Titolo: #1 Le
profondità dell'abisso
Autore:
Liberty89
Genere:
Introspettivo
Rating:
Giallo
Personaggi:
Vanitas, AntiAqua
Avvertimenti:
One-shot, Missing Moment (?) KH3, Lime
Note dell’autore:
Buon giorno e buona Pasqua a tutti! Torno a scrivere sulla VanAqua a
causa di una challenge che ho reinventato su facebook, la #SixFanfiction,
convertendo quella sulle fanart per i disegnatori: ho chiesto di
assegnarmi sei personaggi/ship su cui avrei scritto una breve
fanfiction. In questo caso, mi era stata chiesta una fic sulla coppia
VanAqua, con possibile variante AntiAqua. È successo non so
come che ne ho scritte due xD Spero che vi piaccia! Buona lettura!
Disclaimer: i personaggi di questa
fic non mi appartengono e la fic non è stata scritta a scopo
di lucro.
#1 Le
profondità dell'abisso
Vanitas si fermò a due passi dall’acqua e
puntò gli occhi dorati sull’orizzonte buio.
Nemmeno lui che era pura Oscurità osava volgere lo sguardo
sulla superficie dell’abisso, il rischio di caderci dentro in
modo figurato e letterale era troppo alto. Non ne sarebbe
più uscito, poco ma sicuro.
“Chissà perché quel vecchiaccio di
merda mi ha mandato fin quaggiù.” Pensò
stizzito, spostando la sabbia col piede.
Si guardò attorno per un po’ e alla fine decise
che era ora di andarsene. Se Xehanort voleva qualcosa dal Margine
Oscuro, sarebbe venuto a prendersela da solo.
“Chi sei?”
Una sensazione di freddo agghiacciante lo fermò sul posto.
Deglutì. Conosceva quella voce, la ricordava bene, ma non
poteva assolutamente essere lei. Tutta
quell’Oscurità... Non poteva-
“È molto che non ci vediamo, Vanitas.”
Disse Aqua, emergendo completamente dai neri e fangosi flutti
dell’abisso.
Quando si girò a guardarla, sgranò gli occhi: la
bella e accattivante ragazza dei suoi ricordi era mutata in qualcosa di
strano e terribile. I capelli erano divenuti argentei, le iridi
d’oro e le sue braccia- Erano le braccia di un Darkling
quelle? Che diavolo le era successo?
Sbatté le palpebre e l’attimo dopo ce
l’aveva di fronte, distante un solo passo. La sua sola
presenza era schiacciante, la sua vicinanza lo faceva sentire piccolo e
insignificante, come un granello di quella spiaggia. Tremò,
scosso da un misto di rabbia, timore e frenesia. Eppure,
sentì anche le sue guance accendersi di vergogna: tanto
tempo fa, era lui a provocare queste sensazioni a lei.
Consapevole di star facendo un’enorme e colossale cazzata,
Vanitas aprì la visiera del casco e puntò lo
sguardo in quello della ragazza. Non era pronto per la tristezza, la
rabbia e la disperazione che cadevano da quegli occhi come sangue da
una ferita, ma non si aspettava nemmeno di finire schiena a terra con
la custode inginocchiata sopra di lui.
“Ah, Aqua. Vedo che ti sei fatta un giro
nell’abisso.”
Lo ignorò completamente, studiandolo dall’alto e
sfilandogli il casco. Chiunque avrebbe potuto dire che poteva opporsi,
ma la verità era che quell’Oscurità
era... troppo. Sarebbe stato come buttarsi a braccia aperte nelle
profondità di quel dannato abisso e non ci teneva per niente
a scoprire cosa c’era sotto la superficie. Ammise
tranquillamente con se stesso di avere paura, una paura fottuta e
maledetta, perché quella sottospecie di Maestra del keyblade
poteva fargli di tutto. Tuttavia, Aqua si limitò a chinarsi
su di lui e avvicinare il viso al suo collo, dove prese un lungo
respiro, come se volesse catturare il suo odore in qualche modo.
“Vieni da fuori. Com’è
possibile?” Mormorò lei, la domanda rivolta a
tutti e nessuno perché Vanitas non aveva proprio voglia di
perder tempo a raccontarle il piano del vecchio di merda, troppo lunga
come storia. Lei comunque sembrava di tutt’altro avviso,
visto che si sedette su di lui e gli morse il collo attraverso il
tessuto della tuta.
“Ahia! Ma che-”
“Silenzio.”
Vanitas si ammutolì, obbedendo fedelmente a
quell’Oscurità più profonda della sua.
Possibile che il vecchio volesse Aqua fuori dal Regno
dell’Oscurità? Era forse impazzito? Questa donna
non sarebbe mai diventata un vessel, anzi sarebbe stato più
probabile il contrario, e nemmeno lui avrebbe gradito una simile
presenza nel mondo di fuori. Forse era l’unica a sapere dove
si trovava Ventus, ma non poteva rischiare di liberare una simile mina
vagante, ne andava anche della sua stessa esistenza.
Un gemito sfuggì alle sue labbra quando Aqua si mosse sopra
di lui, risvegliando qualcosa che davvero non era il caso che si
muovesse. E dato che le cose andavano sempre al contrario di come
voleva che andassero, la donna ripeté il movimento e ormai
era troppo tardi per sperare di uscirne incolume. Si
aggrappò saldamente alla sabbia, scavando i solchi con le
dita. Non osava toccarla senza permesso, era certo che avrebbe potuto
staccargli la testa con uno sguardo, ci avrebbe scommesso il Void Gear
-era l’unica cosa che possedeva a tutti gli effetti. Non si
era accorto di aver chiuso gli occhi fin quando non li
sgranò per la sorpresa: la bocca di Aqua era sopra la sua e
lo stava trascinando nel bacio più spinto e affamato che
potesse immaginare.
La sua stessa Oscurità stridette e si lamentò,
quasi come un gatto che grattava con insistenza alla porta per uscire.
Ma non poteva, il rischio di perdersi era troppo alto. Aqua era
diventata una specie di incarnazione dell’abisso e il
pericolo di finirne inglobato era praticamente lo stesso, per questo
aveva evitato di posare lo sguardo su quell’acqua nera.
Gli artigli da Darkling gli aprirono diversi tagli sulla tuta, ma
furono stranamente attenti a non ferire la pelle che si trovava sotto,
e intanto Aqua era tornata a mordergli e baciargli il collo, stringendo
le ginocchia sui suoi fianchi e muovendosi ritmicamente sulle sue parti
basse. Vanitas ringhiò frustrato, la tuta tirava
più del previsto e iniziava anche a far male.
All’improvviso, però, la donna si fermò
e tornò a guardarlo dall’alto. Solo dopo qualche
istante osò incrociare il suo sguardo, stupito quando gli
accarezzò una guancia col dorso delle dita, avrebbe potuto
piantargli gli artigli nel collo e tutto sarebbe finito in un attimo.
“Non puoi portarmi fuori. Non cedi alla chiamata
dell’abisso.” Dichiarò lei.
“Non mi servi.”
Detto questo si alzò in piedi e tornò da
dov’era venuta, camminando sulla superficie liquida per poi
sparirne al di sotto. Vanitas restò immobile trattenendo il
fiato, finché non sentì la sua presenza
allontanarsi e svanire, solo allora si permise di respirare di nuovo.
Era stanco morto, lui odiava faticare. Una fitta al basso ventre gli
rammentò che aveva anche quell’incombenza di cui
occuparsi.
“Tutta colpa del vecchio di merda.”
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