Capitolo
4
– Dawning
Link
al 4 capitolo in inglese:
https://archiveofourown.org/works/22111321/chapters/52868422#workskin
“Bro,
a
te piacciono i puzzles vero?”
Katsuki
corrugò
le sopracciglia confuso. Era amico di Kirishima da più di
dieci anni ormai, ma ancora adesso faticava a comprendere che cosa
passasse per quella sua scompigliata testa a punta.
“Arriva
al
sodo, testa stramba.” Katsuki attraversò la strada in direzione
del suo appartamento, sito in una raffinata palazzina di lusso a più
piani, nella parte tranquilla della città. Aveva appena terminato il
turno del mattino e, anziché sfruttare le docce dell'agenzia, aveva
optato per un lungo bagno a mollo nella sua vasca. Col cazzo che
Kirishima gli avrebbe rovinato i piani.
“Mina
ha
comprato questa culla e ci sono così tanti pezzi da montare. Mi
fa male il cervello e non ci capisco niente dalle istruzioni.”
“Non
è un po' troppo presto per montare queste boiate?”
Ashido
doveva
essere al massimo al quarto mese di gravidanza, difatti.
Perché diamine stavano già -inutilmente- ordinando, scartando e
montando cose per il bambino, così in anticipo sui tempi?
“Siamo
entusiasti!
Tutti i libri sui neonati dicono che è come se stessimo
costruendo un nido. Mina vuole che sia tutto pronto il più presto
possibile, così possiamo goderci con calma il resto,” gli rispose
l'altro, eccitato come un cucciolo. Katsuki poteva quasi sentirlo
scodinzolare all'altro capo del telefono.
“Non
riesco ad immaginarmi voi due che leggete libri sui bambini,”
disse, sperando di distrarre Kirishima a sufficienza dal fargli
dimenticare che gli aveva chiesto una mano poco prima. Sorpassando
l'androne, Katsuki sentì l'amico titubare dall'altra parte della
linea. Il portiere, da dietro il bancone, lo salutò con un cenno.
“Abbiamo
preso
gli audio libri, così da poterli ascoltare mentre giocavamo ai
video games,” ammise.
“Ecco,
a
questo ci riesco a credere,” gli rispose, con un
sogghigno. “Sto per entrare in ascensore, probabilmente cadrà la
linea.”
“Il
nostro ascensore? Sei volato qui?”
“Quello
di
casa mia, cretino. Ho appena staccato dal lavoro.”
“Ma
verrai a darmi una mano, giusto?” Dalla voce pareva esausto e in
sottofondo poteva quasi sentire Ashido urlare. Seguì il rumore del
cellulare che veniva passato di mano e di punto in bianco le sue
orecchie furono invase dalla voce di Ashido.
“Bakugou,
se
entro i prossimi trenta minuti non sei qui a montare questa
maledetta culla, ti verrò a cercare e userò i miei ormoni impazziti
come scusante per cavarmela dopo aver commesso un crimine.”
“Cristo...
okay.
Fammi fare una doccia e sarò lì più tardi.”
“Falla
qui
e portami qualche takoyaki da quel chiosco che mi piace tanto.”
“Lo
sai no, che non sono io quello che ti ha ingravidata, e che quindi
non mi puoi comandare come ti pare e piace? Ho dei diritti io.”
“Hai
dieci minuti,” replicò lei, buttandogli giù il telefono. Qualche
volta, Katsuki rimpiangeva seriamente di aver voltato quella sua
vecchia pagina di vita solitaria per potersi fare degli amici che
non
erano terrorizzati da lui. Lasciò la casa e si avviò verso il
chiosco che stava sulla strada per l'appartamento della coppia.
“Grazie
a
Dio,” esordì Kirishima quando aprì la porta di casa sua e fece
passare dentro Katsuki. Da come era messo l'appartamento sembrava
che
avessero svaligiato un intero negozio per la prima infanzia: una
piramide di scatole torreggiava in un angolo e, al centro della
stanza degli ospiti -la nuova nursery-, sparsi per terra, quelli che
il biondo supponeva fossero i pezzi della culla.
Ashido
si
materializzò dietro di lui per rubargli dalle mani i takoyaki
unti, ancora prima di degnarsi di salutarlo.
“Grazie,
Baku.
Darò il tuo nome a questo piccolo parassita.” Mina lo
avvolse in un abbraccio, appoggiando per qualche secondo la testa
sulla sua spalla. Il gesto gli ricordò Hisami.
“Non
dare il mio nome alla tua progenie aliena.”
“Ti
avverto, amico. Ultimamente sono sempre in preda a questi strani
istinti paterni, se insulti di nuovo il mio piccolo dovremo fare a
botte,” disse Kirishima, sventolandogli contro le istruzioni per
l'assemblaggio. Katsuki si fece scappare una sonora risata, ma
accettò il manuale e si sedette sul pavimento per cominciare a
lavorare.
“Allora,
che
mi dici di nuovo? Mi sembrano passate settimane dall'ultima volta
che ti ho visto.”
Katsuki
mugugnò
e scosse le spalle, mentre identificava le viti giuste per
la prima parte del montaggio.
“Lavoro.
Ho
visto i miei genitori qualche settimana fa. Abbiamo pranzato con
degli amici di famiglia.” Katsuki fu volutamente vago. Avrebbe
mentito dicendo che non stava più pensando a quel pranzo. Deku e la
sua esuberante progenie riuscivano a intrufolarsi spesso nei suoi
pensieri.
“Amici
di
famiglia, huh? Stiamo parlando di quell'amico di famiglia?”
Katsui
palesò
una smorfia. Aveva raccontato a Kirishima tutto riguardo a
Deku durante il loro secondo anno, giusto quando aveva realizzato
che
razza di stronzo fosse veramente. In quell'anno era maturato molto,
con Kirishima a fargli 'fastidiosamente' supporto.
“Già,
quello.
Ha un figlio ora, ed è...” lasciò la frase in sospeso,
più occupato a cercare un modo per esprimere ciò che sentiva senza
mostrarsi debole. “Diciamo che mi sta fottendo il cervello.”
Kirishima,
che
fino a quel momento aveva fatto finta di dare una mano muovendo
di tanto in tanto pezzi della culla per il pavimento, si
immobilizzò.
Guardò Katsuki con aria interrogativa.
“Cos'ha
di
stranuccio?”
“Ugh.
Riformula
la frase, ma senza parlare come un dannato marmocchio.”
“Perché
la
cosa ti turba?”
Katsuki
sapeva
perché la cosa lo infastidiva -almeno, un po'- ma non sapeva
come fare a spiegarlo a Kirishima. Sapeva di non avere alcun diritto
di essere aggiornato su Deku e la sua vita, ma ciò non cambiava il
fatto che si sentisse lo stesso un po' raggirato, essendo
rimasto all'oscuro di qualcosa di così fondamentale per l'altro, per
non parlare poi della faccenda del suo Quirk. Si sentiva tagliato
fuori, dopo aver scoperto che i suoi genitori erano coinvolti nella
vita di Deku e lui non ne era mai stato al corrente. Si domandava
ora
quante altre cose si fosse perso nel corso degli anni, consumato
com'era dai suoi obiettivi.
“E'
solo che... è una grossa faccenda. Suo figlio poi, è
strambo, ma non in modo così tanto tremendo. Mi fa ripensare a come
eravamo io e lui a quell'età. Stavamo praticamente incollati l'uno
all'altro, mentre ora...”
“Ora,
avete
due vite completamente separate l'una dall'altra,” proseguì
Kirishima, piegandosi all'indietro per appoggiarsi sulle mani.
“E'
una cosa stupida.”
“Ma
è la verità. Pensi che sia perché ti senti responsabile della
distanza creatasi tra voi due?
Katsuki
fu
grato di essere occupato con i chiodi, le viti e gli sparsi pezzi
di plastica che stava cercando di montare, perché questo significava
poter non guardare in faccia Kirishima. Era sempre stato più facile
parlare di se stesso quando qualcos'altro lo impegnava. Fece un
gesto
poco convinto con le spalle, ma tanto bastò perché il rosso lo
prendesse come un riluttante assenso.
“Beh,
forse
questa è l'occasione per ripartire da zero. Magari per
chiedere finalmente scusa?”
All'idea
di
dover chiedere scusa a qualcuno, qualcosa dentro al biondo si
contorceva in preda all'orrore. Il pensiero di doversi scusare con
Deku –la sola persona della sua vita che, con ogni probabilità,
meritava in assoluto delle sentite e sincere scuse- faceva
salire la nausea a Katsuki. Tentò di cambiare discorso.
“Dirige
una
clinica per donne, a quanto pare. Roba di ginecologia, FIVET,
cose così. Suppongo che abbia usato una surrogata per suo figlio.”
Dopo
essere rimasto fino a tarda notte su Google a cercare cose come
clinica Midoriya Musutafu, era arrivato alla conclusione che
chiamarla clinica fosse un po' fuorviante. Si trattava
essenzialmente
di una fabbrica sforna-bebè di alto livello, frequentata con ogni
probabilità da gente molto ricca. Aveva sede in un
gigantesco
edificio con studi individuali, laboratori, uffici e alloggi per i
loro surrogati e lo staff di turno. Katsuki realizzò di colpo che
Deku doveva essere maledettamente ricco -molto probabilmente non
quanto lui, ma davvero poche persone potevano arrivare ad avere uno
stipendio come quello di un eroe professionista nella top ten.
“Mina
e
io stiamo cercando una nuova ostetricia. Magari possiamo rivolgerci
a lui?”
“E' il tuo feto. Fa quello che vuoi,” borbottò
il biondo.
“Sto
cercando di darti un pretesto. Lo capisci, vero?”
“Non
ho bisogno di un pretesto e non ho decisamente bisogno di essere
coinvolto nei tuoi cazzi. Questa stupida culla è già abbastanza
straziante.”
Kirishima
rise,
facendo rotolare qualche vite sparsa per terra. I due, e per
due Katsuki intendeva lui solo, lavorarono in
silenzio,
riuscendo a montare la base della culla prima che Kirishima la
facesse finita di aiutare per finta e tirasse fuori il cellulare.
“Ripeti
un
po', com'è che si chiama?” chiese il rosso, con sufficiente
innocenza. Katsuki lo guardò con sospetto da sopra il manuale delle
istruzioni.
“Midoriya
Izuku,”
gli rispose, sapendo bene che Kirishima stava digitando il
suo nome nella barra di ricerca dell'app di questo o quel social
media.
“Il
suo account non è privato!”
Katsuki
si sporse con più nonchalance possibile per dare un'occhiata al
cellulare di Kirishima, ma la sua curiosità ebbe la meglio su di
lui. Katsuki non aveva FaceSpace, era fermamente convinto che i
social media rendessero le persone più stupide, questo in
particolare poi era per vecchie persone lagnose, ma il profilo
di
Deku era piuttosto scarno, fatta eccezione per alcune foto sue,
di
sua mamma e di Hisami.
“Quello
è
suo figlio, Hisami.”
“E'
adorabile.”
“E'
un piccola merda.”
“Mi
ricorda... un po' te. Gesù, è stata tua madre a donare
l'ovulo?”
“Chiudi quella cazzo di bocca,” replicò,
inorridito. Sentire Kirishima dar voce a quello che pensava
costantemente ogni volta che si trovava a interagire con quel
bambino
lo turbava nel profondo. Prese il cellulare dell'amico per scorrere
attraverso foto di compleanni, vacanze e una in cui un irritato
Hisami mostrava alla fotocamera il suo braccio ingessato. Quello era
lo stesso piccolo broncio di quando Katsuki lo aveva tenuto
sollevato
dopo il pranzo, e il modo in cui curvava la bocca ricordava
all'inverosimile un piccolo Katsuki che teneva il muso.
Una
strana sensazione lo assalì nel profondo dello stomaco. Raccolse
nuovamente nella testa tutto ciò che sapeva di Hisami e sul Quirk di
Deku. Aveva specificatamente detto che il suo Quirk funzionava su
coppie dello stesso sesso e Hisami aveva tre anni... e... e-
E
loro si erano incontrati poco più di quattro anni prima. Deku aveva
accesso a surrogati. Era anche passato un po' troppo vicino a
Katsuki
al momento di salutarsi, e se il suo Quirk si attivava con il solo
tocco, allora aveva avuto di sicuro un'opportunità.
Katsuki
lasciò
cadere il cellulare. Non poteva più guardare in faccia quel
bambino. Se lo avesse fatto, gli sarebbero tornati alla mente il suo
modo di fare, la forma dei suoi occhi, i suoi arruffati ricci biondi
e il suo amore per il cibo piccante,
“Porca
puttana.”
Le parole gli uscirono come un sibilo, appena udibili.
Katsuki o stava avendo un attacco di cuore, o stava sperimentando
una
crisi esistenziale. Forse entrambe le cose.
“Huh?”
domandò
Kirishima. Katsuki non poteva più toccare l'argomento. Non
credeva nemmeno di poter più montare la culla, ma avrebbe tentato
volentieri pur di distrarre la mente dalla sua nuova rivelazione.
Era
una cosa da pazzi. Fottutamente fuori di testa; ma da un lato no, e
quella era la cosa che lo spaventava.
“Finiamo
di
montare questa culla. Ho delle cose da fare più tardi,”
mormorò, immergendosi completamente nell'impresa. Doveva parlare con
Deku -magari strozzarlo, anche.
“Cazzo,”
sussurrò,
con il terrore che gli montava sullo stomaco.
Izuku
controllò
di nuovo l'ora, picchiettando con la suola della scarpa il
pavimento in legno massiccio del suo ufficio. La sua ultima seduta
era terminata circa un quarto d'ora prima e, probabilmente, da
allora
aveva guardato l'orologio ogni singolo minuto. Mancava ancora un'ora
al termine del suo orario d'ufficio e doveva andare a casa di sua
madre per prendere Hisami. Era passato più o meno un mese da quel
disastroso pranzo di famiglia, e Izuku non riusciva a togliersi
Kacchan dalla testa. Aveva cercato di trovare il coraggio e fargli
una telefonata, ma per adesso era riuscito soltanto a chiedere a sua
mamma il numero di cellulare.
Doveva
fare
la cosa giusta, ma farlo poteva letteralmente rovinargli la vita
e, di conseguenza, anche quella di suo figlio. Non aveva idea di
come
avrebbe potuto reagire Kacchan. Gli sarebbe importato qualcosa? Si
sarebbe sentito in dovere di far parte della vita di Hisami? Avrebbe
mentito negando che non si era mai immaginato uno scenario di quel
tipo nel corso degli anni, ma quella fantasia era meglio tenerla
nascosta nei più profondi anfratti della sua mente. Lo scenario più
plausibile prevedeva che il biondo andasse su tutte le furie, cosa
che, sinceramente, non gli avrebbe potuto rimproverare per niente.
Gli avrebbe probabilmente tirato un pugno, facendo risorgere
l'ostilità dei tempi delle medie, e magari avrebbe reso la cosa
pubblica, costringendo la clinica a chiudere e facendogli ritirare
la
licenza. Poteva sopportare tutto quello. Quello che non poteva
sopportare era la possibilità di perdere suo figlio, e le chance che
ciò accadesse erano più concrete di quello che gli sarebbe piaciuto
ammettere. Era ciò che lo bloccava dal cercare l'altro e dire la
verità. Sospirò pesantemente nascondendo il viso tra le mani.
La
porta del suo ufficio si spalancò con una forza tale da picchiare
contro il muro e, improvvisamente, come se Izuku fosse riuscito con
il solo pensiero a evocarlo, si trovò faccia a faccia con un Kacchan
in preda alla rabbia più nera, dopo di lui la sua receptionist
trafelata.
“Mi
dispiace tantissimo, Midoriya. E' arrivato di colpo-”
“Dobbiamo
avere
una cazzo di conversazione noi due,” gli disse e dalla voce
sembrava che Kacchan si stesse aggrappando a fatica a quell'ultimo
straccio di sanità mentale che gli restava. Tutto quello che Izuku
riuscì a fare fu congedare velocemente la sua receptionist e
chiudere dietro di lei la porta. Ecco cosa succedeva a rimandare le
cose.
Note
della
Traduttrice:
Ci
tenevo a ringraziare tanto le persone che stanno commentando la
storia, tenendomi in contatto con l'autrice originale le sto facendo
sapere come procede ed è davvero felice anche lei!
Se
vi andasse di fare due chiacchiere in più, ho aggiunto il link al
mio IG nella pagina del profilo. Mi farebbe davvero molto piacere
poter interagire con altri fan di BNHA (e della Bakudeku, perché in
verità conosco giusto UNA sola persona che la supporta ;; ).
Vi
mando un abbraccio virtuale, alla prossima e Buona Pasqua!
|