Alec si
svegliò con la sensazione di essere stato travolto da un
camion. Gli faceva male tutto il corpo, aveva le spalle indolenzite,
gli occhi pesanti che bruciavano e la gola secca.
Si trovò davanti al naso Presidente Miao che dormiva
profondamente e aggrottò la fronte, confuso.
Roteò gli occhi, senza accennare minimamente a muoversi, e
si guardò attorno per cercare di capire dov'era e cosa stava
succedendo. Ad un tratto divenne cosciente del corpo solido a cui era
appoggiato, del petto che si alzava e abbassava sotto le sue dita e del
battito tranquillo e cadenzato di un cuore che batteva sotto il suo
orecchio.
Sollevò lentamente la testa, incontrò due occhi
verde-oro che lo guardavano con dolcezza e ricordò tutto.
Tornò a nascondere il viso sul petto di Magnus e
grugnì, imbarazzato. "Scusa. Mi dispiace."
mormorò, con le guance arrossate, tentando goffamente di
alzarsi.
Magnus lo tenne stretto a sé e sorrise teneramente,
infilando le dita nei capelli del moro e arruffandoglieli ancora di
più. "Per che cosa? Perché ti manca tuo fratello
e ti fa ancora soffrire la sua morte?"
Alec sospirò, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro
inferiore. "Se fossi riuscito a fargli da scudo..."
"Alec, non è stata colpa tua." ripeté ancora una
volta Magnus, interrompendolo con tono deciso.
Il moro si mise a sedere, accarezzando distrattamente Presidente Miao
che aveva alzato il muso assonnato verso di lui e lo guardava con aria
interrogativa.
"Tesoro, so che fa male, farà sempre male, ma Max non
c'è più. Continui a vivere nel passato e a darti
la colpa per ciò che è successo, ma hai fatto
tutto quello che hai potuto per salvarlo. Devi smetterla di
colpevolizzarti. Devi andare oltre ciò che non puoi cambiare
e vivere la tua vita meglio che puoi." affermò Magnus,
guardandolo con comprensione e accarezzandogli un braccio. "Max
farà sempre parte di te, sarà sempre nel tuo
cuore, ma non è giusto che ti chiuda a riccio, lasciando il
resto delle persone e del mondo fuori."
Alec fece spallucce. "Il mondo e le persone, il più delle
volte, fanno schifo." disse schiettamente, disegnando figure astratte
sul copriletto sotto di lui.
Magnus ridacchiò, togliendosi di dosso Presidente Miao e
poggiandolo sulla coperta. "Sì, concordo, ma ci sono anche
persone fantastiche che fanno cose fantastiche per rendere fantastico
questo mondo." replicò, mettendosi a sedere. "Come il
sottoscritto." dichiarò, con un sorriso sbarazzino. "E se
solo mi chiedessi una certa cosa,
scommetto che mi daresti ragione e che, dopo, ti sentiresti molto
appagato e soddisfatto." concluse, sfacciato, spingendogli la fronte
con l'indice.
Alec gli rivolse il primo, vero, sorriso da quando avevano ricevuto la
telefonata di Jace. "Sì. Certo. Come no." rispose, roteando
gli occhi, divertito.
Magnus si finse oltraggiato, portandosi una mano al petto. "Oh.mio.Dio!
Mi stai accusando di mentire?"
"Beh, hai quasi quarant'anni. Fare cilecca è un attimo. Non
so quanto ne uscirei appagato
e soddisfatto alla fine." affermò Alec,
scrollando le spalle con noncuranza e mordendosi l'interno delle guance
pur di non ridere.
Fallì miseramente e rise di gusto quando vide Magnus
sgranare gli occhi, totalmente spiazzato e stupito.
"C-cilecca?" balbettò l'ex Marine, indignato e offeso. "Io
non faccio cilecca!"
Alec rise ancora più forte e gli piazzò una mano
sul viso, spingendolo scherzosamente all'indietro, per poi alzarsi di
slancio dal letto.
"Vado a preparare la colazione." dichiarò, divertito,
stiracchiando le braccia in alto.
Si sentiva svuotato ed emotivamente esausto... e anche un po'
imbarazzato per essere scoppiato a piangere come una ragazzina (cosa
che non gli capitava mai, visto che aveva imparato, fin da piccolo, a
controllare le proprie emozioni e a gestire ogni situazione. La
chiamata di Jace, però, aveva cambiato tutto e alla fine si
era ritrovato del tutto esposto e vulnerabile), eppure non si era mai
sentito così bene dalla morte di Max.
Aveva raccontato la sua "colpa" a Magnus e lui non l'aveva condannato,
anzi l'aveva stretto e consolato come nessuno era riuscito a fare fino
a quel momento. Era incredibile come quell'idiota rompiscatole
riuscisse ogni volta a fare breccia nella sua corazza e a tirargli su
il morale con le sue parole e la sua presenza.
"Ehi! Non scappare!" lo rimbrottò Magnus, rimettendosi a
sedere e tirandogli un cuscino addosso.
"Pancake?" domandò Alec, schivando il "proiettile" con un
enorme sorriso.
Magnus si ributtò all'indietro con un sonoro sbuffo. "Che
fine hanno fatto i tuoi yogurt magri e i tuoi frullati ipocalorici?
Mh?" lo punzecchiò, inarcando un sopracciglio e incrociando
le mani dietro la testa.
Alec gli fece il dito medio, prima di uscire dalla camera, seguito
dalla risata allegra della sua guardia del corpo.
Preparò l'impasto e stava giusto rischiando di bruciare
completamente la prima frittella, quando Magnus apparve, prese una
tazza vuota e si versò una generosa dose di caffè.
"Sai che, dopo tutto questo tempo, è la prima volta che mi
prepari la colazione?" domandò, con un sorrisetto
compiaciuto. "Che c'è? Vuoi fare colpo su di me, dolcezza?"
lo stuzzicò, facendo scontrare gentilmente il suo fianco con
quello dell'altro.
Alec roteò gli occhi e versò l'impasto nella
pentola per una seconda frittella, trattenendo un sorriso. "Non ho
bisogno di fare colpo su di te."
"Sì, questo è vero." concordò Magnus,
baciandogli una guancia e rubandogli la frittella bruciacchiata.
"Ehi!" protestò Alec, lanciandogli un'occhiataccia e
fingendosi irritato, pur di nascondere il rossore che gli aveva
colorato il viso.
Magnus ridacchiò.
"Per l'angelo, sei davvero..." iniziò il moro, imbronciato,
venendo però interrotto dell'altro che gli aveva agguantato
il braccio in una presa ferrea.
Alec lo guardò, aggrottando la fronte, ma l'uomo stava
fissando, con sguardo serio, fuori dalla finestra.
"Che c'è?" chiese il moro, preoccupato, seguendo lo sguardo
dell'ex Marine.
"Lo senti anche tu?" mormorò Magnus, teso.
Alec alzò un sopracciglio, confuso, poi sentì il
rumore. Era un ronzio lontano, quasi indistinto, ma stava diventando
sempre più forte.
"Sembra... una moto?" mormorò il moro, accigliato.
"Esatto." concordò Magnus, spegnendo il gas e prendendo il
ragazzo per un gomito, per condurlo in camera.
La guardia del corpo aprì il grande armadio e fece cenno al
moro di entrare, poi prese Presidente Miao, ancora addormentato sul
letto, e glielo consegnò.
"Non muovetevi e non fate rumore, ok?" si raccomandò Magnus.
"Dovrei riuscire a sbrigarmela in fretta. Se ci fossero problemi e
dovessero entrare, però,..."
"Se dovessero entrare, significa che ti hanno messo ko." lo interruppe
Alec, preoccupato, mettendo un piede fuori dall'armadio, deciso a
uscire con la sua guardia del corpo. "Voglio venire con te! Voglio..."
"Fa' come ti ho detto." ordinò Magnus, con fermezza,
spingendolo di nuovo nell'armadio. "Lo affido a te." mormorò
al gatto, con un sorriso, prima di baciare entrambi sulla fronte e
chiudere le ante.
Circondato dal buio, Alec sbuffò forte, mettendosi seduto e
stringendo il micio a sè. Tese l'orecchio, sperando di
captare quanto stava succedendo là fuori e, dopo pochi
minuti, sentì il rombo di due motori che si fermavano
proprio davanti alla casa.
Magnus era appoggiato allo stipite della porta con calcolata
naturalezza, quando le motociclette si arrestarono davanti a lui. Stava
sorseggiando con calma il caffè, non perdendo di vista,
neanche per un secondo, i quattro uomini, due per ogni moto, che erano
appena arrivati. La pistola era nascosta dietro la schiena e la guardia
del corpo sentiva il freddo metallo dell'arma premere contro la sua
pelle calda.
I forestieri sembravano quattro gemelli: erano vestiti di nero dalla
testa ai piedi e anche la stazza era pressoché identica. I
due che conducevano le moto pesavano di sicuro oltre i centotrenta
chili e anche quelli che stavano seduti dietro erano di solida
corporatura. Magnus era sicuro che tutti e quattro nascondessero
un'arma sotto il pesante giubbotto di pelle nera.
"Buongiorno." li salutò tranquillo, alzando la tazza. "Bella
giornata per un giro in moto."
Uno dei due passeggeri si tolse il casco e offrì a Magnus un
sorriso sdentato e smagliante. "L'hai detto amico!" rispose, scendendo
dalla moto e asciugandosi il sudore della fronte con il dorso della
mano. "Bella casa! E' tua?"
Magnus annuì.
"Piuttosto solitaria." continuò lo sconosciuto, guardandosi
attorno e vedendo solo alberi.
Magnus si strinse nelle spalle. "Mi piace così."
"Non c'è nessuno per chilometri." osservò uno dei
due guidatori, inarcando un sopracciglio e appoggiandosi al manubrio
della moto.
"Beh, voi siete qui." replicò Magnus, nascondendo una
smorfia dietro la tazza e facendo sorridere tutti e quattro i
motociclisti.
"Ci siamo persi." dichiarò l'uomo che era sceso dalla moto.
"Non riusciamo a ritrovare la strada principale. Non è che
ci offriresti un buon caffè?"
"Volentieri, ma purtroppo questa era l'ultima tazza."
mormorò Magnus, esibendo una smorfia fintamente dispiaciuta.
I quattro si scambiarono un'altra occhiata, meno divertita della prima,
e anche l'altro passeggero scese dalla moto.
"Bel posto." commentò, camminando avanti e indietro, mentre
osservava la casetta di tronchi.
"Grazie." rispose Magnus, sorseggiando lentamente il suo
caffè.
"E' un posticino davvero romantico..." continuò il
motociclista, fermandosi davanti all'ex Marine. "Adatto a portarci
qualcuno." insinuò, infilandosi le mani nei jeans.
Fece per salire gli scalini, ma Magnus lo fermò con un gesto
deciso della mano.
"Stop." gli intimò, serio.
"Ehi! Non sei molto socievole." esclamò lo sconosciuto,
divertito, alzando le mani in segno di resa.
"Sono un eremita, che vuoi farci." rispose Magnus, scrollando le spalle.
Il motociclista avanzò comunque di un altro passo, con uno
sguardo sfrontato e le mani nelle tasche del giubbotto.
Magnus gli andò incontro. "Non farlo." ordinò,
con tono di voce neutrale e sostenendo lo sguardo dell'altro senza
alcun timore. "Seguite il sentiero per cui siete venuti e scendete la
collina." spiegò poi. "Troverete la via per la strada
principale dall'altra parte del ruscello."
"Grazie dell'indicazione." rispose uno dei due guidatori, mentre gli
uomini che erano scesi dalle moto risalivano sul sedile posteriore.
"Di niente." replicò Magnus, con un cenno della testa.
L'ex Marine li vide superare il portico e voltare la moto, dirigendosi
lentamente da dove erano venuti, poi colse il movimento che aspettava,
ossia il gesto casuale di uno dei passeggeri che allungava la mano
verso una guaina fissata alla caviglia.
Magnus fece un balzo felino e si rifugiò dentro la casa,
prima che una raffica di spari investisse il primo gradino della
scaletta che portava al portico, massacrandolo. Grandioso! Ragnor e
Raphael l'avrebbero ucciso di sicuro, se non lo avessero fatto i
quattro motociclisti!
Si appostò alla finestra che dava sul portico, prese la mira
e sparò a uno dei due passeggeri... o almeno ci
provò, visto che il tamburo della sua pistola
girò a vuoto e produsse un semplice e inquietante clic.
Magnus fissò, scioccato, la pistola, ma non ebbe il tempo di
chiedersi perché diavolo non ci fossero proiettili in canna
dal momento che i motociclisti ripresero a sparare in direzione della
casa, colpendo, questa volta il secondo gradino della scaletta.
"Sial!"
[ndr. Cazzo!] urlò, frustrato, gettando via la sua pistola.
Si accucciò e si diresse fino alla camera da letto,
alzandosi solo quando ebbe oltrepassato la soglia. Aprì con
veemenza le ante dell'armadio e si ritrovò davanti un Alec
che tremava visibilmente e che lo guardava con due pozze oceaniche al
posto degli occhi.
"Vieni. Andiamo." sussurrò, prendendo Presidente Miao tra le
braccia e facendo alzare gentilmente, ma con decisione, il moro.
Alec non disse niente, limitandosi ad annuire e a eseguire gli ordini
di Magnus. Uscirono dalla finestra della camera e corsero in direzione
degli alberi, addentrandosi velocemente nel bosco, mentre il ronzio
degli spari non si quietava.
Dopo pochi metri, nella fretta di stare dietro all'ex Marine, Alec
inciampò e cadde con un grido acuto. Magnus l'aiuto a
rimettersi in piedi, poi tese l'orecchio per ascoltare i rumori che
arrivavano dalla casetta di legno e che avevano trasformato quel
mattino assolato e tranquillo in un inferno.
"Andiamo." incitò l'ex Marine, prendendo per mano il moro.
Alec iniziò ad ansimare penosamente dopo neanche mezz'ora
che stavano correndo nel bosco e riuscì a tenere il passo di
Magnus per pura forza di volontà. Non osò,
però, chiedergli di rallentare... anche perché
doveva risparmiare il fiato per correre!
Magnus gli lanciò un'occhiata e si fermò,
comprendendolo come solo lui riusciva a fare. "Scusami. Dimentico
sempre che sei un flaccido agente di viaggi." scherzò,
arruffandogli i capelli.
Alec avrebbe tanto voluto rispondergli per le rime, ma rischiava
seriamente di sputare entrambi i polmoni da un momento all'altro,
quindi si limitò a sventolargli il dito medio davanti al
viso e a sbuffare forte, mentre cercava di incanalare quanto
più ossigeno possibile.
Magnus ridacchiò piano, accarezzando anche Presidente Miao
per assicurarsi che stesse bene, nonostante tutto quel trambusto, poi
tornò serio. "Quando sei pronto, dobbiamo riprendere il
cammino. Più ci allontaniamo, più
possibilità abbiamo di sfuggirgli."
Alec annuì, mentre continuava a inspirare e a espirare
pesantemente. "Tu-tutto questo è assurdo!"
gracchiò, dopo un lungo momento. "Chi.. chi diavolo sono
quelli?"
Magnus tese l'orecchio, notando che gli spari erano cessati. "Non lo
so." bisbigliò, contrito. "Ma dobbiamo andare. Senti? Non
sparano più! Significa che tra non molto verranno a
cercarci."
"Ok, andiamo." concesse Alec, quando sentì il cuore
rallentare un poco.
Magnus gli sorrise e gli afferrò una mano, conducendolo nel
folto del bosco.
Alec costrinse Magnus a fermarsi solo quando sentì i propri
polmoni scoppiare.
Intorno a loro il sottobosco si stendeva fitto tra cedri e abeti
talmente alti da avere i capogiri se si alzava lo sguardo. La
vegetazione era densa e compatta e la luce scarseggiava, ma Magnus
procedeva spedito, senza alcun tentennamento, come se riuscisse ad
orientarsi perfettamente anche in quel posto selvaggio.
"Stai bene?" chiese l'ex Marine, gentile, inarcando un sopracciglio.
Alec annuì, respirando con fatica e alzò un
indice proprio quando l'altro, divertito, stava per fare sicuramente
una battuta sagace sulla sua flaccidità. "Non.una.parola."
gracchiò, senza fiato.
Magnus rise e riprese la marcia, trascinandoselo dietro, mentre
Presidente Miao, appeso all'ex Marine come uno scaldacollo peloso, gli
lanciava uno sguardo preoccupato. Alec era sicuro che si stesse
chiedendo se sarebbe schiattato prima che tutta quella storia finisse.
"Per l'angelo, è così fitto, qui, che non si
riesce quasi a camminare." si lagnò il moro, schivando per
un soffio un ramo destinato a schiantarsi sul suo naso.
"Siamo fortunati." commentò Magnus, facendosi largo tra la
vegetazione. "Sarà impossibile per loro seguirci a bordo
delle moto. Abbiamo più possibilità di
sfuggirgli."
"Oh... E' vero!" realizzò Alec, sollevato.
Seguì Magnus per oltre un'ora, senza più aprire
bocca, fino a quando il dolore al fianco, che era iniziato come una
semplice fitta, divenne insopportabile. Il moro costrinse nuovamente
Magnus a fermarsi, prima di piegarsi su se stesso e massaggiarsi il
fianco.
"Ok. Sono flaccido." mormorò, contrito e senza fiato.
Magnus ridacchiò, facendolo sedere e iniziando a
massaggiargli lentamente la zona dolorante con dita esperte, mentre
Alec si sentiva invadere da un'ondata di sollievo mista a eccitazione.
Avrebbe dovuto protestare, dirgli che non era necessario, ma il tocco
delle sue mani era così meraviglioso che non se la
sentì proprio di chiedergli di smettere.
"Te la stai cavando molto meglio di quanto pensassi." si
complimentò l'ex Marine, scompigliandogli i capelli.
"Davvero?" esclamò Alec, sorpreso e compiaciuto allo stesso
tempo.
Magnus annuì. "E' da più di un'ora che non ti
lamenti."
"Non avevo abbastanza fiato per farlo." rivelò Alec, con un
sorriso storto.
Magnus rise di gusto, coprendosi la bocca con una mano per attutire la
voce, prima di continuare a massaggiarlo per fargli passare il dolore.
"Meglio?" chiese, dopo un po'.
Alec annuì.
"Ok, cerbiattino, allora dobbiamo continuare." affermò la
guardia del corpo, tenendo una mano al moro per aiutarlo a rimettersi
in piedi. "Non so quanto vantaggio abbiamo su di loro, ma
sarà meglio mettere quanto più distanza possibile
tra noi e quei brutti ceffi."
"Non per essere pessimista..." iniziò Alec, alzandosi di
malavoglia e seguendolo. "...ma come pensi di sbarazzarti di quegli
uomini armati?"
"Zuccherino, se la mia dannata pistola avesse avuto i proiettili, come
doveva essere - attento alla buca..." lo avvertì Magnus.
"...a quest'ora li avrei fatti fuori tutti, sialan!" [ndr.
dannazione]
Alec saltò sopra a una grossa tana di un animale di cui non
voleva conoscere l'identità e continuò a seguire
la sua guardia del corpo.
"L'hai pulita e ti sei dimenticato di ricaricarla?" chiese il moro,
distrattamente, mentre guardava in basso e faceva attenzione a dove
metteva i piedi, prima di finire addosso a Magnus, che si era fermato
di colpo.
"Per chi mi hai preso?" chiese l'uomo, indignato, lanciandogli
un'occhiata in tralice.
Alec scrollò le spalle. "Può capitare, eh!"
Magnus roteò gli occhi, non degnandolo di una risposta, e
riprese la marcia.
"Ehi! Aspettami!" berciò Alec, arrancandogli dietro, prima
di rischiare di cadere come una pera cotta a causa di una radice che
era sbucata dal nulla e che gli aveva fatto lo sgambetto.
Magnus lo prese per un soffio, sorridendo e stringendolo a
sé. "Tutto ok, tartufino?"
Alec sbuffò via un ciuffo di capelli che gli si era
incollato sulla fronte e annuì, arrossendo. "Secondo te..."
iniziò, schiarendosi la voce per darsi un tono. "...quanto
tempo ci metteranno a capire da che parti siamo andati?"
Magnus scrollò le spalle, aiutandolo a scavalcare un enorme
tronco che bloccava il passaggio. "Se sono bravi a seguire le tracce, a
quest'ora potrebbero già essere vicini, altrimenti abbiamo
un'ora, forse due, di vantaggio."
"Quindi c'è la possibilità che, tra non molto,
saremo due contro quattro." constatò Alec, pensieroso,
scostando un ramo.
Magnus sorrise tra sé e sé, compiaciuto e
orgoglioso al tempo stesso. Alec era fuori allenamento e stava sudando
come un maiale allo spiedo, eppure non avrebbe esitato a combattere,
mettendo a rischio la sua vita, pur di aiutarlo nel momento del bisogno.
"So cosa stai pensando." brontolò Alec, roteando gli occhi.
Magnus alzò un sopracciglio e gli lanciò
un'occhiata divertita. "Davvero?"
Alec annuì, imbronciato. "Che la mia flaccidità
mi impedirà di aiutarti al momento giusto."
Magnus rise di gusto e Alec roteò gli occhi. Era convinto
che, sotto-sotto, persino Presidente Miao stesse sghignazzando sotto ai
baffi.
"Non c'è niente da ridere, eh." li redarguì Alec,
mettendo su un finto broncio e sventolando l'indice in segno di
ammonimento.
Magnus gli arruffò i capelli e gli baciò, di
slancio, una guancia. "Sei unico, tesoro. Davvero." rispose, con tono
dolce, mentre il moro arrossiva vistosamente. "Sai.."
continuò poi, prima di bloccarsi e guardare, serio, dietro
le proprie spalle.
"Che c'è?" sussurrò Alec, sentendo il cuore
balzargli in gola e alzandosi sulle punte per scrutare la vegetazione
dietro alla sua guardia del corpo.
Magnus si portò un indice alle labbra, esortandolo a fare
silenzio, poi lo prese per mano e si guardò attorno, alla
ricerca di un riparo abbastanza fitto da nascondere qualcuno. Lo
trovò in un cespuglio di felci, sotto a un pino dai rami
bassi e vi condusse Alec, spingendolo dentro e passandogli Presidente
Miao.
Il moro lo lasciò fare, prima di rivolgergli uno sguardo
preoccupato quando l'altro cominciò a disporre le fronde in
modo da coprire completamente solo lui e il gatto.
"E tu?" sussurrò Alec, in tono concitato. "Dove vai? Cosa
vuoi fare?"
"Rimani immobile." gli ordinò Magnus, a bassa voce. "E non
fare rumore. Qualsiasi cosa succeda. Hai capito?"
Alec annuì a quella raccomandazione inquietante, tentando di
non farsi prendere dal panico, mentre l'altro si arrampicava agilmente
su un albero e spariva velocemente dalla sua vista.
Dopo pochi minuti due uomini si fermarono sul sentiero davanti al suo
nascondiglio e il moro si mise le mani sulla bocca per evitare che
uscisse anche il più piccolo suono, sperando che neanche
Presidente Miao si lasciasse scappare il minimo sospiro.
"Li abbiamo persi!" affermò uno dei due, ansimante. "Sei
sicuro che siamo sulla strada giusta?"
"Certo che sono sicuro!" ribatté l'altro, oltraggiato,
guardandosi attorno. "Dove sono gli altri?"
"E io che ne so! Non sono mica la loro madre!"
"Imbecille! Resta qui, che vado a vedere dove si sono cacciati!"
Un paio di gambe, strette in stivali da motociclista neri, passarono di
fronte al nascondiglio di Alec e si allontanarono lungo la fitta
boscaglia, mentre l'altro uomo camminava avanti e indietro, fumando
nervosamente una sigaretta.
Alec stava per sentirsi male: aveva iniziato a trattenere il fiato, per
paura di essere scoperto, fin da quando era cominciata la conversazione
e ormai era al limite della sopportazione.
La testa cominciò a girargli proprio nel momento in cui
sentì un tonfo e un grido soffocato. Poi il motociclista
crollò sul sentiero e il viso di Magnus comparve,
sorridente, tra le fronde. Alec tirò un lungo e felice
respiro e contraccambiò il sorriso.
"State bene?" sussurrò Magnus, dando un buffetto sul naso al
moro e a Presidente Miao.
Alec abbassò lo sguardo sul gatto che non aveva emesso un
verso e se ne stava tranquillamente appollaiato tra le sue braccia e
poi annuì verso l'altro.
Magnus sorrise. "Mi aiuti a nascondere il nostro "amico", prima che
arrivino i suoi compari?"
Alec annuì freneticamente e gli diede una mano a trascinare
il corpo, privo di sensi, nel folto della felce. Non fu affatto
un'operazione facile, visto quanto pesava il tizio e lo spazio di
manovra esiguo, ma alla fine lo nascosero davvero bene.
"E se si sveglia?" mormorò Alec, preoccupato.
"Quando succederà, noi saremo già lontani." lo
rassicurò Magnus, facendogli l'occhiolino e fregando la
pistola al motociclista.
L'ex Marine verificò che l'arma fosse carica, si
issò nuovamente Presidente Miao sulle spalle, prese per mano
il moro e ricominciò a muoversi per la vegetazione.
Alec gli arrancò dietro per un tempo che gli parve infinito.
Ad un certo punto i polmoni cominciarono a bruciare, la gola a fargli
male e le tempie iniziarono a pulsare. Il respiro si fece sempre
più pesante, le gambe iniziarono a muoversi ad un ritmo
sempre più irregolare e i piedi sembravano intrappolati in
due enormi blocchi di cemento. Gli sembrava di avere un coltello da
macellaio conficcato nel fianco e un martello pneumatico in testa.
Stava per morire, insomma.
Non aveva intenzione di cedere però, perché c'era
la possibilità che gli altri tre scagnozzi avessero trovato
il loro compare e fossero di nuovo sulle loro tracce più
arrabbiati di prima.
Magnus gli lanciò un'occhiata preoccupata da sopra la
spalla, prima di fermarsi di colpo.
"P-perché t-ti s-sei f-fermato?" balbettò Alec,
svenendogli praticamente tra le braccia. "Posso continuare!"
Magnus gli scostò i capelli sudati dalla fronte, prima di
baciargliela e guardarlo dolcemente. "Lo so che puoi."
ribatté, senza alcuna esitazione.
Il petto di Alec andava su e giù in modo concitato ed era
certo che, da un momento all'altro, gli sarebbe venuto un colpo
apoplettico. "G-giuro c-che s-se s-sopravviviamo, v-vado i-in
p-palestra." rantolò, senza fiato.
"E io sarò lì ad incitarti, passandoti una
bottiglietta d'acqua e un asciugamano tra un esercizio e l'altro,
dolcezza." affermò Magnus, divertito, prima di voltare di
scatto il volto verso un punto imprecisato dietro di lui. "Vieni."
sussurrò, facendolo nascondere dietro ad un enorme cespuglio
e mettendogli in mano la pistola, prima di posare Presidente Miao per
terra. "Userò lo stesso trucchetto di prima, ma questa volta
sono in due. Se non funziona e uno dei due mi mette ko, spara."
mormorò, con tono sicuro.
Alec sbarrò gli occhioni blu. "Ma... ma non sono capace..."
"Spara!" ripeté Magnus, con tono deciso, baciandogli la
punta del naso e abbassandosi per accarezzare il gatto, prima di
sparire tra la vegetazione.
Alec sentì il cuore balzargli in gola. Presidente Miao
alzò il muso, guardandolo preoccupato, e il moro gli rivolse
un sorriso tremulo, ricacciando indietro l'ondata di panico che
minacciava di sommergerlo. Magnus si fidava di lui. Non l'avrebbe
deluso e tradito per nulla al mondo.
Poco dopo sentì la voce familiare del motociclista che aveva
lasciato indietro il compare per andare alla ricerca degli altri
scagnozzi: sembrava addirittura più stremato di lui e
parlava a scatti, come se non riuscisse a riprendere fiato.
Nascosto dietro al cespuglio, Alec vide i due uomini piegarsi in mezzo
al sentiero, a una decina di passi da lui, e ansimare pesantemente,
alla ricerca disperata di ossigeno. Uno dei due tirò fuori,
dalla tasca del giubbotto, un fazzoletto lercio e si asciugò
la fronte madida di sudore.
"Al diavolo Victor e le sue idee del cazzo! Quell'uomo è
matto come un cavallo!" borbottò uno dei due, prendendo dei
lunghi respiri profondi. "Inseguiamoli!
E che sarà mai!" scimmiottò, con una
smorfia contrita. "Cazzo! Non erano questi gli ordini! Voglio tornare
alla moto e andarmene da qui!"
"Sì... e poi ci parli tu con il capo." rispose l'altro,
roteando gli occhi.
"Sarà già incazzato perché il piano
concordato è andato a rotoli!" replicò il primo
uomo, scrollando le spalle. "Ora basta. Me ne vado."
"Sei pazzo!"
"Mai quanto Victor!" asserì il motociclista, voltandosi e
puntando dritto verso il nascondiglio di Alec.
Magnus, nascosto sopra un albero, sentì un brivido corrergli
lungo la schiena quando lo vide dirigersi a passo spedito verso il
punto in cui aveva lasciato il moro e Presidente Miao, ma lo
scacciò subito, ripetendosi che il ragazzo aveva la pistola
e che avrebbe avuto il buon senso di puntarla addosso all'assalitore,
tenendolo a bada per un po', mentre lui metteva ko l'altro tizio, che
stava passando proprio sotto di lui.
Si aggrappò a un ramo, facendo poi un balzo felino verso il
basso e colpì alla testa il motociclista, che ora si trovava
ai piedi dell'albero, con tutta la forza acquisita durante la sua
permanenza nella Marina Militare: l'uomo cadde a terra come una pera
cotta e Magnus sorrise, soddisfatto.
Si voltò per andare a sistemare anche l'altro, ma
ciò che vide gli fece sbarrare gli occhi e gli fece venire
un altro brivido lungo la schiena: il punto in cui avrebbero dovuto
esserci Alec e Presidente Miao era vuoto.
Si guardò attorno, concitato, ripetendosi che se il tizio
che si stava dirigendo verso il moro l'avesse preso, Alec avrebbe
gridato, protestato, imprecato e lui l'avrebbe sentito. Non era
accaduto nulla di tutto questo, quindi tentò di calmarsi,
ripetendosi che il ragazzo e il gatto erano al sicuro.
Sentì il rumore metallico di un'arma che si caricava proprio
dietro alle sue spalle e imprecò mentalmente. Aveva perso
secondi preziosi a domandarsi che fine avessero fatto Alec e
Presidente, anziché concentrarsi sul tizio ancora in
circolazione. Il vecchio Magnus, comandante implacabile e inflessibile
di un manipolo coraggioso di agenti speciali della Marina Militare,
l'avrebbe preso a sberle, ne era certo.
Si voltò lentamente e si trovò di fronte il viso
sogghignante del motociclista che aveva voluto giocare con il fuoco e
salire gli scalini del porticato della casetta di legno.
"Ci si rivede, amico."
Magnus valutò velocemente quanti colpi poteva sparare
quell'uomo prima che lui potesse avventarglisi contro e strappargli la
pistola dalle mani.
"Dov'è lui?"
Magnus alzò un sopracciglio, sorpreso. Dunque aveva visto
giusto: non l'aveva preso. Alec era al sicuro.
Sorrise, contento, ma l'euforia durò solo un attimo,
perché ricordò che il moro non sapeva muoversi
tra i boschi e non aveva idea di come arrivare alla strada principale
per chiedere aiuto. Doveva guadagnare tempo. Permettere ad Alec di
allontanarsi il più possibile da lui e dai motociclisti.
Fissò il tizio che aveva di fronte: quante
possibilità aveva di uscirne vivo? Sarebbe riuscito a
togliergli l'arma, prima di finire a terra, morto stecchito?
"Dov'è finito il tuo ragazzo?" chiese il motociclista.
"Di chi parli?" fece in tempo a chiedere Magnus, ostentando una finta
indifferenza, prima che l'altro sbarrasse gli occhi, boccheggiando come
un pesce fuori dall'acqua.
Un colpo partì dalla pistola che il motociclista teneva
puntata contro l'ex Marine, prima che il criminale cadesse esanime a
terra.
L'ex Marine spalancò gli occhi, sorpreso, quando
sentì la pallottola conficcarsi, bruciante, nel suo braccio
sinistro e quasi cadde per l'impatto, mentre il dolore gli ottenebrava
la mente.
"MAGNUS!" gridò Alec, disperato.
L'ex Marine cadde sulle ginocchia e si tamponò la ferita con
una mano. Alzò lo sguardo e vide il moro davanti a lui,
ansante e con le lacrime agli occhi, mentre tra le mani teneva un
enorme bastone di legno.
"Magnus!" gridò ancora Alec, lasciando cadere il bastone e
scavalcando velocemente il corpo privo di sensi del motociclista, prima
di inginocchiarsi accanto alla sua guardia del corpo. "M-mi d-dispiace!
M-mi d-dispiace t-tanto!" balbettò, piangendo disperato.
"Alec, tesoro, è solo un graffio." lo
tranquillizzò Magnus, stringendo i denti per non farsi
sopraffare dal dolore e per non spaventare il moro.
Tolse la mano insanguinata dal braccio ed esaminò la ferita:
la pallottola era passata da parte a parte e, flettendo le dita,
constatò che non aveva riportato danni gravi.
"Ecco. Vedi?" affermò Magnus, rivolgendo al moro un sorriso
rassicurante e asciugandogli con la manica della maglia gli occhi
rossi. "Sto bene, zuccherino."
Alec tirò su con il naso, mordendosi il labbro inferiore.
"M-mi d-dispiace! E' stata tutta colpa mia!" mormorò,
angosciato.
Magnus lo fissò, sorpreso, poi capì che si stava
addossando la colpa per qualcosa che non aveva fatto, come con Max. No,
non poteva permetterlo.
"Non pensarlo neanche!" l'ammonì quindi, con sguardo severo,
togliendosi a fatica la maglia e facendosi un bendaggio improvvisato al
braccio. "Mi ha sparato quello stronzo là!"
dichiarò, con tono sicuro, indicando con un cenno della
testa il motociclista. "Tu, invece, mi hai appena salvato la vita."
affermò, sorridendogli dolcemente e sporgendosi per
baciargli la fronte. "Grazie, Fiorellino"
bisbigliò, accarezzandogli una guancia.
Il labbro inferiore di Alec tremò. "L'ho... l'ho visto
arrivare." spiegò, trattenendo un singhiozzo. "Mi sono
nascosto bene e quando lui si è fermato, vicino a me, ha
fatto marcia indietro perché ti ha sentito colpire l'altro.
Quando sei arrivato da questa parte, si è nascosto dietro a
un albero per sorprenderti, così ho pensato di fare lo
stesso."
Magnus alzò gli occhi al cielo, indeciso se essere furioso o
sollevato. Di primo acchito avrebbe voluto sgridarlo perché
era rimasto là, rischiando la sua vita anziché
scappare, ma era anche felice di vedere che stava bene.
"Lo so, avrei dovuto sparargli." continuò Alec, abbassando
lo sguardo e torturandosi le mani. "Ma non sono capace di farlo e avrei
potuto colpire te, anziché lui." si difese, passandosi
stancamente una mano sul viso. "Non volevo farti male. Invece..."
Magnus scosse la testa, sentendo un'ondata di euforia scorrergli per
tutto il corpo, mentre il dolore veniva momentaneamente accantonato in
un angolo della mente. Il moro teneva a lui. Sorrise e
afferrò di colpo il viso del ragazzo, facendo scontrare le
loro labbra per un bacio breve e fugace.
"Grazie, Alexander."
sussurrò, posando la fronte contro quello dell'altro e
guardandolo dolcemente, prima di lasciarlo andare.
Alec sbatté le palpebre e arrossì all'istante.
"Oh... prego... sì... insomma... prego... sì."
mormorò, incapace di dire altro.
Magnus gli rivolse un enorme sorriso, afferrò Presidente
Miao, che era sbucato fuori da un cespuglio, e lo affidò ad
Alec, prima di alzarsi faticosamente e tendere una mano verso il moro.
"Andiamocene da qui."
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