Uomo di latta
Non era stato difficile. Una volta
capito come immobilizzarlo, non era stato per niente
difficile, aveva dovuto usare solo un po' più di forza di quanto
si
aspettava...per non farlo soffrire inutilmente, si capisce.
Il poveretto aveva
sofferto comunque, alla fine, ma d'altronde, lui non aveva detto che
sarebbe stato un processo indolore.
Almeno, non per il
giovane uomo.
Lui non avrebbe
potuto sentirlo comunque, il dolore. Era per questo che aveva fatto
quello che aveva fatto. Aveva provato ad essere un po' come gli
essere umani: egoista.
E l'aveva preso,
oh, eccome se l'aveva preso, l'aveva posto dove, a occhio e croce,
avrebbe dovuto stare fin dall'inizio, con mani tremanti...ma c'era
qualcosa che non capiva.
Se, appunto, aveva
fatto tutto come doveva...perché non funzionava?
Aveva reciso
arterie e vene con minuzia, un'arte in cui non era un maestro
ovviamente, come non era maestro nel maneggiare con cura oggetti
fragili, ma in questo caso, lo aveva fatto.
Da autodidatta
aveva insegnato a sé stesso come collegare i tubicini dentro di
sé
a un organo, un organo umano, quello a cui anelava da
sempre...quindi, perché, perché se non aveva sbagliato
niente...
Aveva provato ad
aspettare, dicendosi che probabilmente l'organo doveva adattarsi al
nuovo..."ambiente"...aveva provato a muoversi, nel
frattempo, aveva ripreso la sua ascia, aspettando, ancora ed ancora,
che facesse effetto.
Aveva aspettato
così tanto che il sangue sulle sue mani si era seccato,
arrugginendo
le giunture, condannandolo a tenere una posa quasi innaturale. E,
ancora, non era successo niente.
Ma lui non
demordeva, avrebbe aspettato anche fino alla fine del mondo...aveva
tutto il tempo che voleva.
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