Appuntamento alla stazione

di EleAB98
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Nella meravigliosa esistenza di ciascun individuo, vige sempre l’ammirabile certezza di doversi prima o poi scontrare con delle leggi universali più o meno importanti che caratterizzano il nostro approcciarsi alla vita ma che, a quanto pare, non funzionano per tutti. Moltissimi individui, soprattutto di sesso maschile, non avevano fatto altro che ripetermelo. Mi avevano sempre prospettato dinanzi una realtà della quale io non ero mai stato testimone, benché loro non credessero affatto alle mie parole.

Mi avevano sempre detto – o meglio, avvertito – che un bel giorno “sarebbe arrivata anche per me” e che prima o poi, nella prosecuzione della vita di coppia con Lindsay, avrei scoperto quella sorta di verità universale associata al contesto amoroso; una legge della natura cui nessuno poteva scampare. Secondo la suddetta teoria – sostenuta da “valide argomentazioni” concernenti la vita privata dei fervidi sostenitori della stessa – con il passare degli anni sarebbe stato davvero impossibile guardare una donna con la stessa identica emozione con la quale la si osserva per la prima volta.

Che come affermava il buon vecchio Aristotele, il tempo è la misura del cambiamento e che questo famigerato cambiamento coinvolge a pieno titolo le nostre abitudini, lenisce e modifica le nostre certezze, mitiga l’intensità di un sentimento che si prova nei confronti di quelle persone che per anni sono stati la nostra ancora, il nostro passato, il nostro presente, il nostro tutto.

E per me, quella donna “vestita di sole” che in questo momento si trova così vicino, eppure così lontana da me, rappresentava proprio quel tutto, quel porto sicuro venuto alla luce una gelida notte d’inverno di venticinque anni fa, nella vecchia stazione di Princeton Town, su quella grigia banchina sulla quale adesso ella siede con indiscussa eleganza, scrutando con meticolosa insistenza uno scenario tutt’altro che romantico e paradisiaco.

Ciononostante, al di sopra di quei binari arrugginiti, l’esistenza di milioni e milioni di individui continuava a fluire in un eterno ed incessante divenire, in una danza dalla coreografia lineare e diritta creata ad arte dal medesimo moto giornaliero di quei treni, tuttavia sempre marcata da una velocità differente a seconda degli occhi che estasiati la guardano, un ritmo quasi altalenante che molto spesso scandisce le nostre vite, alla costante ricerca di un obiettivo che diverrà certezza soltanto una volta che lo si è raggiunto.

Un discreto – quanto delicato – equilibrio composto di partenze e ritorni, sorrisi radiosi, spenti, conoscenze fortuite che lasciano il segno, nonché addii definitivi che spezzano sì il cuore, ma non certo la vita.

Incredibilmente, quest’ultima casistica che ai miei occhi appariva improbabile sebbene in un certo qual modo possibile, era proprio quanto accaduto tra me e quella donna, la mia Lindsay. Sapete, quasi non posso credere di trovarmi ancora qui, a pochi passi da lei, nel luogo del nostro primo incontro, nella stazione che da oggi in poi sancirà la misura di un ennesimo cambiamento di prospettiva, di quella realtà vissuta all’unisono e che il destino ha diviso, ma non distrutto.

In effetti, abbiamo entrambi tenuto fede alla promessa di rivederci qui, di fianco a quei cartelli che garantiscono il raggiungimento di luoghi più o meno lontani e alle spalle di quei muri sbiaditi e in parte anneriti dal fumo dei treni e che tuttora sanciscono quella che in molti definirebbero la veneranda età di un sentimento ancora vivo e mai scalfito. Un sentimento resistente persino alla complessa veridicità scientifica decantata dalla “freccia del tempo”, all’inevitabile trasformazione che da una determinata situazione iniziale di cui conosciamo le singole caratteristiche ci condurrà a una condizione finale della quale non ci è invece dato di sapere alcunché; poiché così è l’ignoto, da sempre oggetto di fascino e spavento, di speranze e di illusioni…

L’ignoto, che racchiude in sé quell’esistenza che in qualsiasi momento potrebbe giungere alla deriva per cause naturali o artificiali che a prescindere dal caso specifico includono sempre un qualcosa di cabalistico che nemmeno la scienza può spiegare davvero. Ecco, è proprio questo il reale mistero; il mistero della fede. Perché la nostra è una vita in transito, una vita che per certi versi somiglia a quei treni che alle volte giungono in stazione e attraversano i binari senza fermarsi, incuranti della presenza di quegli individui che attendono con ansia di salirvi.

E io, Arthur Moore, so benissimo di non potervi più montare con la mia Lindsay, sebbene in questo preciso momento il semaforo verde abbia dato il via libera alla partenza di un altro treno e conseguentemente al mio definitivo avvicinamento a quella figura meravigliosa dagli occhi azzurri la cui profondità abissale mi lascia tuttora senza fiato, dinanzi a quello sguardo rappresentante un mare estremamente calmo, alle volte in tempesta. E adesso eccomi qui, a un passo da lei, invisibile eppure presente, ancora in preda all’infondata convinzione che ella possa vedermi comunque.

Ormai le sono davvero vicino, non manca che un solo centimetro di distanza alla silente contemplazione di quel volto dai lineamenti delicati cui sempre solevo perdermi. Proprio adesso le sono di fronte; mi sono chinato in ginocchio per osservarla ancora meglio, dritto negli occhi, con un sorriso che manifesta profonda ammirazione, accompagnato da un’altrettanta dose d’amore. Eppure lei non mi dice nulla, nemmeno una semplice parola, non un cenno, non un sorriso. Niente di niente… Continua a osservare la stazione sbattendo a malapena le palpebre, come fosse in preda a un’estasi mistica.

È vero, in effetti Lindsay non sa che ci siamo dati di nuovo appuntamento, ella non potrà davvero sincerarsi della mia silenziosa presenza. Ma in fin dei conti, anche se sono ormai fatto di puro spirito e sono membro effettivo del Paradiso insieme ad altri angeli, posso sempre prodigarmi nel dimostrarle che ci sarò comunque, seppure in modo diverso. Forse, posso ancora sperare che lei riconosca il profumo della mia invisibile esistenza e che possa finalmente strapparle un leggero sorriso. Quel sorriso che, incredibilmente, sembra d’un tratto concretizzarsi dietro quegli occhi chiari e splendenti di una malinconica – quanto sfolgorante – luce.





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