Niente è facile, nulla è impossibile

di X_98
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Thranduil si svegliò di colpo quando sentì un rumore metallico.

Era il loro modo di fare. Probabilmente le guardie si divertivano appena trovavano una scusa per infastidirli.

Quella cella era diventata familiare ma non per questo aveva abbassato la guardia.

Aveva scoperto presto che mostrarsi estremamente aggressivo lo avvantaggiava.

Non veniva mai messo assieme agli altri prigionieri ne per dormire ne per mangiare, ma solo per allenarsi nell’arena.

Colui che si definiva il suo padrone non voleva perdere la merce preziosa a causa sua e sapeva bene che un guerriero come lui era importante per il proprio guadagno. 

Non lo divertiva fare del male alle persone, ma era necessario perché lo rispettassero. Nel suo regno si era guadagnato la fiducia e la lealtà degli elfi non solo grazie al titolo, ma amministrando bene il regno affinché prosperasse e pensando solo al benessere ed alla sicurezza della propria gente.

Mentre qui, gli esseri umani con cui si trovava, sembravano veramente degli animali! Forse si comportavano in modo aggressivo solo per elevare la propria posizione come aveva fatto lui, oppure erano rozzi di natura.

Ma la curiosità riguardo ai gladiatori che lo circondavano era stata smorzata dal suo desiderio di fuggire. Non avrebbe creato legami con nessuno, altrimenti lo avrebbero svantaggiato, dando al nemico un’arma da usare contro di lui.

Così erano passati centosessant’anni .

In questo lasso di tempo era riuscito a conoscere bene i suoi carcerieri.

I romani erano un popolo prospero. Ampliavano il territorio attraverso numerose battaglie, i cittadini erano divisi in gruppi sociali ed il potere era in mano ad una manciata di uomini.

Ma la maggior parte erano uomini corrotti.

Avidi di potere, coglievano ogni occasione per accrescerlo ed il denaro sembrava l’unica cosa che bramassero.

Specialmente il suo padrone. Non si ricordava il suo nome, non che gli importasse, ma le poche volte che lo aveva potuto osservare era riuscito a vedere il suo sguardo di sufficienza che rivolgeva a chiunque, oltre allo smisurato ego che traspariva da ogni parola che pronunciava, esattamente come i suoi avi. 

L’elfo era consapevole che il padrone veniva sopportato  dai suoi simili solo grazie a lui.

Possedeva un guerriero fuori dal comune, che non era mai stato sconfitto ed il suo antenato era considerato un grande lanista visto che era riuscito a catturarlo.

Thranduil sapeva bene che i lanisti si trovavano nella scala sociale più bassa, ma intrattenere il popolo e rispettare le festività con grandi spettacoli era comunque molto importante.

Nonostante fosse passato molto tempo, non era riuscito a scappare.

Le catene, le torture ed i combattimenti caratterizzavano la sua esistenza. 

Le vittorie avevano accresciuto la fama e la paura che tutti provavano nei suoi confronti.

I romani l’avevano chiamato Azrael,  l’angelo della morte, per incutere timore ai suoi avversari. Anche se doveva dire che non erano eccellenti guerrieri, solo per questo era riuscito a sconfiggerli tutti.

Molti elfi sarebbero svaniti nel condurre una vita simile, ma in lui c’era ancora la speranza di poter fuggire e tornare da Legolas.

Si, suo figlio. Quel figlio che involontariamente aveva abbandonato con il peso di un regno sulle spalle. Era certo che non lo avrebbe deluso e sarebbe stato un grande sovrano, ma era triste al pensiero che, esattamente come era successo a lui, si era ritrovato giovane, solo e con una responsabilità così grande.

Probabilmente lo avevano già dato per morto tempo fa. Era impossibile non pensarlo.

Era scomparso una mattina di primavera non lasciando alcuna traccia di se.

Quel giorno in cui era cambiato tutto!

 

“Thranduil galoppava veloce verso il regno di Imladris. Si sarebbe tenuta un’altra riunione con il Bianconsiglio per discutere sull’aumentare dell’oscurità ed era di vitale importanza che ci fosse anche lui.

Legolas aveva insistito per venire, ma alla fine era stato convinto da suo padre a rimanere nel regno per occuparsene durante l’assenza del re.

Era stato più un ordine da sovrano a suddito che una conversazione tra padre e figlio e Thranduil si era ripromesso che una volta tornato avrebbe cercato di riavvicinarsi a suo figlio.

Il re e la pattuglia di elfi avevano fatto solo le soste necessarie per far riprendere i cavalli, senza rischiare di restare troppo in un posto ed attirare attenzioni indesiderate.

Erano quasi giunti a destinazione quando qualcuno li aveva attaccati.

La sorpresa più grande fu scoprire che erano solo umani, gli esseri avvolti in lunghi mantelli neri che li circondarono. 

“Qualunque cosa accada, proteggete il re!” Ordinò uno delle guardie reali.

“Gurth goth(rim)lye!” (Morte ai nostri nemici!) urlò un altro elfo per incoraggiare e farsi coraggio.

Ma l’elevato numero di umani aveva decretato la loro sconfitta. In quattro erano stati fatti prigionieri. Gli umani aveva fatto a pezzi i corpi dei caduti e gli avevano dato fuoco per far perdere ogni traccia.

Il viaggio era stato lungo e faticoso. Rinchiusi in una piccola cella posta su di un carro, gli elfi erano stati trattati come animali. Uno di loro era morto durante il viaggio a causa delle ferite riportate nello scontro e mai curate.

Thalion era il suo nome. Una giovane guardia che per la prima volta avrebbe viaggiato con il suo re, non sapendo che sarebbe stata anche l’ultima.

Gli altri due si chiamavano Narwain e Galdor, poco più grandi di suo figlio.

Una volta arrivati nella capitale del mondo umano erano stati venduti all’asta e Thranduil, da allora, non aveva più rivisto i due giovani elfi.”

 

I primi anni lo sottoposero a torture atroci. Ma non per ucciderlo, solo per umiliarlo ulteriormente. Con quella punizione volevano toglierli la poca dignità rimasta e fargli abbassare la cresta una volta per tutte! In parte ci erano riusciti, dato che ora ubbidiva, non a tutti, ma a molti degli ordini che gli venivano impartiti!

Il dolore era diventato il suo unico compagno e con sua meraviglia la sua sensibilità si era rafforzata....un disperato tentativo del suo corpo di sopravvivere.

Al dolore fisico ci si abitua!

Gli anni successivi li aveva passati senza far sapere a nessuno cosa stesse pensando. Rinchiuso in un mutismo che esprimeva quanto si sentisse ferito da se stesso per essersi piegato. Questo secondo lui, perché i suoi carcerieri pensavano solo di averlo domato.

Fu del tutto inaspettato. Un sera arrivò un nuovo carico di prigionieri. Schiavi, superstiti dei loro popoli massacrati e uomini strappati dalle loro famiglie, con la falsa promessa di libertà in caso di vittoria.

Un bimbetto in particolare attirò la sua attenzione. Non solo perché era l’unico ad essere così piccolo in quel gruppo di schiavi tutti molto giovani. .......Secondo gli anni umani non dovevano averne più di venti, ma per la vivacità che poteva vedere nei suoi piccoli occhi. I pochi bambini che aveva incontrato avevano perso quella caratteristica dell’ingenua gioventù, consapevoli che la vita che gli si prospettava non sarebbe stata facile.

Il piccolo aveva la pelle molto scura, il corpo esile ed i capelli corti e si mise, a sua volta, ad osservarlo con curiosità. Probabilmente non aveva più di cinque anni umani.

Con sua sorpresa venne messo in cella con lui visto che gli altri prigionieri lo picchiavano. Azrael non si era mai mostrato aggressivo con i bambini e non avrebbe iniziato a farlo.

Si sdraiò sulla sua branda e cercò di riposarsi un po’. Invano. Sentì una piccola manina aggrapparsi al suo braccio sinistro ed aprì gli occhi in tempo per vedere che il bambino era salito sul letto e cercava di stendersi al suo fianco.

Capì subito il perché. La sua branda era posizionata vicino alle sbarre della cella adiacente alla loro e forse temeva che i suoi occupanti potessero fargli del male. Mentre lui si trovava attaccato al muro.

Si poteva dire che questo bambino era molto ostinato oppure molto sciocco.

Era strano che gli si fosse avvicinato con calma e persino confidenza!

Thranduil sospirò e si girò sul fianco sinistro per fargli posto. Dopo un timido “Grazie” in netto contrasto con il suo comportamento, il bimbo si sdraiò accanto a lui e crollò esausto.

 

*

 

Il mattino seguente il piccolo decise di farsi sentire. Mentre facevano colazione iniziò l’interrogatorio.

“Come ti chiami?” “È vero che voi elfi non potete morire?” “Ma sai veramente combattere sia con la lancia che con la spada?...e la rete?” “Io sono Attico!”.

Doveva essere diventato schiavo recentemente dato che era ancora pieno di vita.

Thranduil sospirò e non rispose, decidendo di ignorarlo. Lui non sembrò prendersela, e la sua curiosità si manifestò come un uragano quando andò ad importunare i vicini di cella.

Durante l’allenamento Attico si doveva occupare dell’acqua da dare ai gladiatori. Essendo ancora troppo piccolo per iniziare l’addestramento, veniva sfruttato in altro modo.

L’elfo non si sorprese quando notò che gli altri facevano attenzione a trattare bene il nuovo arrivato, temendo una sua reazione se gli avessero anche solo fatto un graffio.

Era incredibile come gli esseri umani avessero la presunzione di sapere alla perfezione ciò che accadeva intorno a loro. A lui non importava niente della sorte del bambino.

La sera Attico venne messo con lui a mangiare. 

“La mia mamma cucinava molto meglio! Però litigavo sempre con i miei fratelli perché loro avevano molta fame! Il mio papà era un cacciatore molto bravo ma non catturava animali molto grossi!”

Non faceva altro che parlare della sua terra natia e della sua famiglia. Senza nostalgia, era felice.

E non la smetteva di agitarsi sul suo sgabello. Andando avanti così sarebbe....troppo tardi! Grosse risate arrivarono dalla stanza accanto, divisa dalla loro da delle sbarre, appena videro il bambino cadere in terra.

“Non resisterà una settimana!” Rise Dolor, colui che era secondo a Thranduil in quanto a bravura con la spada. “Se fosse stata una femmina avrebbe avuto molte più probabilità!” Disse un’altro alludendo a qualcosa di orribile e guadagnandosi uno sguardo mortale, da parte dell’elfo, che lo fece smettere di ridere all’istante.

Attico dimostrò di essere tenace rialzandosi con apparente calma e finendo di mangiare il suo pasto. Non si agitava più come prima, in parte intimorito dagli adulti ed in parte perché aveva imparato la lezione.

Volendo riposare comodamente, Thranduil fece a scambio di branda con il piccolo per essere sicuro che riposasse. Il fatto che non gli importasse di lui non significava che sarebbe stato crudele.

 

*

 

Al mattino l’elfo si stava allenando con Dolor. Poteva essere uno scontro letale visto che le spade di legno erano abbastanza robuste da spaccare un cranio, ma Thranduil sapeva che non era saggio accanirsi contro al secondo migliore gladiatore del suo padrone.

Lui prediligeva l’uso di due spade, anche se aveva imparato a maneggiare tutti gli altri tipi di armi usate nell’arena, mentre il suo avversario maneggiava una spada ed un grosso scudo.

Arrivati alla ventesima volta che atterrava il rivale, il maestro ordinò loro di cambiare compagno. Ma mentre si dirigeva verso il prossimo avversario, uno sconsiderato lo attaccò. Ci era abituato. 

Per farsi notare in molti tentavano di coglierlo di sorpresa cercando di sfruttare il vantaggio al massimo nella speranza di poter vincere e fare colpo sul padrone, anche se nessuno ci era mai riuscito!

Thranduil cadde a terra di schiena, ma si rialzò velocemente indietreggiando, poggiando un ginocchio ed una mano per terra, posizionando la spada dietro alla schiena pronto a bloccare il colpo successivo. Ma mentre il pazzo stava caricando il colpo, una smorfia di dolore gli si dipinse il volto e crollò anche lui in ginocchio.

L’elfo vide che Attico l’aveva colpito al ginocchio con una spada di legno e considerato il dolore che era riuscito a provocargli, doveva aver colpito il nervo.

Il piccolo si pentì subito del gesto ed urlò quando l’uomo l’afferrò per la gola sollevandolo in aria.

La paura venne sostituita dalla sorpresa quando Thranduil lo liberò sentendo con un colpo l’avversario.

Non contento, l’elfo continuò ad infierire sul pover uomo che non potè fare altro che subire in silenzio, nella speranza che le guardie lo salvassero!

Accadde ciò. Le guardie malmenarono Azrael con i loro bastoni perché capisse che non doveva farlo più e lo trascinarono in una piccola cella angusta dove lo incatenarono con la faccia di fronte al muro e le braccia tese in alto, per tenerlo in punizione senza acqua e cibo, fino a quando il padrone avesse deciso di liberarlo.

Thranduil si agitò inutilmente solo per poter sfogare un po’ della propria rabbia.

Ma non nei confronti dello scellerato.....

Perché? Perché aveva difeso il bambino? Perché si era sentito obbligato a farlo?

Continuava ad agitarsi facendo tintinnare le catene e sbattendo la testa contro al muro. Si odiava! Perché? Era un mortale che avrebbe vissuto una manciata degli anni degli elfi.....perché preoccuparsene? Non gli era mai importato niente degli uomini ed adesso, dopo tutto quello che gli avevano fatto, perché si sarebbe dovuto interessare ad una razza così corrotta e crudele?!

La porta della cella si aprì ed un colpo in testa gli fece perdere i sensi.

 

*

 

Quando si risvegliò capì di essere nella sua cella.

A fatica si mise a sedere. Tutte le nuove ferite protestavano ma non vi badò.

Un singhiozzo lo fece voltare verso la branda di Attico e lo vide.....il bambino aveva un occhio nero e parecchie contusioni alla testa, ma anche le braccia presentavano ferite, così come il resto del corpo.

Avevano punito pure lui.

Thranduil sorrise. 

Aveva protetto per secoli migliaia di elfi ed ora non era in grado di difendere un bambino!

Non capiva perché ma sentiva di dover proteggere quel fanciullo. 

Essere spaesato era una sensazione a cui si era dovuto abituare, mentre era uno schiavo, ma era certo di quello che voleva: tornare da Legolas!

Tutti gli altri gladiatori si trovavano nelle rispettive celle, stesi sulle loro brande.

Doveva essere sera. L’elfo si meravigliò, doveva essere svenuto per più tempo di quanto precedentemente aveva creduto!

Molto più probabile era che i romani lo avessero drogato per evitare che si facesse ulteriormente male.

“Non sei morto?” Una vocina raggiunse il suo orecchio e vide che Attico gli si era inginocchiato accanto.

“Ci vuole molto di più per uccidermi!” Rispose Azrael.

“Dieu merci!” Disse il piccolo “Come?” Chiese l’elfo sorpreso. “Ho detto meno male! La mia mamma parlava sempre in francese con me! Era così che parlavano nella città dove è nata!” Spiegò Attico.

Azrael si sedette sulla sua branda “Dove sono i tuoi?” Domandò, non sicuro di voler sentire la risposta “Non lo so! I romani hanno detto che non li rivedrò mai più. Hanno bruciato la mia casa e i miei fratelli sono stati venduti pure loro!” Disse il piccolo ad un passo dal pianto.

“Va bene. Ho capito! Ora dormi, domani sarà una giornata impegnativa!” Disse ad Attico il quale ubbidì senza fare storie.

“Siamo amici vero?” La domanda del bambino fu inaspettata, ma Thranduil non riuscì ad impedire che un sorriso gli si formasse in viso “Si Attico. Io sono Azrael!” Rispose prima di assopirsi.

 

Va bene, non so se come inizio è interessante, ma è un idea che ho deciso di scrivere!

Farò riferimenti sia al film Pompei del 2014 sia alla serie Spartacus oltre alla Terra di Mezzo di cui Thranduil sarà il protagonista.

Spero che stuzzichi il vostro interesse! E di non stravolgere completamente il Re di Bosco Atro! (Ho sempre molta difficoltà ad impersonarmi in lui e non vorrei farlo diventare un’altra persona rispetto al fiero e riservato sovrano del film!)

Fatemi sapere cosa ne pensate e se avete suggerimenti da darmi!

A presto,

X_98





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