The wife and the bride

di HeartBreath
(/viewuser.php?uid=123390)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Hi there!
Sono HeartBreath e questa è una delle rare occasioni in cui mi dedico a racconti brevi e coppie etero. Please be kind.
Adesso dovrei dire cose banali come "Anne with an E è una delle serie più belle che abbia mai visto" e "Amo follemente Gilbert Blythe", ma invece... ops l'ho appena fatto.
A questo punto credo di potermi ritirare da questa imbarazzante introduzione e lasciare che sia il mio lavoro a parlare per me.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa questo fandom del mio primo tentativo! Lasciatemi una recensione se vi va :D

V




 















La moglie e la sposa




Anna non avrebbe mai ammesso, arrivata a quel punto, di sentirsi completamente inadatta al ruolo che avrebbe ricoperto.
L’acconciatura studiata da Marilla le allungava il collo magro più di quanto non fosse necessario, nel bouquet avevano insistito per infilare fiori rosa – e chi ha i capelli rossi non dovrebbe mai indossare il rosa. E il vestito – oh, il vestito. Così bello appeso alla finestra, col velo che filtrava la perfetta luce di quella mattina. Spettacolare, raffinato, candido, abbagliante, pregiato.
Quel vestito le stava così male.
Quando Diana annunciò con un sonoro “Et voilà!” la conclusione del suo lavoro, Anna non aveva più scuse: si alzò dalla toletta e andò a guardarsi allo specchio.
Si sforzò di sorridere, concentrandosi sul fatto che il maquillage fatto da Diana fosse davvero formidabile. Ma non bastava un bel rossetto per sistemare quel disastro.
Tutto quel bianco – del vestito, della sua carnagione – faceva risaltare ancora di più la gigantesca zucca matura che sembrava la sua testa.
Avere la libertà di scegliere un abito era già di per sé un’immensa gioia che non capitava spesso, quindi va da sé che scegliere l’abito da sposa fosse stato un sogno per Anna. Era esattamente come lo voleva, era perfetto.
Incredibile che qualcosa di tanto perfetto addosso a lei potesse diventare orribile. Sapeva di essere brutta, ma neanche la sua immaginazione era arrivata a concepire che avesse un potere simile.
Marilla si portò le mani alla bocca, commossa. “Sei bellissima.”
Sono uno spaventapasseri.
“Concordo, sei la più bella delle spose” diceva Diana, mentre era intenta a stendere il retro della lunga gonna bianca.
Nel riflesso, dietro la propria immagine, Anna incrociò la sua figura, che sfoggiava un abito rosa nuovo di zecca. Glielo aveva portato suo marito da Parigi.
A Diana, neanche a dirlo, il rosa stava divinamente. Diana non aveva la faccia piena di lentiggini che neanche il trucco potevano coprire, e poteva tenere i capelli raccolti senza sembrare una giraffa.
Una volta, tanti anni addietro, Anna aveva detto che avere un’amica di bell’aspetto era un po’ come essere belli a propria volta. Ma quella mattina, quella luce riflessa aveva lasciato il posto ad una profonda invidia nei confronti della sua migliore amica, impeccabile in ogni occasione.
“Siamo fortunate” aggiunse Diana. “Abbiamo fatto appena in tempo a laurearci, prima che le nostre vite vengano stravolte. Ad ognuno a modo proprio.”
Marilla, adesso che era stato tirato fuori l’argomento, colse al volo l’occasione per esprimere la sua consueta apprensione: “Cara, sei sicura di non volerti sedere?”
Lei scosse la testa con un sorriso. “Sono solo al secondo mese, signorina Cuthbert. Sto bene.”
“Ad essere onesti, prevedo che la mia vita sarà sconvolta più dalla prospettiva di insegnare in una scuola, che di sposarmi” intervenne Anna. “Insomma, dovrò ispirare delle giovani menti: non è un lavoro facile.”
Non era la prima volta che si ritrovavano a fare un discorso del genere. Diana era la più cara amica che lei avesse mai avuto e non avrebbe poto chiedere di meglio, ma sulla vita di coppia non avevano certo le stesse idee.
Anna aveva sempre temuto di non essere adatta al ruolo di moglie, ma quel giorno pensava addirittura di non essere adatta al ruolo di sposa. Aveva l’opprimente impressione di essere fuori posto. Come se quello fosse il matrimonio in cui qualcun altro si sarebbe sentito a proprio agio, la monetina che qualcun altro si sarebbe dovuto infilare nella scarpa.
Lo sposo che qualcun altro avrebbe meritato.
Quei pensieri non facevano che stringere la morsa del corsetto che indossava.
“Devo prendere un po’ d’aria” disse d’un tratto, sforzandosi di inspirare ed espirare come avrebbe fatto una persona perfettamente calma.
Marilla e Diana si scambiarono un’occhiata nervosa.
“Vengo con te” propose la damigella d’onore.
Anna pose la distanza di un braccio tra loro. “Non c’è bisogno, Diana. Vorrei stare sola.”
“Ma qualcuno potrebbe vederti” ribatté Marilla scattando in piedi. “La chiesa è dietro l’angolo, se passasse lui e ti vedesse?”
La chiesa è dietro l’angolo, ripeté Anna nella sua testa.
Ma quello che disse fu un frettoloso “Non accadrà”, mentre prendeva la porta.
I corsi della Queens si erano conclusi una settimana fa, ma in via del tutto eccezionale era stato permesso ad Anna di restare ancora qualche giorno nel dormitorio femminile, per prepararsi al meglio in quell’importante giornata. Un gesto molto cortese, che adesso le permetteva di arrivare in chiesa a piedi.
A quell’ora del mattino, lontano dalla zona commerciale di Charlottown, non c’era una gran folla a passeggio. Ma le poche persone che si ritrovarono davanti una ragazza, che sembrava a tutti gli effetti una sposa in fuga, non poterono contenere lo stupore. Lei ignorò gli sguardi e corse dritta alla sua meta.
Sul retro della chiesa, accanto all’ingresso di servizio, adocchiò Gilbert e Bash che chiacchieravano. Rilassati, allegri, vestiti eleganti.
Lui era lì, spalla contro il muro come fosse un giorno qualunque. Le dava la schiena, così Anna pensò di non annunciarsi e, piuttosto, di avvicinarsi in punta di piedi.
Sebastian si accorse subito di lei, ma la ragazza si portò un indice alle labbra per chiedergli di fare silenzio.
Il problema venne quando Delphine, in braccio al padre, la vide. Il suo piccolo volto si accese di meraviglia.
Allora, prima che la bambina potesse tradirla, violò quegli ultimi passi che la separavano da Gilbert e gli gettò le mani al viso per coprirgli gli occhi.
Il ragazzo si irrigidì per la sorpresa, ma solo per una frazione di secondo, dopodiché lo sentì rilassarsi sotto le sue dita e ridacchiare.
“Cole, te l’ho già detto: sto per sposarmi, non possiamo più incontrarci così.”
Anna rise, insieme a Bash naturalmente. “Molto divertente.”
“Anna è una principessa!” urlò Delphine.
“Potresti lasciarci soli un momento?” chiese lei a Sebastian.
“Non farti mangiare vivo, Blythe” fu tutto ciò che l’uomo disse in risposta, prima di andare per la sua strada assieme a Delphine.
Gilbert si infilò le mani in tasca, come a rassegnarsi al fatto che avrebbe avuto gli occhi coperti d’ora in avanti. “Posso chiederti cosa stai facendo?”
Aveva sempre un modo unico di farle domande, a metà tra il terrore e una trascinante curiosità.
“Ti impedisco di vedere la sposa prima del matrimonio”. E lei aveva sempre lo stesso modo di rispondere, rimarcando l’ovvio nel dare la spiegazione più folle possibile.
“E per farlo non sarebbe stato sufficiente restare lontana da dove mi trovo?”
Mentre parlava, Gilbert prese delicatamente una delle sue mani e se la portò alle labbra come fosse la cosa più naturale del mondo, come se lo facesse da sempre. Eppure non l’aveva mai fatto, non era mai stato libero di farlo: da quando era tornato da Toronto, a malapena gli avevano permesso di incontrarsi.
Era tutto più facile quando erano bambini ed erano autorizzati a restare soli in tranquillità, non dovevano neanche chiederlo. Avevano frequentato la stessa scuola, lavorato alla redazione del giornale, Anna aveva gironzolato in casa Blythe per mesi per occuparsi della figlia di Bash. Eppure, appena era uscita fuori la parola “nozze”, d’un tratto vedersi senza chaperon era sconveniente.
In effetti, quello era il primo angolo di intimità che si concedevano da quando Gilbert era tornato da Toronto. I piccoli e delicati baci che lasciava sul polso di Anna, le fecero desiderare che la giornata fosse già finita. Viva gli sposi, grazie per i regali, tutti a casa.
“Anna?” sospirò Gilbert contro la sua mano.
“Hm?”
“Mi stavi per dire perché mi hai preso alle spalle” le ricordò.
Si era distratta. Le capitava ancora a volte, ma erano episodi sempre più brevi. Insomma, non rischiava più di bruciare una torta mentre sognava ad occhi aperti.
“Ho bisogno di chiederti una cosa”. Gilbert le lasciò la mano e lei, senza pensarci, la posò di nuovo sul suo occhio chiuso. “Perché vuoi sposare me?”
Il suo fidanzato reagì con una buffa risatina, capace di irritarla. “Mi stai davvero facendo questa domanda?”
“Rispondi, per favore.”
Il suo corpo slanciato fu scrollato da un sospiro. “Perché sono innamorato di te, Carotina.”
Quel nome fece tornare Anna indietro con la mente, al giorno in cui Gilbert le strattonò una treccia per ottenere la sua attenzione e lei gli frantumò la lavagnetta sulla testa.
Nonostante fossero passati otto anni, si sentiva ancora la ragazza che avrebbe sfogato il proprio sdegno, senza pensarci due volte, contro la prepotenza di qualcuno. Una reazione che non si addiceva affatto ad una signora. Ma lei non era una signora, era solo un’orfana ossuta e sgraziata che doveva indossare un corsetto fingendo di essere come tutte le altre.
“Ad una moglie si richiede molto di più che essere amabile” obiettò. “Non passa giorno senza che io faccia qualcosa che meriti un’alzata di occhi delle rispettabili signore di Avonlea. Sono impulsiva, logorroica, inopportuna, per non dire una cuoca appena passabile.”
Gilbert attese in silenzio un secondo o due. “Hai finito?”
Anna ne faceva spesso di discorsi deliranti, e altrettanto spesso lui non era d’accordo con ciò che diceva. Eppure, non la interrompeva mai. Piuttosto lasciava passare quel secondo o due, assumendo l’espressione divertita e vagamente accigliata che Anna sapeva che aveva addosso in quel momento, anche senza guardarlo in faccia.
“E questo vestito mi sta malissimo.”
“Dovrei vederlo per poter commentare questo…”
“Porta sfortuna” disse Anna, ma in realtà la paura che covava era che, vedendola, Gilbert non volesse più sposarla.
“D’accordo” sospirò lui. “Ma una cosa posso dirtela: sei la persona più brillante, coraggiosa ed eccentrica che abbia mai incontrato.”
“Eccentrica…” ripeté Anna in uno sbuffo.
“Anna, non sono qui per portarmi a casa una massaia o un trofeo da sfoggiare” disse d’un tratto Gilbert, con tono quasi aggressivo nella sua sincerità. “E non ho bisogno che tu ti conformi a qualche modello imposto da chissà chi. Da quando ti conosco non ti sei mai conformata a nulla.”
Quest’ultima frase – quante volte l’aveva udita. E quanto suonava diversa, se intesa come complimento, invece che come il fallimento degli sforzi fatti in nome dell’integrazione sociale.
“E… a te questo piace?”
Le guance sotto i suoi palmi si stirarono in un sorriso. “Infinitamente. Ogni volta che fai qualcosa di avventato, tutto ciò che desidero è unirmi a te nella tua avventura. Tu rendi la mia vita interessante, Anna Shirley Cuthbert. Per rispondere alla tua domanda, è per questo che voglio sposarti.”
Si sciolse come burro al sole. Lasciò andare il viso del suo fidanzato e insinuò le braccia sotto le sue, per avvolgergli i fianchi.
Accostò la fronte alla sua spalla e inspirò con gioia l’odore di bucato e sole primaverile che lui emanava.
Un compagno d’avventure. Oggi avrebbe guadagnato un compagno d’avventure, come aveva sempre sognato. Un partner. Un suo pari.
D’un tratto realizzò che, se in tutti quegli anni aveva sempre creduto di non essere adatta a fare la moglie, forse era perché non credeva potesse esistere un uomo come Gilbert Blythe. Un uomo che facesse la proposta a lei prima di parlare con Matthew e Marilla, che le volesse bene per la sua grinta invece che nonostante essa, che non si sentisse minacciato dalla sua linguaccia.
Il suo promesso sposo abbassò il capo. “Quanta sfortuna porta vedere le maniche dell’abito da sposa?”
Anna rise. “Mi sento così ridicola in quest’abito” mormorò poi. “Mi guardo e ripenso a quando Minnie May, la sorellina di Diana, si provava i suoi vestiti per gioco.”
Di risposta Gilbert le carezzò le braccia, in un altro gesto spontaneo e senza precedenti. “Cos’è esattamente che non ti piace nel vestito?”
“Il vestito è bellissimo, sono io che non vado bene.”
“E perché?”
“Perché ho la testa grossa e questa acconciatura che mi ha fatto Marilla me la fa ancora più grossa. Non ci sta affatto bene.”
Uno, due, tre secondi di silenzio.
“Qualcos’altro?” chiese il ragazzo, come se stesse annotando tutto in una lista.
“Hanno messo fiori rosa nel bouquet… e a me non piace il rosa.”
Uno, due.
“D’accordo, ti faccio una proposta” disse Gilbert, catturando la sua curiosità abbastanza da farle sciogliere la stretta sui suoi fianchi. “Adesso tu torni in camera e spieghi a Marilla che apprezzi il suo aiuto, ma con quell’acconciatura non ti senti a tuo agio. Al resto ci penso io.”
Anna esitò. “E come?”
“Ti fidi di me?”
Era una domanda facile, considerando che stava per legarglisi a vita. Infatti Gilbert non doveva attendere una risposta: la conosceva già. Fece per andarsene, poi si bloccò di nuovo sul posto e inclinò un poco la testa, come se stesse combattendo la tentazione di guardarla.
“Farò in un baleno, promesso” aggiunse.
Incuriosita ed entusiasmata da quel mistero, Anna decise di sfidare la fortuna. Prima che lui se ne andasse, si alzò sulle punte per piegarsi oltre la sua spalla e gli lasciò uno schioccante bacio tra la guancia, la mascella e l’orecchio. Poi lo lasciò e corse di nuovo al dormitorio.
Trovò Diana sulla soglia dalla porta intenta a uscire, ma appena si incrociarono si fermò e sospirò di sollievo. “Stavo venendo a cercarti. Va tutto bene? Sei sparita e… ho quasi creduto che avessi deciso di lasciare Gilbert all’altare” rise, un po’ seria e un po’ no.
Anna raddrizzò la schiena come faceva quando voleva dimostrare qualcosa. “Sto bene” affermò. “Solo un po’ di panico prematrimoniale. Ho letto da qualche parte che capita spesso.”
La sua migliore amica si strinse nelle spalle, a mo’ di “Ne so qualcosa”, e l’accompagnò dentro. Marilla, naturalmente, era preoccupata per la sua assenza. Forse si aspettava di vederla tornare con l’abito da sposa ricoperto di fango o qualcosa del genere, fatto sta che la sua espressione agitata non rendeva più facile quello che Anna stava per dirle.
“Marilla, per favore… siediti”. Indicando la sedia dove era rimasta per due ore mentre le sistemavano capelli e viso.
La sua madre adottiva prese con stupore e confusione la proposta, ma l’accolse. Anna allora si sedette a sua volta sul letto di Diana e prese la mano di Marilla.
“Cosa succede?” domandò lei, spazientita e in apprensione.
“Cara, cara Marilla” attaccò a dire la ragazza. “Nemmeno in un migliaio di anni riuscirei ad esprimerti la profonda stima e lo smisurato affetto che provo per te. E men che meno sarei capace di quantificare la gratitudine per ogni cosa che fai per me dal giorno in cui tu e Matthew avete deciso di te-”
“Cos’hai fatto, figliola?” incalzò Marilla con un sospiro di esasperazione. “Dimmi in quali guai ti sei cacciata per volermi indorare la pillola in modo tanto sfacciato.”
Le spalle di Anna crollarono. “Non ho fatto nulla, te lo giuro. Devo solo darti una brutta notizia.”
“Avanti, allora. Non farci perdere altro tempo, tra poco dovremo recarci in chiesa.”
Sputò il rospo, pensando che ormai non le restava che avere fiducia nel fatto che Gilbert le avrebbe fatto cadere dal cielo la soluzione ai suoi problemi.
“Detesto la pettinatura che mi hai fatto.”
Marilla la fissò, interdetta. “Come dici?”
“È così inadatta a me… Non voglio offenderti, ma non mi ci vedo affatto a percorrere la navata con i capelli tirati su in questo modo.”
Nel mezzo del discorso della sua Anna, Marilla aveva già ritratto la mano che lei stava usando per dare più drammaticità a quella conversazione. Forse si era persino spaventata, intuendo dal suo tono che la brutta notizia fosse un incidente di qualche genere.
“Per l’amor del Cielo, perché non l’hai detto prima?” vociò. “C’era bisogno di fare tutto questo trambusto? È il tuo matrimonio, puoi avere l’aspetto che preferisci.”
Anna strabuzzò gli occhi, del tutto impreparata a quella reazione. “Davvero?”
“Ma certo. Avresti dovuto dirmelo subito, ti avrei fatto un’acconciatura diversa… Adesso non abbiamo molto tempo, come possiamo risolvere?”
“Forse posso essere d’aiuto.”
Si voltò di scatto e trovò Cole fare capolino dalla porta. Era ancora più elegante del solito, benché la convivenza con Josephine Barry gli avesse portato una vita intera di eleganza e sfarzo.
Diana lo raggiunse subito per intrappolarlo in un abbraccio. Ancora prima che il ragazzo aggiungesse qualcosa, Anna aveva già capito il motivo della sua improvvisata.
“Mi manda lo sposo, ha detto che c’è bisogno di me.” Come ad avvalorare la sua affermazione, sollevò tra le mani un mazzo di fiori di campo. La prima cosa che Anna notò era che nessuno di quei fiori era rosa.
“Ho quasi paura a chiedere cosa avete in mente, voi ragazzi” ammise Marilla, con tono vagamente severo.
“Non chiedere, è meglio” ridacchiò la ragazza. “Potresti andare a dire al pastore che siamo quasi pronti?”
Con un sospiro di rassegnazione molto simile a tutti quelli che aveva tirato da quando aveva una ragazzina in casa, Marilla lasciò il dormitorio. Solo quando fu certo che lei avesse chiuso la porta, Cole rivolse un sorriso malizioso alla sposa.
“Quando Gilbert è venuto a chiamarmi, aveva stampato sul collo il segno del tuo rossetto.”
Anna scoppiò a ridere, sicura di avere il viso dello stesso colore dei capelli. Non si era neanche accorta di avergli lasciato addosso l’impronta del bacio.
Diana le diede un colpetto di spalla, mentre si accarezzava il ventre. “Prevedo che la piccola Martha avrà presto un amichetto con cui giocare!”
I tre risero ancora sguaiatamente, come quando erano piccoli e giocavano a mascherarsi in casa dei Cuthbert. Anna, dal canto suo, non si sentiva invecchiata di un giorno da allora. Eppure, inspiegabilmente, erano passati anni.
Ma era confortante sapere che l’età adulta non gli precludeva i loro scherzi.
“Allora” fece Cole, “per prima cosa: dov’è il bouquet?”
Anna glielo indicò, sul comodino accanto alla porta. Lei lo aveva sbadatamente posto sulla trapunta, prima che Marilla le facesse notare che un mazzo di fiori su un giaciglio portava una grande sfortuna. Tutte quelle superstizioni di cui tener conto, nel giorno del matrimonio, erano davvero una seccatura.
Senza che avesse bisogno di altre istruzioni, Cole prese il bouquet e sfilò tutti i fiori rosa. La composizione adesso era uno spoglio mazzolino di rose bianche. Belle, certo, ma invisibili se accostate all’abito da sposa.
A quel punto Cole riprese i fiori di campo e ne usò una buona metà per riempire i buchi in mezzo alle rose. Il risultato era così vivace e creativo. Come solo lui sapeva essere, del resto.
“Lo adoro” esultò Anna. La sua gonna trascinava in giro i fiori rosa caduti a terra ma non ci fece caso, troppo occupata ad abbracciare il suo amico.
“Padre Jones non sarà contento” commentò Diana, chiaramente divertita dalla prospettiva. “Ha addobbato tutta la chiesa di fiori rosa per intonarli al bouquet, dice che al matrimonio di una fanciulla perbene non possono mancare.”
“E cosa ne sa lui di ciò che dovrebbe indossare una fanciulla?” replicò Cole. “Alla sposa non si nega nulla, e se lei non vuole un bouquet rosa, non lo avrà. Cos’altro c’è da sistemare?”
“I miei capelli” esclamò Anna. “Fanno somigliare la mia testa ad una zucca.”
Lui ridusse gli occhi a fessura, mentre le girava intorno come fosse una scultura da studiare. “In effetti… sembri un po’ una zucca, sì.”
Anna rise ancora e rispose con uno schiaffo sul braccio, così debole da sembrare più un’amichevole pacca.
“So cosa fare” decise Cole, invitandola a sedere davanti alla toletta.
Le sciolse i capelli da tutte quelle forcine, un’operazione più complicata di quanto sembrasse aver calcolato. Dopodiché scompigliò un po’ i boccoli rosso fuoco e Anna li osservò ricadere sulle spalle, mentre anche la tensione di quella mattina si scioglieva.
“Come sta Dillon?” domandò, guardando Cole dal riflesso dello specchio.
“Molto bene, Josephine l’aveva invitato a fare colazione da noi. Stavamo giusto per metterci a tavola quando Gilbert ha fatto irruzione.”
Anna si gettò le mani al viso. “Accidenti, sono così dispiaciuta!”
Cole scrollò le spalle, concentrato sul proprio lavoro. “Alla sposa non si nega nulla” ripeté. “Non preoccuparti, Anna, mi terranno un posto in chiesa. Senza me ad interferire, Jo sarà libera di fargli il terzo grado: se dopo avrà ancora voglia di passare del tempo con me, vorrà dire che è quello giusto.”
Alle loro spalle, Diana non poté che ridere, ben consapevole della faccia tosta di sua zia.
Anna osservava il suo amico trasformarla in un’opera d’arte, come aveva fatto quel giorno a scuola con il solo ausilio di nastri. Neanche adesso aveva molto a propria disposizione, solo dei fiorellini di campo. Ma per quello che stava facendo, Cole non aveva bisogno di altro: giusto un paio delle forcine usate da Marilla. Intrecciò una ciocca dei capelli di Anna e la fissò sulla testa come un cerchietto, cosicché le incorniciasse il volto, poi ci incastrò in mezzo i fiori avanzati dal bouquet.
Come ultimo tocco, Cole si fece passare da Diana il velo e applicò anch’esso alla treccia.
“Adesso sembro un prato in primavera” commentò Anna elettrizzata, mentre si alzava e correva allo specchio fissato al muro.
“Meglio” rispose Diana. “Sembri la principessa di una favola.”
Lei guardò l’amica ammiccante, ricordando tutte le storie che avevano scritto insieme nel loro circolo letterario.
Quanto aveva fantasticato sulla principessa Cordelia quando era bambina, credendo che nemmeno in un milione di vite avrebbe potuto essere bella come nella propria immaginazione.
Adesso, dinnanzi allo stesso specchio che l’aveva fatta sentire tanto avvilita poco fa, la realtà e la fantasia collidevano. Con i capelli sciolti in setosi boccoli e con il capo cosparso di fiori, poteva sul serio vedersi nel vestito che aveva scelto personalmente.
Poteva godere della vista di quel bustino rivestito di merletti, e delle sue amate maniche a sbuffo, e del velo di Marilla. Poteva riconoscere tutto ciò che l’aveva emozionata la prima volta che aveva visto quell’abito. Poteva sentirsi se stessa.
“Ho paura di stare sognando” ammise, con gli occhi colmi di lacrime che non osava versare.
C’era un solo modo per scoprirlo: si pizzicò la pelle del polso e fu colta da un familiare e pungente dolore, quello tipico dei giorni in cui era troppo felice per credere ai propri occhi. Come il giorno in cui i Cuthbert l’avevano adottata, o quello in cui Gilbert le aveva dato il suo primo bacio.
“Sei perfetta, Anna” mormorò Diana, estasiata. “Adesso andiamo, o ti daranno per dispersa.”
Anna Shirley Cuthbert si diede un’ultima occhiata e respirò profondamente, come se stesse per salire su un palcoscenico. In effetti, le farfalle che le svolazzavano nello stomaco sembravano convinte che lei stesse per recitare da protagonista.
Raggiunsero la chiesa e Anna pensò che, tutto sommato, camminare lungo una navata fosse un po’ come essere protagonisti di una commedia.
Quando Matthew la prese sottobraccio e si accinse a dirigersi verso l’ingresso della cappella, lei decise di condividere questo pensiero.
“… D’altronde, camminare lungo una navata è un po’ come essere protagonisti di un’opera. Tutti guardano te, devi camminare a suon di musica, vestirti in un certo modo, e poi ripetere delle frasi prestabilite.”
Matthew, accanto a lei, aveva la sua abituale aria frastornata. Eppure Anna sapeva che lui l’ascoltava, lo faceva sempre e con estrema attenzione. E, sebbene di poche parole, non c’era volta che non dicesse la cosa giusta.
“Quindi… voi due siete i co-protagonisti e l’altare è il palcoscenico” osservò, per l’appunto.
Anna sorrise raggiante e accelerò il passo per raggiungere l’ingresso più in fretta. Ed eccolo laggiù, il co-protagonista di quella storia d’amore.
Appena incrociò la sua figura, Gilbert sfoggiò il più adorabile dei sorrisi. Anna pensò di non aver mai visto nessuno più innamorato dell’uomo che l’aspettava lì in piedi, nel suo vestito migliore, in fondo alla sala.
La folla che si alzò in piedi al suo passaggio riuscì, chissà come, a distrarla da quella vista celestiale. Tutta Avonlea l’ammirava, la famiglia Barry accanto al marito di Diana, Rachel con il signor Lynde, la famiglia Andrews, Josie Pye e i suoi genitori. La signorina Stacy, in prima fila accanto a Marilla, era già in lacrime. Entrambe la seguivano con lo sguardo con orgoglio, lungo quel cammino.
Forse poteva credere che Gilbert Blythe, il nome più sospirato dalle sue coetanee, avesse scelto lei come moglie. Ma che tutta la contea stesse sorridendo d’ammirazione proprio a lei, questo era assurdo. Avrebbe voluto nascondersi per l’imbarazzo, ma quell’istinto era sedato dall’intensità con cui desiderava raggiungere Gilbert e prendergli la mano.
Alla fine lo fece. Matthew strizzò l’occhio alla coppia sull’altare, e solo allora Anna si accorse che anche lui era sull’orlo delle lacrime.
Gilbert si sporse verso di lei per poterle parlare a voce bassa. “Non che tu abbia bisogno del mio parere per elevarti, ma per la cronaca… ti trovo meravigliosa.”
Anna gli lanciò un’occhiata di complicità. I loro visi si trovavano così vicini che quasi si dimenticò di essere coperta dal velo, tanto era forte la tentazione di baciarlo subito.
Quella era una delle cose che Gilbert Blythe diceva ogni tanto, che sbalordivano la gente e facevano sentire Anna compresa.
Anche adesso, nelle prime file saranno stati abbastanza vicini da sentire quel commento e probabilmente si stavano chiedendo: Perché un gentiluomo dovrebbe giustificare un complimento fatto alla sua fidanzata?
Ma Anna lo sapeva il perché. E questo non faceva che accrescere la sua impazienza di sposarlo. Forse lei non sarebbe stata una moglie ordinaria, ma neanche Gilbert aveva l’aria di poter essere un marito ordinario. Probabilmente un altro uomo avrebbe insistito per vedere la pettinatura di cui lei si lamentava, per poi darle un parere positivo nella speranza di tenerla buona.
Invece, lui aveva chiesto assistenza a Cole, il brillante artista che già in passato aveva aiutato l’aspetto esteriore di Anna a rispecchiare la stravaganza del suo animo.
Mentre Padre Jones recitava la sua funzione, lei si voltò verso Cole per salutarlo con un sorriso: era in seconda fila, seduto tra Dillon e Josephine. Dopodiché guardò la sua damigella d’onore e amica del cuore con il medesimo affetto.
Non avrebbe potuto chiedere di meglio. Tutte le persone che amava erano lì a celebrare la sua felicità. Ancora una volta avrebbe voluto pizzicarsi il braccio, ma aveva le mani occupate dal bouquet e dalla mano di Gilbert.
Se ripensava a come la sua vita era iniziata, nella miseria e gli abusi, l’ossessiva negazione della realtà per poter sopravvivere a-
“Anna.”
Sbatté le palpebre e si voltò verso Marilla, che l’aveva appena chiamata con tono fermo.
“Il pastore ti ha fatto una domanda.”
“Sì” disse d’istinto, per confermare di essere tornata con i piedi per terra.
Invece Padre Jones lo prese per una risposta alla sua domanda e Anna si rese conto che le aveva appena chiesto se volesse prendere Gilbert come marito. In fondo, anche sapendolo la sua risposta sarebbe stata la stessa. Ma si sentì frastornata quando lui li presentò come marito e moglie, così, in un battito di ciglia, senza che la sposa avesse seguito metà del discorso.
Quando il pastore disse “Anna Shirley Cuthbert Blythe”, sia lei che Gilbert scoppiarono a ridere sotto gli applausi dei presenti. Un nome tanto lungo quanto buffo. Decisamente appropriato alla bizzarria della persona che lo portava.
Finalmente, fu dato il permesso a Gilbert di baciare la sposa, e il velo venne sollevato. In un bacio sfogarono tutta l’attesa del momento in cui la loro confidenza non sarebbe più stata sconveniente.
Presa dall’entusiasmo, Anna perse le dita tra i ricci di suo marito, e solo dopo le venne in mente che forse troppa confidenza sarebbe stata sempre sconveniente agli occhi del mondo. Ma in quell’istante non le importava.
Alla sposa non si nega nulla, neanche un po’ di scandalo.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3908277