Fandom: Operazione
U.N.C.L.E.
Personaggi: Napoleon
Solo, Illya Kuryakin
Coppia: Napoleon/Illya
Words: 705
Rating: giallo
Contesto:
Post-Canon
Disclaimer: i
personaggi non mi appartengono.
Note: Scritta
per il Drabble Event (03/04 - 05/04 2020)
del gruppo We are out for prompt con
il prompt : Napoleon/Illya - Durante una
missione, l'orologio di Illya (di suo padre) si rompe + Casella #2:
Teammates + sussurrato.
Talk
me in silence,
with
a touch and the lightest of your kisses
Al
suo fianco Illya è un ammasso di tensione.
I
suoi polsi sono legati assieme da una catena annodata attorno a un
anello di ferro sul pavimento in pietra. Napoleon non dubita che
potrebbe riuscire, da un momento all'altro, a rompere la presa, ma
poi si sarebbe precipitato senza pensare contro la guardia che sosta
di fronte alla porta, incurante del mitra che il loro carceriere
regge ancora tra le mani.
Napoleon
lo guarda preoccupato con la coda dell'occhio. Vorrebbe potergli dire
qualcosa, ma anche se le parole non gli mancano, teme che al momento
non sia in grado di trovarne di giuste. Preferisce allora
concentrarsi sulla catena che gli lega il polso destro al pavimento.
È stato stupido farsi catturare, ma ancora più
stupido da parte dei
loro rapitori lasciarlo con una mano libera. Sarà che ogni
dito di
detta mano ha ormai assunto il colore violaceo che promette solo
dolori atroci a ogni singolo movimento delle sue giunture,
però
Napoleon ha affrontato anche cose peggiori in questa e nella sua
carriera precedente. Ossa rotte non sono nulla, davvero.
Il
problema è che raggiungere il nodo che lega la catena a
terra e
iniziare a lavorarci è un processo lento e pericoloso: deve
essere
bravo a cogliere i pochi attimi in cui la guardia – che
chiamerà
Imbecille n.1, tanto per avere qualcosa con cui chiamarlo –
non
abbia lo sguardo rivolto verso di loro.
Ci
è vicino, però. È già
qualcosa.
Illya
si lascia sfuggire un ringhio masticato tra i denti e questa volta
Napoleon si volta a guardarlo: i muscoli delle spalle si tendono
contro la giaccia, il respiro che gli esce in piccoli sbuffi, simile
a quello di un toro che si prepara a lanciarsi contro il suo odiato
aguzzino, ed è solo una questione di secondi prima che
spezzi
l'anello e si metta a correre a testa bassa contro una pallottola
mortale.
Napoleon
reagisce d'istinto: il braccio si allunga e gli afferra una mano. Le
dita rotte pulsano e bruciano e vorrebbero farlo urlare, ma si morde
la guancia fino ad assaporarne il sangue. A quel tocco, la testa di
Illya scatta nella sua direzione e gli occhi, dapprima furenti, si
addolciscono in una domanda confusa dinanzi a quel gesto
così
improvviso e apparentemente privo di ragione.
Napoleon
mantiene fermo lo sguardo: attraverso le iridi lucide per il dolore
lo implora di restare calmo. E allora Illya capisce e chiude gli
occhi. Inspira e cerca di non pensare all'orologio di suo padre,
ormai distrutto e lanciato in un angolo di quella cella come se non
valesse nulla. Pensa invece agli occhi di Napoleon, si concentra sul
tocco caldo di quelle dita rotte che cercano di avvolgersi attorno
alle sue, senza davvero riuscirci perché il dolore, a quel
punto,
deve essere a dir poco atroce, e riesce a sopprimere l'ira che ha
rischiato ancora una volta di consumarlo, almeno quel tanto che basta
da offrire al suo compagno di squadra l'opportunità di
liberarsi e
mettere astutamente fuori gioco la loro stupida guardia.
* * *
«Ehi,
Peril, ho qualcosa per te.»
Due
giorni dopo Napoleon, come aveva già fatto in un altro tempo
e in
un'altra città, gli porge l'orologio di suo padre.
Illya
fissa il quadrante privo di schegge, la lancetta dei secondi che
ticchetta allegra tra i numeri e il cinturino in pelle ancora una
volta tutto intero.
Aveva
creduto fosse stato distrutto oltre ogni speranza.
Alza
lo sguardo sbigottito.
«Come...?»
Napoleon
fa spallucce e gli lancia un sorrisetto soddisfatto.
«Conosco
un tipo. Se ne intende di queste cose.»
Lo
dice come se non fosse nulla, ma Illya si sente travolgere da un moto
di gratitudine incommensurabile e da un senso di amore così
intenso
da bloccargli il respiro.
Gli
afferra il polso buono e lo attira contro di sé. Le loro
labbra si
scontrano e si catturano. La mano libera di Illya preme contro il
collo di Napoleon e non lo lascia andare. Lo trattiene contro di
sé
per darsi il tempo di trovare le parole adatte.
«Grazie»
gli sussurra su labbra socchiuse e Napoleon inspira dentro di
sé
quell'unica semplice parola, assieme a tutto il resto che Illya, alla
fine, non ha capito come trasmettere a voce.
|