Senza nome, senza volto

di Miky_D_Senpai
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Io non ho un nome,
ed entrando in rianimazione ho perso anche il mio corpo, che non sento più come mio, ma semplice un involucro.
Qualcosa in prestito e che presto sarebbe stato reso.
Sento solo il mio cuore, che scalpita per la paura di un arresto prematuro, di una fine che mai avevo sentito così vicina.
Ma sono senza nome, senza faccia, perché in questo momento potrei essere te, che leggi seduto sul divano o te, che fino a qualche giorno fa pensavi "Un altro aperitivo non posso negarmelo".


Io non ho un nome,
ma qualcuno per me ce l'aveva.
Me l'hanno portato via in ambulanza, strappandomelo quasi dalle braccia.
Avrei preferito prendere il mio cuore e strapparmelo dal petto, prendere i suoi polmoni e scambiarli con i miei.
Ma io non ora non so nemmeno se avrò modo di salutarlo per l'ultima volta, che quel giorno piangevamo entrambi.
E io che lo tenevo stretto per non mollarlo sono risultato positivo asintomatico e mi tormenterò per la vita che non sia stato io a contagiarlo.


Io non ho un nome,
e davanti al telefono aspettavo solo che lei tornasse online.
L'ultimo messaggio di qualche giorno fa "Mi ha fatto piacere rivederti".
E due idioti che eravamo stati a vederci ancora una volta, mentre tutta la città era in blackout.
A ridere e prenderci gioco del mondo, ma ora che la tosse si fa più pesante, è l'esatto contrario.
Penso, ma non lo spero con tutto il cuore, che potrei finire vicino a lei almeno in ospedale.


Io non ho un nome,
e tossendo lo negavo a me stesso. Non è quello.
La pesantezza al petto. Non è quello. La febbre. Non è quello. Ma ora che la mia bara è simile a tante altre, non ho nemmeno la certezza che possa essere riconosciuta dai miei parenti, ai quali avrei voluto raccontare di come la mia vita stava andando, lontano da casa.


Io non ho un nome,
e sono guarita, uscendo dalla porta principale a testa bassa, conoscendo bene il mio peccato. non riesco a guardare in faccia chi sta entrando.
E vorrei solo chiamare il mio ragazzo, per dirgli che nonostante quell'ultima scappatella lo amo.
Scrivergli che io sto bene, senza sapere che quell'ambulanza che corre verso il pronto soccorso, lo sta trasportando in codice rosso.


Io non ho un nome,
e guardavo tutte quelle barelle, avevo perso il conto dopo un paio di giorni, ma sapevo esattamente quante ne uscivano.
E questa mattina, una giornata come le altre dietro quel vetro e quella mascherina, arrivò l'avviso che in terapia intensiva avevano finito l'ossigeno e che il personale stesso si stava ammalando.
Io, che sto sempre seduto dietro uno sportello, sono passato dall'altra parte di quella porta alla fine del corridoio, tentando di recuperare conoscenze finite in un angolo della mia memoria e trovando un coraggio che ritenevo follia.




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