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NdA: In corsivo le visioni di
Lily.
***28 Dicembre***
Parte 5^
Il focolaio
rettangolare, piazzato al centro della capanna, la illuminava
proiettando ombre traballanti sulle assi di legno che rivestivano le
sue pareti.
Un bambino che
mostrava cinque o sei anni, gli occhi neri e i capelli scuri legati in
una coda, osservava una donna dalla pelle incredibilmente chiara, che
sistemava dei tessuti in un baule. I suoi capelli biondi prendevano le
sfumature rossastre della brace.
«Madre, perché
dobbiamo andarcene?» domandò con un broncio che contraeva le sue
labbra. La donna lo guardò con aria amorevole. Si avvicinò a lui,
inginocchiandosi per incrociare i suoi occhioni tristi e per posare le
mani sulle sue piccole spalle. «Questa terra, Finn, è malata. Ha
portato via il tuo fratellino. Ce ne andiamo affinché non accada mai
più.» E il suo tono di voce dolce e tranquillo fece distendere le
labbra del bambino, sebbene la sua espressione non apparisse ancora del
tutto convinta. «Dalle altre parti non accadono cose brutte?» la sua
voce sottile e innocente.
«Non dove
stiamo andando. Tua madre ha parlato con gli spiriti della natura.
Dicono che esiste una terra dove le persone sono forti e sane...» gli
accarezzò la guancia paffuta per poi continuare: «Una terra dove non ci
accadrà nulla di brutto. E tu avrai altri fratellini e sorelline con
cui giocare» il suo sguardo si rabbuiò. «E niente potrà portarteli via.»
Il bambino
annuì con un'aria serena ma titubante.
*** ***
Una donna di
colore osservava il gruppo di persone che le si stava avvicinando. Un
piccolo calesse caricato di bauli, un uomo che indirizzava il passo del
cavallo, tenendo stretta nella mano destra la fune che lo legava, una
donna che tra le braccia reggeva un neonato ed un bambino piccolo che
seduto che faceva dondolare le gambe paffute.
«Vi stavo
aspettando...» esordì la donna di colore, come se li avesse attesi da
tempo. «Sono stati gli spiriti ad avvertirmi del vostro arrivo» guardò
intensamente la donna dai capelli biondi. «Ed immagino che siano stati
essi a condurvi qui.»
«Il mio nome è
Maikal e loro sono mia moglie Esther e i miei figli. Abbiamo bisogno di
un posto dove accamparci...»
«Posso?» disse,
rivolgendosi alla donna e stendendo le braccia per afferrare la
creatura che teneva stretta al petto. La donna le porse il bambino
senza esitazione e l’altra lo cullò subito con l’aria amorevole di chi
non aspettava altro.
«Io sono Ayana,
e voi siete i benvenuti nel mio villaggio...»
***
***
«Le vostre
capanne sono molto diverse dalle nostre...» disse Ayana, rivolta a
Mikeal che livellava una tavola di legno.
«Ho notato...
le nostre sono fatte per durare!»
Esther cullava
il suo bambino e Ayana le si avvicinò per sfiorare la sua piccola
guancia.
«Il piccolo
Elijah è un bambino davvero silenzioso.»
«Non perde
tempo a piagnucolare, è un vero uomo. Come lo è anche Finn.» Mikael
osservò con orgoglio il figlioletto che a, qualche metro di distanza,
radunava dei rami che sarebbero serviti per il tetto.
«Anche se... »
intervenne Esther con uno strano tremolio nella voce. «Non saranno mai
forti come gli uomini del tuo villaggio, Ayana»
E il suo era lo
sguardo di chi voleva sviscerare un mistero, ma questo atteggiamento
portò l’altra a irrigidirsi prontamente per ribattere: «C'è una cosa
che dovete necessariamente sapere, sulla mia gente. Loro sono forti, ma
la loro forza ha un prezzo.» Poggiò una mano sulla parete di legno,
come per sorreggersi leggermente, per poi continuare: «Durante le notti
di luna piena, dovrete restare nascosti nelle caverne ai piedi della
cascata. Ne va della vostra vita.» L’aria grave, carica di
preoccupazione e serietà.
«Perché mai
dovremmo nasconderci?» di risposta gli occhi di Mikael si iniettarono
velocemente di sangue.
«Perché la luna
piena…» ma Ayana non ebbe timore di rispondere a quello sguardo truce:
«Li trasforma in lupi…»
***
***
Sulla riva di
un lago immerso nella natura più fitta, dove i pochi raggi di sole che
riuscivano filtrare mostravano con forza la loro luce vittoriosa, un
uomo dalla carnagione scura e lunghi capelli neri, con le gambe
nell’acqua fino alle ginocchia, raccolse un grande fiore di loto.
«Questi fiori
nascono e crescono sott’acqua, nell’oscurità più profonda, fin quando
non sono pronti ad emerge, mostrando a tutti il loro bellissimo colore.»
«Sono
bellissimi…» sussurrò Esther, in preda ad un incanto.
L’uomo le si
avvicinò, facendo scorrere tra le dita le ciocche dei suoi capelli.
«I tuoi capelli
che splendono come oro, sono bellissimi, Esther»
«Honami…»
un flebile sussurro che precedette un lungo bacio.
*** ***
Nel retro della
sua dimora, Esther teneva ferme le zampe e le ali di un grosso tacchino
sul ceppo di un albero; poi il suo sguardo si posò sulla giovane donna
bionda che invece gli teneva ferma la testa con una mano e con l’altra
brandiva un’accetta, e con nervosismo le disse: «Rebekah, cosa stai
aspettando?»
«Va bene, non è
facile come pensavo, lo ammetto» guardò il tacchino con aria
arrendevole. «Mi sta fissando...» e la mano che teneva l’arma le vibrò
vistosamente.
«Forse si è
innamorato di te, sorellina!» la voce di un ragazzo alle sue spalle,
che subito si accostò per vedere meglio la scenetta.
«Non mi fai
ridere, Niklaus!»
Il giovane si
mise di fronte alla ragazza con le braccia incrociate, aspettando di
assistere allo spettacolo, ma Rebekah sembrava ancora più frenata di
prima.
«E invece tu
che non riesci a decapitare un tacchino, sei davvero esilarante!
Andiamo sorellina, nessun uomo sposerebbe una donna che non è capace di
badare alla cena!»
«Stai zitto!»
l’ira concreta negli occhi della ragazza.
«Altrimenti
cosa? Manderai il tuo promesso sposo a beccarmi i piedi?»
«Per amore
degli spiriti, Rebekah, uccidi questa bestia!» urlò Esther spazientita.
«E tu, Niklaus, renditi utile, anziché perdere il tuo tempo ad
infastidire tua sorella!»
«Infatti,
Niklaus, già sprechi parte della tua giornata a corteggiare una donna
che preferisce chiaramente Elijah a te, per il resto cerca di renderti
utile...»
«Questi non
sono affari tuoi!» ma il cambiamento repentino del volto del ragazzo
non spaventò la sorella, che aggiunse: «Se voi due fate la corte ad una
donna che ha avuto un bastardo, ti assicuro che sono affari di
famiglia. Dico bene, madre?»
«Rebekah!»
«Sicura che sia
questo? Non è che sei solo gelosa di tutte le attenzioni che riceve?
Hai quasi sedici anni, sorellina, quante proposte di matrimonio hai
ricevuto?»
«Adesso basta!»
urlò Esther. «Tu taglia questo maledetto collo e tu, Niklaus, va' a
tagliare della legna!»
In quel momento
si avvicinò Elijah con un carico di quaglie e fagiani legati da
una corda e i due ragazzi ebbero giusto un attimo per guardarsi in
cagnesco, prima che Klaus si allontanasse per eseguire gli ordini della
madre.
«Elijah, tu
invece vieni con me.» lo intercettò prontamente Esther.
Rebekah,
invece, si concentrò sul suo tacchino e alla fine riuscì finalmente a
decapitarlo.
*** ***
Klaus reggeva
il corpo di un ragazzo tra le braccia, urlando: «Madre! Madre!» con un
tono disperato.
«Henrick!»
gridò Rebekah, avvicinandosi frettolosamente ai fratelli.
Klaus posò il
corpo del giovane ragazzo a terra, il cui addome sembrava essere stato
smembrato da grossi artigli.
Subito dopo
anche Esther, Elijah e Ayana gli si avvicinarono.
La madre si
inginocchiò per accarezzare il capo del ragazzo ferito, poi bisbigliò
più volte dei “no” di incredulità e sgomento, prima di chiedere: «Cos'è
successo?»
«I lupi...»
mugolò Klaus con l’aria di un bimbo spaventato, sedendosi sull'erba.
«Mi dispiace, mi dispiace così tanto...» aggiunse, visibilmente
sconvolto.
«Dobbiamo
salvarlo!» Esther si rivolse ad Ayana con occhi supplichevoli, carichi
di speranza. «Ti prego, deve esserci un modo!»
Ayana,
anch'essa inginocchiata accanto al corpo di Henrick e il volto come un
manifesto di costernazione, le rispose: «Gli spiriti non ci
concederanno un modo, Esther. Tuo figlio è morto.»
«No. No...» i
sussurri di Esther mentre il dolore le infiammava il petto. «No!» gridò
forte, mentre gli altri intorno a lei piangevano silenziosamente.
*** ***
Il fuoco di
numerose candele illuminava la loro capanna.
Luci rosse,
irrequiete e spettrali, danzavano col buio fitto della notte.
«Potremmo
accrescere tutto quanto…» Mikael posò una mano sulla spalla della
moglie. «La nostra famiglia, potrebbe vivere per sempre!»
«A quale
costo?» domandò Ayana. «Questa magia di cui parli avrà delle
conseguenze» Poi il suo discorso si indirizzò verso l’amica, sperando
di sortire un maggiore effetto: «Questo è il preludio di un flagello,
Esther!» guardò nuovamente entrambi. «Gli spiriti vi si rivolteranno
contro.»
«Ti prego,
Ayana» la supplicò Esther, con voce tremante, ma l'altra scosse il capo
in segno di negazione, rispondendole: «Non ho intenzione di prendervi
parte», prima di lasciare la loro dimora.
Mikael chiuse
la porta e si avvicinò alla moglie. «Se lei non proteggerà la nostra
famiglia» le accarezzò dolcemente il volto. «Allora è tutto nelle tue
mani, amore mio.»
*** ***
I polsi della
prima doppelganger erano stati legati ad una delle travi di legno
orizzontali che strutturavano la parte alta della dimora.
Il fuoco del
focolare era quasi spento e si riduceva al crepitare del carbone. Poche
candele illuminavano l’inquietante scenario. La doppelganger,
completamente nuda, aveva la bocca riempita di stracci che le
impedivano di urlare. Ma i suoi occhi dicevano chiaramente che non
l'avrebbe fatto. Sembrava fosse caduta in uno stato di trance: che lei
fosse ovunque, meno che in quella stanza.
La strega
originaria ripeteva una flebile nenia, mentre calma affilava la punta
del suo coltello. I piedi della doppelganger fluttuavano ad una ventina
di centimetri dal pavimento.
La strega le si
avvicinò, continuando a pronunciare la sua formula e, dopo averle
dedicato un lungo sguardo, piantò il pugnale nell'addome della ragazza,
all'altezza dell'ombelico. Il sangue zampillò per un secondo, per poi
scenderle rapidamente lungo le gambe e infine gocciolare sul pavimento,
creando chiazze scure. Esther si voltò per prendere una ciotola e,
quando si rigirò verso di lei, notò che il sangue sulla terra battuta
aveva preso una strana forma circolare, con quattro nodi*, e
inarrestabile scorreva su quella figura. Esterh sembrava non capirne il
significato, quindi si affrettò a disegnare quel simbolo sulla ciotola
di coccio, che subito dopo avrebbe usato per raccogliere il sangue
della doppleganger.
***
***
«Cosa ci fai
qui, Ayana?» chiese Esther, mentre lavava i panni al fiume, ora
visibilmente seccata da quella visita.
«Sono venuta ad
implorarti di non portare a termine il rito, è un grosso sbaglio,
Esther. Sto solo cercando di proteggerti da un immenso dolore.»
«Cosa vuoi
saperne tu, del mio dolore. La tua gente è forte, immune ad ogni male.
Non puoi capire!»
«La mia gente
paga le conseguenze delle mie azioni! La loro non è una benedizione,
Esther, è una maledizione!» Poi Ayana cercò di moderare i suoi toni,
sperando che le sue parole potessero far desistere l’amica: «I tuoi
figli saranno corrotti dal male, l'immortalità che vuoi donare loro ha
un prezzo. Diventeranno creature assetate di sangue...» fece scivolare
lo sguardo sulla scia d’acqua limpida. «Ti assicuro che non resterà
niente di loro…»
«Quindi è come
pensavo, sei stata tu...» Esther afferrò le sue braccia e la scosse
leggermente. «Che cosa hai fatto? Come hai fatto a renderli così?»
«Avevo un
figlio... Askar. Un giorno venne attaccato da un lupo. Lo stava
sbranando sotto i miei occhi e lui stava morendo. Non ero sola, con me
c'era un'altra donna del villaggio. Invocai tutte le forze del mio
corpo... ed anche quelle che non avevo: le presi dalla natura, da tutto
ciò che mi circondava. Il terreno divenne arido, le foglie degli alberi
si bruciarono, e poco dopo il lupo si accasciò su mio figlio, morì e
venne assorbito dal suo corpo, e forse questo sarebbe bastato, per
salvargli la vita. Ma io volevo di più, e per rendere una vita
immortale, come ben sai, è necessario un sacrificio. Così lo feci. Mio
figlio si rialzò poco dopo, non più da umano: era diventato qualcosa di
più. Ma i segni di quella magia oscura comparvero sul suo volto quasi
immediatamente. Segni neri, sulle sue tempie e intorno ai suoi occhi.»
«Hai
sacrificato quella donna?» intuì Esther, in un sussurrò sentito, che
palesava tutta la sua attenzione.
«Non lei. La
mia amica aspettava un bambino» la voce di Ayana era soffocata dal
rimpianto e dalla vergogna. «Un bambino che nacque morto, portando con
sé la vita della madre...»
«E tuo figlio?
Cosa gli è successo?»
«Mio figlio
cambiò. Radicalmente. Divenne forte, agile, imbattibile. La luna mutava
il suo aspetto e lo rendeva un lupo assetato di sangue, ma anche quando
non lo era... l'unica cosa a tenerlo in vita erano...»
«Cosa?» fece
Esther, per porre fine al lungo silenzio di Ayana.
«Cuori di
esseri umani. Strappati dai loro petti e consumati ancora caldi del
calore della vita che portavano con essi. Non era più mio figlio. Era
un abominio...»
La strega prese
un’altra pausa e poi continuò: «Quando gli abitanti del villaggio
iniziarono a sospettare di lui, il padre di Honami, decise di
giustiziarlo. Lo legarono ad un albero, pronti a colpirlo con le loro
frecce, ma... in quel momento... Askar si trasformò in lupo, sebbene
fosse ancora giorno, e li morse. Morse tutti gli uomini del
villaggio. Quel morso, li trasformò in creature simili a lui, ma
fece anche peggio: il seme di quella maledizione si tramanda ai posteri
e se questi fanno ciò per cui Askar stava per essere condannato - se
essi uccidono - vengono colpiti inevitabilmente anche loro. È stato un
suo modo per dire... che nessuno era così diverso da lui da poterlo
giudicare.»
Ayana prese le
mani dell’amica tra le sue e continuò: «Esther, lo so. So che Niklaus
non è figlio di Mikael. È figlio di Honami, non è così?»
Lo sguardo di
Esther che si spalancava di stupore e terrore, mentre Ayana riprendeva
il suo discorso: «Non puoi proseguire nel tuo intento. Niklaus
ucciderà; e quando lo farà la maledizione lo trasformerà in un lupo e,
insieme a ciò in cui lo vuoi trasformare, solo gli dèi sanno quale
abominio diventerà. Non puoi permettere che ciò accada.»
Esther ritrasse
subito le mani, mostrando tutto il suo disappunto. «Mio figlio non
ucciderà, e di certo non sarà mai un abominio! Questo è ciò che
accaduto a te. Non accadrà alla mia famiglia. Tutto quello che voglio
fare è proteggerli!»
«Era ciò che
volevo anch'io...» la voce flebile di Ayana, ormai consapevole di non
poter cambiare i loro intenti.
*** ***
«È tutto
pronto?» chiese Mikael, avvicinandosi a sua moglie. La solita luce
rossastra del focolare illuminava la stanza, ed Esther aveva tra le
mani il recipiente di coccio su cui aveva riportato lo strano simbolo
apparso nella notte della morte della doppelganger.
«Sì...»
disse, aggiungendo vino al sangue e mescolando poi con un lungo
bastoncino di legno.
«Sei scossa per
quello che hai fatto a Tatia?»
«No» si voltò
verso il marito per sostenere fiera il suo sguardo. «I nostri figli
vivranno per sempre, e non voglio che spendano l'eternità a litigare
per una donna! Col tempo la dimenticheranno e ritorneranno ad amarsi
come due fratelli dovrebbero sempre fare!»
«E noi? Cosa
dobbiamo fare adesso?»
«Appena
torneranno, faremo bere loro questo vino mischiato al sangue di Tatia.
Poi invocherò gli spiriti del sole per la vita e quelli della quercia
per l'immortalità. E dopo... dovrai ucciderli»
Mikael annuì.
«E tu? Sarai tu
ad uccidermi oppure dovrò farlo da solo?»
Il volto di
Ester si contorse dallo stupore e disse: «Volete trasformarvi anche
voi?»
«Un padre che
non è forte quanto i suoi figli rischia di non essere rispettato come è
giusto che sia!»
E dopo un
attimo di esitazione, la moglie accettò: «Va bene, lo farò. Ma prima
dobbiamo pensare alla fase finale del rito.»
«Sarebbe?»
«Dovrete bere
il sangue di un essere umano nel pieno della sua vita...» La tacita
richiesta di procurare l’ennesima vittima.
«Me ne occupo
subito...»
*** ***
Mikael entrò
nella sua dimora con l'impeto di una tempesta.
Afferrò Esther
per le spalle e la inchiodò al muro con brutalità.
«Come hai
potuto?»
«Di cosa state
parlando?» balbettò la strega, impaurita dai suoi occhi iniettati di
sangue.
«Di cosa sto
parlando?!» urlò in un'eco di rabbia, sbattendola con forza sul loro
talamo di paglia e pellicce, per poi raggiungerla e strattonarla per i
capelli.
«Si è
trasformato sotto i miei occhi. Quel buono a nulla! Sapevo! Sapevo che
non poteva essere mio figlio! Di chi è? Con chi hai osato disonorarmi?»
urlò, continuando a stringere i suoi capelli. Piegato su di lei, i loro
volti erano a pochi centimetri di distanza.
«Mi dispiace,
Mikael, mi dispiace, ti prego non fargli del male...»
«A chi non
dovrei fare del male? Eh? Chi? Al tuo amante o a quell'abominio di
vostro figlio?» lasciò la presa sui capelli per darle un potente
schiaffo sul viso, che le fece sanguinare il labbro.
«Allora chi non
dovrei uccidere?!»
«Klaus... Klaus
non ha nessuna colpa!» esclamò in un continuo di singhiozzi.
«Non avrà colpa
ma è il segno della mia umiliazione! E avrà quello che merita! In
quanto all'altro, invece, lo ucciderò stanotte stessa, quindi dimmi chi
è stato!» la sua voce erano tuoni dirompenti e nei suoi occhi
brillavano saette di pura rabbia, ma Esther continuava a piangere e non
riusciva, non voleva, rispondere.
«Parla,
maledizione!» le diede l'ennesimo schiaffo, e la testa della donna urtò
contro le assi di legno, i suoi capelli biondi si macchiarono di sangue
quasi istantaneamente.
«Bene, se non
vuoi parlare... Li ucciderò tutti!»
«No, Mikael, vi
imploro, non hanno colpa!» Esther avvolse le sue ginocchia con le
braccia, ma Mikael la prese per il collo e la inchiodò al muro.
«Non osare
toccarmi!» articolò a denti stretti, allontanandola poi con un calcio.
«No, non posso
lasciarvelo fare...» Esther alzò il palmo della sua mano contro di lui,
e Mikael venne colto da delle fitte che lo costrinsero a tenersi le
tempie. Ma questo durò solo pochi secondi. L'uomo si riprese,
avvicinandosi come una furia.
«Come osi? Dopo
quello che mi hai fatto, hai addirittura il coraggio di usare il tuo
potere contro di me!» Strinse il suo collo inchiodandola nuovamente al
muro.
«Stanotte
ucciderò ogni licantropo di questo villaggio, e puoi stare certa che
tra di essi ci sarà anche il padre di quell'abominio! Addio, Esther!» e
detto questo sbatté il suo cranio contro le assi, per farle perdere i
sensi. Poi uscì da casa con l'espressione di chi non sarebbe mai più
tornato.
***
***
«Esther!»
esclamò agitata Ayana, quando, entrando nella dimora, vide il volto
tumefatto della donna. Le si avvicinò e le accarezzò i capelli. «È
stato Mikael? Non è così?»
L'altra fece
solo un flebile cenno d'assenso col capo, aveva l'aria stanca e
afflitta.
«Lascia che ti
guarisca...» disse, prendendo la mano della donna, che si lasciava
andare alle sue premure passivamente.
«Tuo marito ha
ucciso quasi tutti gli uomini lupo del villaggio, e stato un miracolo
che abbia risparmiato i bambini. Mi dispiace Esther, c'era anche
lui...»
E in quel
momento le guance di Esther si bagnarono di calde lacrime e le rispose
:«Avevi ragione, Ayana... É stato uno sbaglio... è stato tutto uno
sbaglio...»
«Sh…» provò a
tranquillizzarla, asciugandole una lacrima col pollice.
«I miei figli
non sono più gli stessi. Sono pervasi da una brama di sangue che non
riescono a domare, e Niklaus...»
«Lo so. Sono
qui per questo. Non si può tornare indietro Esther, ma possiamo evitare
che le cose peggiorino. Tuo figlio è l'incontro del mio sbaglio con il
tuo. È un essere troppo potente e la sua natura va limitata. Inoltre...
se trasformasse degli uomini lupo in creature della notte come lui, ce
ne sarebbero altri e non possiamo permetterlo. Abbiamo turbato
l'equilibrio della natura.»
«Come posso
rimediare? Farò qualunque cosa!» il tono di Esther che diventava più
agitato e disperato.
Ayana sciolse
il nodo di un sacchetto che teneva legato alla sua cintura e ne
estrasse una pietra ovale di un colore bianco traslucido, poi gliela
porse spiegando la sua idea: «Questa è una pietra di luna. Devi usarla
per sigillare la natura di licantropo di Klaus...»
«In che modo?»
«Quando la
prossima luna piena raggiungerà il suo apice, dovrai versarvi sopra il
sangue di Nikluas e quello della vittima che hai sacrificato per la
trasformazione. Ne hai ancora?»
Esther annuì ed
Ayana riprese il suo discorso:
«Gli spiriti ti
aiuteranno, suggerendoti le parole. La natura ti darà il potere e, per
tutte le altre lune a venire, la pietra rappresenterà uno scudo tra la
luna e il suo potere di trasformare Niklaus. Una volta che
l'incantesimo sarà completato, questa pietra diventerà indistruttibile.»
Intanto le
ferite di Esther si erano rimarginate.
*** ***
Stesa sul
letto, Esther indossava una sola camicia di cotone ingiallita; teneva
le maniche arrotolate fino ai gomiti, e sulle braccia e sulle gambe
erano chiari i segni di piaghe infette.
I suoi occhi
erano cerchiati di nero e sulle sue guance erano chiaramente visibili i
segni della denutrizione.
Le labbra
violacee e secche reclamavano di essere inumidite.
Ayana aprì
piano la porta della dimora e, senza che l'altra dicesse nulla, dopo
averla osservata attentamente, si avvicinò al tavolo, prese dell'acqua
fresca dalla brocca, la versò in un bicchiere e lo portò alle labbra
della strega, aiutandola ad alzare la schiena quel tanto che bastava.
«Gli spiriti mi
stanno punendo, Ayana, e non li biasimo. Mikael ha ucciso tutti gli
uomini lupo del tuo villaggio e miei figli stanno facendo scempio di
tutto ciò che è rimasto. Hanno una brama di sangue che non posso
contenere e temo… che abbiano iniziato a trasformare altre persone.
Merito tutto ciò che la natura mi sta facendo!»
«Pensi che gli
spiriti ti si siano rivoltati contro, ma ti assicuro che non è così. Ti
stanno solo spingendo ad agire. Ti stanno dicendo che, sebbene tu abbia
limitato la natura di Niklaus, ci sono ancora equilibri che sono stati
turbati, e devi porvi rimedio.»
Esther le
dedicò uno sguardo interrogativo, e quindi l’amica continuò: «Ciò che
stai vivendo, Esther, l'ho vissuto anch'io. Dopo ciò che ho fatto a mio
figlio, gli spiriti hanno flagellato il mio corpo. Ed anche io ho
pensato che fosse stata una punizione, ma non era così. È il modo degli
spiriti per comunicarci che ciò che abbiamo creato turba i loro
equilibri. Trasmettono sul nostro corpo ciò che noi abbiamo fatto
loro. All’ordine naturale e prestabilito delle cose.»
«Come hai
fatto? Come hai fatto a rimediare?»
«Per rimediare
bisogna comprendere il problema, Esther. In questo caso, credo che il
problema sia ancora Niklaus. Come mio figlio, credo sia diventato un
essere immortale, è la loro natura ambivalente a renderli invincibili.
Mio figlio era diventato un uomo lupo, riuscendo a conservare i suoi
poteri di stregone. La maledizione che ha lanciato agli uomini del
villaggio ne è la prova. Lui era divenuto immortale e la natura non può
ammetterlo. Tutte le creature devono avere un punto debole. Una fine.
Tutto deve poter soccombere e rinascere in altra forma. È questa la
legge che non può essere violata in alcun modo, è questo il flagello
che gli spiriti della natura stanno marchiando sul tuo corpo.»
«Se mi stai
dicendo che dovrei uccidere mio figlio, per salvarmi dall'ira degli
dèi, risparmia il tuo fiato Ayana.» Esther, con le poche forze che
aveva, cercò di mettersi a sedere, sorreggendosi pesantemente sulle
braccia.
«Non è
necessario che tu lo uccida, ma devi creare qualcosa in grado di farlo.»
Da un fodero di
cuoio che teneva legato alla cintura, Ayana estrasse un pugnale
d'argento, sulla cui elsa era forgiata l'immagine di una Triluna.
«Questo è il pugnale che ho creato per mio figlio. Il primo uomo lupo»
se lo rigirò un paio di volte tra le mani e poi lo consegnò ad Esther.
«Pensi che
possa avere effetto anche su Niklaus?»
«No. Ma sarà il
tuo punto di partenza. Conosci bene ciò che hai creato, e saprai cosa
fare per rendere questo pugnale efficace anche su di lui. Ma c'è
dell'altro...» Ayana si alzo per avvicinarsi alla finestra. I suoi
occhi proiettati con attenzione sulle foglie degli alberi che venivano
mosse dal vento. «Come hai detto prima, i tuoi figli stanno
iniziando a trasformare altri uomini. Se questo continuerà, dovremo
assicurarci che ci sia qualcosa a proteggere le persone comuni per
tutti i secoli a venire. Ed io stavo pensando ad una stirpe di
guerriere…» si avvicinò di nuovo ad Esther per sederle accanto. «Daremo
loro la forza in cambio del loro asservimento alla natura. Dovranno
mantenere l’equilibrio tra il bene e il male. Potranno rimediare ai
nostri errori. Che ne pensi? Mi sembra uno scambio equo…»
Esther si
limitò ad annuire, mentre Ayana si avvicinava al tavolo e prendeva un
asse di legno su cui vi era intagliato qualcosa che lei sembrava
conoscere bene. «Come fai a conoscere questo simbolo?»
«Mi è apparso
in sonno. Tu sai cosa vuol dire?» Esther mentì, troppo visibilmente.
«È il simbolo
di coloro che ritorneranno.»
«Cosa vuoi
dire?»
«Che la loro
esistenza è stata legata per sempre alla persona per cui sono state
sacrificate: significa che torneranno fin quando questi resteranno in
vita...»
«Perché?»
«Perché solo il
sangue che ha modificato la natura di un essere per la prima volta ha
potere di intervenire ancora su di loro.
È il modo che
ha la natura per tutelarsi da ciò che noi streghe possiamo creare. Di’
la verità… Questo simbolo non l'hai sognato: è stato creato dal sangue
di Tatia. Dico bene? Io l'ho visto quando Lien ha partorito quel
bambino nato morto. Un giorno quel bambino rinascerà, e il suo sangue
avrebbe il potere di mutare la natura di mio figlio. Potrei riavere
indietro il mio Askar. Ma, anche se conoscessi l’aspetto che avrebbe
avuto negli anni quel bambino, che senso avrebbe? Se lo facessi, se
intervenissi ancora sulla natura di Askar, lui mi odierebbe più di
quanto non faccia già. Nessuno sa rinunciare al potere dopo averne
goduto. Anzi: il potere non sembra mai abbastanza…»
Lo sguardo di
Esther trapelò tutto il turbamento che avevano procurato le rivelazioni
di Ayana ma, nonostante ciò, con voce dura le disse: «Io non potrei mai
privare i miei figli del loro potere. Il potere è ciò che li protegge!»
«Il potere ha
prezzo. Sempre!» ribatté prontamente Ayana, per poi continuare: «Noi
streghe siamo le serve della natura. E puoi vedere sul tuo corpo cosa
accade quando usiamo i nostri poteri per i nostri interessi,
contravvenendo alle sue regole! I tuoi figli sono schiavi della notte e
il mio popolo paga la sua forza con i patimenti della trasformazione.
Il potere puro, privo di contropartita, è concesso solo agli dèi,
Esther. Nessuno mai, sulla terra, godrà di questo privilegio…»
Dedicò un altro
sguardo compassionevole all’amica e poi fece per congedarsi: «Adesso
devo andare…»
«Ayana!»
pronunciò Esther per frenarla. «Penserò io alla stirpe di guerriere.
Hai ragione. Gli esseri umani hanno bisogno di qualcuno che li protegga
da ciò che abbiamo creato…»
Ayana annuì e
lascio la capanna.
***
***
Esther poggiò
una ciotola di legno sul pavimento. Nel luogo esatto in cui era
avvenuto il sacrificio di Tatia; poi, in piedi e con il palmo della
mano rivolto verso il basso, parallelo a quel preciso punto, pronunciò
una breve formula. Pochi attimi dopo il pavimento trasudò gocce di
sangue, che piano percorrevano i contorni della ciotola, per poi
stazionarsi nel centro; la strega la afferrò e si recò alle spalle
della capanna, per posarla su di un altarino di pietra. Prese della
Salvia Divinorum** e la mise in un’altra ciotola, poi con un mortaio di
legno, iniziò a triturare le foglie rendendole una poltiglia.
Dei fiori di
loto rosa troneggiavano al centro di quell’altare e, sotto di essi,
spiccava un pugnale con una triluna incisa sull'elsa.
La strega
riversò il contenuto verdognolo nella ciotola contenente del sangue di
Tatia, e poi mischiò quella viscosa miscela con un bastoncino di legno.
«Il sangue
delle future guerriere...» pronunciò, riversando la mistura sui fiori
di loto.
Prese un'altra
ciotola con dell'altro sangue e compì lo stesso gesto.
«Il sangue
dell'ibrido...» disse ancora. Prese il ramo di una quercia e la punta
si incendiò con un suo sguardo. Adagiò quel legno sull'altare, dando
fuoco al tutto e sussurrando le parole di un incantesimo. Da quel fuoco
prese vita un'alta fiammata che esplose in cielo in tante scie dorate
che si scagliavano per il mondo: l'innesco, il potere delle potenziali
guerriere. Le potenziali cacciatrici.
Il fuoco
sull'altare si spense e la strega afferrò ciò che ne era rimasto: un
pugnale con al centro dell'elsa un Fiore di Loto dai primi sei petali -
quelli che contornavano la corolla - di un colore rosa tenue.
«Almeno tu
sarai un fiore di loto... e forse... lo saranno anche gli altri»
bisbigliò, sfiorando i petali di quel pugnale. Subito dopo, fu scossa
da un sussulto.
«Quindi il mio
sangue serviva a questo!» il tono deluso e amareggiato di Niklaus, che
aveva assistito alla scena.
Esther gli si
avvicinò, amorevole e costernata.
«Non è come
pensi, figlio mio. Devi solo accettare quello che ho in serbo per te, e
andrà tutto bene. Gli dèi saranno messi sul fatto compiuto, quando
diventerai uno di loro. Ma non posso dirti altro. Devi solo fidarti di
me.»
Ma il figlio
non si mostrava convinto, anzi: la collera prendeva colore sulle sue
guance e riduceva i suoi occhi a due strette fessure.
Esther gli
accarezzò la guancia con una mano e con l’altra gli porse il pugnale.
«Se non mi credi, pendilo. È tuo.»
***
***
La luna piena
fendeva il nero della notte con un biancore niveo e prepotente.
Niklaus
spalancò con forza la porta della capanna, tanto da romperla sul colpo.
«Cosa mi avete
fatto? Cosa mi avete fatto?» urlò in preda alla furia più dirompente,
afferrando le spalle della madre e scuotendole con veemenza.
«Per amore
degli dèi, calmati, Niklaus?»
«Calmarmi! Come
potrei? Prima il pugnale ed ora questo!» le diede una spinta che le
fece urtare la schiena alla parete.
«Non è come
credi, figlio mio. Gli spiriti mi hanno costretta a rimediare, ma non è
come sembra! Io non ti farei mai del male!»
«Voi… voi avete
distrutto ciò che mi rendeva invincibile! Come posso credervi?» Il
volto livido di chi si sente tradito.
«Non ho avuto
altra scelta. Ma devi credermi, figlio mio!» le lacrime che rigavano le
guance della strega, ora in ginocchio davanti al figlio.
Klaus afferrò
la madre per il collo per rimetterla in posizione eretta, poi con
la mano libera afferrò il pugnale che teneva legato alla cinta e a
denti stretti le domandò: «Questo pugnale… Questo pugnale è davvero in
grado di uccidermi?»
«Sì, è così. Ma
tu devi solo lasciare che le cose seguano il loro corso, Niklaus. Non
devi temere. E alla fine vedrai che non voglio fare altro che
proteggerti. Voglio solo proteggere i miei figli!»
«Fareste meglio
a proteggere voi stessa…» sussurrò diabolicamente e con lo
sguardo alienato, prima di conficcare il pugnale nel cuore della madre.
Qualche secondo
impietrito di fronte a quel corpo ormai privo di vita, e poi il vampiro
sparì nel nulla.
Una farfalla si
posò leggera sulla fronte della strega.
***
***
Su quella scogliera a strapiombo sul
mare, Klaus osservava il pugnale con occhi velati di lacrime
strabordanti di collera. Indugiò a lungo, come per imprimerlo nella
mente in ogni millimetro e poi, con un gesto violento, lo scaraventò in
mare, tanto lontano da farlo perdere nell'orizzonte.
***
***
Mentre Lily continuava il suo
percorso mentale, lo stato fisico di Damon continuava a peggiorare. Sul
suo volto era segnata la sofferenza che gli procurava ogni semplice
boccata d'aria, e cambiava continuamente la posizione del capo, come se
in quei rapidi intervalli di tempo vi fosse un debole ma necessario
attimo di tregua.
Summer, seduta accanto a lui,
continuava a rinfrescargli la fronte, sperando di donargli almeno un
po' di sollievo.
Il vampiro posò gli occhi sulla
strega e poi chiese: «Cosa pensi che stia vedendo?» come per distrarsi
dal suo dolore.
«Non saprei...» Summer affondò il
panno nel catino, lo strizzò e poi lo ripiegò con cura. «Ma immagino
che siano le classiche cose…» glielo passò piano sulla fronte, sostando
qualche secondo in più sulle tempie. «Lotte di potere, amore, gelosia,
vendetta...» E la sua voce, già pressata dalla gravità del momento,
celava un riferimento a tutto ciò che stava provando.
Damon scrutò attentamente il suo
volto, per poi chiederle: «E tu?»
«Io cosa?» fece lei di rimando.
Il vampiro ammorbidì il suo
sguardo, ma un velo di autocommiserazione ne oscurò la dolcezza. «Cosa
vedi?» specificò, con la voce intinta nell'amarezza della risposta che
lui stesso si sarebbe dato, un termine ignoto il cui significato
oscillava dal perdente al moribondo: tutto ciò che lui sentiva di
essere in quel preciso istante.
Summer riprese a bagnare il panno,
come per distogliere lo sguardo da quello di Damon e più in generale da
quella situazione: lui steso sul letto in fin di vita e Lily che
rischiava di perdere la sua al primo inconveniente. Ma, nonostante il
suo sforzo di eludere lo scenario, quell'immagine si palesò nella sua
mente anche peggio di come appariva nella realtà; e una voce dentro di
lei rispose alla domanda del vampiro, senza troppi giri di parole: “La
mia sconfitta”.
In quel momento, Damon e Lily in
bilico tra la vita e la morte rappresentavano la sua sconfitta, perché
se fosse riuscita ad uccidere Klaus, a portare a termine la missione
della sua vita, niente di tutto quello sarebbe mai accaduto.
Probabilmente sarebbe passata a miglior vita, ma le persone che più
amava al mondo sarebbero state al sicuro, e a lei non interessava
nient’altro che questo; ma sopprimendo quell’eco veritiera e spietata
che rimbombava nella sua testa, si sforzò di sorridere, replicando: «Un
vampiro che non si dovrebbe sforzare e che invece chiacchiera come se
fosse al bar!» col tono da ramanzina più dolce che potesse fare.
Ma Damon non badò alle sue parole,
domandandole: «Vuoi sapere cosa vedo io?» E nella sua voce vi era una
serietà contrita che fece sentire Summer improvvisamente gelida.
«Cosa?» mormorò, quasi spaventata.
Ma il vampiro si affrettò ad
annientare quel pathos artificiale, dicendole: «Un' infermierina
davvero molto sexy!»
Si era pentito quasi immediatamente
di quella domanda: non voleva mostrarle nulla del tormento che
corrodeva la sua autostima. Non voleva rivelarle quanto quella
situazione lo logorasse e lo facesse sentire debole. E fu felice di
cogliere al balzo quell'opportunità di tramutare tutto in ironia.
Summer non poté fare a meno di
sorridergli, sentendosi sommersa dalla tenerezza. «Fantasie erotiche
attualmente impraticabili a parte» articolò, continuando a fronteggiare
le goccioline di sudore che nascevano dai capelli del vampiro. «Farei
qualunque cosa per farti stare meglio...» E il suo sguardo si perse nel
vuoto, rapito da un senso d’impotenza che la faceva sentire smarrita
nel vortice degli scenari alternativi che si sarebbero sostituiti a
quella situazione, se solo avesse vinto contro Klaus.
«Be’, in effetti c'è una cosa che
potresti fare…» la voce di Damon suonava rauca e sfinita, ma conservava
la solita sfumatura ilare e fascinosa. «Potresti tenere questa frase a
mente per quando avrò la forza di approfittarne!»
E a Summer questa volta sfuggì un
inevitabile soffio di risata. «Ok, lo farò» ma subito annientato da
quel senso d’inadeguatezza che proprio non voleva abbandonarla. «Ma per
adesso puoi scegliere tra cuscini extra, altri panni inumiditi e acqua.
Perciò... cosa preferisci?»
«Scotch!» fu la risposta secca e
decisa del vampiro.
«Sono seria» ribadì lei, in una
sorta di lamentela ammantata di dolcezza.
«Io lo sono di più!»
«Damon...» E la voce di Summer che
si riduceva ad un bisbiglio caloroso, palesò il problema che si celava
dietro quella richiesta: non se la sentiva di lasciare la stanza; era
rischioso, o meglio, era un rischio che non valeva la pena di correre
per cose futili come l'alcol!
«Summer, sto tenendo la mano di
Lily come se la mia sorellina maggiore mi stesse accompagnando allo
scuolabus! Lo scotch è l'unica cosa che può aiutarmi!» Damon capiva la
sua riluttanza, perfettamente, ma non avrebbe rinunciato alla sua
richiesta: data la particolare circostanza, il suo bisogno d'alcol era
sincero, genuino e soprattutto lecito!
Così, sopraffatta dal desiderio di
farlo stare meglio, Summer disegnò un arco di amorevole sconfitta con
le sue iridi nocciola e si convinse. «Ci metto un secondo...» disse,
lasciando un chiaro “non mollare la presa!” tra le righe. Damon annuì e
lei si avviò rapida in salotto.
*** ***
«Una
cacciatrice è in assoluto il pasto più prelibato per un vampiro!»
asserì Klaus, con la bocca ancora sporca di sangue, mentre si sedeva su
un divano di velluto rosso e poggiava i piedi sul tavolinetto di fronte.
Elijah, seduto
su una poltrona alla sua destra, chiuse di colpo il libro che stava
leggendo e gli disse: «Parlate seriamente?»
«Ebbene, sì,
caro fratello! Sono finalmente riuscito ad uccidere quella dannata
spina nel mio fianco!» esclamò Klaus, compiacendosi, per poi continuare
subito dopo: «E non è tutto.»
Intanto Elijah
lo osservava incuriosito.
«Guardate un
po' con cosa voleva uccidermi...» Klaus gli porse un pugnale, che fino
a quel momento aveva tenuto dietro la schiena.
Il fratello
tolse quell'insolita guaina di legno e lo osservò attentamente. Era un
pugnale d'argento con, al centro dell'elsa, un fiore: un Fiore di Loto.
«Come fate ad
essere sicuro che sia proprio questo?» domandò scettico.
«Lo ricordo
bene, e poi... posso sentirlo. Quando lo tocco, sento il sangue
circolare in ogni millimetro della mia mano» il tono dell'ibrido era
corrotto da una perversa eccitazione.
«Come avranno
fatto loro a trovarlo?»
«Ciò che conta,
caro fratello... è che ora sia mio!» concluse, con soddisfazione,
ricordandosi di averlo sottratto alle gelide mani della cacciatrice che
aveva ucciso.
«Cosa è Vostro,
Niklaus? Se posso chiederlo...» domandò una giovane donna dai capelli
neri e gli occhi azzurri, entrata in quel momento nella stanza.
«Lucrezia! Che
piacevole coincidenza! Vi sarei venuto a cercare a breve» fece
l'ibrido, con entusiasmo.
«Serva vostra,
milord. Come posso esservi utile?» la donna si accomodò accanto a lui.
Klaus fece un
cenno col capo a Elijha, che subito capì di dover passare il pugnale
alla donna.
Appena Lucrezia
lo sfiorò, qualcosa le fece emettere un leggero gemito.
«L'avete
ritrovato!» esclamò stupefatta.
Klaus piegò il
busto in avanti per avvicinarsi a lei.
«E ora voglio
che venga distrutto...» sussurrò, guardandola con la solita aria
diabolica.
*** ***
La notte era
illuminata da un manto di stelle che si addensavano in fasci
luminescenti, segnando quasi un confine tra quelle più remote e sole.
Elijha, Klaus e Lucrezia si lasciavano il castello alle spalle, per
dirigersi in un'ala del giardino dove era stato preparato un focolare
ed un altare di pietra. Lucrezia, i lineamenti delicati, i grandi occhi
azzurri e i capelli neri, che raccolti in un’elaborata acconciatura le
ricadevano a piccoli ricci sul viso, posò il pugnale sull'altare di
pietra e sull'erba adiacente vi posò un Grimorio.
Si voltò verso
Klaus aspettando un chiaro segno di assenso, che arrivò subito dopo:
«Procedi pure, mia cara.»
La donna chiuse
gli occhi e, intonando una nenia di parole antiche, protese le mani
verso il pugnale, i palmi verso il basso, e poi li alzò come per
indicare le stelle. Il pugnale, avvolto da un bagliore luminescente di
un rosa pallido, si librò da quell'altare come per raggiungere
anch'esso le stelle. Il vestito blu dai ricami dorati della strega
ondeggiava come mosso da un forte vento, così come i capelli dei due
osservatori. Klaus ed Elijah tenevano il collo disteso per scrutare con
attenzione lo scenario.
Improvvisamente
il pugnale si illuminò per intero, tanto da lasciare intravedere solo
la sua forma; poi questa esplose in tre scie luminose che si dispersero
rapidamente in cielo.
Il vento si
diradò all'istante e Lucrezia si voltò verso Klaus: le mani ora posate
sull'addome, una sopra l'altra, in attesa di un suo cenno.
La bocca
dell'ibrido si distese in un sorrisetto di soddisfazione, e restò vari
secondi a guardare il manto stellato.
«I miei
complimenti, Lucrezia.»
«Confido nel
vostro onore, Niklaus.»
«Potete stare
serena, mia cara.» disse l'ibrido, avvicinandosi al Grimorio per
afferrarlo. «Vostra figlia godrà di un'immunità perenne. Per quanto
riguarda voi, invece, tutto dipenderà sempre e solo dalla vostra
condotta.»
«Credo di
avervi dato prova più che valida della mia fedeltà.»
Klaus sfogliò
il Grimorio con un sorrisetto diabolico impresso sul volto.
«Lo riconosco
ma, se permettete, questo lo terrò io. Adesso siete libera di andare,
mia cara. »
«Serva vostra,
milord.» Lucrezia fece un breve inchino e poi si avviò verso il
castello.
***
***
Summer sistemò un cuscino dietro la
sua schiena, per permettere al vampiro di bere il suo scotch, assumendo
una posizione più confortevole.
«Sai...» fece Damon dopo qualche
sorso, per poi ripassarle il bicchiere. «Quando ho acconsentito a
questa cosa non immaginavo che potesse essere tutto così patetico!» la
voce affannata e la mente stanca e confusa, mentre ripoggiava
pesantemente la schiena sui cuscini.
Lui agonizzante costretto a tenere
la mano di una strega antipatica! Che fine indegna, pensava.
«Ti prometto che nulla di tutto
questo finirà mai su facebook!» Summer cercò di ironizzare, nei limiti
della sua preoccupazione, ma questa si acuì maggiormente, quando il
vampiro perse nuovamente il colorito, diventando cera morbida.
«Damon…» sussurrò cercando di
riportare a sé quegli occhi che girovagavano per la stanza, confusi e
visibilmente alienati.
«Me lo merito. Merito di morire...»
la voce flebile del vampiro fece fermare il cuore di Summer, facendole
sentire una fitta di dolore al centro del petto.
«No… Damon…» continuò,
accarezzandogli la guancia, sperando che il vampiro riacquistasse
lucidità.
«Elena...»
E quel nome fece brillare di
lacrime gli occhi della cacciatrice, che però non pose fine al delicato
contatto. «No, Damon, sono io, Summer. Le tue sono solo allucinazioni.»
Ma la mente del vampiro era
altrove, precisamente nella notte in cui il morso di un licantropo
stava per strapparlo nuovamente alla vita.
«Me l'hai promesso... hai promesso
che lo dirai a Stefan» il suo pensiero era rivolto al fratello, a tutto
il rancore e le parole non dette che avevano allungato la loro
distanza, e che non avrebbe voluto portarsi all’altro mondo.
«Elena...» continuò, mentre altre
lame affilate attraversavano il petto di Summer che, poco dopo, si
arrese a quel crudele gioco del destino, sussurrandogli: «Lo farò. Ma
adesso cerca di riposare...»
E il vampiro chiuse gli occhi per
qualche minuto per poi riaprirli con forza: adesso vedeva Summer, la
sua mente era ancora annebbiata e disorientata, ma era lei, in quel
momento, l’indiscusso oggetto delle sue confuse confabulazioni.
«Sciogli i capelli…» le chiese,
mentre la cacciatrice ancora credeva che davanti ai suoi occhi
stazionasse l’immagine di Elena. «Li portavi sciolti la prima volta che
ti ho vista…»
E Summer, seppur convinta di non
essere lei la protagonista di quel racconto, piano si sciolse la
treccia per accontentarlo, facendo di tutto per trattenere le lacrime
che prendevano sempre più spazio nei suoi occhi.
Il vampiro si sforzò di prendere i
suoi capelli tra le dita.
«È un posto oscuro, quello in cui
sono finito. Non c'è nulla... neanche me stesso...» e ora la sua mente
era proiettata in quel luogo in cui era finita la sua anima, quando in
questo mondo non era altro che un corpo freddo tra le braccia di Summer.
«Damon...» sussurrò lei, con il
cuore che si sbriciolava ad ogni sua parola.
«Voglio portare il tuo ricordo con
me... Me lo concederanno un ricordo? Mi concederanno di portarti con
me?» la voce sempre più flebile, gli occhi sempre più assenti. E Summer
non poté più trattenere le lacrime; dolcemente gli disse: «Non
ritornerai lì, te lo assicuro. Puoi chiudere gli occhi, puoi riposare.
Li riaprirai... ed io sarò qui.»
E rassicurato da quelle parole, il
vampiro chiuse stancamente gli occhi e si addormentò.
***
***
Damon le
lasciava dei caldi baci sulla spalla e sulla schiena, godendo del
flebile suono dei suoi respiri affannati. Summer, con la punta delle
dita, sfiorava il suo avambraccio, creando linee immaginarie che
andavano e venivano. Dopo un po', passò la mano dietro l'orecchio, a
mo' di pettine, facendo roteare il gomito sulla testa, per liberare
quella parte di collo da ogni ciocca di capelli.
Damon colse
ogni istante di quel sensuale gesto, ma soprattutto notò il movimento
successivo con cui Summer gli diede il collo.
Con dei piccoli
baci a labbra dischiuse, il vampiro assaporò tutta la lunghezza del suo
collo e, una volta arrivato al lobo dell'orecchio lei, con voce
ansante, bisbigliò: «Non trattenerti...»
Damon spalancò
gli occhi e indugiò a lungo, poi mormorò: «Ad una condizione...»
sfilando il braccio su cui lei teneva poggiata la testa.
Il vampiro si
morse il polso e lo avvicinò alle labbra di Summer, poi lambì il suo
collo e face affondare i suoi canini anche lì…
*** ***
Lily sparse la
cenere sulla segatura e poi, con il Grimorio alla mano, pronunciò la
formula per la ricomposizione del pugnale.
Poco dopo, gli
oggetti si sollevarono di circa mezzo metro. Il sale bianco, con cui
aveva disegnato il cerchio, divenne improvvisamente di un rosa acceso
che illuminava di quel colore tutta l'area interna, come una colonna
luminescente che sbiadiva la sua luce in funzione dell'altezza.
La segatura e
la cenere si mescolarono, creando una sorta di mini-vortice che girava
intorno agli elementi. La Triluna si posizionò nel centro. Il serpente
prese vita, ma senza mutare il colore grigiastro dato dal materiale di
cui era fatto: l'argento; e, dopo svariate piroette, passò al centro
della Triluna, irrigidendosi e trasformandosi in una lama. La Triluna
si trasformò nell'elsa, e il Fiore di Loto si posizionò al centro di
essa. I sei petali centrali si illuminarono, diventando di un rosa
tenue e vagamente perlato; e il turbinio di segatura e cenere si
concentrò intorno alla lama, girando con una velocità crescente, fino a
stabilizzarsi e a trasformarsi definitivamente in una guaina rigida.
Piano, la luce
si affievolì fino a spegnersi e il pugnale si adagiò al suolo.
***
***
Prendendo una forte boccata d’aria,
il vampiro si svegliò di colpo.
Ci fu un attimo di chiaro
disorientamento sul suo volto, ma Summer capì che, rispetto a prima,
aveva riacquistato la lucidità; infatti poco dopo le chiese: «Cos'è
successo?» timoroso che durante la sua dipartita mentale fosse accaduto
qualcosa di grave.
«Ti sei addormentato, ma solo per
pochi minuti. Come ti senti?»
«Il bruciore mi sta dando una
tregua. Tu invece? Mi sembri scossa...»
Al vampiro non era sfuggito l’alone
di tristezza che stendeva un velo cupo sui suoi occhi; ed infatti
Summer non faceva altro che farsi schiacciare dal pensiero di Elena, ma
in quel frangente cercò di non darlo a vedere, e si concentrò sulla
seconda cosa che la metteva in tremenda agitazione; quindi si voltò
verso Lily per indirizzare verso di lei anche l’attenzione di Damon e
disse: «Inizio ad essere preoccupata, guarda le sue vene, ed è sempre
più pallida...»
E la cacciatrice si riferiva al
fatto che, intorno agli occhi dell’amica, vistosi capillari neri
vibravano colorando il sottile strato di pelle tra di essi di un viola
scuro traslucido. Lily era chiaramente allo stremo.
***
***
«E quindi Klaus
l'aveva messo in conto...» constatò Elena, fissando i corpi ingrigiti
di due vampiri.
«Già, e a
questo punto credo sia meglio proseguire, tornare indietro potrebbe
essere anche peggio!» suggerì Alaric.
Gli altri tre
annuirono e sembravano intenti a voltarsi verso l'auto per proseguire,
ma un ringhiare rabbioso catturò la loro attenzione.
Un manto grigio
reso splendente dalla luce della luna, occhi gialli e feroci, zanne in
vista ricoperte di bava.
Il lupo si
scagliò velocemente contro Damon, gettandolo a terra col proprio peso.
Gli altri restarono impietriti per un lungo attimo di smarrimento, poi
Elena prese una granata di strozzalupo dalla sua borsa e la lanciò ad
Alaric.
L'umano
l'afferrò, la disinnescò con velocità e la gettò sul lupo.
Nell'attimo
successivo all'esplosione, l'animale emise dei deboli guaiti di dolore,
accasciandosi di lato, e Damon ne approfittò per strappargli il cuore.
Ma ormai la
spalla del vampiro era segnata dai denti del mannaro.
«Damon!»
esclamò Elena, avvicinandosi rapida a lui e guardandolo con immediata
apprensione.
«Tranquilla, a
casa ho ancora del sangue. Dovrebbe bastare...» rispose il vampiro,
scostando leggermente il giubbotto di pelle, per valutare meglio
l'entità del danno. «Spero solo che non abbia una data di scadenza. Non
ho un altro fratello così pazzo da barattare sé stesso per salvarmi!»
*** ***
Damon afferrò
la bottiglietta, tenendo l'indice sul tappo e il pollice sulla base. La
capovolse e sorrise, quando vide che il sangue contenuto al suo interno
era ancora liquido. Una fitta di dolore lo investì, facendogli chiudere
gli occhi con rapidità e forza.
Summer
osservava la scena cercando di nascondere la sua ansia, poi disse:
«Qualcosa non va?»
Il vampiro fece
una smorfia e scosse la testa; poi aprì la boccetta e bevve una lunga
sorsata di sangue.
Un paio di
secondi dopo aver deglutito, la ferita si rimarginò fino a sparire.
«Voilà!»
esclamò, con un’espressione visibilmente sollevata
***
***
Il corpo di
Klaus giaceva nella neve, con visibili scariche elettriche rossastre
che non smettevano di torturare le membra del suo corpo; poi l’ibrido
raccolse le ultime energie per alzarsi.
«I miei
complimenti, cacciatrice, sei riuscita ad uccidere il lupo...» mormorò
con voce affannata dal dolore ed uno sguardo feroce.
Summer,
poggiata stancamente ad un albero, mentre le sue ferite sanguinavano
senza sosta, spalancò gli occhi dall’incredulità.
L'originario si
guardò intorno, poi si chinò per afferrare la guaina di legno adagiata
sulla neve.
«Ora lascia che
ti mostri quello che avresti dovuto fare... per uccidere il vampiro»
Prese la guaina e foderò la lama: i sei petali centrali del fiore di
loto si illuminarono all'istante. Summer deglutì forte e poi chiuse
stancamente gli occhi, aspettando la fine.
«Lascia che te
lo mostri sulla tua dannatissima pelle!» e in un attimo l’ibrido le si
scagliò addosso, ma quel colpo invece oltrepassò il cuore di Damon, che
velocemente si era fiondato su di lei per proteggerla, chiudendo poi
gli occhi tra le sue braccia…
***
***
Il corpo di Lily iniziò a vibrare
vistosamente, mettendo in agitazione gli altri due. Summer si affrettò
a stringere tra le proprie mani quelle della strega e del vampiro, per
evitare che quel tremore potesse rompere il loro contatto.
«Lily! Lily svegliati! Ti prego!»
la incitò la cacciatrice, in un crescendo di tensione e scuotendo
quelle mani serrate. E dopo una manciata di secondi, che a Summer
sembrarono interminabili, la strega riacquistò il suo aspetto, sebbene
risultasse ancora estremamente pallida.
Fece qualche respiro profondo,
mentre piano faceva capire alla cacciatrice di poter lasciare la presa
sulle sue mani; poi si massaggiò le tempie, tenendo gli occhi chiusi,
nel tentativo di riprendere aderenza col presente.
«Lily! Stai bene? Come ti senti?»
Summer controllò la sua voce per paura di peggiorare l’evidente mal di
testa della strega, la quale si limitò ad annuire.
Lily prese un attimo di
raccoglimento, come per assemblare ricordi, pensieri e teorie, poi capì
di dover tranquillizzare i due che la osservavano come se il tempo si
fosse fermato. «Tranquilli, sto bene, ma...» si alzò fiaccamente e poi,
rivolgendosi esclusivamente a Summer, disse: «Dobbiamo parlare!»
Si avviò verso il corridoio, senza
degnare Damon di uno sguardo, e Summer la raggiunse pochi attimi dopo,
chiudendo la porta della camera alle sue spalle.
«Se mi hai portata in disparte per
dirmi che sta morendo, risparmiatelo! Non lo permetterò! Farò qualunque
cosa! Anche da agnello sacrificale se può servire! Ma dimmi che c’è una
soluzione…» nel suo tono un crescendo di disperazione, che poi sfociò
in una supplica sussurrata a labbra tremanti. «Ti prego…»
«Summer, calmati!» Lily poggiò
dolcemente le mani sulle sue spalle per rincuorarla. «Damon non sta
morendo. Al contrario: la sua energia vitale continua a crescere in
modo esponenziale!»
La cacciatrice tirò un sonoro
respiro di sollievo, ma quei polmoni liberi vennero subito schiacciati
da un repentino senso di colpa. «Allora... cos'ha? Perché mi hai
portata qui? Lily parlami! Se è stata colpa mia, devi dirmelo!»
Sul volto di Lily comparve
un’espressione interrogativa. «Perché dovrebbe essere colpa tua?»
«È il mio sangue che ha
rigettato... Io...» A Summer le parole uscivano con la difficoltà di
chi vive il timore di aver fatto un grosso, irreparabile, errore.
«Gliel'ho fatto bere poco prima che tu tornassi. E se prima stava
male... be’... il mio sangue ha peggiorato ogni cosa. È questo che
senti il bisogno di dirmi in disparte, non è vero?»
«Il tuo sangue...» mormorò la
strega, ripercorrendo le immagini che aveva visto, fino ad un punto ben
preciso. «Gliel'hai fatto bere anche prima del mio arrivo da New York,
dico bene?»
«Sì...»
«Be’... allora sento di poter
affermare con certezza che gli hai salvato la vita, Summer. Se non
avesse avuto anche il tuo sangue in circolo oltre a quello di Klaus,
quando è stato pugnalato, non ho dubbi, Damon sarebbe morto.»
Interruppe il rassicurante contatto
che aveva concesso all’amica, perché gesticolare con le mani l’avrebbe
aiutata a comporre il complesso puzzle delle scene viste nel suo lungo
percorso mentale. «Ascolta, ho un’infinità di informazioni da elaborare
al momento, ma di una cosa sono certa: la Strega Originaria era la
madre di Klaus, e ha dovuto creare il pugnale per pareggiare i conti
con la natura. Ma era pur sempre sua madre…»
«E quindi?»
«E quindi adesso finalmente mi
spiego perché il sangue delle cacciatrici risulti tanto appetibile per
i vampiri. È stata lei a renderlo così! La strega originaria voleva
assicurarsi che Klaus avesse in circolo il sangue della cacciatrice,
nel caso questa fosse riuscita ad ucciderlo con il pugnale. Si è basata
su un principio molto semplice: il sangue della vittima che trasforma
un essere umano in un essere sovrannaturale è l'unico che può avere
effetto sulla natura di quell'essere. È per questo che la natura
prevede un doppelganger: la vita di queste vittime viene legata per
tutti i secoli a venire all'essere per cui sono stati sacrificati,
soprattutto se sono morti per dare loro l'immortalità. Prendi Elena, è
stato il suo sangue a liberare la parte licantropa di Klaus. Capisci?
La Strega Originaria ha trovato una scappatoia: un modo per ingannare
la natura. Ha usato il sangue della prima doppelganger per creare la
stirpe delle cacciatrici, in modo che questa proprietà si estendesse a
tutte le potenziali. Tutto questo per dare una seconda chance a Klaus,
e anche al resto dei suoi figli. A questo punto sono anche convinta che
sia stato proprio il sangue di Damon a guarirti. Non so bene cosa gli
stia accadendo, ma il suo corpo è pieno di un'energia primordiale così
pura... che in questo momento il suo sangue potrebbe compiere qualsiasi
miracolo! Non mi sorprende che abbia avuto effetto anche su di te.»
«Ma quindi... se Damon non sta
morendo...» rispose la cacciatrice, sentendosi solo parzialmente
rincuorata. «Perché sta così male?»
«E questo è ciò che sento il
bisogno di dirti in disparte. Summer, credo che il dolore sia dovuto
appunto a questa... fase di transizione.»
«Transizione per diventare cosa?»
«Mi spiace, ma non ne ho idea. La
sua energia è diversa da quella di ogni essere che abbia mai
incontrato. Esseri umani, vampiri, licantropi, streghe, potenziali
cacciatrici, ogni creatura ha un'energia unica dentro di sé ma simile a
quella degli altri membri della sua specie. Ciò che avverto in Damon
invece è semplicemente... unico! Quindi non so... non so cosa dobbiamo
aspettarci.» Interruppe brevemente il suo discorso perché comprendeva
l’angoscia della sua amica; quindi cercò di addolcire al massimo i suoi
toni per quella demoralizzante fase conclusiva. «Quello che so… è che
sarà una lunga notte per lui e tu... puoi solo stargli accanto e...
cercare un modo per dirglielo...»
Le labbra di Summer si mossero in
un mezzo sorriso abortito all'istante.
«Damon ha già ascoltato ogni
cosa...»
«Mi dispiace, ma considerando che
l'alternativa era la morte... qualsiasi cosa diventerà, qualunque cosa
avesse in mente la strega originaria per Klaus... dubito sarà poi così
terribile.»
«Come puoi dire questo? Quella
donna ha trasformato i suoi figli in vampiri.»
«Sì, è vero. Ma, nonostante tutto,
lo ha fatto solo per proteggerli...»
Ora vado a scrivere sul mio diario
tutto ciò che ho visto. Non voglio rischiare di dimenticare nulla. Ci
sono ancora tante cose su cui devo riflettere...»
*** ***
Quando Summer entrò nella stanza,
trovò Damon ancora steso sul letto, ma con la schiena sollevata dai
gomiti. Si sedette con il busto roteato verso di lui che, sforzandosi
ancora, si mise a sedere, poggiandosi leggermente allo schienale e
portando i gomiti sulle ginocchia piegate. «Le credi davvero? Credi
davvero che non stia per morire?» fece con aria scettica, confermandole
che non gli fosse sfuggita neanche una virgola di quel discorso
incentrato su di lui.
«Lily non mi avrebbe mai dato
questa speranza se non ne fosse stata assolutamente sicura.»
«E quindi...» il vampiro le dedicò
uno sguardo che addensava, in pochi secondi, tutta la loro,
incredibile, intesa. «Siamo fatti per salvarci a vicenda...»
Lei gli sorrise dolcemente, quasi
imbarazzata. «A quanto pare, sì...»
E negli occhi Damon aveva una luce
che rifletteva lo stesso amore che lei gli trasmetteva senza
riserve.
«Be’ spero solo che il mio corpo
non cambi... addominali del genere non si trovano facilmente in natura,
per non parlare dei miei occhi!» e quel cambio ti tono fu necessario
per sciogliere la densità di quel momento.
«Ebbene, sì. Il mondo dei vampiri
sta per perdere il suo più bel rappresentante!» rispose lei
prontamente, passando delicatamente le dita sulla sua guancia.
E visto che Summer gli aveva
servito l’auto-contemplazione su di un piatto d’argento, Damon rispose:
«Parole tue…» come se quella fosse stata una conclusione oggettiva e
unanime, di cui lui, umilmente, non si sarebbe mai vantato! Ma nel
frattempo il suo volto si era piegato leggermente, come per affondare
nelle carezze di Summer. «Un tempo odiavi coccolarmi... Dicesti anche
che non l'avresti mai fatto. Cos'è cambiato?»
Summer muoveva le sue dita come se
fosse stata prigioniera di un incanto. «Mi hai dimostrato che te le
meriti... E poi...» Poi sembrò svegliarsi all’improvviso, consapevole
che la realtà era un posto scomodo per chi come lei viveva all’ombra di
un altro cuore; quindi pose fine a quel delicato contatto, suscitando
la repentina curiosità del vampiro che le domandò: «E poi?» come per
impedirle di scappare dai sui stessi stati d’animo. «Se hai
qualcosa da dirmi... dovresti farlo adesso» perseverò, cercando di
attirare nuovamente lo sguardo di Summer, su cui si era palesato con
forza il disagio.
«Nulla d'importante!» fece lei,
divincolandosi verbalmente. Ma il vampiro sembrava più determinato che
mai a sciogliere l’ingarbugliata matassa dei loro sentimenti.
Nonostante le rassicurazioni di Lily, Damon sentiva che non ci sarebbe
stata un’altra occasione per mettere a nudo le loro emozioni.
Non voleva fare affidamento su di
un domani incerto, in cui sarebbe stato un chissà cosa unico nella sua
specie; e soprattutto non voleva più vivere oscillando sul sottile filo
delle incertezze affettive!
«I tuoi occhi mi dicono il
contrario» continuò quindi con insistenza, mettendola sempre più alle
strette, e soprattutto ignaro di aver nominato “Elena” poco prima,
spezzandole per l’ennesima volta il cuore.
E Summer si sentì quasi sotto
attacco, tanto da sentire il bisogno di innalzare il suo fedele scudo
di negazione e ironia. «L'unica cosa che possono dire i miei occhi è
che non dormo da troppe ore!»
«Summer!» ma il tono serio di Damon
e soprattutto il suo sguardo risoluto e perforante, riuscirono ad
intrappolare la cacciatrice in quello che presto sarebbe diventato uno
spietato sprazzo di realtà. «Lily potrebbe anche avere ragione. Domani
potrei aprire gli occhi e magari avere anche lo stesso corpo… ma potrei
non essere più la persona che conosci. E se così non fosse, sarebbe
solo questione di tempo. La natura di vampiro ha divorato tutto ciò che
ero da umano senza darmi il tempo di mettere via nulla. E la stessa
cosa sta per succedere adesso e non ha nessun senso negarcelo! Tutto
quello che mi sta accadendo… non porterà a nulla di buono…»
E Summer si sentì nuda e
vulnerabile di fronte a quella prospettiva di inevitabile dolore, e
invano cercò ancora di difendersi: «No... No! Questo non devi dirlo
neanche...»
Ma Damon sembrava non volerle
concedere nessuna via di fuga. «È la verità e la conosci bene!
Perciò... se hai qualcosa da dirmi, Summer. Fallo adesso!»
«No... No. Devi smetterla di dirlo
e anche solo di pensarlo... noi…» eppure la cacciatrice continuava a
difendersi, eludendo il suo sguardo e rifugiandosi in una sua personale
realtà. «Noi abbiamo tempo. Tempo per parlarci e… per litigare come
facciamo sempre. E questo perché andrà tutto bene. Vedrai...»
Così Damon sussurrò il suo nome con
una dolcezza che sgretolò una volta per tutte le sue barriere difensive
«Summer...»; e vide il suo labbro inferiore tremare, mentre gli occhi
le si riempivano di lacrime.
«No...no... non sarebbe giusto...»
mormorò, sentendosi schiacciata dal peso della lucidità.
E a Damon gli si strinse il cuore e
quasi si pentì di essere stato così pressante; quindi cercò di
alleggerire nuovamente i toni, dicendo: «Sul serio? Vogliamo confidare
nella giustizia divina? Io l’ho sempre immaginata come una donna
frigida e moralista e per ovvie ragioni non sono mai stato ben voluto
dalle donne frigide e moraliste. Ho fatto cose orribili, Summer…» prese
il suo piccolo volto tra le mani e lo accarezzò. «Gli happy ending non
fanno parte del mio destino. Ma forse, se per un attimo la smettiamo di
pensare a ciò che accadrà domani, possiamo fare finta che questo
momento lo sia…» altre carezze, piene ma incredibilmente delicate. «Il
nostro lieto fine…»
«No…» e una lacrima scese lenta
sulla guancia di Summer, che però continuò a trovarsi in palese
disappunto. Quindi afferrò delicatamente i suoi polsi e pose fine alle
sue carezze, per alzarsi e avvicinarsi alla finestra. «Non mi
convincerai… Non voglio parlarti come se tutto debba finire stanotte. E
questo perché… quello che ti è successo è tutta colpa mia, ed io farò
qualunque cosa per rimediare!» Si asciugò rapidamente quelle lacrime
traditrici.
«Summer…» ricominciò il vampiro,
ormai più sfinito dalla sua testardaggine che dal dolore incessante.
«Nulla di ciò che è successo è colpa tua. E poi Lily è stata chiara. Se
non ti fossi fidata di me, se non mi avessi fatto bere il tuo sangue...
adesso non sarei altro che un corpo rinsecchito in mezzo al bosco! Mi
hai salvato la vita. E qualunque cosa accadrà adesso, tu non hai nulla
da rimproverarti, perché io avrei trovato altri mille modi per mettermi
tra te e Klaus. E né tu, con la tua mania di spezzarmi il collo, né
lui, né nessun altro avrebbe potuto impedirmelo! Pensavo di essere
stato chiaro su questo!»
«Lo so…» si voltò nuovamente verso
di lui. «Sei testardo e incosciente. Ormai ti conosco bene…»
«Sul serio? Pensi davvero che sia
stato solo il mio temperamento a mettermi tra te e Klaus? Mi sembra un
po’ riduttivo… Non trovi?» ribadì, quasi prendendola in giro.
«Lo so… lo so che non mi avresti
mai lasciata sola. E lo stesso vale per me.» Summer ritornò rapidamente
accanto a lui, questa volta sedendosi su una gamba ripiegata, per poter
stare faccia a faccia col vampiro. «Ed è appunto per questo che devi
credermi e soprattutto devi fidarti di me. Perché se ciò che temi
dovesse rivelarsi vero, se domani tu dovessi svegliarti e non sentirti
più te stesso, io farò qualunque cosa per farti ritornare esattamente
ciò che sei adesso. È una promessa, Damon. Io… non permetterò a niente
e nessuno di cambiare ciò che sei! E poi…» E poi finalmente Summer
metabolizzò quel “secondo posto” che la spaventava tanto e, a
differenza di ciò che aveva sempre creduto, non si era mai sentita
tanto forte. «Quando tutto sarà finito… farò tutto ciò che un'amica può
fare per dimostrare ad Elena che meriti il suo amore, tanto quanto
Stefan. Poi sarà libera di scegliere ma, almeno per una volta, una sola
volta, dovrà vederti per come sei realmente, tutto il buono di cui sei
capace, al di là dei tuoi colpi di testa da vampiro impulsivo e
testardo. Dovrà vederti con i miei occhi…»
E alla fine era caduta nella
trappola del vampiro. I suoi sentimenti bloccati sul fondale da
un’ancora di paura e insicurezza, ora galleggiavano finalmente su acque
cristalline.
«Perché mai dovresti fare una cosa
del genere?» sussurrò Damon, sorpreso dalla strana piega che aveva
preso il suo discorso. Con gli occhi spalancati dallo stupore, quasi
gli mancò il respiro, quando realizzò che lei lo amava anche più di
quanto sperasse.
E Summer, raccogliendo tutte le
forze che aveva per sostenere il suo sguardo, piano rispose: «Perché
qualcosa mi dice che amarti mi farà meno male, se saprò che sei felice…
Perché io ti amo, Damon.» poi non ce la fece più e guardò di lato. «A
questo punto pensavo l’avessi capito!» concluse con dolorosa
autoironia, lasciandosi sfuggire anche un rapidissimo soffio di risata,
e mentre gli occhi cercavano di stazionarsi sulla porta, un po’ per non
riaffrontare quelli del vampiro, un po’ per stabilire una via di fuga
da quel momento.
E Damon, ancora incredulo e
travolto dalla forza di quell’amore assoluto, schiuse le labbra, ma poi
gli ci vollero dei secondi extra per riuscire a parlare: «Ci vuole una
considerevole dose di pazzia per stare accanto ad una persona
innamorata di un'altra e offrirsi addirittura di fare da cupido...»
«Lo so…» Summer annuì, ancora senza
incrociare il suo sguardo. La voglia di scappare lontano…
Il volto del vampiro si sciolse di
dolcezza. La sua anima aveva finalmente trovato la pace, e adesso non
doveva fare altro che condividerla con lei.
«Quello che a quanto pare non sai,
è che io voglio stare con te. A questo punto pensavo l’avessi capito.»
confessò parafrasandola. Perché avevano vissuto le stesse, stupide,
paure.
E quando quelle parole fecero
voltare Summer per incrociare nuovamente gli occhi del vampiro, i due
si scambiarono un sorriso di liberazione e complicità, che scaraventò
via l’enorme macigno che entrambi portavano sul petto. Poi lui prese il
suo volto tra le mani e la baciò come se fosse stata una necessaria
boccata d’ossigeno dopo una lunga apnea.
«Ti amo, Summer. Ti amo anch’io»
continuò Damon, con la fronte poggiata sulla sua e le dita che ancora
le accarezzavano il collo, perdendosi nei capelli.
Poi si baciarono ancora e Damon si
stese sul letto, portandola con sé con la mano che aveva messo dietro
la sua schiena.
«Ne sei sicuro?» domandò Summer
che, stesa accanto a lui, gli accarezzava delicatamente una guancia.
Nella sua voce una sfumatura infantile d'incredulità e stupore.
«Transizione e dolore infernale a
parte, credo di essere ancora nel pieno delle mie facoltà mentali.
Quindi sì. Ne sono sicuro.»
Il vampiro le sorrise, continuando
ad accarezzarle la schiena. «Avrei dovuto dirtelo prima… mi spiace… »
Soltanto adesso si rendeva conto di quanto dolore le avesse procurato
con i suoi silenzi.
«É tutto ok…» ma il volto di Summer
si illuminò della felicità più pura, facendogli capire che tutto il
male era stato spazzato via di colpo. «Avrai tutte le occasioni che
vuoi per ripetermelo…» perché adesso l’imperativo era aggrapparsi con
le unghie a quell’istante, facendo finta che poi nulla sarebbe
cambiato...
Ora la cosa importante era stare
stesi insieme su quel letto, dove niente avrebbe potuto disturbare la
loro felicità, neanche il dolore fisico che provava Damon: era vivo e
loro due si amavo.
Ritagliato nel tempo e nello
spazio, quello era il loro Happy Ending…
If
I lay here
If
I just lay here
Would you lie with
me and just forget the world?
*Il simbolo in questione è la stella dell’Eire
** La salvia
Divinorum contiene una potente sostanza psicoattiva
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