Tutto
l’amore che ho
Ogni
uomo può essere padre. Ci vuole una persona speciale per
essere un
papà.
(Anonimo)
Il
corridoio del reparto è silenzioso e illuminato dalle fredde
luci al
neon, l’unico suono che si sente è quello delle
suole di gomma
delle mie Converse che mi portano verso gli spogliatoi, anche questi
deserti.
-
Tanti auguri – esclama Francesco chiudendo con una spinta
l’anta
dell’armadietto che ho appena aperto e parandomisi davanti
-
Ma sei scemo – sobbalzo – mi hai fatto prendere un
colpo! E poi
auguri per cosa?-
-
Per la tua festa! -
-
Siamo a Marzo, il mio compleanno è a Ottobre – gli
ricordo
-
Sveglia Ste, oggi è la festa del papà! -mi
sventola una mano
davanti alla faccia – e poiché sei padre di molti,
oggi devi
festeggiare -
-
Fra- rispondo – non c’è niente da
festeggiare, credimi – mi
infilo la T-shirt grigia – i figli sono una grana -
-
Mi stai dicendo che non hai apprezzato i deliziosi portapenne fatti
con la pasta che ti avranno regalato le bambine? -
-
Grazie al cielo, non ne ho ricevuti. Anche perché non torno
a casa
dall’altro ieri-
-
Dio mio, sei un padre orribile -
-
Ciao Fra, ci vediamo – prendo il mio caro Eastpak nero e lo
saluto
uscendo dalla stanza
Non
mi piace la festa del papà per due motivi: non ho mai avuto
un padre
da festeggiare e io non ho niente da festeggiare nell’essere
padre.
È successo, ripetutamente, per sbaglio.
Torno
a casa con l’unico desiderio di farmi una doccia ed una
dormita ma
quando metto piede nell’appartamento, mi rendo conto che sono
tutti
svegli.
-
Ehi, Stefano – Marta appare sulla soglia della cucina,
perfettamente preparata per andare al lavoro; ha messo quel rossetto
bordeaux che mi fa perdere la testa – non credevo tornassi
più-
scherza stampandomi un bacio sulla guancia e avvolgendomi in una
nuvola di Armani – Avanti, vieni – mi prende per
mano e mi
trascina senza darmi il tempo di dire nulla
-
Auguri, papiii! - è l’urlo corale che mi accoglie
e che per un
attimo mi stordisce
-
Oh beh, grazie – dico mentre le bambine mi corrono incontro e
mi
saltano addosso, solo che ormai hanno dieci anni e prenderle in
braccio non è più facile come una volta
-
Ti abbiamo preparato la colazione – mi indicano il tavolo che
è
effettivamente pieno di cose: c’è una pila di
pancakes sbilenca,
una crostata e un vassoio di brioche
-
Wow, è fantastico! - mi apro in un sorriso sincero
– sarà tutto
buonissimo – anche se la crostata la vedo un po’
pallida
-
Papààà aguii – Alessandro
entra di corsa in cucina aggrappandosi
alla mia gamba e lasciandomi una bella manata di marmellata sul jeans
Lo
prendo in braccio e guardo incerto la colazione – sto proprio
morendo di fame -
Marta,
che è una strega, scoppia a ridere
-Avanti
bambini, andate a lavarvi i denti e a prendere gli zaini che si va a
scuola – batte le mani e i ciondoli dei suoi bracciali
tintinnano –
i cornetti li ho presi al bar – dice a bassa voce quando
rimaniamo
da soli – non volevo ti uccidessero -
-
Te ne sono molto grato – rispondo rivolgendomi per lo
più alla sua
scollatura – ma in questo momento mangerei proprio te
–
Insomma,
lo so che non la vedo da soli due giorni ma queste quarantotto ore le
ho passate in un ospedale ad aprire la testa delle persone. E con
questa camicetta bianca scollata e i capelli morbidi che le sfiorano
il collo, è una manna dal cielo
-
Devo andare – mi sfiora il naso con un dito e mi fa
l’occhiolino
Calma
Stefano, calma. Non è il caso di farla arrivare in ritardo.
Quando
resto da solo mi faccio una doccia al volo e poi mi servo una tazza
di caffè ed una brioche alla crema.
Sto
scorrendo la prima pagina del quotidiano online quando il cellulare
prende a suonare; lo guardo seccato ma quando leggo il nome di Agata
mi affretto a rispondere
-
Agata? Dimmi -
-
Ciao Ste, come va? Sei al lavoro? -
-
No, ho finito da poco -
-
Oh, grazie al cielo – sospira – avrei proprio
bisogno di te -
-
Che succede? - mi accorgo di essermi irrigidito anche se il tono di
mia sorella sembra tutto tranne che preoccupato
-
Beh ecco, è arrivata la nuova libreria e volevo sapere se
potresti
aiutarmi a montarla -
-
Tu non avevi un marito, una volta? -
-
Sì, certo! Solo che Dadi adesso è in ufficio e
poi non è proprio
portatissimo per i lavori manuali – seguono attimi di
silenzio –
ti prego, Steee – si mette a piagnucolare
-
D’accordo, d’accordo – sbuffo –
dammi il tempo di arrivare -
Butto
giù il caffè in pochi sorsi e controvoglia mi
avvio verso casa di
Agata che mi aspetta trepidante
-
Grazie, grazie!- mi butta le braccia al collo – non sai
quanto ti
voglio bene. E auguri per la festa del papà! -
Accenno
un sorriso e le do un buffetto, evitando commenti su quanto io odi
questa festa: Agata ha sempre desiderato dei figli che però
non sono
arrivati. Lamentarmi dei miei sarebbe offensivo e poi quelle canaglie
mi hanno anche preparato la colazione!
-Avanti,
pronta a darti al bricolage? -
Ma,
come sospettavo, ho dovuto fare tutto da solo
-
Non è colpa mia se non riesco a decifrare i libretti delle
istruzioni – si giustifica mia sorella a ora di pranzo
controllando
le polpette al sugo – e poi lo hai detto anche tu: da sola
non
avrei mai potuto farcela -
-
Sì, ma la prossima volta che compri un mobile pensa anche a
quella
povera anima pia che dovrà montarlo e cioè io -
-
Grazie Ste, davvero – mi ficca un cucchiaio di sugo in bocca
–
non avrei saputo cosa fare senza di te. Ci sei sempre nel momento del
bisogno -
-
Sono tuo fratello – rispondo aggiungendo un pizzico di sale
alla
salsa
-
Sei molto di più e lo sai – si strofina un occhio
-
Stai piangendo? - le chiedo perplesso anche perché non vedo
cipolle
in giro
-
No, no- dice – è solo che oggi è la
festa del papà e tu sei il
mio papà visto che quello biologico se ne è
andato-
-
Già, gran brutta storia -
-
E ti sei sempre preso cura di noi, non ci hai mai fatto sentire la
sua mancanza – tira su col naso – i tuoi sono dei
bambini davvero
fortunati – sorride -avanti, mangiamo altrimenti si freddano
le
polpette! -
Dopo
la torta alle mele siedo sul divano a fiori di Agata rimirando con un
certo orgoglio l’opera di truciolato che ho messo su
stamattina:
niente male, devo dire.
Nonostante
abbia pezzi di legno infilati ovunque.
Il
suono del telefonino però mi riporta alla realtà,
e mi chiedo chi
sia visto che in genere a quest’ora Marta è ancora
in ufficio.
-
Irene? -
-
Sei in ospedale? - chiede mia sorella con tono preoccupato
-
No, non sono di turno -
-
Potresti fare un salto? Per favore, davvero – Irene che prega
qualcuno è una cosa che accade ogni settantacinque anni come
la
Cometa di Halley
-
D’accordo, va bene – sospiro abbandonando con
fatica la mia
comoda postazione – arrivo -
Irene
lavora con me in ospedale, anche se lei fa la psicologa e quindi
è
molto raro che ci becchiamo
-
Si può sapere cosa succede? -
-
Mi ha chiamato la banca, Ste -
-
E cosa c’entra la banca con l’ospedale, scusa? -
chiedo
guardandomi attorno nel reparto animato ogni tanto da qualche urlo
-
Sono di turno ma non posso aspettare ulteriormente. Sono in rosso e
mi hanno praticamente minacciata -
-
Irene, ma porca miseria – abbasso le spalle – come
è possibile?!
Lo sai che devi stare attenta e poi perché hai chiamato me?
Quella
laureata in economia è mamma -
-
Mamma non dovrà mai venire a sapere di questa cosa
– mi guarda con
occhi terrorizzati
-
Lo verrà a sapere, lo sai -
-
Ti prego Stefano, mi potrebbe uccidere o, peggio, diseredare! Ho
portato tutti i miei estratti conto -
-
Ire, quanto tempo fa ti ha chiamato la banca? -
Lei
si morde il labbro e abbassa lo sguardo
-
Irene! -
-Il
mese scorso -
-
Siamo fottuti. Dammi qua – le prendo dalle mani le buste con
gli
estratti conto, apro l’applicazione della calcolatrice sul
telefono
e mi metto a scribacchiare.
Meno
male che so farli due conti, anche se praticamente impiego mezzo
pomeriggio.
Questo
perché mia sorella prima spende e spande e poi ha paura di
andare a
controllare il suo conto in banca
-
Sei in rosso di poco – dico alla fine appallottolando un
foglio di
carta
-
Quanti stipendi? - chiede preoccupata e le indico una cifra che la fa
impallidire – beh, fattibile -
Non
riesco a vederla in questo stato
-
Te li do io – dico
-
Cosa? No, certo che no! Marta si arrabbierebbe -
-
No, non lo farebbe. E poi oltre al conto in comune ognuno hai il
proprio -
-
Non devi, Stefano -
-
Sì, invece -
-
Giuro che te li restituisco – mi guarda con occhi da cerbiatta
-
Non li voglio – ribatto e lei mi abbraccia poggiandomi la
testa sul
petto
-
Sarei persa senza di te– dice mentre passano due infermiere
che ci
guardano basite
-
Emm… salve? - dico poco convinto – Irene,
staccati! Penseranno
che abbiamo una tresca. Anzi, un incesto -
-
Falle parlare! Che dicano in giro che ho un incesto col miglior
fratello del mondo – mi da un bacio – almeno fatti
offrire un
caffè -
-
Sì, quello lo accetto volentieri – anche
perché non ho ancora
chiuso occhio e inizio ad accusare tutta la stanchezza che ho addosso
e qualcosa mi dice che la giornata è ancora lunga.
Tornato
a casa, dopo aver accuratamente messo il cellulare in
modalità non
disturbare, trovo di nuovo la combriccola al completo
-
Stefano, dove eri finito? - mi chiede Marta avvolta in un telo e con
i capelli bagnati – ti hanno chiamato di nuovo
dall’ospedale? -
-
No – riesco appena a rispondere – ho aiutato Agata
e Irene a fare
delle cose -
- Ti ricordi che io
stasera ho la festa di compleanno di Noemi? Non
farò tardi, tranquillo -
-
Esci? - chiedo sconvolto
-
No, Noemi fa la sua festa in casa nostra – risponde scettica
–
certo che esco -
Oddio,
questo significa che dovrò tenere i bambini?
-
Ma i mostri li porti da mia madre, vero? -
-
No, Stefano – mi guarda male – sono figli tuoi e
non puoi
pretendere che tua madre se ne occupi -
-
D’accordo, hai ragione – dico solo
perché si è liberata del
telo ed io mi sto riprendendo. In tutte le parti del corpo –
parleremo dopo della ricompensa -
-
Scordatelo – infila un vestito rosso fuoco – per
quando sarò
tornata starai dormendo alla grande. Ti cadono le palpebre -
-
Sciocchezze – ferito nell’orgoglio – non
dirmi che dovrò anche
cucinare-
-
Avvelenarli non è nei piani- risponde mettendosi il rossetto
col
dito e giuro che sto per afferrarla e lanciarla sul tappeto ma poi di
quel bel vestito rosso non resterebbero che brandelli – la
pasta è
nel forno, devi solo scaldarla. Anzi, la scaldo io prima di scendere
che con te non si sa mai -
Grazie
tante per la fiducia!
Sbuffo
infilandomi in bagno per fare la doccia visto che è arrivato
il
momento di togliersi tutto il truciolato di dosso ma mi accorgo
troppo tardi che ho finito stamattina il mio bagnoschiuma e mi trovo
costretto ad usare quello di Marta al cocco.
Il
dottor Stefano Ceccherini, primario di neurochirurgia, profuma di
cocco. Bene.
-
Papà – le bambine mi chiamano mentre sono intento
a guardare il
forno
-
Sì? - mi volto verso di loro
-
Piaciuta la colazione? -
-
Era buonissima – mi abbasso alla loro altezza e le tiro a me
per
abbracciarle
Come
mi sono mancate le mie pesti in questi giorni
-
Abbiamo un regalo per te -
-
Anzi, due -
Mi
tendono due album di cartoncino fatti a mano e tenuti insieme da
degli anelli di plastica
-
Ce li ha fatti fare la maestra a scuola, aprili -
Ci
sediamo sul pavimento della cucina ed io apro entrambi gli album: in
uno ci sono delle foto di me e Laura e nell’altro foto di me
e
Beatrice.
Foto
di quando le tenevo in braccio neonate, di quando giocavamo alla
campana, di diversi compleanni.
Nella
mia mente tutti questi momenti sono perfettamente nitidi, come se
fossero avvenuti ieri.
Riesco
ancora a sentire il loro odore da lattanti, le prime parole, ricordo
il momento esatto in cui ognuna di loro ha mosso i primi passi
-
Sono bellissimi – dico quasi commosso
-
Ti vogliamo bene papi – mi si buttano addosso – sei
il miglior
papi che potevamo avere, anche se non ci vuoi prendere un cane -
Ci
ritroviamo stesi per terra a farci il solletico e a noi si è
unito
anche Alessandro
-
Papi tu quanto ci vuoi bene? -
Mi
prendo qualche istante per rispondere, giocando con Ale a farlo
volare verso il soffitto
-
Papà vi vuole tantissimo bene -
-
Più che alla mamma?
-
Sono due beni diversi – dico
-
Più che alle zie? -
-
Anche quelli sono due beni diversi -
-
No, non è vero. Tu fai con le zie le stesse cose che fai con
noi -
-
Quindi è lo stesso bene -
-
Ma no – cerco di spiegare – io sono il vostro
papà, loro ne
hanno un altro -
-
Non è vero, tu fai da papà anche a loro. Ma noi
non siamo gelosi: a
loro non racconti la favola della buona notte -
Quando
Marta torna a casa mi trova nel letto a contemplare il soffitto
-
Sapevo che saresti crollato – sorride
-
Sono sveglio – borbotto – non dormo con gli occhi
aperti. Stavo
pensando -
-
Ah sì? A cosa – scalcia via le scarpe col tacco e
fa scivolare la
zip del vestito
-
Del fatto che faccio da padre alle mie sorelle. Ormai sono grandi,
non hanno bisogno di me-
-
Certo che ne hanno bisogno, Ste – si infila la sottoveste e
si
siede accanto a me – nessuno smette mai di aver bisogno del
proprio
papà. Anche io, a volte, ho bisogno del mio – dice
– e
soprattutto quando sei un bravo papà, nessuno può
fare a meno di
te. Tu sei un ottimo padre e un meraviglioso fratello maggiore che si
è fatto carico di cose più grandi di lui!
Né le tue sorelle né i
tuoi figli potranno mai fare a meno di te perché sei la loro
colonna
portante. Se solo avessi avuto un padre degno di questo nome,
capiresti cosa voglio dire -
-
Ma non è andata così -
-
Mi dispiace. Ma perché odori di cocco?-
Mi
stringo nelle spalle
-
Magari non sei dell’umore o non è il momento ma
stavo pensando a
quella ricompensa...-
Scatto
su come una molla
-
Dimmi – mi avvicino a lei e le sfioro il mento – ti
ascolto
volentieri – sto per baciarla ma un coro di voci mette fine
alle
mie intenzioni
-
Papà, presto, vieni! C’è un mostro
nell’armadio -
-
Potremmo ignorarle, sono abbastanza grandi – dico tornando a
concentrarmi su Marta
-
E c’è anche un ragno gigante! Enorme -
Marta
ride mentre io alzo gli occhi al cielo
-
Tanti auguri, papà- mi sfotte mentre mi alzo per adempire ai
miei
doveri.
In
fondo, si sa, i papà non dormono mai.
Ciao a tutti! Scusatemi, come al solito l'html ed io non andiamo d'amore e d'accordo.
Piccolo ritorno al volo per l'ormai (trascorsa) festa del papà.
Nel frattempo un grande abbraccio a tutti!
Ciao :* |