massepain
Javert era compostamente seduto alla scrivania del suo ufficio a
Parigi, dove ormai lavorava come ispettore, un ruolo guadagnato dopo
anni di duro lavoro. Quella stanza era decisamente troppo raffinata per
uno come lui, abituato ai turni di guardia al Bagne de Toulon o al
piccolo dipartimento di Montreuil-sur-Mer; quella poltroncina in pelle
fin troppo soffice per le sue spalle rigide, quello scrittoio in stile
rococò troppo stravagante per i suoi gusti semplici, ma
almeno qui aveva finalmente una stufetta in ghisa, e di quest'ultima
non osava lamentarsi, non in quella piovosa giornata d'inizio
primavera, almeno; alcune volte però succedeva che vi
rimanesse troppo vicino per scaldarsi i garretti e finisse col
bruciarsi i lembi del pastrano, e in quel caso, solo in quel caso,
malediceva le stufe e chi le aveva inventate.
La pioggia,
affilata dalla tramontana, batteva senza sosta sui vetri opachi che lo
separavano dalla strada di fronte, creando un sottofondo sonoro
piacevole per i più poetici, stressante per i più
prosaici, e Javert faceva parte di questi ultimi. Exekias, invece,
faceva parte dei primi. Il ragazzetto, che in realtà aveva
sedici anni ma ne dimostrava molti di meno a causa della malnutrizione,
se ne stava coi palmi e col naso appiccicati alla finestra, guardando
all'esterno con meraviglia quel fenomeno del tutto naturale, mentre il
suo respiro caldo ne appannava il vetro, ad un ritmo regolare. Di tanto
in tanto si lasciava scappare qualche esclamazione nella sua lingua
madre, quando ad esempio un lampo squarciava le nubi plumbee o una
folata sconquassava e spezzava un ramo. Javert trovava a dir poco
snervante quel suo modo così infantile di osservare e
commentare il meteo, e già si stava pentendo di averlo
ospitato nel proprio studiolo. Tempo addietro, l'ispettore aveva
sventato un'aggressione ai suoi danni da parte di un trio di banditi,
che riuscirono ugualmente a portarsi via i suoi soldi. Da quel giorno
lì, il giovane non si era più staccato dal
gendarme, ed era a tutti gli effetti diventato il suo salta-fossi.
Rispetto agli altri monellacci di strada, Exekias non aveva mai
dimostrato timore davanti a Javert, bensì rispetto e
ammirazione, qualità che l'adulto apprezzava, contornate
tuttavia da un fanciullesco entusiasmo decisamente eccessivo. Ad ogni
modo, svolgeva bene il suo mestiere, e questo era l'importante.
«È
la prima volta che vedi la pioggia, sciagurato?».
Quella
domanda retorica sputata con un tono di stizza ruppe la monotonia dello
stillicidio. Javert aveva alzato la testa dalle proprie carte, per
puntare uno sguardo severo sul ragazzo, colpevole di aver riempito di
impronte l'invetriata.
«No
signore, assolutamente, ma ogni volta è come uno
spettacolo» replicò il galoppino, ancora incollato
all'impannata come una falena su una lampada.
«Uno
spettacolo!» esclamò l'altro, incredulo e seccato.
«bene, allora sarà un divertimento per te andare a
consegnare questa lettera alla Rue de l'Homme-Armé,
adesso» riprese, porgendogli la busta che aveva
precedentemente sigillato con cura.
«Ah,
proprio adesso?» chiese, staccandosi finalmente dall'infisso
per andare ad afferrare la missiva.
«Qualche
problema?» l'intonazione di Javert lasciava intendere che non
si accettavano rifiuti.
«Diluvia»
sussurrò con naturalezza.
«Quindi?
Sei forse fatto di marzapane?»
«Marza…pane?
Cos'è il marzapane, monsieur?»
«Santo
cielo, è quella cosa con cui fanno i petits-fours.
Vai!»
Ma il
garzone rimase lì impalato, a ruminare tra sé e
sé la parola "petits-fours", che faticava a pronunciare
bene, noncurante che Javert si fosse già spazientito e
avesse spezzato la penna con un gesto nervoso del pugno.
«E
quindi cosa c'è dentro?» incalzò.
«Mandorle. Acqua. Zucchero… e adesso vai, stai
perdendo tempo» elencò gli ingredienti a denti
serrati, quasi fossero parole maledette, sperando di aver colmato la
curiosità del giovane straniero.
«Solo
tre ingredienti? Per un nome così complesso? Oh! E voi
sapete prepararli, signore? Mi piacerebbe assaggiarli, un
giorno!»
L'uomo si
batté un palmo sulla fronte, pentendosi amaramente di aver
cacciato fuori quella parola, "marzapane", per primo. Aveva ormai
acceso il lato più curioso di Exekias, e quando il ragazzo
incalzava con le domande, non la finiva più. «Ma
ti sembro un pasticciere, per Dio? Cosa diamine vuoi che ne sappia il
sottoscritto? Occhio, razza di birbante, che se scopro che stai
tergiversando, non ci metto nulla a sbatterti fuori di qui a
calci» sbraitò finalmente Javert, riversando tutta
la rabbia repressa dall'inizio. Si alzò in piedi e gli
indicò la porta con un gesto furibondo
«vai!».
Exekias
chinò il capo, dispiaciuto di aver fatto adirare
l'ispettore. Non voleva fargli perdere tempo, era seriamente
incuriosito dal discorso, voleva saperne di più sulla
cultura parigina, era stufo di sentirsene escluso e di non conoscere
gran parte dei termini francesi. Si rigirò tra le dita la
lettera, rileggendo l'indirizzo, "Rue
de l'Homme-Armé-7", per sicurezza.
Era già la terza volta in una settimana che veniva mandato
lì. Ma su questo, non osava fare supposizioni di fronte a
Javert, era chiaro che si trattava di una faccenda privata e segreta.
L'aveva intuito dalle espressioni facciali che l'uomo assumeva quando
scriveva lettere indirizzate a quella via, per qualche minuto la ruga
costante tra i due occhi come un segno di collera pareva assopirsi, e
la curva delle labbra serrate sciogliersi appena in un effimero
sorriso. Ma erano solo attimi, poi l'ispettore tornava ad essere il
mastino di sempre.
Guardava
Exekias dall'alto, impettito, con le braccia conserte all'altezza del
torace, quella posa imperiosa che assumeva in automatico per risultare
più rigido e minaccioso, mentre attendeva che un comando
venisse eseguito. Tuttavia, quando sentì il proprio stomaco
protestare a causa del digiuno ( erano ormai le quattro di pomeriggio,
e Javert aveva saltato il pranzo, troppo preso dalla stesura del testo,
tanto che il cestino con le sue pagnotte farcite giaceva ancora
lì, chiuso vicino alla stufa, così che si
mantenessero al caldo) si sciolse appena, per dissimulare
quell'impellente appetito, tossicchiando e andando appunto a recuperare
il paniere in vimini. I due bei filoncini con del brie sarebbero
indubbiamente bastati a saziarlo, ma a furia di sentir parlare di
marzapane, mandorle e zucchero, una certa voglia di dolci acuita dal
languorino gli era proprio venuta. Non che Javert fosse un golosone,
non lo era mai stato, ma non poteva negare che concedersi uno
stuzzicante spuntino una tantum fosse un piccolo piacere innocente. In
quel momento, però, era di servizio e non se ne parlava di
recarsi ad una pasticceria per soddisfare uno sfizio personale,
assolutamente!
Il garzone
intanto aveva recuperato il proprio carrick, un "regalo"
dell'ispettore, e se l'era infilato alla bell'e meglio. Quel cappotto
scuro aveva i lembi bruciacchiati e alcune macchie indelebili qua e
là, e a causa di un lavaggio eseguito male si era ristretto
decisamente troppo per il corpo di Javert, motivo per cui aveva deciso
di cederlo a Exekias, più basso e assai più
magrolino di lui, poiché era di buona fattura e sarebbe
stato un peccato gettarlo via; almeno adesso scaldava e copriva quelle
clavicole sporgenti, altrimenti esposte alle correnti d'aria. La furia
dell'acquazzone si era un po' smorzata, ma non era cessata affatto. E
ora che ci pensava, Javert, se avesse mandato da Jean quello scricciolo
inzuppato e infreddolito, lui gli avrebbe risposto con una lettera
lunga dieci pagine per sgridarlo del suo comportamento negligente,
oppure avrebbe direttamente fatto irruzione nel suo ufficio con Exekias
tenuto sottobraccio a redarguirlo, senza remore, davanti a tutti.
Il solo
pensiero lo fece arrossire, una cosa simile non doveva succedere, per
nessun motivo al mondo. Sapeva quanto Jean ci tenesse a quei
monellacci, si sarebbe offeso molto se avesse avuto modo di vedere la
severità con cui egli trattava il proprio, e a quel punto
non sarebbero bastati fiori, messaggini e pasticcini a placarlo,
Valjean gli avrebbe chiesto di fare qualcosa di molto più
scomodo, come ad esempio chiedere scusa al diretto leso. In ginocchio.
«Bricconcello,
torna qua» lo richiamò immediatamente, sull'uscio
della porta. Exekias si voltò, sbalestrato, inclinando
appena la testolina adornata da mossi capelli castani in modo
interrogativo, aveva forse dimenticato qualcosa?
«Questa
la vuoi?» gli domandò l'ispettore, porgendogli una
delle due pagnotte ancora ben calde e croccanti. Il galoppino
annuì, con un ampio sorriso stampato sulla bocca,
afferrò la baguette e fece per andare via, ma venne
nuovamente bloccato dal superiore. «Se esci con quella tra le
mani, hai buone possibilità che ti venga rubata.
Siediti» gli esplicò con un tono più
pacato, ma comunque freddo, troppo orgoglioso per potergli rivelare le
sue reali premure riguardanti il tempaccio. «E se poi ti
rubassero anche la mia lettera? Carta e inchiostro costano, che ti
pensi?» continuò ancora un po' con la ramanzina,
avviandosi verso la finestra per consumare il pasto saltato e guardare
fuori, mentre Exekias prendeva posto sulla sedia di fronte alla
scrivania, per sbocconcellare con una certa foga.
Sotto di
loro, un via vai fluido di gente che correva a cercare riparo, altri
che si coprivano la testa con ombrelli improvvisati, usando
ciò che avevano, borse, cartelle o giacche, giovani signore
preoccupate di sollevarsi i bordi delle lunghe gonne per non farle
inzaccherare, carrozze che sfrecciavano a tutta velocità
noncuranti del rischio di incidenti o di schizzare di fango qualche
passante, negozianti che si premuravano di tener pulito l'ingresso
della loro bottega… nulla di nuovo sotto il plumbeo cielo
parigino e sotto lo sguardo di Javert, austero e sprezzante come al
solito. Almeno, Exekias sarebbe passato inosservato in quel tumulto,
nessuno avrebbe badato a lui. Quando entrambi ebbero finito di
manducare i rispettivi panini, il cielo si era leggermente rischiarato,
lasciando cadere solo un leggero e tenue piovischio. Niente
più tuoni e fulmini, la tramontana aveva ceduto il posto ad
una mite brezza. Il salta fossi aveva intuito che era arrivata l'ora di
muoversi, per cui dopo aver ringraziato il superiore per il pasto, si
era discretamente alzato dallo sgabello per sgusciare fuori, senza
troppe parole.
Era
già con un piede fuori, quando...
«Non
ancora, Exekias».
Per la terza
volta si ritrovò bloccato sull'uscio dall'imperioso ordine
di Javert.
«Dammi
le mani» esclamò il poliziotto, incamminandosi
verso di lui con passo felpato, le braccia dietro la schiena.
«Ah
signore! Perdonatemi, non era mia intenzione fare briciole sul vostro
banco! P-Pulisco subito, t-tutto quanto…!» il
ragazzo prese a tremare, forse aveva fatto adirare Javert a causa delle
molliche di pane involontariamente cadute sulla sua scrivania e sul
tappeto, o forse, per le impronte digitali che aveva lasciato sul
vetro? Bastava la minima disattenzione per far uscire fuori dai
gangheri quell'ispettore, questo l'aveva ormai carpito. Tirò
ugualmente fuori i palmi dalle larghe maniche del cappotto, strizzando
le palpebre in attesa di qualche manganellata punitiva.
«Questi
franchi… dovrebbero bastare».
Exekias
sentì solo il sussurro pensieroso di Javert, e qualcosa di
caldo e metallico ricadere nelle sue mani. Monete? Da quando in qua
Javert gli anticipava il pagamento di una commissione? Iniziava a
fidarsi?
«Stammi
a sentire, apri quelle orecchie: prima di attraversare la Senna, passa
per la Rue Saint-Jacques, c'è una pasticceria che fa
angolo…» disse invece il gendarme, allontanandosi
solo un momento per recuperare il paniere, ormai vuoto, e appenderlo
all'avambraccio del greco. «Con quei soldi, prendi due
guantiere di petits-fours e occultale in quel cestino, non deve vederle
nessuno. Poi recati alla via dell'indirizzo e consegnane una, la
più grande, insieme alla lettera. Intesi?»
parlò chiaro e conciso, scandendo lentamente le sillabe per
evitare fraintendimenti con lo straniero, che annuiva con attenzione.
«Sì
signore… e poi? Devo fare qualcos'altro per voi?»
domandò il ragazzo, mentre si sistemava il gruzzoletto e la
missiva nelle tasche, così da non perderli.
«No,
per oggi basta. Se dovessero avanzarti dei franchi, tieniteli. Poi
torna qui, immediatamente. Il marzapane va gustato quand'è
ancora fresco».
Angolo
dell'autore.
*
Salta fossi:
è un termine che ho trovato in un romanzo breve di
Honoré De Balzac, ovvero "Il colonnello Chabert" (1832),
si riferisce ad un giovane ragazzo che lavora come portaordini
all'interno di un ufficio.
Ho pensato che anche l'ispettore Javert
potesse averne uno ai suoi ordini, perché no! * non è mica un
patetico tentativo di infilarci un mio OC, nooooh! *
Tornando a noi,
se siete riusciti a leggere tutta la storia e siete arrivati fin qui,
i miei complimenti alla vostra pazienza. Ho da poco ripreso in mano I
Miserabili (che avevo letto due anni fa, circa), e se già da
prima
adoravo l'ispettore Javert, ora che ho scoperto l'esistenza della
shipping "Valvert", si salvi chi può. Credevo di essere
l'unico a shippare quei due mascalzoni, ma fortunatamente mi son
dovuto ricredere, yay! La one shot è stata scritta
abbastanza di
getto, senza pensarci troppo su, l'idea di uno Javert preso dal
languorino per i dolcetti francesi che decide di mandarne un po'
anche al suo Jean, insieme alle letterine, mi ha stuzzicato ed eccoci
qua. Ho inserito uno dei miei personaggi OC per fare un po' da
"collante", e perché ho trovato carina l'idea di mettere a
quei due un piccolo messo insospettabile che facesse da tramite. Non
potevo mica far andare l'ispettore di persona, no? O forse
sì…?
Anyway, spero che la storiella sia piaciuta, è la prima che
scrivo
su questo -meraviglioso- fandom. Au-revoir!
~Xavier
|