Stray Heart

di Dusty Ellingtown
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- “strano che ancora nessuno abbia acceso la torcia del telefono” Il mio era un commento vago, lanciato in alto nell’aria, dove chiunque poteva rispondere. Ero consapevole che desideravo sentire solo una voce, desideravo davvero tanto conoscere il suo timbro vocale. Strana questa mia curiosità per uno sconosciuto… le persone che conosco non mi trasmettono un terzo della curiosità che mi dà lui. Sentii volare nell’aula diversi commenti, e poi ne sentii uno vicino fisicamente a me: - “hai bisogno? Se vuoi ti faccio luce” Era lui e al suono della sua voce che si svela essere di stampo profondo, voltai il mio viso verso di lui, dio solo sa quanto avrei voluto conoscere il colore dei suoi occhi. La penombra mi permetteva solo di poter cogliere I tratti salienti, pochi ma necessari avevo visto degli alti zigomi pronunciati e occhi misteriosamente belli, avevo visto un sorriso a bocca chiusa con piccole fossette ai lati che avrei voluto sfiorar con mano, per comprendere se tutta quella dolcezza era destinata solo ad essere vista, o magari fors’anche toccata. Se solo ci fosse stata un minimo di luce in più in quella bastarda stanza, avrei avuto un colore su cui fantasticare per un po’ di tempo, ma il buio non mi concesse tale grazia. Ringrazio la pazienza che solo dopo mi fece conoscere quel colore, che senz’esser visto non può essere immaginato, malapena descritto. - “sì, grazie mille” Non avevo assolutamente bisogno della luce, dovevo inventarmi qualcosa da cercare adesso, merda ho anche il telefono in tasca che figura di merda se lo vede, che faccio ? Accende la torcia e allora mi accuccio fino al sottobanco avvicinandomi per forza anche al suo corpo, accanto al mio, raccogliendo il mio zaino e non guardando mai il possessore della luce per pura timidezza improvvisata. Frugai nello zaino quasi con fretta, finché la mia mano non incontrò un pacchetto di fazzoletti. “Ecco la scusa perfetta” pensai fra me e me. Li tirai fuori e gli sorrisi senza accennare a guardarlo direttamente: - “grazie” Poggiai I fazzoletti davanti a me, risistemai lo zaino sotto alle gambe e la torcia si spense. L’aula era ancora in ombra e il chiacchiericcio si manteneva stabile alla solita frequenza. Tornai a pensare per conto mio mentre notai che lui voltò la testa verso il suo amico, seduto alla sua sinistra. Con me alla sua destra, chiacchierava a bassa voce con lui, non osavo cercar di capire un affare non mio, quand’ecco che vedo che la sua sagoma torna verso il mio corpo. Dio come disorienta il buio! mica sapevo io cosa stava guardando, potevo solo ipotizzarlo. Di sicuro non il mio viso, le mie gambe forse ? La cattedra ? Fu lui stesso a rispondermi, e al sentir la sua voce, l’adrenalina ingiustificata tornava a diffondersi in me, senza una spiegazione plausibile mi emozionava più una voce, che dover stare a cercare di identificarla e assegnarla ad una determinata persona. Assurdo, non mi era mai capitato prima d’innamorarmi di un sogno, non m’era mai capitato prima d’innamorarmi di una voce che non porta nome. Innamorarsi di una voce e non della persona che ne è possessore, si può considerare possibile? Come dicevo, fu lui a rispondermi: - “non li usi I fazzoletti ?” mi fece lui




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