Guardo
il cielo, oltre la finestra della mia stanza.
Le
stelle illuminano il cielo di bagliori argentei e un debole vento
sfiora la pianura, facendo risuonare l’aria di malinconici
fruscii.
Mi
siedo sulla terra e fisso il firmamento. Non avrei mai pensato di
apprezzare la bellezza della natura…
Un
tempo, non mi sarei mai fermato a fissare questo spettacolo
meraviglioso.
Comprendo
ora la tenacia dei Cavalieri dello Spazio…
Desiderano
proteggere questa bellezza.
In
questo scrigno di gioie, vi sono anche Rachel e il piccolo Rick…
Grazie
alle loro premure, ho compreso il fango della mia natura.
Lacrime
tremano nei miei occhi e un singhiozzo si spezza nel mio petto. Sono
felice di avere compreso i miei errori, ma non ti dimentico.
Marlowe…
Non
ho dimenticato la tua morte.
Ti
sei spento tra le mie braccia.
Perché?
Perché ti è stata negata una seconda possibilità?
Non
è giusto!
Il
senso di colpa dilania il mio cuore.
Dovevo
morire io al tuo posto…
Un
passo felpato interrompe il corso dei miei pensieri.
Mi
giro e vedo te, Slade.
–
Ciao.
Pensavo non saresti più venuto. – mormoro. Sono entrato
nei Cavalieri dello Spazio, ma non riesco a sentirmi parte del
gruppo.
Mi
sento in colpa soprattutto verso di te, Slade.
Ti
ho accusato della morte di Marlowe e ti ho definito un mostro.
Non
ho saputo vedere la complessità della tua condizione.
Tu,
malgrado la tua sventura, hai cercato di non perdere la tua umanità.
Il
lugubre lamento di uno stormo di corvi echeggia nell’aria e il
vento comincia a soffiare con più forza.
Esito
e stringo i pugni. Mi sento piccolo davanti a te…
Vorrei
chiederti perdono, ma la vergogna frena le mie parole.
Non
solo ti ho insultato, ti ho ferito.
Volevo
ucciderti, perché vedevo in te il colpevole della morte di
Marlowe!
E,
per poco, non ci sono riuscito!
Proiettavo
in te il dolore per la morte del mio migliore amico…
Avevo
paura di convivere col rimorso…
Sono
stato un vigliacco.
Non
ho saputo assumermi le mie responsabilità.
Non
basteranno delle vuote parole per avere il tuo perdono.
Sospiro
e mi costringo a fissare i tuoi occhi, senza abbassarli.
Il
tuo sguardo è imperscrutabile e non riesco a vedere le tue
emozioni.
Se
mi odiassi, ti capirei…
–
Io…
Io so che non basteranno decine di parole per chiederti scusa per
quello che ti ho fatto… Ma credo sia un passo dovuto… –
mormoro.
Costringo
la mia voce ad un tono innaturalmente fermo, ma, di tanto in tanto,
un tremito ne incrina la tonalità.
Tu,
perplesso, alzi un sopracciglio e incroci le braccia sul petto.
–
Ti
chiedo perdono, Slade… – concludo.
Per
alcuni istanti, resti immobile, come una statua.
Nei
tuoi occhi verdi, vedo l’implacabile condanna.
O
forse è una impressione?
Non
riesco a comprendere i tuoi pensieri.
E
questa imprerscrutabilità mi angoscia, ben più di una
condanna esplicita.
Slade,
se vuoi condannarmi, fallo.
Non
ti odierò.
–
Le
tue azioni parlano per te, Balzac. – mormori.
La
tua voce è piatta, neutrale, ma i tuoi occhi brillano di
gioia.
Sei…
Sei felice di queste mie parole?
Quanto
mi sono sbagliato su di te.
Tu
non sei un mostro, nonostante i tuoi poteri di Teknoman.
Hai
saputo andare oltre la tua comprensibile rabbia.
E
questo ti rende ben più umano di tanti altri, che, nella mia
vita, ho conosciuto.
–
Grazie,
Slade. –
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