Avvolto
dal rosso
Le
stelle del cielo notturno erano coperte da dei pesanti nuvoloni, fuori
dalla finestra.
Rosario
guardava la luce rossastra delle alte fiamme sfrigolanti nel camino.
Espirò pesantemente e si voltò, Ivan era steso a
faccia in giù nel letto. La testa calva riportava delle
piccole cicatrici, le stesse molto più grandi, sempre con il
taglio di una forbice, a scavare la sua schiena.
Alti
demoni rossi si alzavano ai lati delle pareti, incappucciati, cantavano
canti religiosi storpiati.
Rosario
serrò gli occhi, rabbrividendo.
“Cosa
ti succede? Cos’hai, boss?!” gemette Rosario,
vedendo il russo ripiegarsi su se stesso.
Quest’ultimo
gettò indietro la testa, urlando, i suoi occhi divennero
bianchi. Le sue gambe si ripiegarono, i peli strapparono i suoi
pantaloni, mentre diventavano zampe caprine ripiegate,
un’impalcatura di corna crebbe sulla sua testa.
“Aiuto!
Aiuto! Hibari ,
aiuto! Qualcuno!” invocò il Capitano dei
Varia.
Il
demone lo raggiunse con un colpo, all’impatto la sua vista si
riempì di rosso. Il suo sangue macchiò il
pavimento con uno schizzo.
<
Come faccio ad essere vivo? Mi chiedo se sia successo davvero >
pensò Rosario, massaggiandosi la gola.
Guardò
la lama di un pugnale, posato sul comodino di Terzo Vongola e sorrise.
“Tieni
questo. Lui è come me, la lama che ti difenderà
sempre” disse Rosario, porgendo un pugnale ad Ivan, che lo
afferrò con dita tremanti.
Sentì
Ivan sbadigliare e borbottare qualcosa. Afferrò un laccio
dal comodino e lo utilizzò per legarsi i capelli, piegandosi
in avanti.
“Boss?”
domandò.
Ivan
socchiuse gli occhi e con la mano massiccia lo afferrò per
la coda di cavallo, traendolo a sé.
Le
loro figure erano in parte coperte dai drappi rossi che calavano dal
baldacchino del grande letto.
“Tu
sei la mia tentazione” soffiò Ivan, posando un
bacio sulle labbra di Rosario.
“Dovreste
riposare, tra poche ore dovrete recitare le preghiere del
mattino” gli ricordò dolcemente il Capitano dei
Varia.
Ivan
lo fece stendere sulle lenzuola candide, che con l’unica
fonte di luce nella stanza, diventavano rosso sangue.
<
Mi distruggerai > pensò il russo.
Accarezzò i fianchi dello spadaccino, posandogli una serie
di baci nell’incavo del collo.
“Ho
poche ore prima di vederti tornare da tua moglie, fammene
approfittare” soffiò.
“Mi
avete sposato voi a lei” gli ricordò Rosario,
coricandosi sul suo petto villoso.
<
Ed io gliel’ho permesso. Non so di preciso quando mi sono
così legato a lui dall’essere pronto ad
attraversare una strada con gli occhi bendati, durante il passaggio di
carri e carrozze > pensò.
Ivan
lo guardò con occhi desiderosi, soffiando: “Sei
così bello”. Gli mordicchiò il labbro e
lo succhiò. “Il rosso ti dona”. Aggiunse.
<
Sento la mancanza di quando era riuscito ad essere allegro. Volando per
queste sale, accompagnato dai bambini, lontano dalla Russia, sembrava
un altro.
Quando
è con me, però, sembra quasi più
dolce, come se potessi col tempo curare le sue pene, risanare le sue
cicatrici.
Tutto
il resto è solo un orribile brutto sogno >
pensò Rosario, rabbrividendo. Sentiva una sensazione di gelo
all’altezza del petto, a cui corrispondeva uno strato di
ghiaccio che si formava sulle finestre.
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