Capitolo 8°
- Angel 1-9-2
In ascensore mi tenni il più lontano
possibile da lui, ed Emmett fece altrettanto con me. Ogni tanto ci
scoccavamo certe occhiate che avrebbero messo paura a Dracula in
persona; Lucy tentava in tutti i modi di ostacolare questa nostra sfida
mettendosi in mezzo tra me e il ragazzo ed Harry e Phil discutevano a
bassa voce davanti all’ingresso della cabina.
«La tenuta maschile da Angelo consiste
in una maglia degli stessi colori della mia, a collo alto e fatta di un
materiale resistente, differente da quella femminile per via delle
maniche lunghe e attillate. Sottostante, ognuno di noi può
decidere cosa abbinarci secondo i propri gusti.
Io amo i miei pantaloncini jeans con le
estremità arrotolate, la cintura e le miticissime converse
nere; Lucy, in abbinamento coi colori rosso-nero della nostra maglia,
porta una gonnellina corta tipo scozzese e delle scarpette ballerine
nere piuttosto comode.
I maschietti, invece, preferiscono ovviamente i
pantaloni lunghi e scarpe da ginnastica.»
La cosa che mi turbò durante il
tragitto fino nella palestra, fu pensare che dopotutto aveva ogni
motivo per essere sicuro della vittoria. Come Angelo, Emmett aveva
avuto già un occasione di sfida con quel pezzo grosso,
invece io sapevo a mala pena quale fosse la sua vera
identità. Per me Mercer era un avversario tutto nuovo, forse
troppo forte e questo mi spaventava. Non avevo la minima esperienza,
cosa che invece rendeva fieri tutti i miei compagni di clan che,
capitati almeno una volta nella (s)fortuna, si erano fatti i loro
obbiettivi e prefissi i loro bersagli su di lui.
Ogni giorno muore un Angelo, in questa base, ed
è tutto merito suo. Non c’è nessun
altro che può fermarci, nessun altro con quelle
capacità; molti di noi sono incolumi al nucleare, altri alle
esplosioni, altri ancora a qualsiasi tipo di taglio o ferita da sparo,
quindi quando l’esercito americano ci spara a vista non ci
facciamo molti problemi.
Questi problemi non se li fanno loro, i miei
compagni.
Ma io vivo ogni ora nel costante terrore che
qualcuno mi colpisca con un proiettile o perfori con un coltello. Gli
artigli delle mie ali impiegano settimane a riformarsi, la mia pelle,
scalfita da schegge di vetro, necessita di giorni per rimarginarsi.
Detesto questa mia debolezza, e anche se ho imparato a conviverci fino
ad ora, non posso continuare in eterno.
Mi resi conto di star giocando con il fuoco, di
star mettendo a repentaglio la mia incolumità e quella delle
mie ali a causa della mia solita testardaggine, che era entrata in
conflitto con l’ego di Emmett questa mattina.
Raggiunta la palestra, ci accorgemmo
spensieratamente di essere in pochissimi.
Come ci aveva avvertiti Lewis, molti di noi si
erano dileguati in Europa senza ripensamenti, e questo ci permise un
veloce e personalizzato allenamento senza troppi intoppi. Oltre al
nostro, però, di clan ce n’erano alcuni, chi
più completo e chi con qualche membro mancante che era
fuggito in oriente. Fatto sta, però, che quella mattina non
superavamo comunque la cinquantina di persone.
«La sala addestramento consiste in una
grande camera con le spesse pareti insonorizzate fatte di un cemento
speciale. Il soffitto alto com’è serve a
semplificare i nostri spostamenti viari; basti pensare che
nell’ora di punta siamo quasi in cinquecento là
dentro ad addestrarci.
Il pavimento sembrerebbe comune parquet, ma gli addestratori (la
cui mansione è simile a quella dei coordinatori, ma per mera
esercitazione) ci sorvegliano dall’alto di una camera
oscurata; sono maestri nelle illusioni tecnologiche e campioni delle
battaglie coi robot, perciò ci si può aspettare
davvero di tutto.
Assieme a questi tizi qui
c’è sicuramente il nostro amato Lewis, che appena
entriamo in palestra, è pronto a darci il benvenuto e le
prime istruzioni per l’uso.»
-Buon giorno, Angeli- salutò Martin e
la vetrata in alto sulla parete si schiarì, mostrando
l’intero team di giovani all’opera per renderci
questa felice mattinata un Inferno. –Come ben sapete, oggi
siamo riuniti nella nostra palestra per inaugurare una nuova era di
caccia- sorrise. –Alex Mercer, detto Zeus, da oggi in poi
sarà il nostro obbiettivo primario, ed ognuno di voi, senza
distinzioni, è ben pronto ad affrontarlo-.
-Ah, come no…- borbottò
Emmett in disparte.
Tentai di ignorarlo, ma mi fu impossibile e, non
appena mi voltai verso di lui, di risposta ricevetti una sua solita
occhiataccia barbara.
-Io e i miei tecnici qui alle mie spalle, abbiamo
ben pensato di avvantaggiarvi nello scontro impartendovi alcune nozioni
che non troverete mai nel vostro manuale da Angelo, ma potrete
apprendere unicamente in questa sala. Si tratta di un kit di robot
personalizzati che simuleranno la vostra resistenza e la vostra
prontezza dinnanzi ai continui muta-forma del nostro futuro nemico.
Alex Mercer, ricordate, possiede la forza congiunta di tutti voi, ma
ancora questo non lo sa, e noi siamo qui per impedirgli di scoprire
come usare in tale proposito i suoi devastanti poteri. Ormai il Virus
è una minaccia più che estinta. Le strade di
Manhattan sono più tranquille che durante la sera del
Ringraziamento, ed è questo il motivo per il quale molti di
voi si sono spostati ad est, oltre-oceano. I siero positivi non si
contano più sulle dita di una mano da tempo, là
giù, e questo preoccupa tutte le maggiori potenze mondiali.
Perciò!- batté le mani soddisfatto. –Vi
do una piccola dritta prima di vedere le vostre belle facce sorprese.
Dimenticate le tecniche di combattimento apprese fin ora, non fatevi
scrupoli, barate se necessario; abbandonate l’etichetta e il
vostro orgoglio! Perché quando vi troverete faccia a faccia
col maestro di quest’arte, tornerete a rimpiangere il momento
in cui avete messo piede in questo luogo distrattamente, di vostra
spontanea volontà oppure no! Forza, coraggio, audacia,
agilità e prontezza! Vi auguro con tutto il cuore di
arrivare fino a ‘sta sera abbastanza intatti da poter vedere
la luce sul nostro pianeta brillare ancora una volta. Ben venuti in
Paradiso, signori- ridacchiò, la comunicazione
s’interruppe e le vetrate si scurirono di nuovo.
Mi guardai attorno un poco sperduta. –E
ora?- domandai.
Lucy si strinse nelle spalle. –Diamoli
tempo, magari si stanno ancora prepar…-.
Non terminò la frase che sul soffitto
si aprì una gigantesca botola, dalla quale piovvero una
marea di manichini in metallo, gli stessi che eravamo abituati a
fronteggiare durante i nostri normali addestramenti.
«I robot da addestramento hanno una
forma molto simile a quella umana. Si tratta di un corpo snello e
semplice, con poche forme essenziali e fatta di una miscela di metalli
resistente ad ogni tipo di impatto se non calibrato col giusto
interesse e potenziale. La nostra base ne sforna a bizzeffe, ed ho
sempre trovato che fossero bellissimi, di una grazia artistica
eccezionale. Hanno un casco integrale simile al nostro, argentato e con
una visiera di differenti colori a seconda del livello di
difficoltà di combattimento che hanno caricato. Il rosso,
ovviamente, è quello più difficoltoso. Via
degradando, c’è l’arancione, poi il
giallo, verde e in fine il blu, che segnala proprio “alle
prime armi” ma non per il robot, bensì per il suo
avversario. Sono abituata alle loro mosse eleganti e piene di
etichetta, che delle volte tramuta nella simulazione di un attacco di
un cacciatore, quindi non ho idea di cosa possano aver caricato sui
micro-cip di questi tizi qua, se l’intenzione è
addestrarci a combattere Alex Mercer. E per la prima volta, provo paura
durante una simulazione.»
Questi si posizionarono agilmente e con ordine
uno per uno davanti a ciascuno di noi, che eravamo sparpagliati per la
palestra, divisa occasionalmente in piccoli settori quadrati da alcune
strisce luminose.
Non appena mi ritrovai a fissare il vuoto nella
visiera abbassata della macchina, cominciai a tormentarmi sul
perché mi avessero affidato un robot arancio, quando io ero
livello da verde. Persino Emmett, poco distante di me, si
trovò dinnanzi un avversario col casco giallo,
così come Lucy, Harry e Phil.
Non riuscii ad individuare nessun altro in
palestra che avesse come me quel livello di avversario, e
d’un tratto capii che la sfortuna di star rischiando la vita
durante un addestramento era toccata a me. Tutto per via di una svista.
-Ehm, scusate!- provai a dire.
–Scusate, ehi! Lassù!- indicai la cabina di
osservazione con i vetri oscurati.
-Idiota, mettiti il casco e contatta il
coordinatore!- mi riprese Emmett, e mi accorsi di essere
l’unica a non indossarlo.
-Furbo…- mormorai infilandomi il
casco. Accesi la trasmettente e provai a fare ciò che dovevo.
-Angel 1-9-2, ci sono problemi?- una voce
femminile.
-Ecco, sì, vede…- esitai.
–Credo che il mio grado di addestramento sia più
basso rispetto al robot che mi avete assegnato- dissi.
–Dev’esserci un errore!- eruppi.
La coordinatrice fece una breve pausa,
controllando probabilmente in qualche nota del suo computer.
–No, signorina Walker, il grado a lei assegnato combacia
perfettamente con le sue abilità. Non
c’è nessun errore nel sistema, è tutto
nella norma- un’altra pausa. –Aspetti, il dirigente
vuole parlarle-.
-Il dirigente?!- sobbalzai.
Qualcun altro prese la linea. –Emily-
mi chiamò Lewis.
-Signora Martin…- balbettai incredula,
e Lucy mi scoccò un’occhiata stralunata. Alzai le
spalle comunicandogli che non ci stavo capendo nulla.
-Emily, calmati, non c’è
nessun problema col sistema. Sono stato io ad assegnarti quel robot-
disse.
-Ma signore, io…!!!- provai a
replicare.
-So che potresti inizialmente non capire, ma
fidati di me-.
-Che cosa vuole farmi?!- sbottai.
-Voglio testare le tue vere capacità,
ragazza mia- rispose tranquillo.
-Cosa intende con…-.
Martin m’interruppe. –Adesso
non c’è tempo, i tuoi compagni saranno impazienti
di iniziare-.
-Aspetti, sign…!!!-.
La comunicazione cadde, e istintivamente guardai
verso la vetrata oscurata della palestra, cercando di capire cosa
diavolo stesse succedendo lì dentro.
-Emily- mi chiamò Lucy alla mia
destra, nel settore di campo adiacente al mio. –Che ti
prende?-.
Alzai gli occhi al cielo. –Hai visto
chi mi hanno assegnato?!- boccheggiai indicando il manichino di metallo
ad una decina di metri di fronte a me.
Lucy alzò la visiera del suo casco e
seguì il mio sguardo. –Ehi… Phil!-
gridò.
Il ragazzo si voltò
all’istante. –Che c’è?!-
eruppe.
-Guarda lì- indicò lei.
Philip si alzò la visiera anche lui.
–Impossibile. Emily, parlane coi coordinatori! Cristo, quello
ti ammazza!-.
Si scatenò una specie di reazione a
catena che, non appena arrivò ad Emmett, questo si scompose
non poco. –Ma che diavolo…- borbottò.
-Sentite, ci capisco meno di voi! Ho provato a
contattare i coordinatori, ma è stato Lewis ad assegnarmi
questo qui!- li informai.
I membri del mio clan mi guardarono scettici
allungo, fin quando, improvvisamente, non ebbe inizio
l’addestramento.
All’interno della visiera del mio robot
si accesero due una coppia di luci azzurrognole, segno che era pronto
ad ingaggiare battaglia.
Rabbrividii, restando immobile alcuni istanti,
mentre molti degli Angeli attorno a me avevano già iniziato
il duello. Non mi feci distrarre da ciò che accadeva nelle
mie prossimità, e cercai di concentrarmi sul mio solo
obbiettivo.
-Salve Angel 1-9-2- mi salutò la mia
coordinatrice. –Pronta ad ingaggiare battaglia?-.
-Cazzo, no! Qualcuno mi spieghi perché
il mio manichino è arancione!- sbottai.
-Angel 1-9-2, non sono autorizzata a rispondere
alla sua domanda. Prego, risponda: pronta ad ingaggiare battaglia?-.
Alla fine dovetti arrendermi, e nel frastuono di
esplosioni, grida di dolore e gemiti, come nel bel mezzo di uno stadio,
annuii. –Sì- sospirai. –Angel 1-9-2
pronta ad ingaggiare battaglia…- sussurrai flebile.
-Bene, cominciamo: posizione di difesa!- mi disse
la donna, ed ubbidii all’istante, sfigurando le mie
bellissime e preziosissime ali e parandomi dietro di esse.
Il colpo arrivò improvviso, inatteso.
Avevo solo eseguito gli ordini della mia coordinatrice che spesso e
volentieri mi davano consigli durante l’addestramento e, dopo
essermi parata dietro le mie stesse ali, mi accorsi di provare un
incredibile dolore dappertutto.
-Che cazzo era?!- sbraitai.
La coordinatrice non rispose ciò che
mi aspettavo: -Il suo bersaglio è in movimento. Si sta
spostando alla sua sinistra, attivi la vista termica e incorpori quella
infetta. Le sarà più facile individuarlo anche
attraverso la spessa barriera che creeranno i suoi poteri per lei-.
Feci ciò che mi aveva detto, ed
effettivamente vidi un certo veloce spostamento di materia rossastra,
su sfondo blu, che veniva nella mia direzione.
-Zeus
non è in grado di volare, ma i suoi iper-salti lo supportano
con forza e velocità. Stia attenta ai suoi movimenti e
cerchi di schivare i suoi attacchi tenendosi sempre a distanza aerea-
mi disse.
-Grazie!- gioii e mi levai in volo con un balzo.
Spalancai le ali, le gonfiai al vento e guardai sotto di me, dove il
mio manichino avversario stava progettando di venirmi incontro.
-Anticipi i suoi movimenti e cerchi di scontrarsi
con lui sono verticalmente-.
-In picchiata?!- feci stupita.
-Esattamente. Esegua- era tranquilla, anche
troppo per i miei gusti.
Tentai di eseguire una picchiata, mutando il mio
corpo per intero in una grossa lancia di metallo, ma non appena gli fui
abbastanza vicino, il finto Alex tramutò le proprie braccia
in due lunghe fruste d’acciaio, che mi afferrarono,
interrompendo la mia mutazione, e sbattendomi con violenza quasi oltre
il limite del settore di campo a noi assegnato.
Il colpo mi fece male, dolorosamente male
dappertutto, e già rimpiangevo di non essere partita per
l’Europa pur io. Mi sollevai lentamente, troppo per i gusti
del mio manichino, che non esitò a scagliarmi addosso un
altro dei suoi attacchi micidiali: lo vidi piegarsi con un ginocchio a
terra, affondare un profondo pugno nel pavimento e in fine, sotto di
me, si elevarono una decina di enormi spuntoni di metallo, alcuni dei
quali mi infilzarono le ali, altri riuscii a schivarli aprendo le gambe
e sollevandomi a verticale da terra.
- Angel 1-9-2, si tenga a distanza da terra-
ripeté la coordinatrice.
-Dimmelo prima, stronza!- sbraitai, e pensare che
era solo una simulazione. Sarei già morta se quello
lì fosse stato il vero Mercer.
Perché Lewis mi aveva fatto questo?!
Perché a me l’arancio quando ero abituata ad
allenarmi, nelle peggiori occasioni, con il verde?! Dannazione, stavo
impazzendo, mai il mio corpo era stato sottoposto ad un tale stress, mi
sentivo svenire, era una tortura che non riuscivo a sopportare.
D’un tratto, il braccio destro del
robot tramutò in una grossa e spessa lama, quasi
più grossa di lui. Venne verso di me con passi lenti e
misurati.
-Ehi, guardate! La bigotta è in
difficoltà!- ridacchiò Emmett che aveva la meglio
sul proprio manichino, tenendolo stretto in una morsa mortale tra le
sue braccia tramutate in solide catene nere.
Lucy, attaccata al tetto tipo spider-man, si
voltò a guardarmi. –Emily, reagisci!- intercettai
la sua voce attraverso il casco.
-Non so che fare, questo tizio mi sta uccidendo!-
risposi ingaggiando una comunicazione con lei e interrompendo quella
con la mia coordinatrice. Questa cosa era vitatissima
all’interno della palestra, ma Lewis, quello stronzo, aveva
già un conto in sospeso con me.
-Devi allontanarti da terra! Puoi volare, fallo!-
eruppe Lucy, e dopo di ché la chiamata cessò.
-Grazie tante…- borbottai spalancando
le ali e spiccando un salto che mi portò a metà
tra terra e cielo. –Bene, bastarda, dimmi come lo faccio
fuori quel figlio di puttana!- sbraitai riagganciando la mia
coordinatrice.
-…Provi un affondo alle spalle,
signorina Walker-.
Sbiancai. –Signor Martin…-
balbettai immobilizzandomi in aria.
-Attenta alla sua sinistra- rise.
Il robot spiccò un balzo e
minacciò di colpirmi con un calcio volante, ma grazie al
suggerimento di Martin schivai senza problemi. –Perdoni
l’insistenza, signore, ma per cortesia, sarebbe
così gentile da dirmi…-.
-Emily, hai sempre vissuto pensando di essere la
più debole, qui dentro, e invece ti sbagliavi- mi
anticipò. –In te si cela un grande potenziale, un
potenziale che io e i miei Alchimisti abbiamo scoperto la notte in cui
ti sei liberata dalla vasca, cosa che non era mai successa prima di
allora. Occhio dall’alto!-.
Schivai anche quel colpo, e la lama Mercer mi
passò a pochi centimetri dal naso. Conversavo con Martin, ma
contemporaneamente tenevo d’occhio il mio avversario.
–Signore, io non capisco…- sussurrai.
-Nessuno è mai riuscito a spezzare il
cristallo di cui è composta la vasca, signorina Walker, ma
lei sì. Il sangue che porta nelle vene supporta il virus che
le abbiamo iniettato in un modo mai visto. Lei è predisposta
almeno quanto Alex Mercer a diventare la più forte tra i
portatori sani…-.
-Non ci credo!- risi istericamente schivando un
altro affondo. Mi ritrovai in volo radente a pochi centimetri da terra
e dovetti riprendere quota toccando il suolo con un piedi, ma nel
momento in cui mi diedi la spinta, il robot comparve dal nulla alla mie
spalle e mi si avventò contro, facendomi schiantare con un
gran botto nel parquet del pavimento.
Gemetti di dolore, ma riuscii ad alzarmi non
appena il finto Alex si stanziò abbastanza, preparando un
nuovo attacco. –Impossibile, e perché non me
l’ha mai detto prima?!-.
-Non ce n’era motivo- rispose
tranquillo Martin, seduto sulla sua comoda poltrona nella sala
d’osservazione della palestra. I gomiti poggiati sui
braccioli, lo sguardo sereno che scrutava oltre le vetrate oscurate, le
mani giunte a mezz’aria.
-E oggi?!- sbraitai. –Oggi che cosa
succede di diverso?!-.
-Sarò sincero con lei, Emily. Il suo
sangue, la sua predisposizione al virus che noi tanto cercavamo,
corrisponde al campione Mercer-.
-Ah!- risi. –Mi sta dicendo che io e
quel bastardo là fuori- feci una pausa, spiccando un salto
ed evitando altri spuntoni che comparvero da terra. –Mi sta
dicendo che abbiamo lo stesso gruppo sanguineo?!- gridai, ma avevo il
fiatone e mi affaticavo inutilmente.
-In un certo senso…-.
-E questo che vuol dire?!-.
-Che solo tu sei in grado di ucciderlo-.
-Come?!-.
-Sano allenamento e confronto alla pari-.
-Si spieghi meglio!!-.
-Il vostro è un fattore genetico molto
ricercato, che vi permette di fare cose che altri non si sognerebbero
neppure-.
-Non siamo fratelli! Quindi
com’è possibile che quello che aveva lui ce
l’abbia anch’io?!-.
-Non venirlo a chiedere a me. Dio solo lo sa-
rise.
-Non ci trovo nulla di divertente, signore-.
-Immagino, immagino- e invece continuò
a ridere.
Il mio avversario robot mi scagliò
addosso un macigno che chissà da dove aveva tirato fuori e
mi schiacciò del tutto con esso. Per qualche istante non
riuscii a sollevarmi, ma appena trovai la forza necessaria, alzai la
pietra sulla sola potenza delle mie braccia e l’adagiai di
lato.
Indebolita e con le ossa rotte da qualche parte,
fulminai la lattina con un’occhiataccia.
-Basta, se dobbiamo parlare spenga
quest’affare!- sbraitai scagliandomi addosso al robot.
Riuscii a schiantarlo a terra e mi sollevai in aria subito dopo,
restando a guardare la sua reazione.
-Interrompa l’Alex92- disse Martin
rivolgendosi alla mia coordinatrice seduta da quelle parti.
-Sì signore- rispose ella digitando
una sequenza di tasti.
Feci un profondo sospiro mentre gli occhi del mio
avversario si spegnevano e il suo corpo da lattina di metallo assumeva
una posa rigida e compatta.
-Grazie- mormorai perdendo quota, e mi misi a
sedere sul pavimento respirando più tranquilla.
–Ma ora mi dica una cosa, signor Martin-.
-L’ascolto, Emily- sorrise lui.
-Tra altri 500 ragazzi e ragazze come me,
perché io? Cos’ho precisamente che anche Alex ha
ma nessun altro qui dentro?- domandai.
-Emily- sospirò fieramente
l’uomo. –I tuoi compagni sono solo una copertura,
il vero unico angelo, qui dentro sei tu-.
-E lei?- domandai schietta, levandomi un attimo
il casco e accorgendomi di averci sudato dentro. Quando me loro rimisi,
mi notai che Lewis si era preso (troppo) tempo per rispondere.
–Ogni cosa a suo tempo-.
-E lei?!- insistetti serrando i pugni.
-Io sono come te, Emily-.
-E allora perché non ci va’
lei a farsi fare il culo da Alex, scusi?!- eruppi profondamente offesa.
-Questo non è davvero un buon momento
per parlarne, signorina Walker, e se non ha altre domande,
sarò bel lieto di interrompere la conversazione
all’istante!- mi ruggì contro.
-Va bene, capo- sbuffai.
–Un’ultima cosa- dissi.
-Parli-.
-C’è veramente qualcosa
dentro di me che può ammazzare quel figlio di puttana,
oppure mi sta solo mandando al macello come fa con tutti gli altri?-
domandai turbata.
Lewis scoppiò in una fragorosa risata.
–Lei è la mia gallina dalle uova d’oro,
signorina Walker, non la manderei mai nella macelleria Mercer senza un
buon motivo-.
-E questo “buon
motivo”…- abbassai lo sguardo, allacciandomi una
scarpa. –Di che si tratta?-.
-Sono qui per scoprirlo, come lei,
d’altronde- sorrise.
-Aspetti!- sbottai. –Lei mi sta dicendo
che il manichino arancione mi serve a scoprire che cosa dentro di me
può fare il culo ad Alex?!-.
-Lei è sveglia, Emily, più
di quanto pensassi-.
-Va bene, doc, ci sto- mi sollevai in piedi
fieramente.
-Suo padre sarebbe fiero di lei, signorina
Walker…-.
M’irrigidii d’un tratto.
–Cosa…- come osava parlare di mio padre in quel
modo? Iniziai a dubitare che Lewis Martin sapesse qualcosa che io non
sapevo.
-Non si faccia altri propositi, per oggi,
signorina. Il suo addestramento riprenderà tra dieci
secondi: stia pronta, le ripasso la sua coordinatrice tra
tre… due…-.
Un breve pausa. –Salve Angel 1-9-2,
pronta ad ingaggiare battaglia?-.
Attorno a me infuriava la battaglia tra robot e
Angeli, ma inaspettatamente il mio sguardo cadde su un ragazzo che
aveva il campo di fronte al mio. Non era della mia squadra, ma
ricordavo di averlo visto più volte sia in palestra che
nella mensa della base. Eppure, pensavo che il suo clan fosse in
Europa, così la cosa m’incuriosì non
poco.
Rimasi ad osservarlo allungo, notando nel suo
modo di combattere qualcosa di estremamente familiare, ma al tempo
stesso che mi spaventava. Il livello del robot che aveva assegnato era
verde, come sarebbe dovuto essere il mio, ma su di lui stava sfogando
una gran rabbia, una furia che davvero non mi aspettavo. Stava
letteralmente facendo a pezzi il suo manichino, strappandogli le
braccia, le gambe, e in fine la testa, che scagliò
così lontano che raggiunse i miei piedi.
Granai gli occhi incredula e gli spostai
più volte dalla testa decapitata di robot a lui, che col
fiatone e le braccia ancora trasformate in due grosse lame bianche mi
fissava furente.
Rabbrividii e distolsi del tutto lo sguardo, ma
mi fu inevitabile arrossire anche sotto il casco.
Il ragazzo parve calmarsi guardandomi, e le sue
braccia tornarono del tutto normali quando si accorse di me. Una
dozzina di metri ci separavano, ma potevo ascoltare il battito del suo
cuore farsi poco a poco più regolare. Si voltò e
di fronte a lui si materializzò un secondo robot, e lui era
pronto a riprendere l’allenamento.
-Angel 1-9-2! Pronta ad ingaggiare battaglia?!-
si spazientì la donna.
Mi riscossi e mi misi in posizione, prendendo la
giusta distanza dal robot. –Sì. Angel 1-9-2 pronta
ad ingaggiare battaglia- sbuffai.
***********
Link -----------> ROBOT
***********
Perdonoooo!!!
Scusate,
scusate tantissimo! Ho infranto la promessa, e non sapete quanto me ne
penti, ma vedete il motivo per il quale neanche in questo capitolo
tratto di Alex è semplice e davvero odioso!
Allora,
vi confesso dicendo che ho dovuto sezionare un solo capitolo in due
parti perché, dopo aver deciso di menzionare una piccola
parte dell’addestramento, sono finita lo stesso con
l’allungarla troppo! Ma le idee scorrevano a fiumi
e… insomma, vi prego, non uccidetemi! Anzi, avete tutto il
diritto di farlo! Comunque ve l’ho detto, l’altra
metà di questo capitolo è l’avvincente
momento, perciò, appena ricevo le vostre recensioni, lo
posto subitissimo! Promesso! Bhé, vi confesso anche
che… se non tagliavo il posto in due parti…
avreste dovuto, ecco… <.< cuccarvi quasi 14
pagine in una sola volta e… >.< molto
sinceramente, a me danno proprio sui nervi i capitoli lunghi,
soprattutto in quest’ultimo periodo. Come si può
ben notare, quelli di questa ff di fatti, non superano le sette pagine,
ed ecco… >.> insomma, ci siamo capiti, no?
Ora:
sapete tutti quanto vi voglio bene, perciò <.<
saltiamo i convenevoli! Commentate, così posto subito lo
scontro tra Emily ed Alex! ^^ Ops, spoilerone! XD
A
prestissimooooooo!!!
|