Ebbene
rieccomi tra di voi...in tutto il mio splendore. So che non mi sono
fatta più nè vedere nè sentire, ma ho
avuto un migliaio di problemi sia a casa che con il pc...quindi msn
è totalmente fuori uso, quindi vi chiedo scusa se non ho
più scritto a nessuno per avere sue notizie...in compenso
facebook funziona...sempre a pezzi ovviamente perché la mia
connessione ad internet è una favola...
Ok, tralasciamo.
Riprendo i miei momenti di gloria con una fic sui Tokio Hotel, di cui
non ho notizie da tempo immemorabile purtroppo...vabbè...
Comunque in questa fic
che è nata in poco meno di sei ore diciamo pure che Bill e
Tom non si conoscono. Sono fratelli, certo, ma i loro genitori hanno
divorziato e li hanno separati in modo che nessuno dei due fosse a
conoscenza di avere un gemello.
Il resto ve lo lascio
scoprire riga per riga.
Spero solo che vi
piaccia e che poi io possa leggere i vostri commenti.
Un bacio a tutti dalla
vostra cara Laura!
PS. scusate le questa one-shot è piuttosto lunga, ma non
volevo dividerla in più capitoli.
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"Tom...vaffanculo!".
Esco sbattendo la porta
e accendendo al massimo il lettore per non sentire le sue urla.
Cerco di distaccarmi dal
mondo...ci riesco, ma non è un'idea saggia.
Sta diluviando e io non
ho neanche l'ombrello.
Fanculo anche al tempo.
Troppo buio per i miei
gusti. Dall'altro lato della strada c'è un bar. Forse riesco
a rifugiarmi lì dentro.
Da sinistra arriva una
macchina.
Fanculo anche a quel
maledetto autista che non mi vede.
Sento solo il colpo. La
musica smette di avere un significato. Smette di allontanarmi dal
mondo. Cazzo
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Quella mattina non avevo proprio voglia di alzarmi...un po'
perchè la sera prima avevo fatto dannatamente tardi insieme
ai miei due amici, un po' perchè sapevo bene cosa mi
aspettava dopo meno di un'ora.
"Tom! Maledizione vuoi fare tardi anche stamattina? Possibile che non
ci sia una volta che te ne vai a letto ad un'ora decente?!?".
Mio padre stava strillando di sotto. Sbuffai, quindi uscii da sotto le
coperte e mi diressi mooooolto lentamente verso il bagno, accompagnato
dalle urla del mio caro genitore.
Mi guardai allo specchio. Avevo una faccia terribile, ma al tempo
stesso affascinante.
Ok Tom torna alla realtà e comincia ad imparare un po' di
modestia...tra poco hai la verifica di matematica non puoi perderti in
chiacchiere...
Certo che se invece di cazzeggiare con quel capellone di Georg davanti
alla playstation avessi minimamente guardato quelle maledette
equazioni...
Ok, sto divagando...
Comunque quella mattina uscii di corsa di casa e mi diressi a passo
spedito verso la scuola.
A metà strada incontrai il mio migliore amico.
"We Tom! Tutto bene? Come mai così ansioso di fare la
verifica?".
"Macchè ansioso...piuttosto ero ansioso di allontanarmi da
mio padre, se proprio vuoi metterla sul piano dell'ansia, fratello".
Decidemmo così di saltare la scuola, per l'ennesima volta
quell'anno.
Ormai le speranze di essere promosso erano pari a zero, ma non
m'importava.
Io e mio padre vivevamo da soli fin da quando ero piccolo. Diceva che
mia madre era morta dandomi alla luce e io ci avevo sempre creduto.
"Hey voi due! Avete intenzione di uscire dalla terza superiore o no?"
domandò una voce familiare alle nostre spalle, riscuotendomi
dai miei pensieri.
Mi voltai e vidi Gustav, il mio secondo amico.
"Dai Gus! Oggi no, ti prego...c'è la verifica di matematica".
"Ma ragazzi...non vi promuoveranno mai".
"Non ci promuovono anche se ci presentiamo tutti i giorni da qui fino
alla fine dell'anno...senti abbiamo quattro in matematica sommando i
voti...per non parlare delle altre materie" dissi.
"Tu invece pui tranquillamente bigiare oggi con noi, no?"
domandò Georg, sorridendogli.
Dopo quasi un quarto d'ora di suppliche ce ne andammo tutti e tre a
fare colazione.
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Quella mattina non avevo proprio voglia di alzarmi perché
sapevo bene cosa mi aspettava dopo meno di un'ora.
"Bill, puoi sbrigarti? Non voglio arrivare tardi al lavoro" disse mia
madre, entrando in camera.
Borbottai qualcosa, poi andai lentamente in bagno, recuperai i miei
vestiti e lo zaino mezzo vuoto.
Povera mamma, era ancora convinta che andassi a scuola.
Mi facevo vedere ogni tanto solo per non far chiamare a casa, anche se
non avrebbero trovato nessuno in qualsiasi caso.
Presi una fetta di pane tostato, poi mi allontanai.
"Ci vediamo stasera" dissi, uscendo di casa.
Dopo nemmeno un isolato mi allontanai dalla strada principale e
cominciai a bighellonare.
"Coraggio Bill...manca solo una settimana di scuola, poi potrai
liberarti di quella gente" pensai, accendendomi una sigaretta.
Solo una settimana.
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UNA SETTIMANA PIU' TARDI
"Dunque dunque...vediamo i quadri. Bocciati, tutti e due" dissi,
voltandomi verso il mio amico e sorridendogli.
"Davvero? Quindi siamo ancora in seconda? Insieme a Gustav?".
"Ebbene sì, l'anno prossimo saremo tutti e tre assieme!"
esclamai soddisfatto.
"Mi chiedo come facciate ad essere contenti di una situazione simile.
Mio padre mi toglierebbe la pelle di dosso se mi facessi bocciare"
disse Gustav.
Io e Georg ridemmo.
"Beh pensala in questo modo...noi non abbiamo compiti delle vacanze da
fare!" esclamai, trascinandolo fuori.
"Bocciato" lessi con enorme sollievo. Non avrei più diviso
la classe con quegli animali dei miei compagni.
"Billina non penserai di scappare così, vero? Anche se non
siamo più in classe insieme, stai tranquilla che ti verremo
a cercare" sussurrò una voce perfida alle mie spalle.
Non mi voltai nemmeno e mi allontanai. Mia madre mi stava aspettando in
macchina.
"Bill, perché?" mi domandò, triste.
"Mamma...io...".
"Avresti dovuto dirmelo che c'erano dei problemi".
"Non ci sono problemi...solo che non ho studiato abbastanza".
"Non dire sciocchezze...so quando mio figlio ha qualcosa che non va".
"Non c'è niente che non va...è tutto ok".
"Bill non dirmi bugie. Mi sarei infuriata se ti fossi fatto bocciare
perché invece di studiare te ne stavi tutto il tempo con i
tuoi amici, ma non è così. Non esci mai, qui non
hai amici. Sei triste e lo vedo da come ti comporti. Bill, se
c'è qualcosa che non va devi dirmelo. Possiamo ancora
rimediare".
Guardai negli occhi mia madre.
Era bella e aveva sofferto tanto.
Mio padre era morto poco dopo la mia nascita e lei se l'era dovuta
cavare da sola.
Le raccontai tutto. Delle bigiate, dei pestaggi, delle prese in giro e
di quello che subivo a scuola e fuori.
"Ho capito...ora andiamo a casa e prepariamo le valige".
La guardai con aria interrogativa.
"Ero ancora indecisa se parlartene o meno, ma dopo quello che mi hai
detto ho preso la mia decisione. Ci trasferiamo a Berlino.
Lì è tutto diverso. Ci sono tantissime persone e
nessuno farà caso alla tua unicità. Bill
ricordati sempre che non devi cambiare per piacere agli altri. Alle
persone devi andare bene per come sei. Nessuno deve cambiarti" mi disse
abbracciandomi.
Annuii, poi ci allontanammo da scuola, definitivamente.
"Purtroppo non possiamo partire subito, dobbiamo mettere tutto negli
scatoloni e sarà un lavoro lungo, ma non preoccuparti. Per
la fine di luglio sarà tutto nella casa nuova e noi due
potremo andare al mare".
Il trasloco fu lungo, ma piacevole.
Visitai a lungo Berlino e imparai a conoscere il centro e la zona
attorno alla mia scuola che non era lontana da casa.
"Potrai andare a scuola in bici" disse mia madre.
A settembre tutto era pronto. Dovevo solo conosere i miei compagni il
che faceva parte della fase più difficile della vita di ogni
nuovo studente
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"Tom! Alzati! Non vorrai fare tardi il primo giorno di scuola spero!"
Sbuffai e mi vestii di mala voglia.
L'estate era volata in un lampo.
Mio padre lavorava tutto il giorno e io potevo andare in giro con Georg
e Gustav quanto volevo.
Mi lavaii e uscii di casa. Aspettai Georg di fronte alla pasticceria
che c'era poco distante da casa, poi con lui mi avviai verso la scuola.
"Pronto per un nuovo anno insieme ai tuoi due migliori amici?" mi
chiese sorridendomi.
"Ovvio che sì! In più saremo i boss indiscussi
della situazione...pensa un po' saremo i più grandi della
classe...nessuno a rompere le scatole!" esultai.
"Beh fossi in te non esulterei tanto...siamo poi stati bocciati...te la
immagini quella di matematica che ci sgrida...voi due avete poco di cui
vantarvi! Somari!" disse il mio amico, imitando la professoressa.
Risi, ma mi fermai una volta davanti a scuola, non tanto per l'orrore
che mi provocava quella struttura vecchia e puzzolente, ma quanto
perchè c'era un folto gruppo di ragazzi di terza che stava,
a quanto pareva, picchiando qualcuno davanti al cancello della scuola,
senza che nessuno osasse intervenire.
I casi erano due.
O quello che era in mezzo al pestaggio l'aveva combinata grossa, oppure
il mandante della spedizione punitiva era uno delle superiori, visto
che i due istituti erano praticamente attaccati.
Cercai di scorgere qualcosa in mezzo a quel casino, ma vidi poco o
niente, solo quanto bastava per capire che c'era di mezzo una
ragazza...cavolo l'aveva combinata proprio grossa perchè dei
maschi picchiassero una femmina.
"Tom, Georg! Grazie a Dio siete arrivati..." esclamò Gustav
correndoci incontro.
Aveva un'aria terribilmente preoccupata.
"Hey Gus! Te sai perchè quelli di terza stanno picchiando
una ragazza?" gli domandai accendendomi una sigaretta.
"Non è una femmina! Si tratta di uno nuovo...a quanto pare
è un po' strano e quelli si sono messi a picchiarlo" disse
il biondino.
Lo guardai, poi spostai l'attenzione sul capannello di gente che si
andava formando attorno al pestaggio.
"Vi prego...solo voi potete fermarli...quel tipo è
davvero...piccolo..." disse con voce sofferente.
Gustav è senza dubbio il più emotivo del nostro
gruppo e per questo si preoccupa di quelli che finiscono regolarmente
nei guai, come me.
Mi avvicinai a grandi passi al gruppo, seguito da Georg, in fondo noi
eravamo di terza, o almeno...avremmo dovuto esserlo.
"Hey voi! La volete finire?" gridai, attirando l'attenzione di tutti
gli studenti da lì fino alla scuola dell'altro distretto.
"Che cazzo vuoi Kaulitz? Questi non sono affari che ti riguardano" mi
rispose un ragazzetto brufoloso.
Georg rise, sapendo che nessuno poteva parlarmi così a meno
che non avesse alcuna intenzione di raggiungere l'età adulta.
Afferrai il brufoloso per i capelli e lo allontanai.
Il mio sguardo cadde inevitabilmente su quel mucchietto di carne e
sangue che c'era in mezzo al gruppo.
"Dio santo, ma lo avete ammazzato?" domandai, ai ragazzi che si stavano
allontanando da me.
Mi avvicinai con cautela al ragazzino o a quello che era rimasto di lui.
"Hey tu...se mi senti fai un verso qualsiasi..." dissi toccandolo
appena.
Sentii un debole mugugnio provenire da quell'ammasso di abiti scuri.
"Ok...senti ce la fai a rialzarti da solo?" chiesi.
"Forse...mi fa male dappertutto..." sussurrò.
"Ci credo...beh tu provaci...al massimo ti porto io in infermieria".
Lo vidi muoversi barcollando, ma riuscì ad alzarsi.
Era davvero ridotto male, ma nulla di grave a quanto pareva.
Si era raggomitolato su sè stesso, per attutire i colpi
peggiori.
Il ragazzo in nero fece giusto un paio di passi prima di cadere
rovinosamente a terra, aggiungendo un'altra ferita alle tante che si
era guadagnato in quei pochi minuti di vita scolastica.
Georg lo prese quasi al volo e mi aiutò a portarlo in
infermieria.
La dottoressa che visitava gli studenti era alta poco più di
un metro e mezzo e a mio parere pesava almeno mezza tonnellata, ma in
fin dei conti era una donna deliziosamente simpatica e gentile.
Portammo il ragazzo fino ad un lettino, in attesa della dottoressa.
Osservai attentamente il nuovo arrivato e capii quasi immediatamente
perché lo avevano picchiato.
Matita nera sugli occhi, smalto altrettanto scuro alle unghie delle
mani...insomma non era quello che oggi si definirebbe un
ragazzo...ehm..."normale".
"Hey come ti chiami?" gli chiesi.
"Bill...sono nuovo" disse con una vocina esile.
"Io sono Tom, e lui è il mio amico Georg" risposi
sorridendogli.
Aveva un piercing al sopracciglio e, se non avevo visto male, uno alla
lingua.
"Senti, perché ti sei lasciato picchiare da quelli
là?" domandai.
"Non avrei potuto fare altro...erano in troppi e non mi piace muovere
le mani".
Sospirai, un altro tipo pacifico, come Gustav.
"Che classe dovresti frequentare?" gli domandai.
"La seconda, anche se dovrei essere in terza, mi hanno bocciato l'anno
scorso" rispose, sempre sottovoce.
"Hey siamo in classe assieme!" esclamai sorridendogli.
Georg alzò il pollice, vittorioso e Bill non poté
fare a meno di ridere.
"Che c'è?" domandammo insieme.
"Siete veramente simpatici...grazie" disse.
Il suo sguardo cadde inevitabilmente sulle numerose ferite.
"Beh d'ora non ti dovrai più preoccupare...sei amico nostro
quindi nessuno ti romperà le scatole" dissi, trionfante.
"Voi due mi sembrate più grandi però...".
Io sorrisi.
"Beh effettivamente anche noi dovremmo essere in terza, ma
sai...è la vita" risposi.
In quel momento arrivò la dottoressa.
"Ma che gli avete fatto? Disgraziati...adesso vado a dirlo alla
preside, così non ve ne andate più da questa
scuola!" sbraitò quando vide Bill.
"Ma veramente...non siamo stati noi" disse Georg.
"Certo certo..." disse la donna.
"Se fossimo stati noi perchè avremmo dovuto portarlo in
infermeria?" domandai.
"Signora...loro due mi hanno aiutato...veramente" disse Bill in nostra
difesa.
La dottoressa borbottò qualcosa, poi cominciò a
medicare il nostro nuovo amico.
"Voi due andate in classe. Qui sarà un lavoro lungo" ci
disse.
"Ma veramente...noi ci terremmo tanto a stare qui con Bill" dissi.
"Solo perché alla prima ora c'è la professoressa
di matematica. Non pensare che sia stupida Tom Kaulitz. Ora andate in
classe e avvertite l'insegnante di quanto è successo" disse,
sorridendoci.
Io e Georg ci ritirammo, sconfitti ed entrammo in classe.
La professoressa era già alla cattedra e stava ritirando i
compiti delle vacanze.
"Ah, Kaulitz, Listing a cosa devo la vostra gradevole presenza?"
domandò.
"Guardi se non ci vuole ce ne andiamo, non ci offendiamo proprio per
niente" le risposi.
"Cerca di non fare lo spiritoso e vai a sederti...anzi fermatevi tutti
e due qui, in prima fila e consegnatemi i vostri compiti delle vacanze".
"Compiti? Guardi che per quelli bocciati sono facoltativi i compiti"
dissi.
"Ah sì? E da quando?" mi domandò lei.
"Beh prof, ma si immagini lo stress a cui è sottoposto un
alunno ripetente...ci mancherebbe altro che farlo lavorare durante
l'estate".
"Kaulitz, per cortesia stattene zitto e buono, almeno per
quest'ora...anzi perchè voi due non ve ne andate in fondo a
scaldare il banco come l'anno scorso?".
"Come desidera" rispondemmo insieme, sorridenti.
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"Sai, sei fortunato ad essere finito sotto l'ala protettiva di quei
due" mi disse l'infermiera medicandomi la faccia.
"Come?".
"Tom e Georg sono due bravi ragazzi, anche se sono un po' fuori
controllo. Anche Gustav, il loro amico è un ragazzo d'oro.
Se non fosse per lui chissà cos'avrebbero combinato in
questa scuola. Loro tre sono dei buoni amici"
Sospirai e guardai fuori dalla finestra.
Buoni amici, non sapevo nemmeno cosa volesse dire.
"Senti, questo è il tuo primo giorno?".
Annuii.
"Mi dispiace per quello che è successo, ma vedi...in questa
scuola ci sono stati parecchi problemi...insomma io dovrei essere una
che si annoia da queste parti, invece conosco meglio io gli studenti
che non la preside o i professori".
"Il punto è che...che io e mia madre ci siamo appena
trasferiti qui proprio perché anche nell'altra scuola mi
trovavo male e mi picchiavano...non posso restare in seconda media in
eterno..." dissi sospirando.
"Bill...tu prova a stare in compagnia di Tom e Georg per un po' e
vedrai che nessuno ti darà più fastidio".
"Ne è proprio sicura?".
La donna annuì.
Mi alzai dal lettino. Le gambe mi tremavano un po', ma cercai di non
darlo a vedere.
"Che dice? Ho un' aria mostruosa?".
"No, sembri uno che è caduto in bici".
"Perfetto...grazie mille e arrivederci".
"Arrivederci...spero di non rivederti più qui in infermeria".
"Lo spero anche io".
Uscii dalla porta e mi ritrovai a vagare per i corridoi silenziosi.
Dove cavolo dovevo andare?
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"Qualcuno sa dirmi dove si trova Wilhelm Host?" domandò la
professoressa.
"E chi è?" domandai.
"Un nuovo alunno...sicuro di non averlo mandato nell'aula sbagliata
Kaulitz?".
La mia mente cominciò ad elaborare.
"Non starà parlando per caso di Bill?" domandai a Georg.
"Probabilissimo".
"Ehm...tecnicamente è in infermeria" dissi.
"Perché? Cosa gli hai fatto?".
"Io niente...lo chieda a loro" dissi indicando un gruppetto di ragazzi
che si era sistemato dalla parte opposta della classe.
In quel momento Bill fece il suo ingresso trionfale.
"Salve professoressa...mi scusi per il ritardo, ma ero in infermeria"
disse.
"Tu devi essere Wilhelm Host, giusto?".
"Sì...sono Bill" rispose.
"Come mai in infermeria?" chiese l'insegnante.
"Sono...sono caduto dalla bici mentre venivo qui" mentì,
arrossendo fino alla punta dei capelli.
Non ci avrebbe mai creduto nessuno che avesse un briciolo di cervello,
e per questo la prof di matematica ci cascò in pieno.
"Vedi di fare più attenzione la prossima volta. Ora vai a
sederti laggiù. A quanto pare quei due ti conoscono" disse
indicandoci.
Bill ci sorrise e si sedette vicino a Gustav.
"Ciao ragazzi" disse prendendo un quaderno dalla copertina scura.
"Hey, ma te hai tutto nero?" gli chiese Georg.
"Diciamo pure di sì" rispose lui, cominciando a scrivere.
Mi sporsi un po' per notare che stava scarabocchiando una splendida
caricatura della professoressa.
Cercai di trattenermi dal ridere, ma fu davvero difficile.
Fortunatamente la campanella suonò e la professoressa si
allontanò, permettendomi di scoppiare a ridere.
"Che c'è?" mi chiesero Gustav e Georg.
"Il disegno di Bill...è strepitoso!" esclamai, ormai in
lacrime.
I due ragazzi guardarono e non poterono fare a meno di unirsi a me.
"Cavoli hai talento!" esclamò Gustav.
"Grazie..." disse lui, arrossendo lievemente.
----
Il primo mese di scuola fu senza dubbio il più duro, ma dopo
il primo giorno nessuno aveva più mosso un dito contro di
me. Tom e gli altri stavano sempre con me e forse proprio per quel
motivo nessuno mi dava più troppo fastidio.
Era una fredda mattina di metà ottobre, quando ascoltai una
conversazione strana tra mia madre e un'altra misteriosa persona.
"Cosa?!? Abitate anche voi due qui? Non ci posso credere. Che scuola
frequenta il ragazzo? Senti ora devo chiudere...guai a te se cerchi di
metterti in contatto con Bill".
Finsi di non aver sentito nulla, ma mia madre era visibilmente di
cattivissimo umore. Chi mai poteva mettersi in contatto con me?
Uscii di casa, ormai contagiato da quell'aura negativa. Presi la bici e
mi diressi verso la pasticceria vicina alla casa di Tom.
Là c'erano già Georg e Gustav che mi stavano
aspettando.
"Ciao Bill!" dissero in coro.
"Ciao..." risposi io in tono da oltretomba.
In quel momento arrivò anche Tom che ci salutò in
maniera ancora più lugubre.
"Caspiterina, questa mattina i nostri due sosia sono di cattivo umore"
disse Georg.
Aveva cominciato a chiamarci così quando i professori ci
avevano fatto notare la nostra strabiliante somiglianza.
Effettivamente senza trucco io e Tom eravamo pressocché
identici.
"Sai può capitare...ogni persona in questo pianeta ha sette
sosia" ci aveva spiegato una volta Gustav.
"Come mai ragazzi?" ci chiese Georg, nel tentativo di farci parlare.
"Problemi a casa" rispondemmo simultaneamente.
Ci guardammo e scoppiammo a ridere.
"I genitori...una palla colossale" disse Tom.
"Già...mi chiedo come facciate voi con due...mia madre
quando è di cattivo umore non la si può nemmeno
guardare".
"Mio padre è perennemente incazzato...penso che potrebbero
andare d'accordo insieme" disse Tom.
Io prendevo alla leggera quelle battute, ma spesso gli altri mi avevano
fatto sentire differente per la mancanza di un padre.
Andammo a scuola e per la prima volta incontrammo un'insegnante nuova.
"Buon giorno ragazzi...la vostra vecchia professoressa è
malata, quindi sono venuta io a sostituirla. Non so come abbiate
studiato musica fino ad oggi, ma con me ci sarà un netto
cambiamento".
Erano tutti molto più contenti, sia per le parole
dell'insegnante, sia per il suo aspetto.
La lezione fu interessante, soprattutto quando chiese ad ognuno di noi
se suonassimo e cosa.
"Io suono il basso" rispose Georg.
"Io la batteria" disse Gustav.
"Io sono un bravissimo chitarrista" rispose Tom. Sempre modesto a mio
dire.
"Io...ho imparato a suonare il piano da piccolo, ma preferisco cantare"
risposi.
"Per caso suonate insieme?" domandò la giovane professoressa.
"Ogni tanto" rispose Tom.
Già, era da qualche tempo che ci trovavamo a casa di Gustav
e suonavamo.
Non molto, anzi erano più che altro strimpellamenti di poco
conto, ma ultimamente avevamo avuto alcune idee per dei pezzi nostri.
Quel pomeriggio Tom ci invitò da lui.
"Ho un programma per il computer che dovete assolutamente vedere. Mio
cugino me l'ha installato proprio ieri!" esclamò.
Andammo a mangiare da lui.
Suo padre stava parlando al telefono.
"Simone! Tom deve avere la possibilità di conoscerlo. Lo so
che il giudice mi ha vietato di contattare il ragazzo, ma sono pur
sempre fratelli. Non puoi tenerli divisi per sempre!".
Attaccò, poi ci vide.
"Oh, scusate..." disse, prima di ritirarsi rapidamente.
Guardai Tom, sempre più confuso.
"Bill...che c'è?" mi chiesero i miei tre amici.
"Simone...è il nome di mia madre" dissi facendo rapidamente
i miei ragionamenti.
Uscii di corsa da casa del mio amico e mi ritrovai in strada.
Possibile che stesse accadendo una cosa tanto assurda?
Dall'altra parte della strada arrivò una macchina che mi
centrò in pieno.
Non sentii più nulla, se non le urla dei miei amici e il
suono assordante della sirena dell'ambulanza.
Mi ricordo di essere arrivato in ospedale. Ricordo le parole di mia
madre.
"Tranquillo Bill...andrà tutto bene. Tranquillo".
Ricordo le parole di Tom, in lacrime.
"Ti prego Bill...mi dispiace...non lasciarmi fratellino".
----
Mi svegliai di scatto. Ero spaventato a morte.
Mi guardai attorno, ma non vidi nessuno che conoscevo, o almeno
così credevo.
Di fianco a me, con la testa poggiata sul letto, stava dormendo un
ragazzo dall'aria familiare.
Provai a fare uno sforzo nella mia memoria, ma non sapevo chi potesse
essere.
Mi alzai lentamente dal letto ed andai in bagno.
Ero in ospedale, quello lo avevo capito. Ricordavo l'incidente, ma
nulla di ciò che era accaduto immediatamente prima o subito
dopo.
Sospirai, quindi mi guardai allo specchio.
Il riflesso...non era il mio.
Ero adulto, avevo i capelli lunghi. Strillai, spaventato.
"Bill! Bill!" sentii gridare dalla stanza. Non conoscevo quella voce, o
forse sì. Mi era dannatamente familiare.
Mi mossi, senza guardare lo specchio e vidi lo stesso ragazzo di prima
in piedi.
Ma chi cavolo era?
"Bill...finalmente ti sei svegliato".
Mi abbracciò, con le lacrime agli occhi.
"Tu...chi sei?" gli domandai.
Mi guardò.
"Come chi sono? Sono io...Tom".
Lo guardai. Ma certo, quel piercing al labbro, i dread e gli abiti
extralarge, ma c'era qualcosa che non andava. Era...diverso.
"Tom? Ma...è impossibile. Dovresti avere dodici
anni...sei...più grande".
"Bill, ma che stai dicendo?".
In quel momento ripensai all'incidende. Dovevo essere stato in coma.
"Da quanto tempo sono in ospedale?" chiesi, sedendomi.
"Tre settimane. Dopo l'incidente sei stato in coma...avevamo tutti
paura che non ti risvegliassi".
"Tutti chi?".
"Io, Georg, Gustav, la mamma e anche David. Gli è quasi
venuto un infarto quando ha saputo quello che era successo".
La mamma. In quel momento ricordai la telefonata che c'era stata tra
lei e il padre di Tom.
"Ma allora è vero" dissi.
"Cosa?" mi chiese lui.
"Siamo veramente fratelli".
"Bill io non ti capisco, ma di cosa stai parlando?" mi
domandò.
Lo guardai negli occhi e capii che in me c'era qualcosa che non andava.
Gli raccontai tutto quello che ricordavo. Del mio arrivo a Berlino, del
pestaggio a scuola, di tutto.
"Non è mai successo nulla del genere. Io e te siamo sempre
stati insieme".
Scoppiai in lacrime e lo abbracciai.
"Tom...perché allora non mi ricordo niente della mia vera
vita?" domandai.
"Non so...dimmi cosa ti ricordi di prima dell'incidente".
Gli parlai della telefonata che avevamo sentito a casa sua, della
lezione della professoressa di musica.
Lui scosse la testa.
"No...io e te abbiamo litigato di brutto prima dell'incidente. Ti ho
detto delle cose orribili e tu sei uscito di casa. Stava diluviando e
un tizio ti ha investito".
Sospirai e guardai il pavimento.
"Nulla...mi stai raccontando delle cose assolutamente nuove. Quando mi
sono guardato allo specchio non mi sono riconosciuto. Non ero
io...perché?".
Tom mi disse di stare tranquillo ed andò a chiamare
un'infermiera.
Insieme alla ragazza arrivò anche il dottore.
"Beh è normale che il paziente fatichi a ricordare. Dovremo
sottoporlo a delle tac, per controllare che vada tutto bene. Non
è assolutamente normale che una persona appena svegliatasi
da un coma possa gironzolare tranquillamente per la propria stanza"
disse.
Io e Tom lo guardammo.
"No...non credo sia nulla di grave. Ora signor Kaulitz, vorrebbe
gentilmente stendersi sul lettino e lasciarsi visitare?".
Guardai Tom. Perché il dottore doveva visitare lui? Poi
capii, se eravamo fratelli avevamo lo stesso cognome.
Mi sdraiai e attesi che quell'uomo facesse quello che doveva.
"Perfetto. A livello esterno sembra che vada tutto bene. Ora andiamo.
C'è una tac da fare" mi disse, sorridendo.
"Sa, quando mia figlia ha saputo che lei era un mio paziente, mi ha
fatto giurare che le avrei salvato la vita a qualsiasi costo".
"Davvero? Perché? Io conosco sua figlia?".
"No...ma mia figlia conosce lei. Davvero non si ricorda nulla signor
Kaulitz?".
Scossi la testa.
"Allora venga con me".
Lo seguii fino al suo studio, poi mi mise davanti al pc.
"Digiti il suo nome, seguito da Tokio Hotel, senza la y".
Obbedii.
Spuntarono fuori centinaia di migliaia di foto, tutte raffiguranti me,
mio fratello e altri due ragazzi che mi pareva di conoscere.
"Ma loro due...sono Georg e Gustav, vero?" domandai.
"Sì, signore".
"Perché le nostre foto sono qui?".
"Lei è il frontman di un gruppo famoso in tutto il mondo".
"Dice sul serio?".
Il dottore annuì.
"Glielo proverei, ma non so come...anzi aspetti".
Mise le mani sulla tastiera, poi mi fece vedere un video.
Riconobbi quella canzone e mi accorsi di cantarla.
"Ora mi ricordo tutto! Tom, Georg, Gustav...David. Dottore...come posso
ringraziarla?" gli domandai alzandomi in piedi.
In un attimo mi era tornata in mente la mia vera vita. Ricordai della
lite con Tom, della recente intervista prima di partire per l'America.
"Non mi deve ringraziare...".
"Invece sì! Se non fosse stato per lei non avrei ricordato
nulla...io non so cosa dire...anzi sì. Sua figlia...se me lo
permette vorrei invitarla personalmente al primo concerto che faremo
qui a Berlino dopo il nostro ritorno dal tour americano".
Il dottore rise.
"Ne riparleremo quando tornerà in Germania...ora vada a dare
la bella notizia a suo fratello" disse.
Corsi in camera da Tom e lo abbracciai.
"Mi ricordo tutto Tomi!" gridai dalla gioia.
Mi accorsi che nella stanza c'erano anche Georg, Gustav e mia madre. La
strinsi forte in un abbraccio.
"Mamma!" esclamai.
Non ero mai stato così felice in vita mia.
Avevo ricevuto indietro dei ricordi fantastici. La mia vita era tornata
tra le mie mani.
Non riuscivo a smettere di sorridere.
Ripensai al mio strano sogno e alla vita orribile che mi era sembrato
di sopportare.
Ringraziai mentalmente una qualsiasi divinità per avermi
dato Tom, il mio fratellone.
Lo abbracciai e capii che in qualsiasi situazione lui sarebbe stato con
me.
Per sempre.
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