Rubaiyyàt

di Fiore di Giada
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Io bevo il vino, e i miei critici a dritta e a manca
dicono: “Non lo bere, ché è il nemico della fede…”.
Or che ho appreso che è nemico della fede,
per Dio, bevo il sangue del nemico, che è ben lecito
bere.



Rashid ride. Beve.
Si diverte.
Gode di ogni manifestazione della bellezza.
Arte, ballo, libri e buon cibo vorticano nella sua mente, bramosa di esperienze.
Eppure, non è del tutto felice.
La sua serenità non è completa, anche se cerca di nasconderlo.
Un senso di inquietudine si impadronisce di Rashid.
Un’ombra oscura la luce del suo sguardo ambrato.
Sospira. Sa la ragione della sua latente insoddisfazione.
Sente il peso della riprovazione dei benpensanti e degli ipocriti.
Peccatore.
Quante volte è stato apostrofato così?
Sente quell’aggettivo nei loro sguardi duri e taglienti.
Lo rimproverano silenziosamente.
Stringe il pugno. No, non deve importargli.
Quei sepolcri imbiancati non devono incupire il suo cuore.
Meritano il suo intransigente disprezzo.
Disprezzano chi beve vino, ma incoraggiano omicidi crudele, in nome di un crudele delirio mistico.
E lui non tollera simili persone.
Meglio bere vino che bere sangue di persone innocente.





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