La nuova arrivata

di VenoM_S
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Questa storia partecipa al COWT di Lande di Fandom
Settimana: sesta
Missione: M1
Prompt: Get Curious
N° parole: 2077


Il caldo quel giorno era più soffocante del solito, e l’umidità non faceva altro che appiccicarle sulla pelle il lungo abaya blu notte che aveva deciso di indossare quella mattina. Era un vestito magnifico, che seguiva la sua figura snella senza però mettere troppo in mostra la pelle, con il petto ornato di intricati ricami di diversi colori tra cui rosso, oro e celeste, che facevano risaltare ancora di più la tonalità ambrata della sua carnagione.
Era sola ormai da due giorni, da quando l’Emiro suo marito era partito per una battuta di caccia assieme ad altri rappresentanti della sua corte e della piccola nobiltà, cosa che lo avrebbe occupato per almeno una settimana. Non che questo a Nadia portasse troppo dispiacere, la lontananza del marito in effetti non faceva altro che renderla più rilassata.
Era classico per quei luoghi organizzare matrimoni combinati tra famiglie importanti, e i genitori di Nadia non avevano avuto nemmeno un minuscolo ripensamento quando avevano deciso di accettare il suo fidanzamento ufficiale, e poi il matrimonio, con Lucio, il ricco Emiro di quella regione. E in un primo momento, da ragazza giovane e ingenua qual era, anche a lei era sembrato quasi un sogno che si realizzava. Essere la prima moglie di un Emiro significava ricchezza, abiti splendidi e gioielli, un enorme palazzo tutto per lei. Credeva che avrebbe posseduto il mondo intero nel palmo della sua mano.
La realtà era che possedeva a malapena la sua vita.
Tutta la sua esistenza doveva ruotare attorno a Lucio, che poteva disporre di lei quando e quanto desiderava, e rimaneva confinata nell’Harem per tutto il resto del tempo. Era un luogo meraviglioso, su questo non c’era nulla da ribattere, con le sue ampie stanze e i giardini pieni di fiori colorati che i giardinieri si impegnavano a mantenere perfetti lì in mezzo al deserto, ma per Nadia era presto diventato una specie di gabbia dorata.

Stanca di starsene a letto, si tirò su con un sospiro e decise di raggiungere le altre nella sala principale dell’edificio. Dopo di lei, infatti, erano arrivate alcune altre mogli come da usanza. Lei rimaneva sempre la prima, l’unica a cui veniva concesso di essere presente al fianco di Lucio nelle apparizioni pubbliche, ma questo non la faceva certo sentire meglio. Se non altro, con le nuove mogli a disposizione, lei poteva avere più libertà e tempo per sé stessa.
La sala grande era uno spazio esageratamente esteso, in cui sarebbero entrate facilmente una cinquantina di persone che avrebbero comunque avuto il proprio ampio spazio personale. Al centro della stanza si trovava una piccola piscina con il fondo rivestito di piastrelle azzurre e blu, e tutto intorno erano disposti enormi e morbidi tappeti frangiati, sui quali si trovavano decine di larghi cuscini colorati. Il perimetro della sala era percorso di meravigliosi archi adornati da motivi geometrici dipinti in vari colori, sorretti da colonne bianche sulle quali si arrampicavano piccole piante dalle foglie verde smeraldo. Una delle nuove concubine stava facendo il bagno, i lunghi capelli neri raccolti in una crocchia morbida dietro la nuca e la lunga veste di stoffa leggera e colorata che le si attorcigliava addosso ad ogni movimento, rivelando anche il più piccolo anfratto del suo corpo magro, mentre alcune delle altre erano distese sui tappeti a leggere e chiacchierare. Come al solito, Nadia rivolse loro uno sguardo annoiato, in cui si celava una punta di disprezzo, prima di dirigersi verso un angolo della stanza e distendersi comodamente tra diversi cuscini rossi e ocra. Sembravano tutte felici, sembravano quasi divertirsi nonostante fossero rinchiuse in un’ala del palazzo senza mai poter uscire, e lei non riusciva a spiegarsi questo loro modo di fare rilassato, come se avessero raggiunto la loro maggiore aspirazione nella vita. Non avevano forse mai conosciuto la libertà di uscire a loro piacimento, di scegliere chi vedere e quando, come aveva potuto fare lei prima del matrimonio? Forse era quella la differenza tra loro, il motivo per cui non riusciva ad uniformarsi. Dopo qualche minuto decise che aveva davvero troppo caldo, quindi si alzò nuovamente in piedi e si diresse verso il centro della stanza, si sedette sul bordo della piscina e mise le lunghe gambe sottili in acqua, godendosi la sensazione di freschezza mentre il fondo del suo abaya si bagnava leggermente.

«Meglio così, magari mi eviterà di sentire troppo caldo» si disse mentre osservava il tessuto blu fluttuare attorno ai suoi polpacci.

La sua attenzione venne distolta dall’arrivo nella stanza di una delle nuove ancelle del palazzo riservate alla cura degli ambienti dell’Harem e a soddisfare i bisogni delle concubine dell’Emiro. La ragazza aveva lunghi capelli vermigli morbidi e abbondanti, che le ricadevano in onde lungo il corpo fino a sfiorare i fianchi, anche se solitamente preferiva portarli legati in alto. La sua pelle chiarissima era inusuale in quei luoghi, e Nadia aveva immaginato che probabilmente era stata portata in dono o ceduta al palazzo da qualche uomo straniero in cambio di favori, terreni o ricchezze, o magari di tutte e tre le cose.
Le prime volte in cui l’aveva vista aggirarsi per le stanze dell’Harem le era sembrata impaurita e impacciata, come se avesse paura di rompere qualsiasi cosa toccasse. Indossava un semplice vestito color crema con le maniche ampie, i cui bordi erano arricchiti da leggeri ghirigori geometrici dorati, che assecondava le sue curve leggermente abbondanti ma ben distribuite, abbinato sempre ad una fusciacca arancione che legava all’altezza della vita, e che la aiutava a pronunciare la forma a clessidra del suo corpo. Non sembrava essere troppo alta, probabilmente tutte le concubine la superavano di almeno una testa, o forse dava quell’impressione perché si ostinava a tenere gli occhi bassi. Nadia non era riuscita a impedirsi di osservarla continuamente fin da quando era arrivata, sempre più curiosa nei riguardi di quella ragazza così timida e particolare. Anche quella volta non poté fare a meno di seguirla con lo sguardo mentre si aggirava lentamente per la grande stanza rettangolare e si soffermava di tanto in tanto a sprimacciare qualche cuscino o ritirare le coppe dei datteri e della frutta per riportarle nelle cucine così da essere nuovamente riempite. Ogni volta che l’ancella si piegava in avanti il vestito color crema le si arrotolava un po’ sui fianchi, quel tanto che bastava per lasciare sul volto di Nadia un sorrisetto sghembo di velato compiacimento. Era una ragazza veramente graziosa.

Il giorno dopo, nel pomeriggio, Nadia aveva deciso di rimanere nella sua grande camera personale, distesa mollemente sul letto a baldacchino, con i lunghi capelli viola sparsi attorno a lei. La sua mente rincorreva ancora la figura dell’ancella dai capelli rossi, e ormai non poteva più resistere alla sua volontà di scoprire di più su quella ragazza.
Voleva conoscerla.
Decise quindi di mandarla a chiamare, e dopo aver tirato la sottile cordicella dorata che scendeva di fianco al suo letto e che serviva per chiamare le ancelle nelle stanze delle concubine, si sedette a gambe incrociate sul materasso stringendo un cuscino tra le braccia e attese. Passarono solo pochi minuti prima che la porta della camera si aprisse e la ragazza oggetto dei pensieri di Nadia facesse capolino, chiedendo con voce sottile cosa desiderasse.

«Vorrei sapere il tuo nome, prima di tutto» le disse cercando di non sembrare imperiosa nella sua richiesta.

«Ehm, mi chiamo Portia mia signora» rispose lei tenendo gli occhi fissi sul gigantesco tappeto che ricopriva tutto il pavimento della stanza e sul quale era raffigurata una scena di caccia. Sembrava trovarlo più interessante di quanto non fosse necessario.

«Bene, è un nome particolare, mi piace davvero molto! Il mio è Nadia. Ti dispiace se parliamo un po’?» sorrideva mentre le rivolgeva la parola, ma Portia non poteva vederlo, tanto era impegnata a guardare da tutt’altra parte. Nadia pensò che forse era spaventata dalla sua presenza, chissà cosa le era successo per farla finire in quel palazzo dopotutto. 

«Hai paura di me?» le chiese con una certa esitazione.  

«N-No, davvero. È solo che mi sembra tutto così strano, non c’è nulla che mi ricordi casa mia…» lo sguardo di Portia vagava per la stanza riccamente arredata, soffermandosi sulle sete preziose ed i fregi delle pareti «mi sento un po’ spaesata, tutto qui.»

Davvero da dove proveniva lei le cose erano tanto diverse? Nadia si spostò leggermente sul bordo dell’imponente letto a baldacchino e le fece segno di avvicinarsi battendo un paio di volte la mano sulla soffice coperta color rubino costellata di piccoli ricami bianchi.

«Vieni a sederti, raccontami del luogo da cui provieni, mi piace scoprire cose nuove» le disse cercando gli occhi di Portia con i suoi, e assumendo un’espressione il più dolce e comprensiva possibile nel tentativo di metterla a proprio agio.

La ragazza arrossì leggermente, poi si avvicinò a passi lenti andandosi a sedere su un angolo del letto. Era vestita nello stesso modo in cui l’aveva vista nei giorni precedenti, ma Nadia si accorse che, oltre la fusciacca arancione che si legava sempre in vita, aveva anche un piccolo nastrino nero annodato con un fiocco attorno al collo. Portava i capelli legati quel giorno, in uno chignon alto tenuto in posizione da una bandana a righe rosse e arancioni dal quale però fuoriuscivano diverse ciocche ribelli che le incorniciavano il viso candido costellato di piccole lentiggini che solo ora che la aveva così vicina era in grado di scoprire. Una volta che si fu accomodata, levò lo sguardo verso Nadia, che finalmente poté apprezzare la forma dei suoi grandi occhi grigi e delle sopracciglia ben delineate dello stesso colore rosso dei capelli. Ma non capiva perché si fosse sistemata così lontano, insomma lei non mordeva e di certo non aveva cattive intenzioni nei suoi confronti. Probabilmente l’ancella colse la sfumatura interrogativa nello sguardo della donna, perché si lasciò sfuggire un leggero sospiro.

«L’Emiro non gradisce che le ancelle si avvicinino alle sue mogli, lo trova indiscreto…»
«Al diavolo Lucio, ora non è qui» la interruppe Nadia con un’espressione aspra arricciando le labbra, la stessa che faceva ogni volta che parlava dell’Emiro «fintanto che mio marito sarà fuori dal palazzo, ho tutta l’intenzione di prendermi le mie libertà. Inoltre, in questa stanza lui non ha occhi, me ne sono personalmente assicurata. Qui puoi fare tutto ciò che vuoi» aggiunse sorridendo mentre scivolava più vicina a lei. Portia stava trattenendo il fiato mentre la osservava, e questo fece sentire Nadia ancora più attratta da lei.

Ma non poteva correre, e questo lo sapeva.  

Dopo qualche altra rassicurazione e moina per convincerla Portia, lentamente, si mise a parlare. Prima a bassa voce, come se avesse ancora il timore di essere sentita da qualcuno che non doveva, ma poi le parole presero a scorrere veloci dalle sue labbra morbide, si accavallavano una sull’altra mentre descriveva i paesaggi del paese dal quale veniva: le colline erbose e i boschi, i grandi palazzi di pietra dei proprietari terrieri e le piccole casette dal tetto basso dei contadini, i campi coltivati e il profumo del grano durante la mietitura. Le raccontò di piogge forti e nevicate intense, e Nadia si ritrovò affascinata soprattutto da queste ultime, dato che non aveva mai visto la neve. Acqua gelida che scendeva dal celo formando uno spesso strato bianco e morbido che scricchiolava sotto i piedi, doveva essere meraviglioso. Voleva sapere del modo di vestire di quelle zone, del modo di mangiare, del modo di procurarsi il cibo e l’acqua. Era tutto così diverso da quello che aveva imparato a conoscere nella sua vita, e la sua sete di dettagli non sembrava avere mai fine. D’altro canto, Portia non sembrava stancarsi mai di raccontare storie su tutto ciò che conosceva, e nei giorni successivi le due si videro ancora, continuando a parlare e a conoscersi. Anche la ragazza ad un certo punto si dimostrò curiosa nei confronti della sua nuova dimora, delle tradizioni e di ciò che circondava l’imponente palazzo dell’Emiro, che ancora non aveva avuto modo di scoprire essendo sempre confinata al suo interno, e Nadia fu ben felice di raccontarle la sua vita prima di essere presa in sposa da Lucio, dei colori e dei profumi della sua terra, e Portia ne rimase rapita.

Nadia si promise che l’avrebbe portata fuori con sé la prossima volta che ne avrebbe avuto la possibilità, voleva che anche la giovane donna che le stava di fronte si innamorasse di quel posto, di ciò che si trovava fuori da quella gabbia.
Lucio non era mai stato tanto lontano.




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