Stray Heart

di Dusty Ellingtown
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Dal finestrino del treno si vedeva passare di tutto. Le persone correvano in base agli annunci della stazione e I bagagli le seguivano con la stessa fretta. Gli alberi mi guardavano sfrecciare mentre li osservavo fugacemente. Qualche goccia random si posava sul vetro, qualche goccia di pioggia arrivata prima voleva insistere la sua presenza in questo modo. Arrivai alla mia fermata e mi feci spazio fra la folla. Le persone non erano molte, ma tutte avevano una destinazione, intanto non saprò mai le loro. Una volta scesa dal treno uscii dalla stazione in perfetto orario e mi diressi verso l’università. Non era un posto molto affollato e ne sono contenta, non stravedo per la massa. Feci le scale per dirigermi all’ingresso e lui era lì. Era lì e sembrava m’aspettasse da una vita. Ci fu uno scambio veloce di sguardi e nemmeno so il perchè, ma il cuore mi batteva. Non pensavo nemmeno fosse più in grado di farlo, sentivo il sangue pulsare dentro la pelle e gli occhi avevano una voglia pazza di cercarlo ancora, solo per poter riavere un attimo la gioia di provare quella sensazione. Fumava e mi vide entrare, inutile descriverne l’aspetto maledetto. Mi sedetti al posto libero e mi guardai intorno. C’erano I soliti gruppi e forse qualcuno in più, c’erano diverse persone che avevo visto, altre che non avevo mai visto prima. Eppure, in un modo inquietante sapevo già quello che volevo, e infondo non sapevo nemmeno il perchè mi decisi a trovarmi lì, proprio in quella sede, lontana da casa, lontana da tutto ciò che conoscevo, non troppo lontana dalla città, più vicina all’idea di paese. Mi trovavo lì, sulla sedia in legno e la giacca appena tolta, lui entrò e si sedette accanto a me. A tratti vedevo le sue mani e desideravo saperne di più. C’era qualcosa di strano e difficile da descrivere che lui mi rievocava e ancora ora non so che nome darvi, ma posso assicurarvi che poco dopo, successe qualcosa di parecchio strano. Di rado I nostri sguardi timidi e audaci al contempo si scontravano. Non osavano esplicitare, ma la coda dell’occhio si fece improvvisa protagonista della scena. Erano appena le 10 del mattino quando un forte tuono piombò sopra le nostre teste. E un’inquietudine radicale ghiacciò le parole. Tutto d’un colpo la luce svanì e rimase solo il buio. Si diffusero chiacchericci e paranoie, in primis dal docente, che adesso sprovvista del microfono doveva per forza rifarsi a un utilizzo delle corde vocali naturali: - “Ragazzi quest’incoveniente ora vedremo in qualche modo di risolverlo, qualcuno può andare a chiamare un tecnico dal centralino ?” Alcune ragazze s’alzarono e andarono a rispondere alla richiesta del docente. Seduta al mio posto, ascoltavo dubbi e lamentele dei compagni e lui era accanto a me che non osava interrompere il suo silenzio, con il buio non riuscivo a capire se I suoi occhi mi stessero cercando o meno. C’era qualcosa di strano e sinistro in quel tuono maligno, qualcosa che per un attimo ci accumunò tutti e rese immobili, indifesi. Mi feci coraggio e così mi sono voltata verso di lui, l’ho guardato e il suo sguardo rispose al mio con l’aggiunta di un sorriso parecchio timido. Non so dove trovai le parole ma dissi:




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