STRANGE PAIRS (CAN
ACHIEVE THE MOST UNEXPECTED THINGS)
Imbarcato in compagnia di
un pirata ambiguo e sgangherato su di un veliero sottratto con
l’inganno niente meno che alla flotta della Marina Britannica.
Mai
nella sua tranquilla e onesta vita di umile garzone di bottega il
giovane Will Turner avrebbe anche solo lontanamente immaginato di
ritrovarsi in una circostanza tanto sconsiderata, oltre che
compromettente per la sua rispettabile reputazione, e forse anche per
la sua incolumità.
Ciononostante
oramai non gli importava più niente dell’onore,
della prudenza e dello stare al proprio posto. Ci era rimasto per
troppo tempo, conducendo un’esistenza passiva, al servizio
degli altri, senza mai mettersi in mostra o fare qualcosa di azzardato,
sebbene il suo animo fosse tutt’altro che quieto, vile o
arrendevole.
Appena
l’aveva vista dibattersi tra le grinfie di quegli sporchi
farabutti, il suo cuore non aveva avuto alcuna esitazione, la sua
coscienza non aveva sentito alcuna ragione: lui aveva il dovere di
salvarla. E non perché fosse stato gabbato da quei furfanti
o fosse in competizione con qualcuno, né soltanto
perché fosse in debito con lei da almeno otto anni e non
fosse mai riuscito a ripagarla.
Era da
altrettanto tempo che amava perdutamente Elizabeth Swann.
La
amava dal primo istante in cui i loro occhi ancora bambini si erano
incrociati e l’aveva scambiata per un angelo benevolo giunto
in suo soccorso, dopo che aveva creduto di essere precipitato
all’inferno.
L’aveva
amata ad ogni fugace incontro un po’ di più,
vedendola crescere bella e fiera, scontrandosi con il suo spirito acuto
e ribelle che spesso lo lasciava ammutolito.
L’aveva
amata segretamente, più di quanto non credeva che fosse
possibile o appropriato, concedendosi di pensare a lei più
di quanto gli fosse permesso, la sera e nei momenti di solitudine e
malinconia in cui sprofondava al termine dell’ennesima
giornata priva di compagnia, gratificazioni o significato.
L’aveva
amata devotamente, senza pretese e senza la speranza di essere
ricambiato o anche solo di poterglielo mai confessare o farglielo
capire. Perché sarebbe stato irrispettoso e non avrebbe
comunque potuto cambiare ciò che era già stato
scritto da consuetudini e leggi nate prima di loro.
Le
loro esistenze erano diametralmente opposte, non si sarebbero mai
potuti sfiorare se non per pochi attimi, attraverso occhiate discrete e
distanti, parole parche e bisbigliate, intessute di convenevoli e
ovvietà.
Eppure
quell’amara consapevolezza non l’aveva distolto
neanche per un attimo dal proposito di rischiare il tutto per tutto e
macchiarsi anche di crimini che non avrebbe mai potuto commettere
altrimenti. Ed era soltanto all’inizio di
quell’imprevedibile viaggio.
Gli
sovvennero le dolci e inebrianti sensazioni che lo inondavano ogni
volta che poche spanne lo dividevano da lei e poteva osservare le sue
bellissime labbra dischiudersi per pronunciare così
confidenzialmente il suo nome, respirare la leggera scia del suo
raffinato profumo, ammirare la grazia innata dei suoi gesti.
Al
solo immaginare che quei luridi delinquenti potessero osare in qualche
modo oltraggiarla, approfittarsi di lei o farle del male, si sentiva
assalire da una rabbia cieca, tanto che avrebbe voluto spaccare
qualcosa.
Ma
doveva sforzarsi di restare lucido e vigile, specialmente essendo in
balia di un alleato così subdolo e imprevedibile cui si era
affidato soltanto per disperazione, rimuginò scontento,
scrutandolo mentre dominava con apparente sicurezza
l’orizzonte.
Ricominciò
a passeggiare lungo la murata di babordo, sistemando qualche cima,
quasi in un riflesso involontario, non sapendo ancora bene come
muoversi tra quell’intricato reticolo di cavi, ganci e nodi
che pure si soffermò a studiare, per capirne il
funzionamento.
L’intenso
e penetrante odore di salsedine gli sferzava i vestiti, i capelli e la
faccia e s’infilava prepotente nei polmoni e in ogni poro,
come un balsamo corroborante.
Per
quanto avesse vissuto da sempre sul mare o nelle sue vicinanze, quella
era solo la seconda volta che si trovava a solcarlo, eppure il suo
corpo sembrava reggerne perfettamente il moto incessante che spesso,
aveva sentito raccontare, causava malesseri non indifferenti a chi non
era abituato a trascorrervi lunghi periodi. A chi invece vi restava per
troppe lune, privo di riferimenti solidi e fermi, quel prolungato
ondeggiare finiva per minare la stabilità mentale.
Quello
Sparrow sembrava rientrare indubbiamente nella seconda casistica. A
malapena si reggeva in piedi e aveva uno sguardo a dir poco stralunato,
ma, non appena era salito su quella nave, il suo volto si era
come trasfigurato, facendosi sprezzante e altero.
Ora
che ci si trovava, che poteva assaggiare cosa significasse viverlo
appieno, si accorse che anche su di lui quella sconfinata massa
d’acqua salata esercitava un effetto eccitante e in qualche
modo rassicurante.
E
ciò alimentava il tarlo che gli aveva messo in testa il suo
strampalato compagno di ventura. Che nelle sue vene potesse scorrere
l’indomito sangue di un pirata.
Un
pensiero che lo disgustava, che non poteva accettare.
Controllando la direzione
indicata dall’ago della sua fidata bussola, Jack Sparrow
corresse la rotta, continuando a sbirciare, da dietro la ruota del
timone, il vagare impacciato e inquieto del riluttante compagno di
bordo.
Riservato
e taciturno, ostinato e ingenuo, quel ragazzo somigliava proprio un bel
po’ al buon vecchio Sputafuoco Bill, o almeno a come lui lo
ricordava, per quel poco che i loro destini si erano intersecati in
gioventù.
Quel
lupo solitario non era certo tipo da grandi slanci o avvezzo alla
chiacchiera, salvo sparute occasioni stava quasi sempre sulle sue, ma
se c’era da combattere o da discutere su qualcosa che lo
riguardava in prima persona o non gli andava a genio, era capace di
tirare fuori un animo audace e battagliero, che di solito se ne stava
ben nascosto dietro una maschera imperturbabile e talvolta scostante.
Non
aveva più appreso quale fosse stata la sua sorte. Di certo
era poco probabile che si fosse salvato dalla furia vendicativa del
nuovo abusivo Capitano della Perla Nera, anche perché aveva
ben presente che fosse stato l’unico della ciurma a
difenderlo durante l’ammutinamento di dieci anni prima.
Parimenti dubitava si fosse preoccupato di cercare il figlio, che pure
pareva serbare una buona memoria di lui, per quanto parziale e falsa.
Sì,
più lo osservava, più si convinceva che i due
Turner, se non fisicamente, nell’indole altruista e valorosa
e nella propensione a fidarsi troppo degli altri si somigliassero
moltissimo e che lui avesse avuto un’immensa fortuna a
incontrarlo, perché, servendosi astutamente della sua buona
volontà e del suo ardimento, avrebbe potuto rivelarsi la
chiave di volta per riprendersi la nave che era sua di diritto.
Ciò
nondimeno, guardandolo con attenzione, notando i suoi movimenti
scalpitanti e quella sfumatura accesa che gli colorava gli occhi e la
voce, aveva anche inteso che questo Turner aveva qualcosa che a
quell’altro forse mancava.
Il suo
cuore batteva più forte e veloce del normale,
un’indomabile scintilla gli faceva ardere il petto, la stessa
che lo aveva spinto a superare il limite della decenza e della
moralità, portandolo a schierarsi dalla parte di un
pendaglio da forca, e che molto probabilmente lo avrebbe sospinto a
compiere anche altre avventate azioni.
In
poche parole era innamorato.
Ergo,
non ragionava più col cervello, ammesso che il suo in
precedenza avesse avuto tutte le rotelle funzionanti e al loro posto.
Trovarsi
al cospetto di qualcuno che credesse in quel sentimento, tanto
chiacchierato e sopravvalutato, doveva ammettere che lo divertiva
alquanto.
Almeno
nella stessa misura in cui lo rivoltava.
Ci si
era invischiato anche lui almeno un paio di volte quand’era
ancora imberbe e sprovveduto, ed era qualcosa che detestava rammentare.
Innamorarsi
era una delle peggiori sciagure in cui un uomo potesse mai incappare.
Il
buon senso andava irrimediabilmente dissolto, come il rum contenuto in
una bottiglia offerta a un naufrago recuperato allo stremo delle forze.
Ci s’ingannava di poter ambire a realizzare imprese
impossibili, di riuscire a sconfiggere l’innato e naturale
egoismo che è l’unica spinta vitale di ogni essere
umano.
Si
diventava vulnerabili, stolti, corruttibili, senza avere più
alcun potere sulla propria libertà di scelta. Insomma:
equivaleva a condannarsi ad una lenta e logorante follia.
Perciò
lui alla fine aveva deciso di legarsi unicamente al mare (e ad una dama
di legno).
Un
cuore innamorato era una di quelle debolezze incontrollabili su cui
sapeva di poter far leva con maggior meschinità per ricavare
un proprio soddisfacente tornaconto.
Tutto
stava a giostrarsi bene la fiducia del ragazzo, che al momento sentiva
essere ancora piuttosto traballante.
Voleva
al contempo tentare di carpire se davvero fosse all’oscuro
del vero motivo per cui quell’infame di Barbossa e i suoi
manigoldi avessero rapito la sua dolce amata.
Che
quell’affascinante fanciulla portasse al collo un ninnolo di
così insolita e macabra fattura gli aveva destato subito non
pochi sospetti, oltre ad avergli rinfocolato la speranza di essere
finalmente giunto sulla traccia giusta, dopo così lungo e
inconcludente errare.
Adesso
che aveva davanti a sé l’unico probabile erede di
William Turner, tutti i pezzi di quello snervante rompicapo stavano
progressivamente per combaciare.
La
vendetta sembrava sempre più a portata di pistola.
Ancora
qualche lega li divideva dalla meta prefissata, perciò,
anche per ingannare la noia che cominciava a insinuarsi perniciosa,
meditò che si sarebbe divertito a stuzzicarlo e a sondare la
fermezza delle sue intenzioni.
«Invece di
startene ad aspettare che ti pisci in testa qualche gabbiano, ti
spiacerebbe cazzarmi quei velacci?», lo riscosse dal suo
incerto bighellonare, gesticolando affinché capisse
quali cime manovrare.
Il
ragazzo, pur tra qualche sbuffo e sbaglio, eseguì di buona
lena gli ordini, tornando poi ad affacciarsi alla murata di tribordo.
«Dunque,
sei un fabbro …», nicchiò con
indifferenza Jack, tastando il suo umore che pareva essersi incupito
dal loro ultimo scambio di vedute.
Il
giovanotto si voltò appena, guizzandogli un sopracciglio
perplesso: «Hai indovinato».
«E
lei è
la figlia del governatore, giusto?», assentì
restando vago ma pungente.
«Sì»,
confermò con un lieve senso d’imbarazzo il
giovane, riportando dietro l’orecchio un filo di capelli
sfuggiti al codino e infilatisi in bocca. «Perciò
quei maledetti l’hanno rapita, per chiedere un
riscatto», aggiunse con repulsione e astio.
«E
andrà in sposa a quel pomposo commodoro! Ho indovinato anche
questa, nevvero?», il pirata continuò a inquadrare
la spiacevole situazione con un tono beffardo e indiscreto, trascurando
la soddisfazione per aver almeno ottenuto risposta al suo primo
interrogativo. Il ragazzo sembrava non sapere nulla del pezzo mancante
del tesoro.
«Già,
sono promessi», attestò con un sospiro stizzito e
rassegnato Will, ritornando a voltargli le spalle.
Jack
assicurò la barra del timone con una cinghia, per potersi
allontanare momentaneamente dalla plancia di comando e andargli vicino,
non avendo intenzione di urlare al vento il resto delle sue
considerazioni. Dondolò al suo fianco, concentrando le
pupille sulle onde tinte di un seducente blu cobalto, schiarendosi la
gola, facendosi quasi serioso: «Or dunque tu? Che prospettive
hai di poter stare con un’aristocratica donzella come lei?
Intendi rapirla a tua volta e portarla via il più lontano
possibile da tutti quegli agi da rammolliti?»
Will
rimase sconcertato da quell’insolente insinuazione:
«No di certo!», replicò offeso,
sentendosi infiammare d’irritazione e d’imbarazzo,
perché, in effetti, era stato talmente preso dalla smania di
agire, tradendo i suoi stessi principi morali pur di tentare di
strapparla ai suoi rapitori, che non aveva pensato a ciò che
sarebbe accaduto dopo, quando l’avrebbe avuta al sicuro, tra
le sue braccia.
Se
solo lei lo avesse ricambiato e accettato, se solo lui fosse stato meno
giudizioso e più sfrontato, forse avrebbe anche trovato il
coraggio di chiederle di fuggire insieme e ricominciare tutto da capo,
come quel poco di buono gli stava suggerendo di fare.
«La
riporterò a casa e basta», affermò
risoluto ma con una punta di amarezza, scacciando via quelle futili e
indecorose fantasie in cui stava quasi per naufragare.
Sparrow
arricciò i baffi in un sorriso che sapeva al contempo di
scherno e commiserazione: «Saggio e generoso da parte tua.
D’altronde, la gente come loro non si cura punto di
noi».
«Noi?»,
ribatté confuso Turner.
Una
mano del pirata gli si appoggiò complice sulla spalla:
«Noi
senza un blasone. Noi
che non abbiamo biancheria pulita e profumata. Noi che ci
arrabattiamo ogni dì per mettere qualcosa in
pancia», sentenziò con un accento vagamente
melodrammatico che al ragazzo suonò quantomeno canzonatorio.
«Non
c’è alcuna somiglianza tra noi. Tu rubi»,
lo accusò piccato, sfuggendo bruscamente a quel contatto
confidenziale per rimarcare il concetto.
«E
credi sia facile?», esclamò oltraggiato quello, la
bocca atteggiata ad un cerchio perfetto.
La
fronte del ragazzo si aggrottò, mentre appoggiava i gomiti
alla balaustra, guardando sotto di sé:
«L’hai scelta tu questa vita, no?»
«Sì.
E non la baratterei», affermò orgoglioso e
compiaciuto il bucaniere, sistemandosi il tricorno ammaccato e
ritornando con ostentata fierezza al timone.
Will
sospirò, seguendolo e sedendosi su un barile accanto a lui,
l’ombra dello sconforto a crucciargli lo sguardo:
«Mi sa che rischierò di diventare come
te».
Jack
strabuzzò gli occhi bistrati: «Ohi, un momento!
Guarda che mi ci sono voluti anni e anni per diventare Capitan Jack Sparrow!»,
pigolò impettito come un pavone.
«Intendevo
dire … un fuorilegge. Ricercato»,
puntualizzò il giovane, domandandosi, per
l’ennesima volta da che lo aveva incrociato, quanto smisurata
potesse essere la vanità di quello squattrinato filibustiere
che indossava abiti logori e puzzolenti e non pareva possedere nulla di
cui potersi vantare. Eccetto una pessima fama.
Lui lo
squadrò per qualche secondo, imprimendosi
un’espressione poco convinta e quasi sdegnata:
«Ricercato? Beh, ce ne vorranno di maree. Lasciamelo dire:
quei pantaloni che indossi … sono orrendi! E quelle
scarpe!», fece una boccaccia come stesse per vomitare.
«È
inutile discutere con te», sbottò con
rassegnazione Will, alzandosi e dandogli le spalle, riaffacciandosi
alla balconata del cassero.
Per
qualche minuto sui loro pensieri divergenti dominò
unicamente il suono cullante degli spruzzi che s’infrangevano
sullo scafo, il frusciare del vento che s’infiltrava tra
gomene e vele e i mille scricchiolii prodotti dal legno del fasciame.
La
tracotante logorrea di Jack Sparrow, però, non era ancora
sazia. Avere a che fare con un ragazzo così timido e
incorrotto era un’occasione troppo ghiotta per la sua indole
sbeffeggiatrice di tutto e tutti. Girò leggermente il
timone, appoggiandovi mollemente un braccio e ricominciando a parlare
col solito timbro provocatorio e noncurante: «Allora,
cambiando discorso ... O meglio, ritornando a quello che abbiamo
interrotto poc’anzi … Questa Elizabeth, ti ha mai
promesso qualcosa?»
Il
giovane Turner ruotò appena il collo, guardandolo in
tralice. Non era certo abituato a trattare con mascalzoni della sua
risma, ma intuiva già il risvolto poco
onorevole in cui quel debosciato avrebbe voluto dirottare la
conversazione.
«Danaro?
Titoli? La sua deliziosa virtù?»,
perseverò difatti sogghignando, malizioso quanto una serpe.
Will
lo tacciò con un’occhiata di biasimo:
«Possibile tu non sappia andare al di là delle
cose concrete? Che tu non abbia … valori?»
I
denti d’oro di Sparrow brillarono: «Ma certo che ce
li ho! … È vergine? E non intendo come segno
zodiacale», specificò in un sorrisetto scaltro e
compiaciuto.
«Cosa?»,
annaspò lui, deglutendo un grumo che sapeva di sale e
pentimento, domandandosi per quale assurda ragione avesse voluto
scegliere di allearsi con un simile balordo. Era stata proprio una
mossa disperata.
Jack
d’altra parte si stava sollazzando nel deriderlo. Aveva
capito subito che quello sbarbatello non aveva mai conosciuto una donna
e che doveva nutrire una cocente attrazione per l’incantevole
aristocratica, malgrado si fingesse tanto nobile e spassionato.
Glielo
aveva letto sin troppo facilmente, dal loro primo cozzare di lame,
quanto stesse spasimando per dimostrarle che aveva anche lui fegato,
capacità e dignità.
«Ah!
Non fare il pudico. Siamo tra uomini!», lo schernì
con un largo movimento del braccio a evidenziare anche che non vi fosse
motivo di nascondersi, poiché nessuno lì in mare
aperto poteva sentirli. «Non farmi credere che non hai mai
affrontato questo genere di discorsi! O forse tu non sai neanche
com’è fatta una pulzella?»,
continuò imperterrito a pungolarlo, mostrandosi oltremodo
sconcertato.
«Scusa
Jack, ma tu non mi sembri la persona adatta con cui conversare di certi
… argomenti», il giovane Turner troncò
senza troppi giri di parole il suo ficcante tentativo di corromperlo.
«Ti
sbagli, figliolo! Modestamente ho maturato una sterminata esperienza
sul campo», ribadì il pirata con cipiglio
vanaglorioso, insoddisfatto dalla ritrosia del compagno di bordo nel
volersi astenere da quella dilettevole e innocente chiacchierata.
«Quando
arriveremo?», gli domandò più che
insofferente, assottigliando gli occhi in cerca del possibile
avvistamento di contorni appartenenti alla terraferma.
«Entro
stasera», lo rassicurò con fare compassato, dopo
una veloce sbirciata alla bussola. «Vedrai, Tortuga ti
piacerà. È pieno di persone interessanti
lì!»
Già
pregustava i tanti piacevoli incontri in cui si sarebbe crogiolato e
che si sarebbero sicuramente moltiplicati, una volta riottenuta, grazie
all’aiuto di quell’improbabile alleato, la sua
tanto agognata Perla.
Salve gente!
Anche questa shot esce fuori dalla rielaborazione di alcuni appunti di
dialoghi rinvenuti casualmente su un fogliettino di carta ingiallito!
Prima di buttarlo, ho voluto provare a dargli un senso ^_^
Come avete potuto capire, se siete arrivati fino alla fine, si tratta
di un semplice missing moment in cui ho cercato di mettere a confronto
i pensieri di Jack e Will agli inizi della loro improbabile alleanza,
durante il viaggio da Port Royal a Tortuga.
Il titolo è una citazione da Black Sails, serie
tv piratesca che consiglio vivamente a tutti gli appassionati del
genere.
E nulla, mi sono divertita a scriverla e spero di essere riuscita a
regalare qualche piacevole momento di evasione anche a chi ha speso
qualche minuto a leggerla.
Pensieri, opinioni e critiche sono sempre ben accetti!
Al prossimo approdo!)
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