Dust
to dust
“Chiudi
di già?” domandò Reborn, infilandosi
una polpetta di polipo in bocca con uno stuzzicadenti.
Tsuyoshi
annuì, mentre i suoi clienti uscivano in fila, alcuni
sghignazzavano, rossi in volto, altri tenevano in mano ciò
che rimaneva di alcune bottiglie di saké.
“L’orario
parla chiaro” disse Yamamoto. Iniziò a chiudere le
finestre con le imposte di legno, tenendo il capo chino.
“Vuoi
che rimanga? Insomma… per non lasciare solo il piccolo
Takeshi” disse l’Hitman, piegando il cappello
davanti al viso.
“Resteresti
tu un po’ con lui?” domandò Yamamoto.
Aveva gli occhi arrossati, segnati da delle profonde occhiaie.
Reborn
annuì, facendo ondeggiare i boccoli mori.
<
Quel bambino mi fa quasi paura per la sua potenza. Nonostante il suo
sorriso angelico, so che è una pioggia pericolosa,
ma… Tsuyoshi sta cadendo a pezzi > pensò.
Tsuyoshi
chiuse la porta del locale e fece ondeggiare le chiavi.
“Ti
dispiacerebbe se resto un po’ qui, mentre tu stai col
piccolo?” domandò, mentre apriva la porta interna.
<
Che cosa pretendevo? Ho cercato d’ingabbiarla, di fare le sue
scelte, ma alla fine… Non sono servito a niente…
Lavanda,
come vorrei urlare… Soffocare persino il cielo. I sogni che
abbiamo fatto, li farei precipitare dal loro volo prendendoli a sassate
> pensò.
Reborn
negò con il capo ed entrò in casa.
“Dove
si trova?” domandò.
“Lo
trovi come sempre davanti alla lavatrice. Stava sempre lì
quando era molto piccolo, nell’altra casa. Credo lo
rassicuri… ora che sua madre… non
c’è…”. La voce di Tsuyoshi
era roca e spezzata.
Reborn
corrugò la fronte. “Sei sicuro che non vuoi
accompagnarmici?” domandò a voce bassa.
“Preferisco
restare solo” mormorò Tsuyoshi, mentre Reborn
socchiudeva la porta alle sue spalle.
<
Io lo capisco. Perdere l’amore quando si fa sera, quando un
po’ d’argento i capelli ti colora…
Perdere
una donna e avere voglia di morire. Ho rinnegato persino il Cielo, ho
incolpato tutti, Settimo compreso. Volevo vedere tutti
distrutti… > pensò Reborn, infilando le
mani in tasca.
“Tu
sei pazzo! Luce era un’umana! Non certo quello che dici
tu!” gridò Reborn.
Sparò
un colpo, con la mano tremante. Il proiettile affondò nella
spalla di Skull, con uno schizzo di sangue.
“Te
la potrei ridare, se solo mi ascoltassi” gemette
l’immortale.
Reborn
sollevò il tavolo, mirò al muro e ve lo
fracassò contro. “Lei è morta! Quello
che mi ridaresti tu sarebbe solo una brutta copia immaginaria! Io amavo
quella vera!” gridò con tutta la sua forza, fino a
graffiarsi la gola. “Maledizione! Il destino era contro di
noi dall’inizio!”. Continuò a sbraitare,
con gli occhi di fuori, il cappello era caduto per terra.
Skull
lo guardò cadere in ginocchio e gli si avvicinò.
“Tu
la resusciteresti la donna che ami, sapendo che è un falso?!
Io
non me la meritavo. Lei mi ha scelto, mi ha reso il re degli
Arcobaleno… Io devo rispettare il suo ricordo. Mi
capisci?!” gridò Reborn. Tirò un pugno
sul pavimento, graffiandosi le nocche.
Skull
si sfilò il casco e lo guardò negli occhi.
“Io
sono abituato a spezzarlo il destino.
Riporterei
indietro lei, non una copia. Tu non sai cosa sarei disposto a perdere
per chi amo” disse gelido.
Reborn
si massaggiò la spalla e rabbrividì.
<
Anche se il mio fisico è quello di un bambino, mi sento
così vecchio e stanco. Posso sentire le rughe sul mio vero
viso, quello interiore.
Ho
passato così tante volte a respirare il suo odore nel suo
cuscino. Mi sono sbattuto la testa contro il muro, la mia intera vita
è andata in cocci… Ho obbligato Skull a farsi
carico di me una volta ancora, come quando mi sono trasformato.
Però… Luce era come il caffè, era la
mia vita > pensò. Raggiunse il bagnetto al piano di
sotto e socchiuse la porta, Takeshi era intento a lanciare una palla da
baseball contro il muro.
<
Non ho mai pensato come stesse Skull. Ancora adesso non voglio farlo,
preferisco compiangermi nella mia malinconia.
Iemitsu
me l’ha detto, se Skull mi ridesse Luce, Giotto se la
porterebbe via. Sono così egoista, ma non posso vederla tra
le braccia di un altro.
Skull
lo farebbe? Qualcosa mi dice che l’ha già fatto
>. Avvertì un brivido lungo la schiena e si
voltò.
Takeshi
si era spostato alle sue spalle.
“Yo!”
salutò il bambino di sei anni, piegando le labbra in un
sorriso.
“Chaaaos” salutò
a sua volta Reborn.
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