Spellcasters

di Mordekai
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6207° anno dalla Creazione Arcana. Palazzo degli Arcani, Cuore d’Ossidiana. Luogo ignoto.
 
Il Consiglio circondò il povero Sylren, devastato dall’improvvisa morte della sua unica figlia e anche gli Arcani cercarono di donare il loro cordoglio assicurandosi che avrebbe ricevuto una degna sepoltura.

‘’Qualcosa…qualcosa si è risvegliato!’’- esclamò improvvisamente Valazar osservandosi la mano avvolgersi in una spirale di piccole saette. Anche gli altri Arcani notarono quello strano fenomeno finché qualcuno li richiamò allarmato: sul corpo di Akhelia si formarono densi nubi scure che turbinarono minacciose prima che un bagliore impedisse a chiunque di vedere cosa stesse accadendo. Saette nere come la notte accompagnate da scintille viola si librarono nella sala, investendo i presenti e scaraventandoli sull’arredamento rovesciando stoviglie e cibarie varie. Gli stendardi si incendiarono in breve, le colonne persero parte del loro smalto prezioso, le decorazioni vennero distrutte e quell’energia si rivelò terrificante. Gli Arcani tentarono di contrastare quel violento potere, ma fallirono tutti:

‘’Cos’è quest’immensa aura che percepiamo, Carmun?’’- domandò Thegorin sconvolto dall’incontrollata forza proveniente dal corpo di Akhelia. Prima che l’Arcana potesse rispondere, così come tutto ebbe inizio cessò e la ragazza cadde stremata al suolo di nuovo. Viva e con del fumo che si innalzava da entrambe le mani. I Generali degli Arcani, anche loro ripresisi dal clamore, estrassero le loro armi incantate e circondarono la giovane. Uno di loro osservò terrorizzato i marchi presenti sui palmi delle mani e disse:

‘’Omega.’’

Lo stesso terrore e sensazione di apprensione si dipinse sul volto degli Arcani, nel mentre la confusione degli altri apprendisti divenne palpabile.

‘’Portatela al piano inferiore della Torre Centrale, a Brandigelo. Lì vedremo cosa fare. Messer Sylren, dovrà seguirci!’’- esclamò Re Oldor freddando con lo sguardo il padre di Akhelia, impallidito per quell’esplosione d’energia. I generali degli Otto Arcani recuperarono una pedana alimentata magicamente e, restando ai lati di essa, la trasportarono in quel luogo proibito a chiunque se non agli Anziani. Quest’ultimi erano allo stesso livello degli Arcani attuali, ma disponevano di una conoscenza molto vasta e profonda che andava oltre la comprensione umana ed erano molto irascibili quando qualcuno li interrompeva nelle meditazioni e non appena gli Arcani con il loro seguito si presentò al cospetto di tali uomini, gli sguardi truci dei presenti raggelò il sangue in Sylren, e non solo perché in quella gigantesca grotta vi erano pareti di ghiaccio e al centro di un lago gelido una spada conficcata in essa.

‘’Nobili Arcani, voi non siete autorizzati ad essere qui se non per ordine nostro! Perché trasportate quella pedana con una degli Impuri sopra? E perché le sue mani stanno brucian…’’- l’anziano si interruppe sia dal lisciarsi la lunga barba grigia che dal bacchettare i Nobili quando i suoi occhi restarono fissi sui due simboli presenti sui palmi di Akhelia.

‘’Isaiah, che accade?’’- domandò un secondo anziano che stava comunicando spiritualmente con le onde d’energia presenti nel luogo notando il suo improvviso silenzio, come gli altri presenti. L’uomo con gli occhi spalancati si volse ai suoi compagni:

‘’Furbeddam Mord!’’- bisbigliò con forza tremando dal terrore e tutti gli altri anziani raggiunsero come uno stormo di volatili la ragazza. Uno di loro, dal naso adunco e
occhiali piccoli, chiese se fosse una adepta già presente o meno. Quando rivelarono che tale ragazza aveva partecipato al Rituale e tutti gli otto artefatti la rifiutarono, pochi minuti dopo gli Arcani persero brevemente il controllo dei loro poteri e dal corpo della ragazza esplose un vortice d’oscurità, saette viola e fumo che riuscì a neutralizzare i poteri in un singolo colpo.

‘’Non può essere! Sono più di seimila anni che tale elemento non esiste più, ci siamo sbarazzati di lui non appena…’’- ma l’uomo dal naso adunco si interruppe notando che la ragazza si stava riprendendo dal suo sonno. Un altro Anziano, probabilmente il capo di tutti gli altri, giunse dal corridoio alle loro spalle indossando gli stessi abiti ma con uno scapolare rosso che copriva parte del petto e della schiena, con le braccia conserte dietro di essa. Osservò prima gli Anziani, poi gli Arcani, la ragazza ed infine Sylren con estrema lentezza.

‘’Lasciateci soli, per favore.’’- pronunciò l’uomo in una profonda voce, indicando Sylren e la ragazza distesa sulla pedana.

‘’Padre Barnaul non possiamo, la ragazza ha il Marchio Proibito sulle sue mani!’’- esclamò indispettito uno di loro, forse il più giovane nonostante le rughe e la pelle cascante delle guance confermava l’opposto.

‘’I miei occhi vedono perfettamente, caro Franz e la mia mente conosce il Marchio Proibito. Non devi insegnarmi queste cose se le conosco già. Non mi ripeterò una seconda volta…’’- rispose duramente Padre Barnaul indicando con il suo dito ossuto l’uscita. Quando tutti lasciarono il luogo, Padre Barnaul sospirò indispettito e si avvicinò al corpo della giovane ancora in uno stato di dormiveglia.

‘’Perché Akhelia è qui, figliolo? Pensavo che fosse scettica sull’importanza degli artefatti e ora siete entrambi qui!’’

‘’Non darmi la colpa, padre. Mia figlia, e tua nipote, è sì scettica ma preferisce guardare con i suoi occhi ciò che non può comprendere appieno e vorresti accusarmi di averla trascinata qui?’’- domandò evidentemente adirato il Capo del Consiglio Minore. Barnaul Vilbaar, padre di Sylren Vilbaar e Padre Superiore degli Anziani era una figura misteriosa e poco loquace. Quando parlava, la sua voce era piatta e pungente come aghi di pino e nei suoi occhi erano visibili fiamme di un tragico passato. Tutti evitavano di farlo adirare, persino gli Arcani stessi.

‘’Anche tu eri scettico trent’anni fa, finché sei degli otto artefatti ti hanno scelto come loro erede. Un qualcosa di unico, certo, ma il Marchio Proibito è pericoloso. Conosci la storia di come questi manufatti sono giunti a noi mortali?’’- chiese Barnaul, avvicinandosi ad una libreria per recuperare un tomo dalla copertina di pelle e gliela lanciò contro.

‘’Otto divinità che donarono all’umanità degli artefatti, di cui due unici per la loro forma e potere.’’- replicò brevemente Sylren, afferrando il tomo e aprendo le pagine che narravano tale leggenda. L’anziano sospirò e mosse la testa negando quanto detto da suo figlio.

‘’Gli Artefatti erano nove, non otto. L’unione di tutti ed otto i poteri in una sola essenza capace di amplificare l’energia o distruggerla definitivamente. Ed essendo l’ultimo era considerato quasi inutile dai suoi fratelli, un minuscolo frammento d’ossidiana acuminata. Tale divinità con il proprio dono stavano per svanire quando un uomo accolse dentro di sé quel potere, tanto da far sorridere la divinità. Un fatale errore.’’

Sylren notò che due pagine erano incollate tra loro da della cera e con cautela riuscì a staccarle, per rendersi conto che tutte e due i fogli erano dipinti di nero, eccetto la figura al centro che sembrava cambiare colore alle luci delle candele. Perplesso osservò suo padre maneggiare qualcosa stando vicino la credenza:

‘’Fatale errore? Di che stai parlando?’’

‘’Ti sei mai chiesto perché indossassi sempre dei guanti bianchi?’’- domandò di rimandò Barnaul prima di mostrarli e toglierseli lentamente.

‘’Perché uno Sciacallo d’Essenza tentò di assassinarti e tu usasti entrambe le mani come scudo.’’- rispose nuovamente Sylren, sospirando ulteriormente infastidito da quelle domande che sembravano non avere logica. Quando Barnaul si tolse i guanti e mostrò ciò che aveva sui palmi, il tomo cadde dalle mani del figlio emettendo un fragoroso suono che echeggiò in tutta la grotta.

‘’Quell’uomo ero io. Io fui il primo ad avere accolto l’Omega. Un potere oscuro, sconosciuto e pericoloso! Decisi di rilegarlo nel Vuoto, il regno dove nulla può fuggire e restarvi intrappolato per l’eternità. Questo avvenne nell’epoca 293 d’Urhald-an, Re dei Popoli, e da allora è tutta una menzogna. Ma adesso anche tua figlia è destinata a doversi nascondere, come ho fatto io in questi ultimi secoli.’’

‘’Mi stai dicendo che hai seimila duecentosette anni e che la tua ‘maledizione’ ti ha reso immortale?’’- domandò sbigottito Sylren per quella scoperta.

‘’L’Immortalità è un concetto ben diverso dal riuscire a rallentare il destino, solo che ne ho avuto abbastanza di essere testimone della nascita e caduta di così tanti imperi dall’essere dimenticati persino dai libri di storia. Gli unici che sono rimasti integri in tutto questo tempo sono gli Eremiti del Manto Nero.’’- aggiunse con malinconia prima di notare che sua nipote stava per svegliarsi. Abilmente, mosse le dita e paralizzò nel tempo la ragazza:

‘’Proteggi Akhelia a qualunque costo, Sylren. Sacrifica te stesso se serve, Demetra sarebbe orgogliosa di entrambi. Se solo fosse qui…’’
Sylren si congedò senza fiatare lasciando suo padre alla malinconia, portando con sé quella pedana fluttuante verso il piano terra della Torre, ove attendevano sia gli Arcani che i sottoposti insieme ad un Guaritore Bianco, il grado più alto della medicina della Repubblica delle Tre Spade. Quest’ultimo prese l’incarico così da lasciare i nove ospiti da soli.
 
-Ω-

Akhelia si risvegliò nuovamente immersa nel Vuoto, sullo stesso pavimento di mattonelle smaltate con incisioni antiche e a pochi passi da lei sedeva elegantemente il Nono Elemento. Il ghigno era scomparso, dando vita ad un volto umano se si potesse definire così, e la divinità sistemava diverse pedine fatte di cristallo su una scacchiera rotonda in legno di faggio. In un batter d’occhio, la ragazza si ritrovò seduta di fronte l’entità poggiata sulle sue mani che la osservava dai suoi occhi vacui per poi far voltare la scacchiera. Le pedine, otto di cristallo dai diversi colori e quattro di legno scuro, rappresentavano le divinità Arcane mentre gli altri quattro elementi comuni che si trovavano in natura.

‘’Sai giocare a Arc’deràs?’’- chiese il Nono Elemento, muovendo la prima pedina che formava una corona di foglie e rami e prese vita vibrando e generando piccoli rami.

‘’Il Gioco degli Arcani? Sì, quando avevo sette anni vinsi cinque sfide contro un mio amico d’infanzia facendolo piangere per l’umiliazione.’’- rispose Akhelia, spostando una pedina a forma di turbine d’acqua che bloccò quella avversaria nella sua gabbia. L’elemento Omega annuì muovendo verticalmente la pedina di ghiaccio che paralizzò a sua volta quella della ragazza, consentendogli di muovere di tre caselle quella del vento. Akhelia rispose con la stessa pedina ma posizionando quella del fuoco poco dietro riuscendo a muoversi di altre cinque caselle.

‘’Gioco? Per te è tutto un gioco? La vita, il tempo, il tuo destino…’’- replicò l’entità, spostando a sua volta la pedina dell’acqua e impedendo a quella del fuoco di muoversi oltre. La ragazza digrignò i denti e spostò la pedina della terra verso la fine della scacchiera ma Omega rispose con quella che rappresentava una saetta lucente. Anche le altre quattro pedine vennero mosse per alimentare o indebolire quelle Arcane in un crescendo di emozioni diverse così come le loro abilità.

‘’Ah, ti ho in pugno adesso!’’- asserì la ragazza, spostando la pedina del tempo al centro della scacchiera ma nulla accadde. Ogni pedina rimase lì, immobile subendo l’una gli effetti dell’altra come un magnete positivo che incontra la sua controparte.

‘’Ma che significa…? Le pedine…Loro…’’- balbettò incredula innanzi a quello strano ed inquietante colpo di scena.

‘’Loro dovevano tornare nella posizione originale, è esatto? Osserva la mia pedina del tempo.’’- sorrise l’entità, indicando che la sua unica pedina fosse rimasta immobile nella posizione originale. Un sorriso di soddisfazione si dipinse sul viso di Omega.

‘’Tutto ha un inizio, tutto ha una fine. Tu, impulsivamente, hai usato la pedina del tempo per sistemare gli errori ma ti ho già detto che il Tempo non muta il suo aspetto. Il suo corso è sempre lo stesso e andrebbe sfruttato così come è nato eppure voi commettete follie che vi impediscono di vivere. Ecco perché io non ho bisogno di usarla, ho una virtù che pochi possiedono. E questa è la mia prima vittoria dopo cinquecentomila duecento settanta tre pareggi contro me stesso.’’- e con quella frase, l’elemento afferrò la sua pedina e la fece cadere proprio sopra quella di Akhelia.
 
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Angolo dell'autore: Questo capitolo è diviso in due parti in quanto la seconda parte è ancora in fase di stesura, ma pian piano verrà aggiornata. Ho altre storie per mano da dover revisionare, quindi ci metterò un po'. Abbiate pazienza e perdonatemi. Buona lettura!




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