Cosa c’è che non va in te, Testa Calda?

di Panterah
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“Signor Peace” esordì il professore di Scienza Pazza, con un’enfasi che non prometteva nulla di buono.
Sfilava di fronte ai suoi studenti, in riga di fronte alla cattedra del laboratorio come un plotone di soldati in miniatura.
Con sguardo indagatore, l’uomo stava esaminando il modo in cui gli apprendisti eroi indossavano la propria nuova uniforme scolastica, voluta dalla preside Powers in via sperimentale.
In futuro - aveva detto la donna-cometa - ognuno di voi potrà travestirsi come gli aggrada, anche in calzamaglia con gli slip sopra (Superman aveva davvero un pessimo senso estetico). Tuttavia, vorremmo promuovere l’idea che qui, alla Sky High, tutti vanno trattati con equità, uguaglianza e giustizia. Per questo, proveremo a farvi indossare l’uniforme.
L’abbigliamento prevedeva giacca, cravatta e pantaloni eleganti per tutti. Warren, che aveva seguito le istruzioni, non capiva come mai il professore lo avesse interpellato.
“Mi può spiegare…” aveva continuato quest’ultimo “…come mai lei è l’unico qui dentro che indossa correttamente l’uniforme, con LA CAMICIA DENTRO I PANTALONI?”
A queste parole, che possedevano un tocco quasi ironico, si udì un forte tramestio: tutti i ragazzi della classe si stavano sistemando l’indumento, lasciato pigramente fuori dalla cintura. Solo il dominatore del fuoco, immobile, teneva lo sguardo fisso sull’uomo da cervello gigante: era vero, lui esibiva uno stile impeccabile, probabilmente era anche l’unico con la cravatta annodata giusta, la camicia abbottonata dritta e i pantaloni con la piega mantenuta.
Warren però capiva cosa intendeva il professore: Testa Calda era l’unico che ne faceva una giusta? In quale galassia, esattamente?
Alzò un sopracciglio per rispondere allo scienziato pazzo, stringendosi nelle spalle con un’espressione ironica che significava: beh, non lo so, prof. Lo chieda a questi fighetti che mi circondano.
E l’uomo accolse la sfida con piacere, pensoso. Portandosi una mano sotto il mento, continuò, il silenzio e l’ordine che tornavano a stabilirsi tra i giovani eroi.
“Ora che ci penso, lei è anche uno degli unici che STUDIA seriamente, in questa classe…”
Di nuovo, il ragazzo non disse nulla. Sapeva perfettamente che, per il corpo docenti, non erano importanti le sue azioni. Lui era Testa Calda, incuteva timore, era meglio non avvicinarlo… e basta. Gli andava bene così… preferiva essere lasciato in pace, poco importava che anche i professori lo etichettassero al di là dei suoi meriti. Sentire Scienziato Pazzo che gli riconosceva il suo lavoro era una novità.
Ma Warren non si lasciò incantare così facilmente, che fosse o non fosse un bravo studente non cambiava né il sangue che gli scorreva nelle vene, né la rabbia sorda che vi ribolliva insieme al fuoco. Lo sapevano tutti.
Così, quando il prof. chiese:
“Cosa c’è che non va in te, Testa Calda?”
il ragazzo rispose decidendo di mettere le carte in tavola:
“Mio padre, immagino.”
Non avrebbe dovuto farsi uscire quella nota di amarezza dalle labbra, si rimproverò.
Il professore rimase evidentemente colpito da quelle parole, perché si fece più serio.
“Oh sì…” prese il fiato per nominare il cattivo in isolamento. Ma venne bloccato all’istante.
“Non nomini mio padre.”
Warren poteva anche sembrare calmo, ma quelle parole bruciavano, e gli occhi dello scienziato erano già saettati su di lui, reagendo.
“Minaccia il suo professore, signor Peace?”
Il ragazzo, però, era già stanco di quella conversazione. Non aveva minacciato nessuno, solo non gli andava che LORO nominassero il padre. Non ne avevano il diritto.
“No, professore.”
Sputò l’ultima parola con un chiaro messaggio sottointeso:
Non è che se mi scorrono sangue e fuoco nelle vene o se ho un padre in isolamento ogni cosa che faccio sia pericolosa. Pensavo che le fosse chiaro, poco fa, con l’uniforme.
Tale messaggio, inoltre, aveva una piccola nota finale, che recitava semplicemente:
Lasciatemi stare.




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