Brevi
note riguardo al testo: la storia è ambientata in
Giappone,
nella città di Sendai, conosciuta anche col soprannome di
“città
degli alberi”.
In
quest'ultima si festeggia solitamente il più famoso festival
di
Tanabata (“Festa delle stelle”, da cui il titolo),
che consiste
in una festa tradizionale giapponese in cui le strade si illuminano
delle tipiche luci delle lampade di carta; tra le principali
decorazioni ci sono anche i tanzaku, piccole
strisce di carta
colorata su cui si possono scrivere i propri desideri e/o preghiere,
appendendole a dei rami di bambù.
Il
personaggio di Yuma è liberamente ispirato a Yuzuru Hanyu:
apparentemente non riesco più a scrivere nulla che non abbia
a che
fare con il pattinaggio artistico.
Viaggio
verso le stelle
Indipendentemente
da come è trascorsa la nostra infanzia, ognuno di noi ha il
compito
di sviluppare una sana autostima.
Le
premesse in base alle quali dobbiamo affrontare questo compito sono
evidentemente diverse: c'è chi fin dall'infanzia ha ricevuto
sufficiente fiducia nella vita e in se stesso, e c'è chi
invece da
bambino è stato sminuito e svalorizzato, per cui
farà più fatica a
realizzare il proprio compito.¹
Seduta
sul sedile di un anonimo treno diretto a nord, le parve, per un
attimo, che le righe del libro che stava leggendo si riferissero
proprio alla sua storia.
Dopotutto,
quello era uno dei motivi per cui aveva intrapreso quel viaggio:
aveva deciso di festeggiare la festa del Tanabata
con Yuma, relegando deliberatamente il padre nella piccola
casa di Kyoto attraverso la plausibile scusa dell'imminente partenza
del cugino.
Alzò
lo sguardo dalle pagine, posandolo sugli alberi che scorrevano fuori
dal finestrino, su cui il volto spento splendeva riflesso nel vetro.
Aveva
da poco compiuto vent'anni, quell'anima in fuga dalla provincia:
l'anno delle responsabilità²
era
iniziato, ma nulla era cambiato realmente nella sua vita; qualcosa la
teneva ancorata a quel luogo, alla casa in cui la sua famiglia, un
tempo, aveva vissuto felice.
Riconobbe
la stazione e comprese di essere finalmente vicina al fratello
mancato che il fato le aveva regalato, colui che poteva incontrare
soltanto durante le vacanze, ma su cui faceva affidamento da sempre:
Yuma era l'unica ragione per cui, forse, valesse la pena trovarsi
ancora in Giappone, anche se lui viveva altrove, anche se le aveva
chiesto infinite volte di seguirlo in Canada, dove lavorava.
Quando
i passeggeri cominciarono a scendere dal treno, Rika si accorse di
avere ancora il libro spalancato sulle ginocchia. Non aveva
proseguito nella lettura; si era invece fermata a riflettere su
quella frase che tanto le ricordava l’infanzia.
C'è
chi invece da bambino è stato sminuito e svalorizzato, per
cui farà
più fatica a realizzare il proprio compito.
Era
questo che le impediva di parlare chiaramente a suo padre, di mollare
l'università e inseguire i propri sogni?
Infilò
il libro nello zaino in uno scatto, per poi avviarsi verso l'uscita.
Se i conti erano esatti, avrebbe raggiunto la casa degli zii in una
quindicina di minuti.
«Mi
dispiace non poter venire a prenderti alla stazione» le aveva
detto
Yuma il giorno prima per telefono, «ma di sicuro qualcuno mi
riconoscerebbe e non ho proprio voglia di sedare fans
impazziti!»
Rika
lo comprendeva, lui era ormai un uomo affermato e di successo,
soprattutto nella città d’origine: a lei, invece,
una breve
camminata tra la gente non sarebbe costata nulla.
Magari,
nel tragitto, si sarebbe anche potuta fermare ad acquistare qualche
dorayaki³ da
gustare in compagnia.
Per
strada lanciò un'occhiata al cellulare, indecisa se
infilarsi o meno
le cuffiette, scoprendoci un messaggio di Emi: si trattava di una
donna di quasi dieci anni in più di lei, ma incredibilmente
divertente e bizzarra; soprattutto, Emi era l’unica persona
con cui
fosse riuscita a legare negli anni universitari.
Emi
– ore 15:37
Se
lo becco per strada gli tiro una testata che si ricorderà
per il
resto della vita! È stato davvero cattivo con te…
Comunque
ora ti aggiungo nel gruppo del libro.
Ps.
Ieri sono uscita con Jun ;)
Il
soggetto della conversazione era il bel tenebroso,
come
l’aveva soprannominato l’amica, nonché
il ragazzo con cui Rika
aveva avuto una relazione prima che scomparisse all'improvviso.
Ripose
il cellulare nello zaino senza rispondere, velocizzando il passo.
Brandon se n'era andato senza nemmeno salutarla, da un giorno
all’altro: per sei mesi non l’aveva più
contattata, fino a
quando, un paio di settimane prima, con sua immensa sorpresa l'aveva
informata di essere tornato in Giappone.
Una
smorfia le si disegnò d'istinto sul volto. Questa volta era
stata
lei a ignorarlo, sperando ardentemente di non incontrarlo per le
strade della città.
Ci
avrebbe messo la mano sul fuoco: non sarebbe mai tornata insieme a
lui, né l'avrebbe mai perdonato, nemmeno se le avessero
offerto del
denaro.
Se
solo avesse potuto rimanere vicino a suo cugino...
«Rika-san!»
la chiamò qualcuno, costringendola a voltarsi.
Yuma
viveva nella città più grande del Tōhoku⁴
e la ragazza non si era mai abituata a quel continuo susseguirsi di
volti sconosciuti. Nella città degli alberi era tutto
diverso
rispetto al paese di provincia in cui era cresciuta e ogni volta che
la visitava le pareva di non averla mai vista prima.
«Rika,
è un piacere rivederti!» esclamò una
donna, «Yuma ti sta
aspettando».
Era
sua zia, l'unica sorella di sua madre e l'unico membro della famiglia
ad essere ancora in vita.
«Come
ti sei fatta bella» la sentì mormorare sfiorandole
i capelli, per
poi allontanarsi con un sorriso, proseguendo per la sua via.
«Torno
per cena!» la salutò.
Quando
arrivò a casa del cugino scoprì che l'albero
d'acero in giardino
anche quell'anno era cresciuto un bel po'. Non appena la vide,
probabilmente dalla finestra della sua stanza, Yuma corse
giù per le
scale spalancando la porta.
«Itoko-san!⁵»
esclamò entusiasta, come se il cancello che li separava non
esistesse. «Come sono felice che tu sia qui!»
l'udì mormorare al
suo orecchio non appena la strinse fra le braccia.
Il
loro rapporto era sempre stato così: venivano spesso
scambiati per
fratelli, complice anche la somiglianza fisica e caratteriale.
E,
in verità, era ciò che si consideravano entrambi.
«Non
mi sono dimenticata le estati passate ad osservare il
cielo...»
sussurrò lei in tutta risposta, «non mi sono
dimenticata come
festeggiavamo il Tanabata insieme da bambini»
continuò,
catapultando entrambi nel baratro dei ricordi.
La
morte precoce della madre non aveva offuscato la sua memoria:
rammentava bene la serenità che avvolgeva i loro cuori
quando la
donna si apprestava ad appendere i tanzaku
con
indosso il suo kimono migliore.
Poi
si staccarono, entrando in casa: lo sguardo di Yuma colse subito il
libro che la ragazza aveva tirato fuori dallo zaino insieme al resto
dei vestiti. «Che cosa stai leggendo?»
domandò aguzzando la vista
per scorgerne il titolo.
La
giovane abbozzò un sorriso: «Conosco un gioco
bellissimo che mi
sono inventata molto tempo fa quando avevo appena imparato a leggere.
Ogni sera, quando vado a dormire, fingo di essere l'eroina –
la
protagonista, anzi – del libro che sto leggendo. In questo
momento
sono Ofelia, un'Ofelia così sensibile! Tengo allegro il
povero
Amleto, lo coccolo, lo rimprovero e gli metto una sciarpa al collo se
ha il raffreddore...»⁶
«Non
cercare di fregarmi» borbottò il cugino in tutta
risposta, «non
porteresti mai qualche tragedia del tuo amato Shakespeare in uno
zaino da quattro soldi come quello! Piuttosto la lasceresti a marcire
anni su uno scaffale pur di non rovinarla!»
Le
labbra di Rika si aprirono in un enorme sorriso: talvolta dimenticava
che Yuma la conosceva meglio del suo stesso padre.
Non
si era mai soffermata troppo a pensarci, ma non era difficile per lei
riconoscersi in Ofelia: una giovane donna delusa dall'amore, dalle
parole del principe che aveva posto la propria vendetta al di sopra
del suo desiderio romantico.
Si
sedette sul divano, poggiando il libro da una parte. Il suo dramma,
tuttavia, non si sarebbe mai concluso con la morte: per nessuna
ragione lei sarebbe divenuta tanto folle e triste da togliersi la
vita.
Non
le importava nemmeno se Brandon soffrisse a causa sua,
perché in
fondo se lo meritava. Non aveva idea di che cosa avesse fatto in quei
duecento giorni lontano da Kyoto e da lei.
Da
quanto ne sapeva, poteva anche averla tradita e difficilmente
comprendeva il motivo per cui fosse tornato in Giappone.
Tastò
il cellulare posto nella tasca esterna dello zaino: forse doveva
affrontarlo, dirgli che non le importava più di nulla, che
per lei
poteva anche andarsene al diavolo, quel bastardo senza cuore.
Eppure...
eppure, al suo pensiero qualcosa ancora si accendeva nel suo cuore.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, Rika sapeva che l'amore non si
era assopito del tutto; al contrario, se possibile, da quando era
tornato era divenuto più forte di prima.
Puntò
lo sguardo sul viso di Yuma, ancora in piedi davanti a lei: appariva
quasi un dio da quell'angolazione, i capelli neri e setosi ad
incorniciargli il viso dalla forma eternamente infantile.
Avrebbe
tanto voluto sfogarsi con lui, con qualcuno che l'avrebbe ascoltata
senza giudicare, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di turbare la
serenità che aveva disegnata in volto.
«So
che c'è qualcosa che non va» mormorò il
ragazzo, quasi leggendole
nel pensiero. «Ti do il tempo di una doccia per pensare a
come
dirmelo».
Un
sorriso si disegnò d'istinto sulle labbra dei due giovani
cugini.
«Tra
un paio di settimane dovrò ripartire e non ho affatto voglia
di
vederti triste!»
Poi
afferrò lo zaino ricolmo di vestiti per portarlo nella
stanza degli
ospiti.
Seguendolo
per le scale, le tornarono improvvisamente alla mente i dorayaki che
avrebbe voluto regalargli.
Era
talmente sovrappensiero durante il tragitto verso casa che aveva a
malapena udito la voce di sua zia chiamare il suo nome.
«Grazie,
Doraemon» ammiccò la giovane,
chiudendo la porta della
stanza dietro di sé. La sua dolce passione gli aveva fatto
guadagnare il buffo soprannome del gatto che si divertivano a
guardare insieme da bambini.
Prima
di spogliarsi, Rika si soffermò un istante ad osservare il
paesaggio
fuori dalla finestra: da quel lato della casa si poteva ancora
scorgere la fila di alberi che circondava il parco di fronte, proprio
come in passato.
Poi
posò lo sguardo sul cellulare: una serie di messaggi
inondava la
chat di gruppo in cui la sua amica Emi l'aveva infilata in vista
della pubblicazione del suo nuovo libro.
Suzu
– ore 16:04
E
che mi dici di Hermione e Ron?
Ps:
Sono molto orgogliosa di te, tesoro.
Erika
– ore 16:07
Sì!
Voi due siete la mia storia d'amore preferita tra tutte. Beh, a parte
Elizabeth e Mr. Darcy: nessuno può battere quei due. Non
vedo l'ora
di leggere il tuo libro, mia cara autrice!
Jun
– ore 16:12
Di
nuovo nessun commento? Stai perdendo colpi, Emi-chan.
Ps.
È stato bello conoscerti finalmente ieri. Sei una grande
baciatrice!
:)
Emi
– ore 16:14
Potresti
non pubblicizzare online, davanti a tutto il mondo, la mia
abilità
nel baciare?
Ps.
Neanche tu sei malaccio ;)⁷
Rika
sorrise, poggiando il telefono sul letto.
Voleva
solo godersi la sua festa preferita nella città in cui aveva
lasciato il cuore.
¹
Citazione tratta dal libro “Autostima e accettazione
dell'ombra”
di Anselm Grün.
²
In Giappone la maggiore età si raggiunge a vent'anni.
Verrà
abbassata a diciotto anni a partire dal 1° aprile 2022.
³
I dorayaki sono dei dolcetti giapponesi composti da due pancakes
ripieni di salse tipiche o cioccolato. Come viene menzionato
più
avanti nel testo, si tratta dei dolci preferiti di Doraemon, un gatto
robot in grado di provare emozioni umane.
⁴
La
regione del Tōhoku è una delle otto regioni del Giappone.
⁵
“Itoko”
significa “cugino/a” in lingua giapponese.
⁶
Citazione
tratta dal libro “Papà Gambalunga” di
Jean Webster.
⁷
L'intera
chat consiste in una conversazione avvenuta in un forum e pubblicata
nel libro “La vita inizia quando trovi il libro
giusto” di Ali
Berg e Michelle Kalus.
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