L'Inizio della nostra Rinascita!

di Akiko Swift
(/viewuser.php?uid=767831)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Per quale motivo, ogni volta che ho qualcosa di importante da fare, mi ritrovo bloccata a parlare con quella pettegola della nostra vicina. Questa volta ero anche convinta di averla evitata; eppure quella donna è fin troppo furba, soprattutto se vuole parlarmi di qualcosa che riguarda mio fratello o mio padre.

Cerco di essere il più veloce possibile, decidendo di tagliare per il parco. Avrei sicuramente recuperato il tempo perso e sarei arrivata giusto in tempo per l’inizio della sua gara.

Senza nemmeno guardare di fronte a me giro velocemente l’angolo, accorgendomi in ritardo della bambina che mi stava correndo contro. Inevitabilmente ci scontriamo e finiamo a terra entrambe. Trattengo un gemito di dolore, riaprendo gli occhi e guardando la piccola. Subito mi rialzo e mi avvicino per aiutarla.

-Ehi… va tutto bene? Ti sei fatta male?-

Preoccupata la aiuto a pulirsi dalla terra che le è rimasta sul vestito e controllando che non si sia tagliata o graffiata.

-Mi spiace moltissimo.-

Le sorrido dolcemente, sentendomi una stupida per aver fatto una cosa che normalmente rimprovero ai bambini.

-Non ti devi scusare! La colpa è anche mia che ho corso senza nemmeno guardare davanti. Ero di fretta e non ci ho pensato più di tanto.-

Il sorriso che mi rivolge ha la stessa luminosità che vedo nei suoi grandi occhioni neri. Mi sorprende anche il suo ragionamento, così maturo per una bimba della sua età. L’unico problema è che comunque mi sento in colpa e voglio rimediare in qualche modo.

Apro la mia borsa e cerco quel pacchetto di caramelle che avevo appena comprato, decidendo di offrirne qualcuna alla piccola. Velocemente gliele porgo e aspetto che ne prenda una, vedendola un po’ titubante.

-Sappi che non accetterò un no come risposta.-

Le sorrido felice, proprio come ha fatto lei poco prima. Contenta, la vedo prendere un dolcetto dal sacchettino, per poi mangiarlo in pochi minuti.

-Buonissima! Grazie mille!-

Le scompiglio un po’ i capelli per poi andarmi a sedere su una delle panchine del parco, dimenticandomi completamente del mostruoso ritardo che già avevo accumulato. Subito vedo la piccola sedersi al mio fianco e, quasi immediatamente, ci mettiamo a parlare.

-Ah… dimmi una cosa… dove stavi andando prima di corsa?-

Mi metto in attesa di una sua risposta, ma mi spavento nel vederla scattare all’improvviso, visibilmente preoccupata per qualcosa.

-Oh no! La partita di mio fratello!-

Senza nemmeno lasciarmi il tempo di capire, mi saluta un paio di volte, per poi iniziare a correre verso l’uscita del parco. Un piccolo sorriso mi solca le labbra, felice di quello strano incontro.

Subito dopo mi volto verso la mia direzione, ricordandomi anch’io dell’importante impegno di quel giorno.

Porto una mano alla tracolla della borsa, muovendo poi il primo passo, ma mi fermo immediatamente, accorgendomi di un piccolo megafono giallo a pochi centimetri dal mio piede.

-Questo è della piccola.-

Con uno scatto lo afferro, mettendomi a correre nella stessa direzione presa dalla bambina. Mi fermo qualche istante sull’uscita del parco, vedendola sul bordo del marciapiede, pronta per attraversare la strada.

Cerco di velocizzare il mio andamento, dandomi della mongola per non averle chiesto il nome, soprattutto quando vedo scattare il verde sul semaforo.

Attorno a me sento il chiacchiericcio della gente che mi lascia leggermente confusa, ma tutto viene zittito dal forte rumore di un clacson, mentre il tempo mi sembra rallentare.

Osservo terrorizzata il camion dirigersi senza freni contro la piccola; così, senza perdere un secondo, lascio la presa sul megafono e mi lancio contro la bambina, riuscendo a spingerla via dalla traiettoria, venendo colpita al suo posto.

-Oh Kami! Presto, qualcuno chiami un’ambulanza!-

Il vociare della gente è così lontano e ovattato, come se avessi dei tappi a coprirmi, mentre inizio a perdere sempre di più conoscenza. L’unica cosa che ancora sento forte è il dolore in tutto il corpo, ma ben presto non sento più nemmeno quello. Le palpebre diventano pesanti, fino a portarmi nell’oblio più oscuro.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3909810