Pamela e i sussurri d'inchiostro

di McGonaogall_Sister
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L'angolo dell'autrice

Bentornati a tutti!
Se siete qui è perché vi è piaciuta la prima storia di Pamela Radcliffe (se invece non l’avete mai letta questo è il link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3890490) e ne sono molto contenta :D 
Come sapete, l’anno precedente si è concluso in un modo un po’ brusco, ma non preoccupatevi, il prossimo sta per cominciare!
Per ora accontentiamoci di un prologo e aspettiamo di tornare ad Hogwarts. 
 
Un abbraccio e buona lettura!
 
P.S. Per chi ancora non lo sapesse, questa storia è com’è non solo grazie a me, ma anche grazie alla mia carissima lettrice beta, Nanna_chan, senza la quale non avrei potuto scriverla. <3
 
 
 


Silenzio.
 
Spazi bianchi tra le parole.
 
Vuoti di pensiero a giacere nelle pagine polverose di una vita. Spazi chiari, puliti, spazi leggeri dove si prende fiato. Esistono sempre, esistono per tutti e hanno il compito essenziale di definire la parola. Prendiamo un momento qualsiasi: prendiamo il momento in cui si salgono le scale: nessuno fa caso al gesto dei passi, nessuno pensa veramente a quello che sta facendo mentre sale le scale. Quando ci ricordiamo della giornata passata, prima di andare a dormire, nessuno si ricorda del momento in cui è salito per le scale. È un momento bianco della nostra vita, un momento in cui non siamo nessuno, non siamo altro che noi stessi. Succede a tutti, anche se magari in situazioni diverse, di vivere uno spazio bianco, è necessario, è vitale.
È un fatto rincuorante, a pensarci bene: perfino nella vita più cupa, nei meandri peggiori dell’umano dove la scrittura diventa tormento e fitta ossessione, restano pur sempre i silenzi, i respiri, i punti in cui il petto si dilata, i polmoni si gonfiano.
 
 
Da ragazzo, a Tom Riddle piacevano le Cioccorane. Gli piaceva mangiarle lentamente e sentire il cioccolato sciogliersi in bocca poco per volta. In quei momenti il cuore gli si riempiva di pura gioia, non pensava a nulla se non al piacere di quel gesto, vi si immergeva completamente. In quei momenti Voldemort spariva dal mondo e restava soltanto Tom.
Nessuno dei suoi seguaci avrebbe mai dato la minima importanza a momenti come quelli, non li vedevano. Erano persone attente solo al rumore.
 
 
Da un cassetto polveroso, il cassetto di una vecchia scrivania, in una stanza in cui nessuno entrava mai, una mano pallida e affusolata, la mano di un uomo che non aveva mai conosciuto la fatica, prese un taccuino. Un semplice taccuino con la copertina di pelle affaticata dagli anni.
Chissà quali parole, avrebbe svelato, chissà quanto inchiostro era stato speso nelle sue pagine.
Invece no, solo bianco.
Un bianco assoluto, un bianco che non è ancora spazio tra due parole, ma solo illimitato bianco.
Lucius Malfoy fissò ancora una volta le pagine senza capire: un oggetto dal potere talmente oscuro da mettere i brividi nel tenerlo tra le mani, una di quelle cose che se il Ministero avesse trovato in casa sua gli sarebbe potuta costare il lavoro e il prestigio. Anche l’oggetto che soffriva meno all’idea di perdere perché non riusciva a coglierne il senso.
Le persone come Lucius Malfoy non avrebbero mai potuto capire quanto potere c’è nel bianco della pagina, nelle sue illimitate potenzialità, nello spazio lasciato per essere riempito, e in quello lasciato perché le cose assumano senso. Il diario di Tom Riddle, così bianco, così innocente, nascondeva il nero del suo inchiostro sotto la filigrana della pergamena, aspettava come una fiera in attesa, ingannando il lettore di poter prendere fiato, di poter gonfiare i polmoni, di poter essere soltanto se stesso. Era una tigre vestita da agnello.
 




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