Morto per la Libertà

di AliceGerini
(/viewuser.php?uid=1125379)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


BANCA DI SPAGNA, PRESENTE
 
Questa deve essere la resa dei conti, una volta per tutte.
Ci sono stati troppi intoppi, l’aria è troppo piena di tensione e nervosismo, troppi ricordi che non sarebbero dovuti venire a galla.
Il primo problema da risolvere è Gandìa.
Con sommo dolore tolgo le scarpe col tacco, scalza faccio decisamente meno rumore e posso piombargli alle spalle in totale furtività. Peccato, adoro queste scarpe e in un certo senso mi sento a disagio senza quei centimetri in più che mi separano da terra.
Il cuore martella violentemente in petto, devo faticare molto per respirare a lungo e profondamente per dare l’illusione di essere ancora fredda e lucida. La verità è che ho paura. Se Gandìa dovesse trovarmi sono sicura che mi ucciderebbe. Forse dentro di me sento di non essere ancora pronta per andare all’altro mondo, magari il mio inconscio suggerisce che ho ancora qualcosa da fare in questa vita fin troppo intensa.
Coraggio Esme.
Espiro a lungo e apro la stanza del Governatore…Per trovarla vuota.
Strano.
Mi aspettavo Gandìa seduto sulla scrivania al telefono con la polizia e invece la stanza è esattamente come l’abbiamo lasciata: il letto di fortuna, i medicinali sparsi, le finestre aperte da cui si sentono i manifestanti che non ci hanno mai abbandonati.
Ragiona Esme.
Dov’è? Che abbia sentito il nostro spostamento e ora sia in biblioteca a fare una strage? Oppure, peggio mi sento, che sia andato giù alla fonderia? Quel posto è una trappola senza via d’uscita, gli basterebbe tirarci dentro una bomba per ammazzare tutti.
Odio essere un topo in gabbia. Che senso ha conoscere ogni centimetro di questo maledetto posto se poi non so come sfruttarlo? Potremmo spostarci di continuo ma non cambierebbe niente, ci stancheremmo e basta. L’unica è trincerarci in un punto abbastanza ampio da contenere tutti quanti, ostaggi compresi, aspettare che venga fuso tutto l’oro e contrattare una fuga. È un piano che fa schifo ma ora come ora è l’unico piano che sento possa funzionare.
Torno verso della biblioteca quando giro l’angolo e incontro le spalle di Gandìa a pochi metri da me, di fronte a lui Denver e Rio hanno il fucile spianato. Sento delle minacce a cui Gandìa non risponde, non vedo il suo viso ma sono sicura che stia sorridendo.
Non gli dovete parlare, gli dovete sparare!
Ho voglia di urlare.
Dare ragione alla teoria di Sergio secondo cui non dovremmo difenderci ci farà ammazzare tutti.
Al diavolo, ci penso io.
Ma appena decido di svoltare l’angolo sento un’esplosione che mi costringe alla ritirata.
E poco prima di chiudere gli occhi mi sembra di sentire una voce nella testa.
«Esme nessuno ti sparerà, anche la polizia e il Governo vorranno l’appoggio della gente.»
Una previsione non azzeccata, Professore.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3920175