Il principe Playboy

di HyeSeok
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Era un appuntamento. Come poteva negarlo, quando Kyuhyun gli aveva tenuto la mano mentre camminavano verso Rockefeller Plaza, gli aveva versato del vino a pranzo e lgli aveva chiesto se avesse un fidanzato? Naturalmente era un appuntamento. Uno meraviglioso, che gli faceva battere il cuore e seccare la bocca e suscitava speranze senza nome dentro di lei. Eppure...
Non avrebbe portato da nessuna parte. Si trattava solo di un giorno. Un appuntamento unico. E quando Leeteuk fosse tornato il giorno seguente, lui e Kyuhyun si sarebbero occupati di affari e Sungmin non l’avrebbe mai, mai più rivisto.
Il che era un bene, si disse in tutta fretta, perché a dispetto di quanto Kyuhyun poteva essere affascinante in quel momento, i rotocalchi non mentivano poi così tanto. Le fotografie che aveva visto erano vere: lui era pur sempre un playboy con un uomo ad ogni braccio, che frequentava casinò e club delle città più mondane d’Europa. Non era certo il genere di uomo di cui poteva innamorarsi. Per non parlare dell’intera faccenda dell’essere di sangue reale, il che lo poneva definitivamente al di fuori della sua portata.
«Perché sei così accigliato?» gli domandò Kyuhyun.
Sungmin udì il divertimento nella sua voce e si girò verso di lui, ancor più accigliato. «Non lo sono.»
«Sì, lo sei.» Gli passò un dito in mezzo alla fronte. «E si vede bene qui, c’è una linea di preoccupazione.»
«Sto solo pensando» rispose lui, e lui scosse il capo.
«Meglio smettere. Pensare è pericoloso.»
«Detto da un accademico...»
«Pericoloso almeno per oggi. Godiamo di noi stessi, Sungmin.»
Annuì lentamente, rendendosi conto che lui stava stabilendo le regole. Quel giorno era per gioire, divertirsi e godere. Ovviamente Kyuhyun non voleva altro da lui. Così, perché lui doveva preoccuparsi del domani? «Okay» annuì, e lui gli strinse più forte la mano.
Alcuni minuti dopo erano entrambi sul ghiaccio. Sungmin non pattinava da anni, forse decenni, così era incerto sulle gambe, almeno finché Kyuhyun non l’afferrò per la vita. Lui avvertì il calore del suo corpo contro di sé, e con il supporto del suo braccio si unì alle sue scivolate.
«Pattini come se l’avessi sempre fatto» notò.
Kyuhyun sogghignò. «Ricordi la casa tra le montagne dove sono cresciuto?»
«Sì.»
«C’era anche un lago.»
«Ah. Capisco.»
«Anche tu non sei male, comunque» osservò lui, e prima che Sungmin potesse rispondere l’aveva fatto roteare in un circolo, ed lui lasciò uscire un piccolo grido.
«Kyuhyun...»
«Penso che sia la prima volta che hai detto volontariamente il mio nome.»
«Non stavo pensando...» confessò lui.
Lui rise piano, tirandolo verso di sé così che lui dovette sollevare il capo per guardare il suo viso sorridente. «Adesso hai capito.»
«È davvero così negativo pensare?» domandò Sungmin, e si meravigliò di quanto suonasse  a corto di fiato.
«A volte.»
«Quando per esempio?» Dischiuse le labbra mentre aspettava la sua risposta, e gli occhi di lui si oscurarono in un grigio cupo. Sollevò una mano per afferrargliil viso, che fece piegare un poco sotto il proprio.
«Adesso» affermò, e lo baciò.




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