Buon Natale, Evans

di flyerthanwind
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«E se non dovesse piacerle?».
«Perché non dovrebbe piacerle?»
«Perché è un regalo stupido».
«Allora perché gliel'hai fatto?».
James Potter si passò le mani tra la zazzera di capelli corvini, frustrato. Stava camminando avanti e indietro per il suo dormitorio da ore ormai, facendo ondeggiare i drappeggi rossi e oro al suo passaggio. Poteva dire con esattezza che tra la porta del bagno e il letto di Felpato ci fossero dodici passi, mentre per raggiungere il letto di Lunastorta ce ne sarebbero voluti altri nove.
Non era nervoso, affatto, e se qualcuno avesse provato a dire il contrario l'avrebbe come minimo schiantato. O magari no, magari si sarebbe divertito a farlo soffrire un po', d'altronde doveva sfogare la sua frustrazione  in qualche modo.
Da quando Lunastorta gli aveva fatto notare che forse, se avesse smesso di comportarsi da perfetto idiota, avrebbe potuto avere qualche speranza con Lily, aveva deciso di darsi una regolata. Naturalmente la nomina a Caposcuola aveva aiutato, ma lo aveva anche costretto ad assumere un atteggiamento più maturo: niente più scherzi alle matricole, niente più danni nei confronti dei Serpeverde, ma soprattutto niente più fatture per Mocciosus.
James davvero faticava a trovare un senso a quella strana adorazione che Lily mostrava nei confronti di Piton. Lui la ignorava la maggior parte del tempo e, quando lei gli offriva il suo aiuto, tutto ciò che riceveva in cambio erano sguardi di disprezzo e parole al vetriolo. Non riusciva proprio a spiegarsi l'ostinazione della sua rossa preferita, ma quando aveva provato a chiederle qualche informazione in più lei l'aveva caldamente invitato a farsi gli affari propri.
A quel punto aveva desistito, non poteva permettere che un essere inutile come Mocciosus intaccasse il suo piano quinquennale per conquistarla.
Allora, per quanto gli fosse costato, aveva imparato a tenersi alla larga da lui e dai suoi capelli unticci, onde evitare di mandare in fumo quel briciolo di rapporto che era riuscito a costruire con lei. Questo, tuttavia, aveva eliminato il suo secondo sfogo preferito -il Quidditch era sempre imbattibile- dalla lista delle cose che lo facevano sentire meglio quand'era frustrato. 
Dunque, poiché recuperare la scopa e mettersi a cercare un boccino il ventidue dicembre non gli sembrava esattamente un'idea da Ordine di Merlino, optò per la terza scelta.
Arrestò la sua marcia davanti allo scrittoio di Lunastorta, dove un pila di pergamene accartocciate faceva bella mostra di sé nell'angolo a destra, bloccate dal suo calamaio. Remus era un perfezionista -o un secchione, come avrebbe precisato Felpato se James avesse espresso quel pensiero ad alta voce- per cui scriveva i saggi un'infinità volte, finché non li riteneva adatti a prendere un Eccezionale.
Naturalmente a loro faceva comodo avere un amico così diligente dal momento che rubavano le pergamene da lui scartate per copiare i compiti. 
Lupin era troppo sveglio per non accorgersene, ma non aveva mai detto nulla; anzi, spesso evitava di accartocciarle così da risparmiare loro persino l'onere di ricopiarle, potendo consegnare direttamente quelle.
James afferrò un pallina sotto l'occhio vispo di Lupin, che pur non alzando lo sguardo dal suo tomo di Trasfigurazione Avanzata stava seguendo i movimenti di Ramoso, pronto a intervenire quando la situazione sarebbe precipitata. Perché se c'era di mezzo James -e a breve anche Sirius- non c'era più alcun dubbio che la situazione sarebbe precipitata. I suoi capelli chiari ondeggiarono sul viso quando scosse lievemente il capo, rassegnato al titolo di arbitro che gli sarebbe toccato da lì a poco.
Infatti, come Lunastorta aveva giustamente ipotizzato, Ramoso scagliò la pallina di pergamena e inchiostro sulla testa di Codaliscia, colpendolo esattamente in mezzo alla fronte. 
Il povero Peter scosse la testa, impassibile, e sbatté le palpebre un paio di volte,  chiedendosi da fosse spuntata quella pergamena e perché gli avesse colpito la faccia mentre lui stava consumando i suoi agognati dolcetti. Quando si accorse che James stava per arrivargli addosso era ormai troppo tardi.
Il piccolo Minus si ritrovò tutta la mole da cercatore di James addosso in un attimo; il respiro che gli si mozzò in gola quando l'altro atterrò direttamente sul suo stomaco, facendogli sputacchiare rimasugli di cioccorana masticata che non aveva ancora ingoiato sotto gli incitamenti di Sirius.
Una risata roboante si infranse tra le mura della stanza mentre il sopracitato si metteva in piedi sul letto, incurante di indossare ancora le scarpe, e dopo un paio di saltelli si buttava addosso ai sui amici sotto l'urlo belluino di «ATTACCO CONGIUNTOOOO», allungando la o finale fino all'atterraggio.
James soffocò una risata, incassando il colpo con stoicismo e sferzando una serie di pugni verso il fianco del suo amico quando questo iniziò a dimenarsi col solo fine di gravare ulteriormente su Codaliscia.
Minus, d'altra parte, sembrava sul punto di implodere, con le labbra martoriate dai denti sporgenti da topo e gli occhietti ridotti a due fessure. Era completamente rosso in viso, con le gambe bloccate dai corpi di James e Sirius e le mani che battevano sull'ammasso di braccia e dorsi mentre lui annaspava alla ricerca d'aria.
Se non fosse intervenuto Remus, quei due l'avrebbero lasciato a soffocare finché non avesse perso i sensi. A quel punto, terribilmente preoccupati e rammaricati per quanto accaduto, sarebbero andati a chiedere il suo aiuto, per poi scusarsi con il povero Peter, da sempre bersaglio delle loro amichevoli malefatte.
«Così lo uccidete» li ammonì Remus, sguainando la bacchetta per allontanarli dal letto e spingendoli su due pareti opposte, appuntando le loro schiene contro il muro.
«Lunastorta, mettimi immediatamente giù!» si dimenò Sirius, mentre con le gambe all'aria cercava di liberarsi dall'incantesimo.
Non sopportava di essere costretto a fare qualcosa che non voleva, persino essere appiccicato contro il muro del suo dormitorio, e gliel'avrebbe sicuramente fatta pagare. D'altronde, dopo un'infanzia passata con quelle psicopatiche delle sue cugine Andromeda, Narcissa e Bellatrix, aveva fatto il callo ad ideare vendette in stile Black.
«Mi sgualcisci i vestiti, ho un appuntamento» si lamentò invece James, osservando con sguardo orripilato le pieghe che stava facendo il suo maglione.
Aveva deciso di indossarlo rosso non solo perché era il colore della sua Casa, ma anche perché quando lo aveva comprato aveva notato una discreta somiglianza con la chioma fluente di Lily e non aveva potuto lasciarsi scappare l'occasione di indossare qualcosa che le ricordasse lei.
Certo, sarebbe stato decisamente più contento se fossero stati direttamente i capelli di Lily a coprirgli il dorso, magari durante il lungo abbraccio che aveva intenzione di chiederle come saluto per le vacanze di Natale, ma intanto si era accontentato di un maglione.
«Dateci un taglio» li ammonì Remus prima di abbassare la bacchetta e farli atterrare sui loro piedi con due identici sguardi piccati.
Peter, intanto, aveva ripreso a respirare con fatica, gonfiando il petto e tossicchiando mentre si circondava il collo con le mani, forse sperando di riuscire ad allargarlo per poter incamerare un quantitativo maggiore di aria.
«Mi hai fatto sbattere la testa contro il muro, se mi viene una commozione cerebrale ti riterrò personalmente responsabile» berciò Ramoso, massaggiandosi la parte posteriore del capo con una smorfia di fastidio dipinta in volto.
«Secondo me è Lily che ha sbattuto la testa prima di accettare il tuo invito» ghignò Sirius, arricciando le labbra in un sorrisetto malandrino e avvicinandosi all'amico con passo felpato.
«Magari ha accettato solo per potergli dare buca e impartirgli una lezione» rincarò la dose Peter, con l'assalto a cui era appena sopravvissuto che ancora bruciava sulla pelle, scalpitando per ottenere vendetta.
James si immobilizzò sul posto, osservando Codaliscia con occhi assorti ma persi nel vuoto, mentre quell'insinuazione si scavava un percorso privilegiato per il suo cervello. Lily avrebbe potuto fare una cosa del genere?
Era certamente una cosa da lei rimproverarlo ogni due per tre e tentava di farlo rigare dritto da quando era stata nominata Prefetto al quinto anno, ma non aveva mai utilizzato la sua cotta stratosferica per un tornaconto personale, nonostante fosse perfettamente consapevole dell'ascendente che esercitava su di lui.
Lupin scosse la testa, rassegnato alla consapevolezza che i suoi amici non potessero sopravvivere senza punzecchiarsi vicendevolmente, e decise di intervenire prima che James stramazzasse al suolo e si lasciasse morire di inedia piuttosto che affrontare Lily Evans.
Purtroppo, però, fu anticipato da Sirius, che riscosse il suo amico con un sonoro scappellotto sul collo che lo fece sghignazzare divertito, seguito a ruota da Codaliscia.
«Felpato!» lo riprese James, massaggiandosi la parte lesa con le dita pallide e rifilandogli un paio di calci ben assestati lungo gli stinchi che lo fecero gemere, facendo sparire quel sorrisetto malandrino dal suo volto.
«Ramoso, sai che Lily non lo farebbe mai» Lunastorta si intromise fisicamente tra i due, evitando così che quel permaloso di Sirius potesse restituire i calci al suo amico con gli interessi.
Scoccò due identiche occhiate ammonitrici a Felpato e Codaliscia, comunicando loro con un unico sguardo che avrebbero fatto meglio a tacere se la mattina seguente non volevano svegliarsi in infermeria a causa di una fattura, infine tornò a rivolgere la sua più completa attenzione a James.
«Non è ora di andare?» domandò, picchiettando con delicatezza la sua spalla per infondergli un po' di quel coraggio a cui faceva riferimento la loro Casa.
«Giusto, se arrivo in ritardo mi schianta» si ridestò lui, setacciando con gli occhi la stanza col solo fine di temporeggiare prima di imboccare l'uscita.
«Non stai dimenticando qualcosa?» lo richiamò ancora Remus, mentre gli altri due sghignazzavano divertiti sui loro letti sfatti.
«No» asserì con sicurezza James, «Mantello preso, bacchetta ce l'ho, capelli a posto, denti lavati nel caso mi volesse fare un regal-» si arrestò mentre si passava una mano tra i capelli per spettinarli ulteriormente, poi con un sorriso mesto recuperò la scatolina sul suo scrittoio.
Il contenitore marrone, con due fessure su un lato, tremò tra la sue mani, sintomo che la creaturina al suo interno fosse viva e vegeta, al contrario di quanto scommesso da Sirius, il quale era convinto che l'avrebbe fatta morire prima ancora di poterla donare a Lily.
Se la rigirò tra le dita un paio di volte, facendo sbatacchiare la creaturina che mugolò, indispettita.
«E se non le piace?» domandò tremante, gli occhi scuri a causa delle pupille dilatate per il terrore.
«Oh, va al diavolo Ramoso!» Sirius scese dal letto con un balzo e con una spinta lo buttò fuori dal dormitorio, intimandogli che se non si fosse dato una mossa Lily gli avrebbe spezzato il collo, dopodiché gli chiuse la porta in faccia.
James era alquanto sicuro che la sua Lily non sarebbe mai stata capace di fare una cosa del genere, ma siccome voleva evitare di scoprire la verità si avviò verso il suo destino. Le assi delle scale scricchiolarono sotto i suoi passi pesanti ma non fece nulla per alleggerirli, riflettendo sul fatto che che pestare le scale poteva essere un buon modo per ridurre lo stress.
La Sala Comune era quasi deserta, solo il crepitio del caminetto accompagnava il suono cadenzato delle piume intinte nei calamai di quei pochi studenti che stavano svolgendo gli ultimi compiti prima delle vacanze natalizie. D'altronde quello era il momento più propizio per bighellonare nel castello, cosa sicuramente avrebbe fatto anche lui assieme ai suoi amici se Lily Evans non avesse accettato di fare una passeggiata nel parco innevato.
Salutò distrattamente qualche conoscente mentre varcava il quadro della Signora Grassa, trovandosi nel freddo e umido corridoio della Torre di Grifondoro. Le pareti rocciose costellate da quadri accompagnarono la sua discesa verso l'ingresso, ma non si soffermò a chiacchiere con loro come suo solito, perso tra i suoi pensieri.
Scese le scale prestando attenzione solamente ai loro cambiamenti, concentrato com'era a pensare ad interessanti argomenti di conversazione da poter proporre a Lily. Nelle loro precedenti uscite a Hogsmeade non si erano soffermati su qualcosa in particolare, lasciandosi condurre dagli spunti trovati sul momento.
Tuttavia James era terrorizzato dall'idea di non avere nulla di interessante da dirle, facendo così scemare l'interesse che lei aveva iniziato a provare nei suoi confronti.
Insomma, Lily non l'aveva ammesso apertamente, ma il bacio sulla guancia con cui aveva iniziato a salutarlo alla fine dei loro appuntamenti gli sembrava un buon presagio. Inoltre al mattino si avvicinava sempre a lui e ai ragazzi per augurare loro buongiorno, riservando solo a lui un occhiolino furbetto, e la sera, prima di salire nel suo dormitorio, scandagliava sempre la Sala Comune con lo sguardo per assicurarsi che fosse rientrato.
Raggiunto il maestoso portone di ingresso tirò un sospiro di sollievo nel constatare che la rossa non fosse ancora arrivata, ma si sarebbe volentieri morso la lingua se avesse saputo cosa lo aspettava.
«Oh, ma guarda chi c'è
Potter, la tua bella dov'è?» la vocetta stridula e cantilenante di Pix sorprese James alla spalle, costringendolo a voltarsi per fronteggiare lo spiritello che amava tormentare gli abitanti di Hogwarts.
«Dal Serveperde Piton io dico che è andata
Qualsiasi tua speranza è appena bruciata» proclamò con occhi spalancati, volteggiandogli intorno alla testa e tirandogli le ciocche corvine per infastidirlo.
«Smettila Pix» si lamentò James, proteggendosi con le mani dai suoi attacchi indesiderati. 
Non c'era studente o professore che, almeno una volta, non fosse stato attaccato dal Poltergeist, e nonostante i richiami lo spirito continuava ad aggirarsi indisturbato nel castello.
«Arrenditi, Potter, Evans non fa per te
Triste e solo dovrai rimaner» proclamò convinto, posando le sue scarpette da elfo sulla spalla di James per potergli tirare il cappello arancione sul viso.
Il ragazzo sguainò la bacchetta, deciso a schiantare lo spirito anche se tecnicamente non avrebbe dovuto -insomma, non era nelle regole, ma era sicuramente uno di quei consigli non scritti se si voleva sopravvivere a Hogwarts senza rischiare di morire a causa dei suoi scherzetti- quando la voce della diretta interessata lo riscosse, salvandolo da una fine infausta.
«Come dice, Ser Nicholas? Il Barone Sanguinario vuole fare un giro nel parco?» domandò con voce teatrale Lily, alzando il tono per farsi udire da Pix nonostante si trovasse nel corridoio precedente all'ingresso.
Il Poltergeist drizzò le orecchie, stropicciandosi il farfallino giallo con le sue dita ossute, poi si guardò intorno con circospezione e infine sparì nella direzione opposta a quella da cui provenivano i passi di Lily.
James si passò una mano tra i capelli per dargli una parvenza di senso dopo che Pix ci aveva messo le mani, ma quando la ragazza svoltò l'angolo con occhi semichiusi e una risatina trattenuta a malapena contro la stoffa del maglione verde che indossava, si incantò sul posto.
Aveva i capelli rossi e fluenti che le ricadevano morbidi sulle spalle, in parte trattenuti dal cappellino scuro che indossava e copriva le orecchie già arrossate dal freddo; gli occhi, risaltati dal maglione, sembravano brillare nella parziale oscurità del castello. Si mordicchiava le labbra per tentare di trattenere la risatina sottile che premeva per uscire, facendole tremolare la bocca rossa come un ciliegia.
«Potter, è mai possibile che, dovunque ci sia del baccano, ci sei sempre anche tu?» domandò Lily dopo essersi schiarita la voce, non riuscendo tuttavia a mascherare il tono divertito.
«Non vado in cerca di guai, di solito sono i guai che cercano me» si giustificò James con un alzata di spalle, districando le dita dal groviglio corvino in cui si trovavano per infilarsi la mano in tasca.
Si sentiva in imbarazzo poiché non sapeva come salutarla, in fondo era stata sempre lei a baciarlo per prima e prendere l'iniziativa avrebbe sancito la resa definitiva, le avrebbe dimostrato quanto smaniasse dalla voglia di sentire la sua pelle sotto le labbra, anche attraverso la cortina di capelli ramati che le incorniciava il viso, coprendole le guance.
La sua coscienza -che aveva una voce tremendamente simile a quella di Lunastorta- gli suggerì che tutta Hogwarts ormai era a conoscenza dei suoi sentimenti per la Evans, per cui tantovaleva provarci una volta per tutte. Al massimo, si disse, la ragazza gli avrebbe rifilato un due di picche -l'ennesimo di una lunga serie iniziata anni addietro.
E invece Lily non si mosse.
James si abbassò cauto, una mano a stringere il pacchetto dietro la schiena e l'altra che si avvicinava al viso di lei, appuntandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio intaccando così il capellino. Lily storse il naso in una buffa espressione, tirando i lembi di lana per non farli sollevare, e le sue gote si colorarono di un vivido rosso quando James finalmente vi posò le labbra. 
Indugiò solo pochi istanti, ad occhi chiusi per godersi il calore delle sue guance e lasciare che si irradiasse in lui, che gli scaldasse il petto e facesse pulsare il cuore a un ritmo impetuoso, come una fiamma che arde alimentata dal combustibile. 
Si allontanò con uno schiocco rumoroso, arrossendo a sua volta mentre si raddrizzava e osservava il parco stagliarsi davanti a loro.
La neve stava attecchendo al suolo, colorando di bianco il castello e formando un manto candido sul prato che rendeva Hogwarts ancora più magica. Eppure non sentiva freddo perché il calore emanato dalla ragazza al suo fianco era in grado di scaldarlo anche nel più gelido degli inverni.
Avanzò di qualche passo, attendendo che Lily si riprendesse, senza però voltarsi verso di lei prevedendo il suo imbarazzo; poteva diventare molto suscettibile e James voleva evitare di farla innervosire. 
Quando lei lo raggiunse camminarono fino alla panchina più lontana dal castello in silenzio, col vento che spirava e mandava fendenti sui loro visi arrossati, avvertendo i legnetti secchi sfrigolare sotto il manto innevato. 
Eppure quel silenzio sembrava carico di sensazioni, di parole taciute e promesse custodite in fondo all'anima, al riparo da orecchie indiscrete, atte solo a proteggere i loro giovani cuori dai dispiaceri e dalle delusioni.
James espirò rumorosamente un paio di volte, sbuffando nuvolette opache che parevano cariche di intenzioni represse, mentre un unico quesito affollava la sua mente: cosa poteva dire alla ragazza per cui aveva una cotta da sempre per fare colpo?
Ancora una volta fu Lily a prendere in mano la situazione, cucendosi un sorriso beato sulle labbra e voltandosi verso di lui per domandargli se quell'anno sarebbe tornato a casa per le vacanze di Natale.
«Sì ehm... Io torno a casa... E tu?» fu la sua placida risposta, mentre si insultava mentalmente per non essere riuscito a spiccicare parola nemmeno per tirare fuori un argomento tanto futile quanto le vacanze invernali.
«Anch'io».
Ancora silenzio, spezzato solamente dal bubolare di qualche gufo che picchiettava contro le finestre del castello alla ricerca di qualcuno a cui consegnare una lettera.
La gamba di James tremolava senza sosta, facendo infrangere il tallone sulla neve al ritmo cadenzato del battito del suo cuore, che nella sua corsa disperata sembrava incitarlo a fare qualcosa, qualsiasi cosa.
«Devo ancora comprare un regalo per mia sorella, quello di compleanno non le è piaciuto molto» continuò ancora, arricciando il naso in una smorfia dispiaciuta mentre un sorriso mesto le arcuava le labbra.
Il moro si riscosse a quelle parole, improvvisamente consapevole della sua mossa successiva. 
Alzò il capo in uno scatto, sforzandosi di sorridere entusiasta nonostante dai suoi occhi trapelasse una certa preoccupazione.
«Ho preso un regalo per te» le annunciò, prima di riflettere ancora e cambiare idea. Allungò il braccio con la scatolina nella sua direzione, spiando la reazione da sotto le ciglia.
«Per me?» domandò incredula Lily, spalancando gli occhi dalla sorpresa e schiudendo le labbra pur non avendo altre parole da aggiungere.
«Sì» rispose fiero James, beandosi di quello stupore un po' infantile che le illuminò il viso.
Lily sembrava felice come una bambina la mattina di Natale quando, scartando i regali, trovava esattamente ciò che più aveva desiderato.
«Grazie» biascicò con imbarazzo, prendendo la scatolina dalle mani del ragazzo e sussultando quando la sentì muoversi tra le sue dita pallide.
Sollevò lo sguardo sul moro, interdetta, ma tutto ciò che vide furono le labbra di James martoriate dai suoi denti e gli occhi nocciola fissi sul pacchetto, carichi di aspettativa.
Sfilò con delicatezza il laccetto di raso che lo teneva chiuso, infilando inavvertitamente un dito nell'apertura laterale e percependo subito qualcosa di umido sfiorarle il polpastrello.
Aprì la scatolina con la curiosità che le scorreva sotto pelle assieme al sangue, incitandola a scoprire cosa si fosse inventato quella volta James Potter per lasciarla senza parole.
Una palla di pelo color crema si agitava nel poco spazio a disposizione, fissandola con i suoi occhi grandi e il musetto dolce. Lily lo fissò per un po', azzardandosi a sfiorarlo con un dito e scoprendo quanto fosse soffice al tocco.
«È... un puffskein?» domandò, trovando la conferma alle sue ipotesi nel sorriso radioso di James.
Il ragazzo annuì, sinceramente felice che avesse apprezzato, poi si apprestò a fornirle una spiegazione che lo facesse apparire meno patetico di quanto già non si sentisse.
«I puffskeins sono piccoli e innocui, ho pensato che potessi tenerlo anche in un quartiere di babbani».
«Nemmeno mia sorella si accorgerà della sua presenza» ridacchiò la rossa, prendendolo tra le mani e portandoselo all'altezza del viso.
La creaturina aprì la bocca, mostrando una lingua rosata che allungò verso il suo viso, saggiando la pelle lentigginosa. 
Lily rise di gusto, arricciando il naso in una smorfia che fece ridere anche James di rimando.
«Non ridere, Potter» lo ammonì, spostando il puffskein su un solo palmo per poter posare l'altro sulla gamba di James in uno schiaffetto amichevole.
Il moro rise ancora, divertito dalla poca forza utilizzata da Lily per colpirlo, che di fatto l'aveva appena sfiorato facendo schioccare la mano sul tessuto consunto dei jeans.
Il puffskein, intanto, aveva adocchiato gli orecchini a cerchietto indossati da Lily e virò la lingua in quella direzione, infilandola sotto il lobo e avvolgendoli nel tentativo di rubacchiarli. 
La rossa inclinò il capo e avvertendo il solletico provocatele provò ad allontanare la creatura per impedirle di leccarle tutto l'orecchio.
James la osservò snudare i denti e socchiudere le palpebre, afferrando poi il puffskein con entrambe le mani per aiutarla a liberarsi.
«Direi che gli piaci» ridacchiò, carezzandogli la testa per coccolarlo mentre lei si passava la manica della felpa su quel lato del viso per pulirsi.
Lily si appuntò qualche ciocca ramata dietro l'orecchio, osservando da sotto le folte ciglia il puffskein che rubava le gelatine tutti i gusti più uno che James aveva estratto dalla tasca.
Si prese del tempo per studiare la premura con cui il moro lo stringeva tra le dita, carezzando quella morbidezza e ridacchiando quando la sua lingua rosata gli solleticava il palmo. Lo osservò senza nascondersi, mostrando apertamente il sorriso vivace che le si cucì sul viso, raggrinzendole il naso e illuminandole gli occhi.
Quando James si accorse che lei lo stava fissando sollevò lo sguardo, trovando i suoi occhi verdi già nei suoi. Le iridi di Lily non guizzarono altrove come al solito ma gli riempirono l'anima, solleticandogli la pelle e facendo riprendere al cuore quel ritmo frenetico che lo abbandonava di rado in sua presenza.
Se Felpato avesse potuto udire quei pensieri l'avrebbe sfottuto per l'eternità, ma davvero James credeva che il sangue che gli scorreva nelle vene fosse dello stesso colore dei suoi capelli, che lei gli fosse entrata dentro a tal punto da controllare le pulsazioni del suo cuore.
«Buon Natale, Evans» le disse, non riuscendo a trattenere l'ampio sorriso che gli si dipinse sul volto nel notare la sua espressione così allegra.
«Buon Natale, James» rispose Lily.
E infine lo baciò.

N.d'A.
Sì, lo confesso, sono terrorizzata.
Non ho mai scritto nulla sui Malandrini, mi sono sempre sembrati dei personaggi inarrivabili, troppo complessi da caratterizzare, troppo difficili da interpretare... 
Poi però è stato indetto un concorso di scrittura creativa e mi son detta ma sì, perché non provare a buttare giù qualcosa su di loro?
Ebbene, questo è quanto. Mi rendo conto che è una roba infinita ma, dopo le remore iniziali, mi sono fatta prendere la mano, per cui vi ringrazio anche solo per essere arrivati alla fine.
Siccome sono nuova in questo genere di contesto mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, cosa dovrei modificare e come potrei rendere più coerenti i personaggi. Grazie ❤️
flyerthanwind




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