1
Abyssus
Ero
in guerra.
Davanti
ai miei occhi l'oscurità che scaturiva da quel gelido tunnel non
faceva che risucchiarmi. Attrarmi a sé come aveva sempre fatto in
tutti questi anni e come aveva intenzione di fare per al tre tanti
anni.
Deglutii
al solo pensiero.
Non
volevo tornare in quel tetro abisso che mi aveva risucchiato le
energie per così tanto tempo.
Non
volevo cedere e precipitare nel buio dei miei pensieri e delle voci
che mi tormentavano.
Non
volevo e non ci sarei mai più tornata là dentro.
Me
l'ero ripetuto talmente tante volte che ormai conoscevo a memoria
qualsiasi ritornello che avevo creato nella mia mente pur di
mantenere la lucidità. Pur di non soccombere mai più. Ma non era
così facile, anzi, non lo ero per niente.
Ogni
volta che credevo di aver vinto ed essere uscita dall'oblio in cui
ero caduta anni fa, ogni santissima volta che pensavo “Sì,
finalmente ce l'ho fatta. Questa volta sarà diverso” in realtà
c'era sempre qualcosa o qualcuno pronto a ributtarmi giù. Pronto a
farmi ricadere nel baratro da cui ero risalita quasi strisciando
sulle pareti. E spesso, chi mi deludeva era sempre qualcuno in cui
riponevo ciecamente la mia fiducia.
L'essere
umano è di natura egoista. Troppo spesso ci interessano più dei
nostri tornaconti personali, piuttosto che della felicità altrui.
Mentiamo,
feriamo, accusiamo e castighiamo persone che, magari, un minuto prima
consideriamo nostri “alleati” ed un secondo dopo mutano come
nostri peggiori “nemici”. Fregandocene se stiamo facendo loro del
male. E per cosa poi? Per vincere un'inutile battaglia verbale? Per
sentirsi dire “hai ragione tu” oppure semplicemente per sentirsi
più fighi. Non lo so. Non so che rispondere. Ma era proprio a causa
di persone del genere che non facevo che ricadere nel baratro di
continuo. Ed anche questa volta, in realtà, la situazione non era
mutata poi così tanto.
Sospirai
profondamente, chiudendo gli occhi quasi sconfitta.
“Tu
hai le armi per sconfiggere questo. Ce la puoi fare. Devi solo
crederci”
Le
sue parole mi rimbombarono dentro la testa. I tentacoli di
quell'essere infido ed oscuro cercarono di riattirarmi dentro di sé.
Avevo
le forze per poter combattere, ma non possedevo la giusta energia per
continuare questa guerra. Eppure non volevo arrendermi.
Che
controsenso continuo.
Volevo
ma non facevo. Non facevo ma non volevo arrendermi.
Esiste
qualcosa di più contorto della mia sadica mente? Forse sì, anzi
sicuramente sì, ma non riuscivo a trovare il nesso in tutto questo.
Però
ero sicura di non voler tornare là, questa volta. Per questo
mi imposi di reagire. Non volevo soffrire, non volevo più star male
a causa di persone che non meritavano il mio affetto, non volevo e
non ci sarei ricaduta di nuovo.
Indietreggiai
e, con tutta la misera forza che possedevo, cercai di divincolarmi da
quei tentacoli maledetti che non erano intenzionati a lasciarmi
andare.
E
più mi allontanavo e più i vari flashback del mio passato tornavano
vividi nella mia memoria.
La
delusione di essere stata tradita da una mia cara amica, la rabbia di
essere stata giudicata – ancor prima che potessi parlare e
spiegarmi – da una delle persone più importanti della mia vita e
della mia famiglia. La solitudine nell'essermi ritrovata sola, il
senso di rimorso per non aver detto le cose quando avrei dovuto
(anche se non ero tenuta a dire niente a nessuno, visto che si
trattava di mie cose personali), ma soprattutto l'amarezza di
aver creduto di avere delle persone al mio fianco a cui interessasse
il mio benessere.
Già,
proprio questo punto faceva più male. Pensavo che loro mi volessero
bene, pensavo che gli stesse a cuore il mio benessere sia fisico che
psicologico, dopo che sapevano anche tutti i brutti anni che avevo
passato.
Eppure,
la verità era chiara come il sole: io, a loro, non importavo.
E
mentre io ero qui, a struggermi e a lottare contro l'abisso che mi
tormentava da anni, loro se ne stavano comode comode, sedute sui
rispettivi divani, “apposto con la coscienza” - parole testuali –
certe del fatto che avessi torto io a priori.
Beh,
fanculo tutto e tutti!
Perché
io dovevo stare così male, per una cosa che manco avevo fatto e di
cui ero stata accusata ingiustamente, mentre loro se ne stavano belle
a poltrire nelle rispettive stanze e fare come se non fossi mai
esistita?!
Non
era giusto. Non aveva senso!
E
forse fu quella rabbia a farmi reagire.
Strattonai
con forza i tentacoli che mi avvolgevano le braccia e, in pochi
istanti mi ritrovai col sedere sul suolo, ma libera di potermi
muovere. Libera di poter agire. Libera di poter vivere lontano
dall'abisso.
E
così feci.
Mi
voltai e corsi a per di fiato allontanandomi da lui il prima
possibile. Corsi ancora, ed ancora ed ancora, fino a quando non lo
vidi in lontananza come un minuscolo puntino color carbone fluttuante
nella vegetazione.
Ero
salva. Almeno, per ora, ero riuscita a fuggire. Almeno, per ora,
avrei potuto tirare un sospiro di sollievo.
Almeno,
per ora, l'abisso non mi avrebbe trascinata con sé.
Nota
Autrice:
Se
siete entrati in questa “ff” per leggere queste pagine di sfogo /
pensieri / battaglia interna, vi ringrazio dal profondo del mio
cuore. Sono abituata a scrivere storie per me, in generale, ma oggi
il mood era differente dal solito. Volevo solo scrivere su un pezzo
di carta tutta la mia amarezza che provo nei confronti di due persone
che mi hanno trattata come se fossi una pezza da piedi, causando la
mia solita caduta nel mio “abisso” di ansie ed ossessioni che mi
tartassa mentalmente da anni. Alla fine la rabbia ha avuto il
sopravvento, facendomi reagire, ma il rancore ed il sapore amaro di
tutta la faccenda ancora non mi abbandonano del tutto.
E
niente, grazie per essere passati.
Iris_Light
|