Dammi
il vino, ché esso è balsamo al mio cuore ferito,
è
il compagno di quelli che han perduto la testa per
amore.
Per
il mio cuore, la feccia di ogni sorso di vino è migliore
della
volta celeste, coppa del teschio del mondo.
La
luce della candela, posata su un tavolo, illumina di deboli bagliori
la stanza.
Rashid,
seduto, scruta il bicchiere, colmo di vermiglio vino.
Di
tanto in tanto, singhiozzi scuotono il suo corpo.
Stringe
le gambe contro il suo petto e, per alcuni istanti, resta immobile.
Pensa
a lei, priva di sepoltura.
E’
morta sola, lontana dal suo paese e dalle sue radici.
Una
fredda scatola di metallo è la sua bara.
Perfino
lui, amante della tecnologia, si sente straziato davanti a questa
realtà.
Tale
consapevolezza dilania il cuore di Rashid.
Si
sente colpevole di quanto accaduto a lei.
Quanta
solitudine ha patito la sua cara amica?
– Non
ce la faccio… – mormora. Nessuno conosce la sua segreta
amarezza.
Per
sua volontà, nessuno comprende l’oppressione che stringe
il suo cuore.
Prende
il vino. Esita.
Poi,
beve.
Il
nettare vermiglio scorre delle sue vene.
I
pensieri si allontanano.
Sorride.
Si
sente bene, cullato dal vino.
Presto,
l’oblio alcolico si impadronisce di lui.
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