La
forchetta di Quarto
Igor
raggiunse con un calcio ciò che rimaneva della porta della
carrozza e ne uscì fuori, si fece largo tra pezzi di legno,
lamiere d’oro e pezzi di cristallo. Si graffiò le
braccia e il viso, fece una capriola e si rimise in piedi. Il sudore
gli scivolava lungo il viso squadrato, finendogli nella massiccia barba.
“C’è
mancato un pelo” esalò. Cercò di
guardarsi intorno, la luce della luna che s’infiltrava tra
gli alberi della foresta illuminava la scarpata intorno a loro.
Un
odore forte e stomacante gli punse le narici, si voltò e
vide il cadavere del cocchiere, sporco di sangue, schiacciato dalle due
carcasse dei cavalli.
Igor
si piegò in avanti e vomitò, scuotendo il capo.
Si allontanò correndo, si arrampicò lungo la
molle parete di fango della scarpata facendo leva con le gambe,
utilizzando rocce e radici. Raggiunse la strada, tremando per il
freddo, il fiato si condensava davanti al suo viso.
Proseguì, il battito cardiaco gli accelerò,
notando una civetta bianca volare sopra di lui, mentre si alzava una
leggera nebbiolina.
<
Sembra una di quelle notti di cui mi parlava il mio tutore.
Sì, una di quelle in cui i morti camminano sulla Terra
> pensò.
‘
Angel
gli passò la mano tra i capelli mori, scompigliandoli. I
suoi capelli color dell’oro, dello stesso colore delle sue
iridi, e della sua barba, erano illuminati dalla luce delle lampade.
“Ricordati.
In quelle notti il paese si popola di demoni e yokai. Persino Terzo
Vongola, tuo nonno, diventa demone” spiegò.
Igor
annuì.
“Quando
mio fratello Domenico sarà diventato Boss dei Vongola gli
darà la caccia e saremo liberi” disse con tono
sicuro.
“Non
dimenticare un’altra cosa. Attento a ciò che
desideri in quella notte, potrebbe avverarsi” lo mise in
guardia il padre adottivo.
‘
<
Capito Igor? In questa notte stai bene attento a ciò che
desideri: potrebbe avverarsi > pensò Igor. Vide in
lontananza una locanda. < Quello puzza di posto infestato.
Sì, sembra la locanda da cui mi metteva in guardia Angel
>.
“Promettimelo,
quando lo vedrai gli dirai che lo ami. Il fantasma delle
rose…”. Iniziò a cantare con voce
possente. Si voltò e si mise in marcia nella direzione
opposta, svoltò un paio di volte seguendo il sentiero e si
ritrovò davanti la stessa locanda. Uscì dal
sentiero e si mise a correre, qualunque direzione prendesse la locanda
era sempre alla medesima distanza da lui, riproponendosi.
Iniziò
a piovere, la luce aranciata che filtrava dalle finestre sembrava calda.
Igor
starnutì rumorosamente e si grattò la testa.
“Sono disarmato, ma penso che l’incantesimo non mi
lascerà andare finché non sarò entrato
e non avrò affrontato il pericolo”. Si
frugò nelle tasche del pastrano, sorrise trovando una
forchetta con lo stemma dei Vongola. “Userò
questa, se non ho altro” si disse. Infuse le sue fiamme del
Cielo nella posata e si avviò con passo spedito.
<
In una notte come questa morì mio fratello, ed ora di lui mi
resta solo una boccetta di sangue come reliquia >
pensò.
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