Un tiepido sole filtrava dalle finestre, illuminando i
quadri antichi della casa del Governo Britannico. Mycroft attraversò rapido il
corridoio antico e si diresse nella sua camera. Aveva davanti una giornata
impegnativa. Non che fosse faticosa fisicamente, ma sfibrante sotto tutti i
punti di vista, quello sì.” Indossò un completo blu tre pezzi, che riteneva
adatto alla carica che ricopriva. Scelse con cura la cravatta azzurra con
sottili righe bianche, e il fermacravatte argentato fu appuntato con
accuratezza. Aprì il cassetto e prese il suo orologio con la catena argentata e
lo sistemò nel taschino. Sospirò inquieto. Oggi era il programmato incontro
con Eurus alla presenza della sua incantevole famiglia. Avrebbe preferito una
riunione al gabinetto del parlamento, dove tutti si detestavano amorevolmente,
piuttosto che andare a Sherrinford. Ma una promessa andava mantenuta specie se
fatta al suo cocciuto fratello, che aveva deciso di suonare per lei tutti i
mesi.
Sherlock,
che spreco di tempo pensava assorto.
Il cellulare vibrò nella tasca di Microft. Chi poteva
essere a quell’ora se non Sherlock.
“Che c’è fratellino, non sono in ritardo, non lo sono mai.
Dì veloce cosa vuoi.”
“Credevo te ne fossi scordato del nostro appuntamento.
Faresti di tutto per non venire.”
“Mi sottovaluti fratellino se prendo un impegno lo mantengo.
Sarò all’eliporto tra poco. Quindi non mi infastidire e non farmi perdere
tempo.” Mycroft chiuse la conversazione e uscì.
Sherrinford era tetra come sempre. La famiglia al completo
viaggiava verso l’isola. Sua madre Violet aveva superato la paura del volo pur
di vedere Eurus. Mycroft si chiedeva a cosa servisse tutta quella sceneggiata
che Sherlock si ostinava a portare avanti. Eurus era chissà dove con la sua
mente così eccezionale ma malata. Così malvagiamente omicida. Mycroft era
disgustato, e Sherlock probabilmente lo vedeva dalla sua faccia, ma taceva. Si
girò a osservare il mare agitato sotto di loro, come tutto il suo stomaco,
mentre si avvicinavano alla meta.
Cosa ci
faccio qui sopra, per quale stupido motivo mi trovo qui
Andarono tutti insieme verso la prigione di vetro che
tratteneva Eurus, senza parlare, così silenziosi. Odiò quel momento Mycroft, e
se ne sorprese, lui detestava l’emotività. Cercò di essere razionale.
Sherlock lo osservava, se il suo volto tradiva qualcosa lui
lo avrebbe letto. Cercò di non pensare più a niente, assolutamente al niente.
Sherlock prese il violino e suonò come sapeva fare in quei
momenti, e Eurus lo seguì. Ma mentre si avvicinava al vetro per suonare
Mycroft ebbe la sensazione che lei lo avesse fissato. Per pochi secondi. Quello
sguardo vitreo si era appoggiato nei suoi occhi. Gli salì la nausea e il
fastidio. Lei non aveva dato più segni di reazione, eppure lo stava chiamando. La
sentiva nella sua testa.
Lasciami
Eurus, se ne accorgeranno, devo mentire ancora?
Doveva andarsene, si scusò con la madre e uscì. Si allontanò
velocemente per pulire la sua mente da quell’interferenza che grazie a dio
cessò. Ma era sconvolto e doveva riprendersi in fretta, i suoi genitori e
soprattutto Sherlock non dovevano capire la sua difficoltà.
Si ricompose rapidamente e li attese nella sala grande. Sua
madre lo guardò irritata.
“Mycroft era necessario uscire così. Spero avessi dei buoni
motivi. Tua sorella ha suonato bene, dobbiamo incoraggiarla.”
“Mi sono ricordato di una telefonata importante che dovevo
fare. Madre scusa, non accadrà più”
Mycroft cercava di finire presto la discussione, come scusa
era banale ma funzionò almeno per loro. Ma Sherlock lo continuava a studiare
silenzioso. Quando i genitori si allontanarono cominciò.
“Che scusa banale fratello. Certe volte mi fai dubitare
della tua intelligenza, cosa ti è preso. E’ tutta oggi che sei assente.”
“Quello che ho appena detto fratellino. Sei tu che vedi problemi
ovunque. Non può essere che una banalità almeno una volta?”
“Non da te Mycroft, se così preciso che non ti sarebbe certo
sfuggita una telefonata così importante. “
“Mi stai stancando e la giornata è ancora lunga. Fammi
arrivare a sera indenne.” Mycroft afferrò l’amato ombrello e se ne andò.
Meglio non affrontare Sherlock adesso. Avrebbe irrimediabilmente perso.
Mycroft lasciò passare alcuni giorni. Ma gli occhi di Eurus
lo perseguitavano e la sua voce entrava nel suo cervello. Lei voleva vederlo, e
lo voleva solo. Così si decise e preparò il suo piano. Sapeva quanto fosse
pericolosa Eurus. Chiamò Sherrinford e fece installare una telecamera nascosta
soprattutto a lei, nella sua prigione di vetri. Eurus era abilissima a
bloccarle. Non voleva correre rischi e nel caso le cose fossero precipitate
voleva lasciare una testimonianza video. Decise il giorno e si preparò con
fermezza. Lasciò Sherlock all’oscuro di tutto perché il fratellino era l’unico
che poteva intuire il suo proposito.
E arrivò quel giorno che aveva pianificato in doloroso
silenzio. Si vestì come sempre con la sua tipica ricercatezza. Un bel completo
chiaro, immancabilmente tre pezzi, cravatta in tono e accessori ben sistemati
Se
dovesse essere il mio ultimo giorno, non voglio apparire sciatto.
Chiamò Anthea e gli consegnò una lettera per Sherlock, in
caso le cose non fossero finite nel verso giusto.
“Sir, andare a Sherrinford da solo, può essere pericoloso. E
questa lettera lo predice, non mi sento tranquilla. Potrebbe valutare
l’opportunità di farsi accompagnare, forse da suo fratello, Sir?”
“Anthea fa come ti ho detto. E’ una faccenda che devo
risolvere da solo. Non ho altre alternative” Mycroft chiuse la bocca in un
amaro sogghigno e la lasciò risoluto.
Mentre l’elicottero con a bordo Mycroft prendeva il volo,
Anthea si sentì consapevole di infrangere le regole e avvertì Sherlock con un
breve messaggio. Non era tranquilla e teneva troppo al suo sir.
Mycroft sorvolava per l’ennesima volta l’isola. Ne era
disgustato. Avrebbe volentieri raso al suolo quel posto. Sentiva salirgli la
rabbia e il rancore. Due maledetti errori che ostacolavano la sua mente logica.
Anni di viaggi solitari e di bugie ben recitate, per una
sorella che non era nemmeno tale. Strinse forte l’impugnatura del suo fidato
ombrello fino a che le mani non gli fecero male. Aveva il diritto e la voglia
profonda di capire Eurus, e lei lo aveva preteso.
Scese dall’elicottero e respirò profondamente l’aria
salmastra della scogliera. Si fece forza ed entrò. Diede precise indicazioni
che nessuno lo disturbasse. E ordinò di far partire le registrazioni. Voleva
comunque che qualcosa restasse. Sentiva il cuore andare a mille, ma era
determinato a capire, era giunto il momento.
La stanza di vetri spessi era silenziosa, Eurus era
accovacciata nel centro. Mycroft sapeva che lei lo percepiva. E attese. Lei
esplorava la sua mente, e Mycroft la lasciava fare. Eurus forzava i suoi
ricordi, era entrata nel suo palazzo mentale. Cercava quella porta dove Mycroft
l’aveva chiusa anni fa. Lui non l’aveva rimossa come Sherlock, lui aveva
conservato i suoi ricordi, l’aveva vissuta. Eurus aveva trovato la sua porta
colorata di rosa davanti a sé ma Mycroft la teneva ben chiusa.
“Lasciami entrare Myc“ disse piagnucolosa Eurus e la vide sollevarsi
dal centro della stanza avvicinandosi a lui, non più catatonica, ma vitale. Ora
era reale e lo guardava con quegli occhi spietati privi di emozioni.
Mi
spaventi sorella quando mi chiami Myc. Non hai un briciolo di umanità in quegli
occhi
“Perché non sei morto Myc, Sherlock doveva ucciderti e
invece il mio stupido fratellino ti ha risparmiato. Gli avevo già tolto Victor, la scelta
sarebbe stata inevitabile. Non avrebbe perso un altro amico non adesso. Tu eri
da sacrificare. Non gli servivi più, stupido fratello anche se gli stavi sempre
accanto. Perché, per tutta la tua stupida vita hai rincorso sempre lui? Perché
non ti occupasti di me?”
Questa
voce, questa stupida cantilena me la ricordo bene sorellina. Dove vuoi arrivare
“Ci ho provato Eurus, lo sai, ma tu non mi lasciavi
avvicinare e mi hai sempre respinto” Mycoft era a pochi passi dal vetro di
fronte a lei, e sentiva correre la paura lungo la schiena, che lo bloccava.
“Eravate troppo presi stupidi fratelli, a riempirvi di
affetto e amore. Perché allora Sherlock ti adorava. Non come ora che ti ha
sostituito con quel diligente soldatino. Non conti più Myc. Dovevi morire quel
giorno. Sherlock doveva ucciderti.” Mycroft capiva dove voleva arrivare
quella sua sorella crudele.
Non vedrai
il mio dolore, né la mia umiliazione, né il mio cuore affossato dai rimorsi
“Volevi Sherlock, Eurus ma ora non ha più bisogno nemmeno di
te. Saresti arrivata anche a John vero? Sherlock avrebbe ucciso me e tu avresti
eliminato John.”
Mycroft era cupo e arrabbiato. “Non puoi più giocare Eurus.
Sherlock non ci appartiene più. Ora ci sono solo io, e tutto l’odio che mi
porti. “
Eurus gridò scagliandosi sul vetro e Mycroft indietreggiò.
“Ti strapperò il cuore Myc, mi hai chiuso qua dentro, e
godevi a vedermi rinchiusa perché ti superavo di intelligenza e mi temevi”
Mycroft aveva trovato un briciolo di calma e socchiuse gli
occhi amareggiato, la sua mente correva veloce.
Gridalo,
stupido, dille quello che è in realtà.
“Hai ucciso Eurus, non hai nessun tipo di sentimento. Hai
ucciso e lo faresti ancora, per te la vita non vale nulla. Non c’è umanità in
te. Meriti di restare qui. Quell’intelligenza ti ha annientato, ti ha portato
al male assoluto.”
“Dovevi aiutarmi Myc a cosa sei servito? Mi hai abbandonato.”
Eurus gridava e si contorceva, Mycroft iniziava a sentire il rimorso, la colpa.
E non era un bene. Eurus lo avrebbe distrutto
“Mi hai rinchiuso Myc ero una bambina. come hai potuto. Sei
mio fratello. Sono diversa dal tuo amato Sherlock? Non mi ami forse, non sono
anch’io la tua famiglia.” Eurus si aggrappava al vetro e lo fissava
intensamente. Mycroft vacillò. Si sentiva inquieto e lo assaliva il dubbio.
E se
fosse vero, se non avessi fatto tutto il possibile per mia sorella?
Portò le sue mani bianche sulle tempie e strinse forte.
Sapeva dell’abilità della sorella. Capace di riprogrammare le menti. Mentre lo
distraeva con quei discorsi cattivi era entrata nel suo palazzo mentale, la
vide cercare la porta di legno scuro dove Mycroft aveva chiuso le sue emozioni.
Era riuscita per metà ad aprire quella dei suoi ricordi che apparivano cosi
vividi adesso, ma infelici. Più i ricordi affioravano più Mycroft affondava in
quel pozzo nero dove era morto Victor. Sentiva il cuore che accelerava e il
sudore freddo che lo avvolgeva come l’acqua di quella fossa. Si era ritrovato
improvvisamente in ginocchio sul pavimento di fronte a lei. Ancora qualche
istante e se Eurus avesse aperto quella porta Mycroft sarebbe stato perduto.
Avrebbe liberato tutti i dolori che aveva nascosto in passato, tutte le
rinunce, tutte le sue più intime emozioni.
No.
Eurus non te lo permetterò, non adesso.
Radunò tutte le sue ultime forze e cercò il suo prezioso
ombrello a tentoni sul pavimento freddo. Lo afferrò e sguainò la lama, chiuse
gli occhi e con forza si lacerò la mano sinistra.
Il dolore lo dilaniò e lo riporto in superfice. La mano
sanguinava copiosa ma lo teneva in vita. Eurus si dimenò e uscì dalla sua
testa.
“Non puoi farmi questo Myc, torna da me “ Eurus era furiosa,
si agitava sul vetro della prigione e gridava con tutta la forza che aveva.
“Tu sei come me Myc. Non sarai mai come loro, non sarai mai
come Sherlock. Sarai solo come me. Che differenza ci può essere in questo.”
Non
cederò sorellina nemmeno con questo dolore che mi fa vacillare.
“Sorella mia, io sono il risultato di quello che abbiamo
vissuto. Per le scelte che ho dovuto fare. Dove mi hai condotto tu. Dove tu
hai condotto tutti noi. Ho dovuto scegliere di rinunciare alle mie emozioni
,alle disperazioni, alle angosce per nasconderle in un posto sicuro. Per
sopravvivere e per salvare almeno un fratello emotivo e fragile che cercavi
solo di distruggere, Sherlock.
Mycroft era risoluto, non aveva più paura di lei e lo
spasimo acuto alla mano lo rafforzava, lei non poteva entrare nella sua mente
adesso che era invasa dal dolore fisico.
Come ho
potuto arrivare a questo. Eurus per amor del cielo
“Guarda questo sangue Eurus e tutto quello che posso darti,
è l’ultimo dolore che potrai strapparmi. Di come sono diventato per amore
fraterno. Io sono il risultato del quel dolore Eurus. “
Mycroft appoggiò la mano sanguinante sul vetro e la lasciò
stampata con distacco.
Eurus si bloccò, si strinse il corpo con le mani e si
raggomitolò sul pavimento piombando di nuovo in quello stato di assenza.
Mycroft le diede un ultimo sguardo malinconico. Prese il
fazzoletto bianco dalla tasca e tamponò il sangue sulla mano.
Il suo bel completo chiaro era irrimediabilmente rovinato.
Schizzato di sangue, la manica della camicia zuppa e il dolore non cessava. Ma
ne era valsa la pena. Ora non temeva più Eurus. Era riuscito anche a perdonarsi
tutti quegli anni, passati a chiedersi se quello che aveva fatto fosse giusto.
Afferrò il suo amato ombrello con la mano destra, ripose la lama. E uscì.
Camminò lungo il corridoio asettico senza fretta. Le luci
intense illuminavano il suo volto pallido. Sentì salire una stanchezza
inaspettata che avvolgeva tutto il suo corpo. Ogni passo gli sembrò
improvvisamente più pesante. Si rese conto che il suo fisico stava cedendo.
Stupido
corpo che non collabora, non deve accadere. Non ora, non a me.
Ma fu l’ultima cosa che riuscì a considerare prima di
perdere i sensi. Non vide un cappotto scuro familiare che svolazzava verso di
lui. Qualcuno lo afferrò forte prima che il nulla lo avvolgesse.
Mycroft sentì un rumore fastidioso che aumentava sempre di
più e cercava di portarlo fuori da quel torpore che lo avvinghiava. Forse Eurus
era lì vicino, o forse era a casa, e si sarebbe svegliato nel suo letto. Decise
che era tempo di aprire gli occhi per capire dove fosse. Subito sentì il dolore
della sua mano e il suo corpo pesante che reclamava attenzione. La luce fredda
dell’ambulatorio lo riportò immediatamente a Sherrinford
Lo riconosceva quel posto spartano per esserci stato un
paio di volte a parlare col medico di Eurus.
Eppure sentiva una presenza che non tardò a riconoscere.
Sherlock era seduto sulla sedia accanto al suo letto.
Anthea. Doveva essere stata lei a disobbedire ai suoi
ordini. Era stato ben attento a nascondere ogni particolare della sua visita a
Eurus. Eppure suo fratello era lì. Adesso sarebbe stato tutto più complicato.
Sherlock sollevò la testa dal suo cellulare, aveva sentito
i movimenti del fratello e lo guardò severo.
“Cosi se tornato Mycroft, giuro che mi piacerebbe infilzarti
anche l’altra mano. Sai dove ti trovi e come ci sei arrivato qui, stupido
fratello mio?”
“Fammi indovinare fratellino, sono svenuto come uno stupido.
Da manuale”. Mycroft sospirò sconfortato
“Sei svenuto nel corridoio poco fuori la porta di nostra
sorella. Ti abbiamo portato qui per ricucirti la mano. Il dottore è riuscito a
fermare l’emorragia. Ti abbiamo lasciato riposare tranquillo perché eri
piuttosto agitato. Spero che l’incontro con Eurus ti servito se ti ha portato a
questo.”
Hai
ragione fratello mio, ma era necessario.
“Sherlock, non mi assillare, ti spiegherò tutto, ma non
avevo calcolato che la ferita fosse così grave.”
“Non devi spiegarmi nulla.” Sherlock si quietò “Ho visto
il video. So cosa è successo e cosa hai fatto. Se avessi avuto più fiducia di
me avrei potuto esserti vicino. Hai rischiato molto, ti sei comportato da
idiota Mycroft.”
Perché
sono contento che tu sia qui? Fratellino forse hai ragione. Sono un idiota
Il maggiore degli Holmes si sedette sul bordo del letto, con
qualche difficoltà, Sherlock lo sostenne accigliato e si sedette vicino a lui.
Mycroft era confuso e a disagio.
“Lo dovevo fare Sherlock, so che lo sospettavi già dal
nostro ultimo incontro. lei mi aveva chiamato prima che tu suonassi. Era
entrata nella mia testa e per fermarla sono dovuto uscire. Ho deciso di venire
da solo per capire quello che voleva da me. Non volevo mettere in pericolo
nessuno. Poi quello che è successo l’hai visto e intuito anche tu.”
Mycroft si girò a guardare la faccia scura di Sherlock.“ Lei
mi voleva morto fratellino, e questo è quanto”
Non
biasimarmi fratello mio, sono sempre io, il tuo oscuro, intricato “Peggior
nemico”
Mycroft si alzò stavolta sicuro e più stabile. Sherlock con
la sua sciarpa blu gli aveva fatto un supporto da portare al collo per
sostenere la mano ferita. Guardò la sua giacca appesa e decise di sistemarsi.
Per quanto il suo adorato vestito fosse da buttare.
Ma aveva difficoltà in quelle condizioni e Sherlock gli si
parò davanti velocemente.
“Quando mi chiederai aiuto fratello mio, quando mi
permetterai di aiutarti. O vuoi farmi rimpiangere il Mycroft che saresti stato
se Eurus non ci avesse portato a questo.”
Santo
cielo Sherlock, sono sempre quel Mycroft
“E difficile Sherlock. Lo sai che non sono così portato a
esternare le mie emozioni, e diventare il fratello bisognoso di aiuto,
invertendo le parti. Desidero la mia solitudine, l’ho costruita pazientemente
in tutti questi anni. Non potrai cambiarmi facilmente fratello, devi accettarmi
per quello che sono diventato.”
Ma perché
non provarci. Perché non abbassare quella porta chiusa piena di delusioni. E
farmi aiutare
Poi chiuse gli occhi stancamente. E dopo un respiro
profondo si lasciò andare. E guardò fiducioso Sherlock.
“Puoi aiutarmi fratellino? Vorrei tornare a casa in ordine.
Ho una certa reputazione, sono sempre il governo britannico, alla fine”