Storie di vecchie poesie bruciate

di KUBA
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Son seduto
a guardare il mare.
Il mare.
Com’è calmo il mare.
Ha un vezzo:
ondeggiando
sembra volersi avvicinare,
ma poi,
se guardato troppo a lungo,
si ritira cautamente.
Com’è timido il mare.
La schiuma si infrange
contro i miei pantaloni.
In questa quiete,
il fumo,
danzando con la brezza,
segue il ritmo
dei flutti,
creando una coreografia
per questa sinfonia salmastra.
Il sole è alto nel cielo.
Sarà mezzogiorno,
lo capisco dall’ombra dei miei compagni.
Mi lascio cullare,
placidamente,
dalla ninna nanna marina.
Che pace!
Ho sempre ammirato il mare,
così vasto, così imponente,
ma così umile;
se fosse una persona,
sarebbe davvero perfetta.
Chiudo gli occhi.
Sento le ali dei miei compagni sbattere.
Torneranno, forse.
Resto a guardare.
Quanto durerà questa deriva?




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