretto tremolante, no!
Come osava quell’idiota decerebrato appropriarsi
del suo Versace originale. Aveva davvero così voglia di
morire?
Morgana poteva sentire la collera montarle dentro come il
mare in tempesta e l’espressione addolorata di Mordred non
faceva che aumentarla.
“Morghy, dove vai?”.
Gliel’avrebbe fatta vedere lei a quei due animali
in calore!
Era furiosa, furibonda, fuori di sé! Un conto
era privare lei del suo sacrosanto sonno ristoratore, ma prendersela
con degli innocenti – sì, perché anche
il vestito rientrava in quella categoria. Lo aveva indossato solo una
volta, era ancora praticamente vergine – fu la famosa
ultima goccia.
Quell’idiota aveva anche il coraggio di definire
Mordred l’Anticristo incarnato. Ma si era mai visto allo
specchio?
Incurante dell’essere a piedi nudi e soltanto in
una setosa camicia da notte, Morgana balzò fuori dal letto
ed uscì dalla sua stanza a passo rapido, marciando con
l’impeto di una mandria impazzita verso l’attico
della sua lussuosissima dimora.
Mordred restò un po’ indietro, diviso tra il
desiderio di assistere alla Finale Disfatta del Guastafeste ma
altrettanto legato alla sua incolumità. No, questa non
doveva perdersela per nulla al mondo.
Oh, si! Ghignò a quel pensiero. Finalmente il suo adorato
fratellone Merlin sarebbe stato al sicuro dalle grinfie di
quell’… asino depravato.
TUM TUM TUM
Il cigolio si fece sempre più insistente mentre si
avvicinavano alla tana degli animali in calore.
Arthur,
Arthur!!! Più forte, Arthur!!!
TUM TUM TUM
Gesù, Merlin! Mi fai impazzire!!!
Come il rullo di tamburi di una tribù indigena uno stridio
insistente e fastidioso, accompagnato da grida e gemiti degni dei
migliori film porno, segnalava l’approssimarsi della tana del
nemico. Quei suoni lasciavano ben poco alla fantasia ed ancora una
volta Morgana maledì i suoi genitori per averli lasciati in
balia della Bella e del Bestione.
Senza perdere tempo, si avventò sulla porta di legno
intarsiata che li divideva dal covo dei due depravati ed
iniziò a bussare con forza, tentando di superare quel
baccano.
BUM BUM BUM
“Merlin! Liberati di quell’impiastro e vieni subito
ad aprire!!!”. Urlò con tutto il fiato che aveva
nei polmoni.
Un gemito più lungo degli altri si levò come
risposta alle sue preghiere… ordini. La tensione si fece di
colpo palpabile, sottile e tagliente come la lama di un coltello.
Le urla cessarono, il cigolio del
letto s’ammutolì di colpo.
Fu come se d’improvviso la casa fosse sprofondata nel
silenzio più assoluto, quello che di solito precede la
comparsa di chissà quale mostro degno di una Casa
dell’Orrore. Morgana accostò l’orecchio
all’uscio, nel tentativo di decifrare le azioni di quei
debosciati.
TUM TUM TUM
Non appena il suo orecchio incontrò la liscia superficie di
legno, il cigolio del letto iniziò più forte di
prima. Una voce arrochita dalla passione se la rideva della grossa in
sottofondo.
Maledetto Arthur!!!
“MERLIN!!! ESCI SUBITO DA QUESTA STANZA, OPPURE TELEFONO A
MAMMA HUNITH! STAVOLTA NESSUNO VI SALVERA’ DAL CLUB DELLA
PUREZZA DI PADRE RALPH!”.
Silenzio tombale, stavolta causato da tutt’altra ragione.
La risata di trionfo si spense subito, soffocata da un terrore ben
noto.
Morgana ghignò, estasiata.
Ecco, quella era una minaccia che poteva sortire qualche effetto con
quei due: l’astinenza totale. Il misero cervellino di Arthur
non era preparato ad un trauma del genere.
L’astinenza e l’accademia militare
dall’altra parte del paese in cui Uther aveva deciso di
spedire Arthur se avessero ricevuto un’ennesima visita della
polizia per rumori molesti.
In un anno, erano arrivati a ricevere visite della polizia praticamente
tutte le settimane.
Erano diventati la barzelletta della città: i due conigli
malati di sesso e le loro maratone. Erano giunti addirittura ad essere
studiati da un’equipe specializzata per scoprire la causa di
prestazioni di tali proporzioni.
Ormoni… baggianate!
Secondo Gaius, era solo una fase la
loro… una fase che andava avanti da già tre anni,
maledizione! Ci voleva la castrazione!
Andava bene l’essere giovani, andava bene l’avere
delle necessità. Andava pure bene che i loro genitori
avessero accettato la loro relazione – più che
altro Uther, dopo la nascita di Mordred, si era messo l’animo
in pace sull’ossessione/possessione compulsiva che Arthur
nutriva verso il suo figliastro adottivo - ma adesso si stava davvero
toccando il fondo.
Perché i loro cari genitori… i loro
cari… irresponsabili… vigliacchi genitori,
anziché affrontare la situazione, avevano deciso di
concedersi un bel week-end alle terme, lasciandole il comando della
casa. Erano fuggiti come due topi inseguiti da uno tsunami, che razza
di esempio!
E naturalmente, come da programma, cinque secondi esatti la loro
brillante uscita di scena i due conigli in calore avevano dato il via
ad un’estenuante maratona del sesso. 36 ore e ci davano
ancora dentro.
Per recuperare, aveva detto l’asino reale, il quale era
tornato dal ritiro della squadra liceale di football con un severo caso
di Merlin - astinenza. La lontananza dalla sua dolce metà e
da quella particolare ginnastica che richiedeva un moretto eccitato
sotto di lui, aveva scatenato nel biondo Pendragon addirittura sintomi
fisici.
Arthur aveva fatto il suo trionfale ritorno pallido come un cencio, gli
occhi segnati da profondi cerchi neri ed il viso scavato. Li aveva a
malapena salutati, prima di caricarsi il suo preoccupatissimo ragazzo
in spalla e barricarsi nella loro tana.
Perché, naturalmente,
loro due condividevano una stanza… ed un principesco letto
matrimoniale.
Dopo averli beccati in tutti e dieci bagni della villa, nella piscina
olimpionica, sull’altalena della serra, in ogni sgabuzzino
della casa e addirittura sul tetto, il caro paparino aveva dovuto
arrendersi. Se avessero avuto una stanza solo per loro, forse ci
sarebbe stata ancora speranza per lui di arrivare alla vecchiaia.
Speranza vana.
Era bastato vedere come il suo primogenito poteva ridursi senza la sua
dolce metà per due misere settimane, per far scattare in
Uther il campanello d’allarme che lo aveva portato a
trascinare la sua dolce mogliettina in un’elegante e sperduta
SPA tra le montagne del Tibet, nella speranza di mettere quanti
più chilometri possibili tra la sua povera mente disturbata
e l’infame erede che aveva generato.
CODARDO!
Sussurri. Parole mormorate con voce gentile e snervanti piagnistei di
cui conosceva bene l’origine.
Attimi di suspance.
Si portò le mani sui
fianchi, picchiettando il piede con stizza al suolo.
Stupidi, maniaci, totalmente
decerebrati. L’avrebbero sentita adesso.
Mentre mille e più cruente soluzioni di tortura le
scorrevano innanzi agli occhi, la chiave ruotò con lentezza
nella serratura rivelando un ragazzo dai sottili capelli scuri e
l’espressione più idiota che Morgana avesse mai
visto.
Merlin sembrava vittima di una
sbronza colossale, con un sorriso ebete a trentadue denti che gli
illuminava tutto il viso.
“Ciao, Morghy”. Mormorò flebilmente,
arrossendo come un pomodoro a quello sguardo di smeraldo che lo
scrutava furioso.
“Merlin”. Avrebbe voluto urlare, sbraitare,
afferrarli per le orecchie e appenderli nudi alla gigantesca quercia
del giardino. Tutto, pur di vendicare il suo sacrosanto diritto ad una
notte di sonno ristoratore ma non ne ebbe il coraggio. La vista di
Merlin la fece desistere da ogni intento bellico.
Il poveretto non si reggeva nemmeno in piedi. Indossando un paio di
boxer notevolmente troppo grandi per le sue gambe ossute, Merlin si
poggiava allo stipite della porta tentando di non crollare al suolo
esausto.
Era distrutto. Innumerevoli lividi violacei gli segnavano il collo e il
petto e l’addome, giù fino a… beh,
avete capito.
E le sue povere orecchie!!! Oh, le sue povere orecchie! Rosse, quasi in
fiamme, gonfie e marchiate almeno quanto le sue labbra martoriate.
Mordred, che si era nascosto dietro sua sorella, lo fissava di sasso.
Che cosa gli avevano mai fatto! Sentiva una morsa stringergli il petto
alla vista dello stato pietoso in cui quello aveva
ridotto il suo adorato ed unico fratello maggiore.
“Dovrei parlarti, Merlin”. Tutta la rabbia che
Morgana aveva provato fino a quel momento era scemata di colpo alla
vista del suo fratellastro. La vittima di una tempesta tropicale
avrebbe avuto un aspetto migliore.
No, non poteva prendersi col misero mago moro. Non era colpa di Merlin
se non riusciva ad opporsi a quel bestione incivile. Lui era fragile e
delicato!
“Merlin non ha niente da dirti, Morgana”. Una voce
roca e autorevole si erse alle spalle del povero malcapitato, pronta a
sfidarla a contraddire il suo comando. Ecco di chi era la colpa!
Merlin sentì due braccia calde circondargli la vita con fare
possessivo mentre della pelle un po’ ruvida, per un lieve
accenno di barba, aveva preso a strusciarsi contro il suo collo,
richiamando immediatamente Merlin jr all’attenti. Non
poté trattenere un gemito d’assenso.
“Avete cinque minuti per lavarvi e scendere di sotto.
Muoviti, Arthur!”.
Il biondo ghignò alle assurde e vane minacce della sua
sorellastra, indifferente all’avere indosso solo un lenzuolo
mal legato in vita.
I vestiti erano del tutto superflui in quella situazione. Tutto
ciò di cui aveva davvero bisogno, era Merlin ed una
superficie piana per amministrare la sua autorità sul suo
dolce patatino.
Fino al ritorno di Uther e Hunith, niente e nessuno avrebbero potuto
interrompere il suo preziosissimo tempo con Merlin!
“Io non credo proprio. Sì da il caso, che io e il
mio piccolo idiota abbiamo ben altri programmi”. A queste
parole le mani di Arthur divennero più audaci, iniziando a
massaggiare il ventre del suddetto idiota il cui cervello oramai non
rispondeva più. Avevano già sprecato troppo
tempo: tre preziosissimi minuti in cui avrebbe potuto condurre il suo
idiota verso le vette più alte del piacere.
“ARTHUR!!!”. Tuonarono in coro due voci, sebbene
solo quella di Morgana segnata dalla collera. Se non poteva arrabbiarsi
con Merlin, niente e nessuno le avrebbero impedito di spazzare quel
sorrisetto idiota dal volto dell’asino a suon di ceffoni.
“Ma non ti vergogni? Non pensi a Mordred? Alla sua anima pura
ed innocente?”.
Due sguardi azzurri carichi di malcelata ostilità cozzarono
in una burrasca di fulmini e saette.
“Quello non ha mai avuto niente
d’innocente!”. Borbottò il primo.
“Dopo aver visto un mio presunto fratello sbattersi
l’altro mio fratello, non credo che niente mi shocki
più. Stupido asino”. Biascicò il
secondo.
Zero assoluto!
Ecco la percentuale esatta
dell’amore e della dedizione che i due fratelli Pendragon
nutrivano l’uno per l’altro. Dire che si odiavano
era dire poco. Arthur e Mordred si respingevano come il diavolo e
l’acqua santa. La loro epica lotta per il monopolio di Merlin
non aveva avuto eguali nella storia.
Se per Mordred, Merlin era un essere puro, fonte intoccabile di
dolcezza e magia da proteggere e salvaguardare dagli asini pervertiti
fino alla fine dei tempi; per Arthur, Merlin era un cucciolotto un
po’ idiota ma dall’incredibile stamina. Da
difendere, controllare e rinchiudere in una torre remota per suo
esclusivo beneficio.
“Ti disprezzo con tutte le mie forze, asino”.
“Felice di saperlo, pulce”.
“Smettetela!”. Ruggirono i poveri
spettatori di quell’assurda gara di machismo. Ma anche a
quell’ora assurda avevano la forza di litigare?
Stupidi, insopportabili, asini
cocciuti!
La veggente ed il mago si scambiarono uno sguardo d’intesa.
Come si dice: a mali estremi…
In un attacco perfettamente sincronizzato, dei ceffoni degni del buon
vecchio Bruce si abbatterono con impeto sulle nuche di quel testardo ed
impossibile duo.
“Ma è stato lui!”. Piagnucolarono i due
fratelli che, per quanto osassero negarlo, erano spudoratamente simili.
“Certo che non hai alcun ritegno, Arthur. Mettersi allo
stesso livello di uno di sei anni…”. La ragazza
rincarò la dose. Non poteva di certo perdeva una
così succulenta occasione di sbattere in faccia al fratello
quanto fosse infantile.
“Non conta l’età se sei il
demonio”. Voleva solo trascorrere le restanti dodici ore al
ritorno dei loro genitori insieme al suo ragazzo, niente di
più niente di meno. Che c’era di così
difficile da capire?
Peccato solo che suddetto ragazzo, non condividesse il suo odio verso
quella pulce. No! Merlin era stato soggiogato da quei falsi occhioni
innocenti come tutto il resto della sua famiglia. Solo lui, solo lui
aveva capito quanto quel marmocchio fosse pericoloso! Perché
non volevano ascoltarlo!
“In salotto, muoviti!”
“Non ci penso nemmeno!”.
“Tzé”. Sempre nascosto dietro la
rassicurante presenza di Morgana, Mordred si lasciò sfuggire
a un sorrisetto malevolo. “Aspetta che racconti tutto a
papà, asino. La scuola militare non te la leva
nessuno”.
La reazione di Arthur fu istantanea. Scansato il suo idiota di lato, si
chinò all’altezza dell’odiato e
demoniaco fratello minore, facendo apparire a pochi centimetri della
testa del bimbo una bella palla di fuoco. “Ora stammi a
sentire, moccioso: 1. Solo a Merlin è concesso chiamarmi
asino; 2. Tu azzardati a ricattarmi e potrai dire addio alla tua
adorata collezione di fumetti; 3. Prova di nuovo ad interrompere il mio
Merlin-time e non dovrai preoccuparti dell’acne giovanile,
perché scordati di arrivare alla pubertà. SONO
STATO CHIARO?”.
Se l’asino pensava di spaventarlo, cascava male. Paura? Ma
quale paura?
Mordred aveva più di un asso nella sua manica: occhioni
lucidi, labbro tremante, naso colante... le possibilità
erano infinite, una per ogni situazione.
Light Yagami gli faceva un baffo.
Afferrò la mano di suo
fratello, puntando su di lui quegli occhi languidi che avrebbero fatto
invidia anche a Bambi.
“Merlin, l’asino mi tratta male!”. Piagnucolò,
una lieve goccia salata che gli inumidiva la guancia destra.
Colpito e affondato. Vediamo come
reagisci ora, asino!
“Io…
ti… odio!”. Perché, ti pareva che
Merlin non lo guardasse storto per aver difeso il loro futuro da quel
lucifero alto tre mele o poco più? Nessuno pensava alle sue
lacrime!!! Ai suoi bisogni di povero adolescente innamorato.
Come a leggere quei pensieri – insomma cosa pensasse Arthur
era semplice da comprendere - la piccola vena sulla tempia di Morgana
iniziò a pulsare ritmicamente.
La vedevano chiudere ed aprire il pugno, persa com’era in
quel suo atroce dubbio amletico. Era meglio sferrare
all’impossibile disturbatore della sua pace notturna
un’unghiata o un bel calcio dove il sole non batte?
Sangue, sangue, sangue! Voleva
versare del sangue!
Un lieve mugolio affranto gli
salì involontariamente dal petto. Se avessero potuto, si
sarebbero uccisi all’istante, tanto l’aria era
satura della loro magia.
E, naturalmente, chi era chiamato a fare da paciere in mezzo a quel
branco di pazzi?
Merlin si accasciò distrutto contro il muro, mordendosi il
labbro alle fitte provenienti dal suo fondoschiena. Non ne poteva
più. Doveva andarci lui in Tibet!
Spesso quando persino sbattere la testa contro il muro non gli impediva
di sottrarsi alle loro continue idiozie, si chiedeva che aveva fatto di
male per ritrovarsi in quella situazione.
Tra due genitori da sit-com, una sorella maniaca della moda, un
fratellino che avrebbe fatto volentieri concorrenza a quel topolino
bianco assetato di potere visto in Tv ed un altro… cielo, un
altro fratello/fidanzato bello come dio… sexy…
tanto perfetto che ti veniva voglia di morderlo – non che non
lo avesse fatto - ma asino come nessuno mai, la sua vita era una pazzia
dopo l’altra.
In mezzo alla furia di Morgana, ai continui assalti di Arthur ed i
piani di conquista del mondo di Mordred, c’era da stupirsi
che non fossero stati rinchiusi a vita al manicomio.
Non aveva di che preoccuparsi per il futuro. Con le doti di mediatore
che dimostrava con quei pazzi, una carriera all’Onu non
gliela avrebbe negata nessuno.
Mentre una nuova sfera di fuoco andava formandosi nella mano della sua
dolce metà, Merlin capì che era giunto il momento
di affrontare la situazione prima che questa degenerasse. Cinse il
collo di Arthur con le braccia, spalmando il suo corpicino ossuto su
quello del proprio uomo.
“Morgana, tu e Mordred aspettateci in salotto per favore. Io
ed Arthur vi raggiungeremo tra cinque minuti”.
Prima che il biondo potesse ribattere, lo coinvolse in un bacio
mozzafiato che fece scemare qualsiasi intento guerresco da parte del
giovane Pendragon.
Gli occhi di Arthur si chiusero estasiati. Si! Finalmente il suo idiota
aveva capito bisognava occupare il loro preziosissimo tempo.
Senza neanche aspettare che gli altri due eseguissero i suoi ordini,
Merlin chiuse la porta della loro stanza col piede. Uno a zero per lui.
BLEAH
Lo stomaco del piccolo Mordred iniziò a gorgogliare in pena.
Quella scena era stata rivoltante. Ma come poteva Merlin abbassarsi a
baciare quel… quel tizio! Lui meritava di meglio, di molto
meglio.
Doveva salvarlo! Sbarazzarsi dell’asino definitivamente.
Bastava una telefonata alla polizia e tutto sarebbe stato risolto.
Iniziò ad arretrare di
soppiatto, volendosi catapultare verso il cordless più
vicino. Quello doveva essere il turno del papà di Gwen. Il
signor Tom era sempre felice di sentirlo. Cielo, i pettegolezzi di casa
Pendragon lo avevano reso molto famoso alla centrale.
Mancava solo qualche passo…
“Non ci pensare nemmeno, signorino!”.
Uff, perché nessuno lo capiva?
4, 30 secondi
Tic tac
Tic tac
La lancetta del vecchio orologio a pendolo di Uther non aveva mai perso
un colpo in tutti quegli anni. Avevano trenta secondi, trenta secondi
esatti. Se avessero provato a filarsela, stavolta non
l’avrebbero passata liscia.
C’era un limite a tutto: specie alla sua salute mentale.
Il fuoco scoppiettava lento nell’antico camino di pietra,
diffondendo nell’aria un dolce tepore.
Mordred se ne stava rannicchiato sulla sua poltrona preferita,
seppellito sotto una pesante coperta a sorseggiare una cioccolata calda
con lo sguardo perso nel vuoto. Doveva giocare d’astuzia e
vincere!
Bisognava sbarazzarsi di Arthur definitivamente, ne andava della salute
di Merlin.
Pensa, pensa Mordred! Concentra tutte le tue capacità
mentali per una soluzione finale!
Perché se c’era una cosa che lo accumunava a
quell’idiota dell’asino, oltre alla bellezza
sconvolgente, era la follia genetica dei Pendragon. Letale,
inarrestabile e incontrollabile.
4, 45 secondi
Morgana faceva avanti e indietro sul costoso tappeto persiano di Uther.
Se Arthur si fosse azzardato a ricominciare, stavolta nessuno lo
avrebbe salvato dall’astinenza a vita! Al diavolo
l’affetto fraterno: qui era della sua salute mentale che si
stava parlando!
4,59 secondi
A-R-T-H-U-R!!!
“Eccoci, eccoci!!!”.
Il povero Merlin, la cui andatura ricordava parecchio quella di
un’anatra, si precipitò senza fiato in salotto,
trascinandosi dietro un biondino piuttosto seccato che tentava di
aggrapparsi allo spigolo della porta quasi fosse un moccioso.
“E dai, Merlin! Torniamocene a letto! Le manette non le
abbiamo ancora provate!!!”. Piagnucolava senza
ritegno… e aveva anche il coraggio di definirsi un uomo?
Gesù, lo avrebbe preso volentieri a schiaffi.
Merlin si fermò di colpo, gli occhi azzurri infiammati da
una luce dorata a dir poco omicida mentre sua sorella si accomodava
accanto al bambino, pronta per una bella ramanzina. “Siediti,
asino! Questa è l’ultima volta che mi lascio
convincere a seguire una delle tue maratone assurde. Non voglio finire
un’altra volta in cella! Stavolta tuo padre ha minacciato di
lasciarci là e non voglio ripetere l’esperienza di
Big Jim che voleva proporti uno scambio di coppia!!”.
“Ma…”. Cattivo!!! Era troppo avere un
po’ d’affetto? Mica pretendeva la luna, lui.
“Fiata un’altra volta e ti pianto seduta stante.
Sono stato chiaro?”. Lo minacciò il bel moretto,
con una vocettina disgustosamente smielata.
Arthur si zittì in un lampo crollando sul divano,
imbronciato. Senza aggiungere altro, afferrò delicatamente
Merlin per un braccio, facendolo sedere sulle sue ginocchia.
Il mago lo fissò per un po’ di sbieco ma a quel
visetto contrito non sapeva proprio come dir di no. Tuttavia, se si
aspettava la resa, Arthur aveva fatto male i suoi conti. Era un uke,
mica un cretino!
“Asino”.
“Lo so, non fai che ripetermelo”.
Merlin poggiò il capo nell’incavo del collo
dell’altro, inalando il suo buon odore di vaniglia e muschio
che la recente doccia gli aveva lasciato sulla pelle. Docce
rigorosamente separate perché – hey –
anche lui era umano dopotutto e ad un corpo così nemmeno la
volontà di un bonzo poteva resistere.
“Merlin…”
“Zitto e massaggiami la schiena. Non ho detto che sei stato
perdonato”.
Ancora una volta, Morgana non poté fare a meno di fissare
ammirata Merlin che esercitava il suo pieno controllo su Arthur. Anche
se non sembrava in apparenza, era lui il vero dominatore della coppia.
Per quanto l’ego di quell’asino di suo fratello
avesse oramai raggiunto livelli smisurati, Merlin lo teneva in pugno.
Arthur era solo un burattino. Una sola parola lasciata sfuggire dalle
belle labbra rosse del moretto e l’idiota si sarebbe gettato
da un ponte senza esitare.
Era un vero peccato che Merlin mancasse di qualsiasi pensiero maligno.
Un vero peccato.
Ma soprattutto che mancasse di
abbastanza spina dorsale da portare avanti i suoi propositi di vendetta.
Meno di due secondi dopo quell’assurdo tentativo di litigio,
i due piccioncini erano già persi nel loro piccolo mondo di
smancerie mentre i livelli di testosterone della stanza stavano
balzando alle stelle.
Ma
cos’erano? Ibridi uomo-bestia? Come facevano a saltarsi
addosso ogni dannato secondo?
La loro stamina sovvertiva qualsiasi legge della fisica.
“Dannato”. Puntuale come un orologio, Mordred aveva
preso a borbottare di poveri geni incompresi. Asino… stupido
asino assatanato, manipolatore di innocenti fratelli maggiori.
Morgana cinse il suo fratellino in un abbraccio
consolatorio, tentando di rassicurarlo come meglio poteva. Povero
piccolo, chissà come doveva soffrire! Voleva così
bene a Merlin che era un peccato distruggere le sue candide speranze
giovanili con la cruda realtà: dopo tanti anni gomito a
gomito con la depravazione dell’asino, il moretto era ormai
un caso perso.
Alla vista dei suoi fratelli intenti a sussurrarsi dolci paroline senza
senso, Morgana ritrovò in quella scena i due bambini che
erano stati tanti e tanti anni prima.
Quei bambini dai grandi occhi sinceri alla scoperta del mondo e, nel
caso di Arthur, sulla sua precoce omosessualità. Insomma,
progettare a quattro anni di sposare un bimbetto appena conosciuto non
era da tutti.
Suo fratello, invece, aveva fatto questo e altro. Un punto a suo
favore, infondo.
Anche se le seccava ammetterlo - e cielo se Morgana avrebbe voluto
rimangiarsi tutto - Arthur aveva i suoi pregi.
Per prima cosa, era oggettivamente bellissimo. Per quanto detestasse
infiammare il suo ego già sproporzionato, i suoi capelli
dorati e gli occhi chiari lo aveva reso il monarca incontrastato
dell’Avalon Elite High School. Era il capitano della squadra
di football e di quella di scherma. In pratica il miglior partito del
paese.
Peccato che non vi fosse una regina al suo fianco. Nel corso degli anni
ci avevano provato in tante - anche donne più grandi - ma
nessuna era mai riuscita a far breccia nel suo cuore.
Arthur flirtava con loro, faceva il
galante come il migliore dei cavalieri, però metteva ben
presto in chiaro di essere un uomo impegnato e anche dannatamente
fedele. Fedele al suo – come adorava definirlo, quando Merlin
gli aveva mollato una sberla coi fiocchi per l’essere stato
chiamato regina davanti all’intera assemblea
studentesca– principe consorte.
Principe consorte Merlin Emrys-Pendragon. Scuri capelli ribelli, occhi
chiari e sinceri, due orecchi un tantino più grandi della
norma. Quel ragazzo era la gentilezza fatta persona, un pezzo di pane.
Oh, senza contare un diavolo di musicista. Merlin riusciva ad ottenere
con la sua chitarra quello che Eric Clapton non aveva fatto in una vita
intera.
La relazione di Arthur e Merlin era di dominio pubblico a scuola, ma
nessuno si azzardava a fare commenti sarcastici al riguardo. Arthur
sapeva essere un tantino protettivo nei riguardi di Merlin e non
avrebbe augurato di trovarsi di fronte un pazzo incendiario malato di
gelosia nemmeno al suo peggior nemico.
“Su, Mordred. Non fare quella faccia”. Merlin aveva
notato l’espressione indispettita sul viso del suo fratellino
e dannazione se non somigliava a quella di Arthur.
“Ma Merlin! Puoi avere di meglio di
quell’asino!!!”. Broncio Pendragon patentato dal
1515. Inimitabile.
Il bimbo pronunciò la parola “asino”
storcendo comicamente il naso. Quella piccola peste aveva attentato
alla sua vita dal momento in cui era venuto al mondo. Arthur sospettava
si trattasse di una sorta di vendetta cosmica per il suo corpo da dio.
“Mordred!”.
“Io non capisco come tu possa stare con lui. Sei
sprecato!”. Certo che era sprecato con… quello!
Stupido buono a nulla, utile solo per il barbecue della domenica.
“Magari ha ragione…”. Finse di
considerare. Tenere Arthur sulle spine era un toccasana per la loro
relazione.
“Merlin!!!”. Uguali, uguali. Erano proprio uguali,
uguali.
Morgana si concesse una sonora risata, tutti i suoi propositi di
vendetta dimenticati.
“Aspetta un istante, Mordred”. Si alzò
con grazia dal divano, andando a recuperare un vecchio album di foto.
Si sedette di fianco al suo fratellino, sfogliandolo lesta fino ad
arrivare all’immagine di un bimbetto di quattro anni o poco
più dai corti capelli biondi che ne teneva un altro moro a
braccetto e una strana lucertola alata sulla spalla.
“Oh, certo che ero un gran bel pezzo di bambino anche
allora!”.
“Zitto, asino!”. Tuonarono tre voci. Per una volta
che riuscivano a fare qualcosa di costruttivo tutti insieme, qualcosa
che non richiedesse l’intervento della polizia,
l’idiota non aveva alcun diritto di rovinare tutto.
“Vuoi sapere come ci siamo conosciuti noi tre?”.
Continuò amorevole la ragazza, ignorando lo sguardo omicida
del biondo giocatore. “Bene, allora, preparati per la favola
della tua vita. Questa è la storia di un grande piccolo
mago, di una bellissima veggente – e qui si levò
un certo suono strozzato – e di un incredibile e stupido
asino”.
“Hey!!!”. Ora stavano esagerando con questa storia
dell’asino!
Merlin gli assestò una bella gomitata, facendo cenno a
Morgana di continuare. Anche lui era desideroso di sentire ancora una
volta quella storia.
“Dicevo - la veggente sfidò Arthur ad
interromperla nuovamente - C’era una volta…”
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