DESTINO
Eres tú, quien al oído
me decía
Una luz, que mi alma
iluminó
Eres tú, el de las palabra bellas
El que me enseñó el camino
Sin salir de mi
destino
Eres tú, eres tú
El que sólo con palabras
Conquistó mi corazón
Quiéreme, dime que nunca te irás
Que podré seguir soñando
Que podré seguir
amando
Eres tú, eres tú
El que sólo con palabras
Conquistó mi corazón
Harry si deterse
il sudore che gli imperlava la fronte con il dorso della mano e si sistemò
meglio gli occhiali tondi sul naso.
Era agitato.
Pensieroso.
Aveva litigato con Silente, e ora
se ne pentiva amaramente. Si rendeva conto solo adesso che tutto ciò che il
Professore aveva detto o fatto era rivolto solo ed esclusivamente al suo
benessere, fin dal primo giorno in cui l’aveva incontrato.
Eres tú, el de las palabra bellas...
“Professor Silente, io...” Harry
immaginò di essergli ancora di fronte, di osservare la sua espressione bonaria
e al tempo stesso solenne, con quegli half-moon spectacles abbarbicati al suo naso, così in punta che
sembravano sempre sul punto di cadere, e in verità non si spostavano mai
nemmeno di un millimetro. Voleva scusarsi con lui: l’aveva trattato davvero
male. È vero, era arrabbiato col mondo per la morte di Sirius,
ma non aveva il diritto di rivolgersi così alla persona che, a Hogwarts, l’amava più di ogni
altra.
Più di Ron, più di Hermione, più di Hagrid.
O perlomeno, lo amava in maniera
totalmente differente: lo amava da lontano, mettendosi volontariamente un po’
in disparte, ma tenendolo sempre d’occhio, chiamandolo nel suo ufficio ogni
qualvolta immaginava che Harry ne sentisse il
bisogno. Per dargli spiegazioni, conforto, aiuto. Per illuminarlo.
Una luz, que mi alma
iluminó…
Si, era proprio così. Silente gli aveva illuminato l’anima… l’aveva
segnato dentro, in maniera indelebile. Gli aveva insegnato il suo modo di
essere un grande mago. Gli aveva insegnato l’amicizia,
la compassione, la curiosità. “Mi dispiace tanto, Professore…io…
non avrei dovuto…”
Immaginò l’uomo dai lunghi capelli bianchi sorridergli teneramente.
“Su, su, Harry. Non c’è bisogno di
scusarsi: eri sconvolto, e molto arrabbiato”. Silente allungò una mano e lo
sfiorò sulla fronte. Harry trasalì,
la ferita cominciò a bruciare in modo strano, leggero, appena
fastidioso. La stanza del Professore prese a girare sempre più velocemente, e
il giovane mago si trovò proiettato in una visione.
Una roccia
a picco sul mare, un mare in tempesta.
È il momento in cui la sera lascia il posto alla notte; la spuma bianca e minacciosa si rifrange sullo
scoglio nero.
Harry e Silente sferzati dalle onde, in piedi uno di fianco all’altro
sullo scoglio in mezzo al mare. L’anziano mago è bellissimo, di bianco
vestito, il braccio teso in avanti poggia sul suo bastone, i lunghi capelli
bianchi mossi all’indietro dal vento, bagnati dagli schizzi che si levano
impetuosi. Harry si sente stranamente insicuro e si
appende al braccio di Silente con entrambe le mani, affondando il volto nella manica di lui. Un pungente profumo lo avvolge: carezza di butterbeer,
pozioni, incantesimi. Profumo di secoli, di sicurezza, di caparbietà. Silente è
il miglior mago del mondo, si ritrova a pensare; persino l’odore che porta addosso lo dice.
D’improvviso
la scena cambia. Harry e Silente sono in una grotta
umida e fredda, di fronte ad un lago nero. Di nuovo l’immagine sfuma in un
vorticare di nero pece, e i due si ritrovano su un
basso scoglio al centro del lago. Harry vede il volto
di Silente sconvolto, i capelli appiccicati al volto in maniera disordinata, il
corpo accasciato al suolo, solo il tronco e la testa si reggono precariamente,
obliqui rispetto al terreno umido; solo la forza di volontà dell’anziano mago
lo tiene un po’ sollevato da terra.
L’espressione di Silente è strana, Harry non l’ha mai visto così. I suoi occhi sono freddi,
distanti; il suo volto denota insicurezza. L’unico
mago al mondo di cui Voldemort abbia
timore è sconvolto. Ha paura. La sua voce rivolta a Harry
è rotta dall’emozione, mentre lo guarda attonito, atterrito.
“Harry… ti prego.”
Il cuore del giovane mago manca un battito. Il suo unico
desiderio, in quel momento, è di abbracciare l’uomo che gli sta di fronte, di
rassicurarlo. Vuole portarlo via di lì, sa che sta soffrendo tremendamente, ma
non sa perché.
La visione svanì, e Harry fu
nuovamente nello studio di Silente, che gli stava ancora poggiando una mano sulla
fronte sudata. “Professore, ma che è successo?” chiese Harry
ancora scosso.
Silente ritrasse rapidamente la mano, e Harry
ebbe l’impressione che le sue guance si colorassero impercettibilmente di rosa,
ma il secondo dopo non avrebbe più potuto giurarci.
Ripensò a ciò che aveva visto: quello strano sogno ad occhi
aperti gli aveva mostrato un Silente che lui non aveva mai pensato potesse
esistere, un Silente un po’ più umano, perché spaventato.
Invece lui aveva sempre pensato al suo
professore come una guida, come un appoggio sicuro, che mai avrebbe potuto
vacillare. Silente gli aveva sempre mostrato la giusta via da seguire…
Una luz, que mi alma
iluminó…
Eres tú, el de las palabra bellas
El que me enseñó el camino
Sin salir de mi
destino…
“Professore, eravamo in una grotta, e io l’ho vista stare
molto male…” proseguì Harry.
Silente lo osservò da sopra i suoi occhialini. Il suo
sguardo interrogativo e profondo sembrò penetrarlo fin negli angoli più
reconditi della sua anima, e Harry si sentì
improvvisamente nudo agli occhi del suo maestro. Stranamente se ne vergognò.
Silente si alzò lentamente dal suo scranno, avvicinandosi a Harry senza staccargli gli occhi di dosso.
Quando gli fu accanto gli posò una
mano sulla spalla, imprimendo al suo corpo una torsione di modo che il giovane
mago gli fosse nuovamente di fronte. Si inginocchiò
per trovarsi alla stessa altezza del suo viso, e portò il suo volto così vicino
a quello di Harry che questi poteva sentire il tepore
del suo respiro sulle guance. Le iridi azzurre dell’anziano mago sprofondarono
in quelle scure di Harry, e il ragazzo si sentì
ancora più nudo. La voce di Silente gli arrivò da lontano, ma ne intuì tutta la
pesante gravità: “Raccontami nei dettagli quello che hai visto, Harry,” disse il Professore,
stringendo con le dita un ginocchio di Harry. “Non
tralasciare alcun particolare.”
L’urgenza nella sua voce, e la
mente ancora affollata di immagini di Harry fecero sputare al ragazzo tutta la storia del sogno
con grande velocità. Quando terminò, Harry si sentì come svuotato, ma per nulla più tranquillo.
Silente si allontanò un poco per guardare fuori dalla
finestra. Era il tramonto e il panorama si tingeva di rosa e arancione. Tutto
brillava, e Silente rimase qualche attimo in ammirazione, pensieroso.
Harry,
ancora scosso dal racconto appena terminato, si alzò meccanicamente, e andò a posizionarsi al fianco di Silente. Senza pensare minimamente
a quello che stava facendo, appoggiò la testa alla spalla dell’anziano mago. Il
profumo che lo investì era esattamente quello del sogno. La stoffa della tunica
di Silente era soffice e tiepida, e Harry provò
l’impulso di affondarci il viso. Col braccio sinistro cinse la vita dell’uomo
di bianco vestito. Silente non si scompose, e anzi rispose al mezzo abbraccio
del suo allievo cingendogli le spalle. Harry si sentì
inondato da una piacevole sensazione di tepore, di sicurezza. Le dita di
Silente strinsero un po’ più forte la sua spalla.
Harry
non seppe mai come e quando, ma ancora una volta agendo meccanicamente, senza
un pensiero razionale che sostenesse le sue azioni, si
ritrovò cinto in un vero e proprio abbraccio. Dava le spalle alla finestra,
quindi doveva essere stato lui a portarsi di fronte a Silente e a poggiare il
suo petto su quello dell’anziano mago. La sensazione era così avvolgente che Harry non seppe da quanto tempo stavano così, ma doveva
esserne passato parecchio, dato che dalla finestra non filtrava più alcuna
luce.
Finalmente il mago dai capelli
bianchi mosse un muscolo: era rimasto immobile fino a quel momento, anch’egli
perso nella piacevole sensazione di stringere Harry
al suo petto. Il muscolo che decise di muovere era quello
dell’avambraccio sinistro, di modo che la sua mano si portasse sul volto di Harry, accarezzandolo leggermente. Il tocco dei suoi
polpastrelli, pur lievissimo e dolcissimo, parve a Harry
ustionante; e lo stesso, fu per lui immensamente piacevole.
“Professor Silente, io…” riuscì a
dire, sopraffatto dall’emozione. Ma Silente non lo
lasciò continuare. Frappose l’indice alle sue labbra, e sempre cingendolo con
l’altro braccio lo trascinò con sé su una poltrona poco
lontano. Harry finì a sedere sulle sue
ginocchia, e i due si guardarono a lungo, occhi negli
occhi.
Poi Silente fece ciò che anche Harry avrebbe voluto avere il
coraggio di fare. Avvicinò il suo volto a quello del ragazzo, lentamente,
dolcemente; Harry poteva sentire il suo respiro caldo
sulle sue labbra. Silente premette le labbra su quelle
di Harry e vi posò un bacio leggero, più eloquente di mille parole. Harry rispose a quel bacio infinitamente dolce e immensamente rispettoso
con timida devozione. Non vi fu passione tra i due, solo
tenerezza, affetto, e un sentimento infinito, di rispetto e bisogno reciproco
dell’altro.
Harry si svegliò nel letto della
sua camera nella torre di Grifondoro. Sudava
copiosamente, e avvertì subito il russare sommesso dei suoi compagni. Comprese
che non si era mai mosso da lì.
Era stato tutto un sogno; un bellissimo, dolcissimo sogno.
Prima di riaddormentarsi, queste furono le parole che gli
passarono per la mente:
Eres tú, quien al oído me decía
Una luz, que mi alma
iluminó
Eres tú, el de las palabra bellas
El que me enseñó el camino
Sin salir de mi
destino
Eres tú, eres tú
El que sólo con palabras
Conquistó mi corazón
Quiéreme, dime que nunca te irás
Que podré seguir soñando
Que podré seguir amando
Eres tú, eres tú
El que sólo con palabras
Conquistó mi corazón