In The Shadow Of Your Heart

di Aliseia
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Fandom: Da Vinci’s Demons
Genere: Angst - Introspettivo
Rating: Mature audience
Personaggi: Leonardo Da Vinci, Girolamo Riario

Note alla storia: questa storia è il seguito di Breathe Me ed è collocata dopo la puntata 3x10. Tutto perciò è già successo ma molto deve ancora accadere.
Dediche: a Miky, l’angelo della Leario.
A Abby, fatina dei fandoms.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a David S. Goyer, agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
 
 
 
In The Shadow Of Your Heart
 
A falling star fell from your heart and landed in my eyes
I screamed aloud, as it tore through them, and now it's left me blind

The stars, the moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart

Cosmic Love – Florence + The Machine

 
 
«Si dice che al momento della consacrazione schiere di diavoli alati uscirono dall’occhio aperto in alto, nella cupola. Il Pantheon resterà sempre un tempio pagano.» disse Riario senza voltarsi.
«Quale luogo migliore per ritrovarci.» osservò Leonardo.
Riario lentamente si voltò. «Siete tornato.»
«Siete vivo.» rispose l’Artista.
«Sì… Ho ucciso il Papa.»
«Che poi Papa non era.» Leonardo inalberò una smorfietta beffarda.
«Non siete scandalizzato? Ho ucciso mio padre.»
«Avete ucciso un tiranno. L’uomo che ha ucciso Amelia, che ha maledetto Lucrezia, che ha tenuto il proprio fratello per anni in catene. L’uomo che vi ha tormentato per tutta la vita… e quasi perduto.»
«Perché dite quasi.» Riario fissava davanti a sé, lo sguardo vacuo ancora smarrito tra gli antichi incubi.
«Non vi condanno per questo – rispose Leonardo – e sempre che io abbia il diritto di condannare qualcuno.»
«Voi forse no. Ma le guardie papali e i cardinali di Roma mi manderebbero volentieri al rogo.»
«E allora scappate, cosa fate ancora qui?»
«Non hanno prove. E comunque… Ti aspettavo. Ci vediamo a Roma. Furono le tue parole, ricordi, Leonardo?»
Leonardo sorrise. Un sole morente sfiorava obliquo i suoi capelli. Sembrava risplendere come un dio degli antichi, le membra d’oro fuso, gli occhi due giade. «Quale onore… Aspettavi me.» Avanzò nella direzione dell’altro che però rimase rigido e immobile. «Non avete paura?» chiese Riario.
«No.»
«Non siete venuto per uccidermi?»
«Non ancora.»
Allora fu Riario a sorridere ma gli occhi rimasero lucidi e seri. «Quale altra prova volete? Sono un mostro. Che altro vi serve?»
«Mi servite voi, Girolamo Riario, poiché temo un trionfo dell’Architetto a Firenze.»
«Savonarola è mio amico.»
«Per questo mi rivolgo a voi. Ora che avete ucciso il tiranno… Ditemi che non volete sottomettervi ancora. Siete libero, Riario. Libero di vivere una vita piena, senza più paura. Mi dicono che abbiano organizzato un matrimonio per voi, qualche anno fa.»
«Sì… Lei era solo una bambina. Ma ora… Caterina Sforza è ormai una donna, bella e decisa. Ed è giunto il momento che tale matrimonio diventi… reale.»
«È giunto il momento di consumare! Potete dirlo, sono un adulto! – Leonardo canzonò il Conte con enfasi persino eccessiva – E dunque partite, lasciate questa città pericolosa.»
«Roma è una città di santi e di peccatori. Non è luminosa come Firenze. Può essere abbagliante, a volte… Per poi tornare oscura.»
«La vostra città, dunque. – Leonardo si avvicinò ancora – Affascinante e pericolosa. Non sicura, in altre parole. Sono venuto per scoprire se il mostro era tornato, ma pare di no. La vostra ritrovata libertà, i vostri progetti matrimoniali mi dicono che state bene. E dunque vivete… Ma lontano da qui. So che vi è stata offerta la signoria di Forlì. Vi cercherò in quel luogo se dovessi avere bisogno di voi.»
«E tornerete da me…»
Leonardo scosse la testa fissando il terreno, quando sollevò di nuovo lo sguardo aveva un’espressione seria e risoluta. «Oppure liberatevi… di tutto. Anche della vita tranquilla decisa da altri per voi. Liberatevi di ogni paura, anche di quelle più segrete. E scegliete di essere uno e non più diviso. Il santo e il peccatore.»
«Volevate le mie preghiere… E io lasciai tutto per seguire un idolo.»
«Eravate libero. Per la prima volta nella vostra vita. Nella volta celeste avete visto l’uomo che potreste essere.»
Si trovavano ormai lontani dalla piazza principale, in un vicolo già raggiunto dall’ombra. La pioggia recente aveva lasciato il terreno umido e pulito, l’aria era gonfia di un sentore aspro di pietra e di terra bagnata. All’improvviso Riario si inginocchiò. «Volete dunque che io preghi? Anche gli angeli caduti lo sanno fare. Non ho più un dio, ho ucciso il mio. Dovrei dunque pregare voi?» Lo sguardo trasparente sembrava raccogliere la luce e assumerne il colore. Ora i suoi occhi erano rossi come quelli di un demone.
Leonardo gli sfiorò la guancia, indugiando sullo zigomo. «Quando ti colpii… Non ero io.» sussurrò.
«Lo so. Eri me .» Riario piegò il capo, sfiorò con il proprio respiro l’inguine dell’altro, poi con i denti afferrò i lacci delle braghe. I pantaloni di Leonardo scesero lungo le cosce, scoprendo il sesso. «Sì. Anche voi mi state aspettando.»
L’Artista serrò le labbra mentre l’angelo perverso gli tributava l’osceno omaggio. Leonardo senza fiato rovesciò il capo contro il legno di un portone.
«Cosa fate? Pervertiti!» Una donna uscendo in fretta dal portone distolse lo sguardo. «Il bordello è due vicoli più avanti!»
Leonardo sorrise ma Riario non aveva intenzione di fermarsi. Leonardo afferrò con decisione le corte ciocche nere sulla sua nuca. «Basta… - ansimò – Non qui.»
Girolamo si sollevò, lo sguardo cangiante non mostrava ombra di vergogna. «E dove? Volete raggiungere il bordello?»
Leonardo scosse la testa. «La nostra prima volta non sarà in un bordello.» Uscendo nella piazza mentre in fretta sollevava i pantaloni indicò un punto dove la luce era più forte, di un bagliore incandescente. «Il fiume. Ci sono angoli tranquilli sotto il ponte. Ombra e luce.» Corse avanti e nell’allontanarsi sfiorò la mano dell’altro che lo seguì senza fretta, lo sguardo grave.
Sotto il ponte l’aria era ancora greve di pioggia ma dalle volte scendeva una splendida luce dorata. Leonardo premette l’amante contro il muro. «Togli tutto.» ordinò. Riario eseguì senza parlare. Le spalle larghe, i fianchi stretti, le lunghe gambe affusolate: rivaleggiava con la bellezza degli angeli che un giorno avrebbero ornato il ponte. «Li ho visti in sogno – sussurrò Leonardo, ma nessuno di loro sarà…come voi.» Leonardo non perse tempo a spogliarsi, lasciò cadere i pantaloni lungo le gambe e costrinse l’altro sulla parete. «Aspetta.» disse mentre infilava un dito in bocca con l’impudenza di un ragazzo.
«No.» rispose Riario.
Allora l’Artista senza lasciare il suo sguardo gli afferrò una mano per portarne le dita alla bocca.
«No.» ripeté Riario.
«Ti farò male.»
«È quello che voglio.» rispose il Conte.
Leonardo scosse violentemente la testa. «Ma non è quello che voglio io. Non sono quel genere di amante… Non voglio darti dolore, ma piacere. Solo quello ti renderà libero.»
«Ne state parlando fin troppo. Fatelo e basta. Sapete come fare, no? Prendetemi e basta, o devo pensare che l’accusa di sodomia…» Un verso roco interruppe le parole di Riario, quando infine le sue provocazioni raggiunsero lo scopo. Leonardo lo aveva sollevato di peso e ora il Conte si allacciava a lui con le cosce intorno alla vita e le mani sulle spalle. Leonardo prese il suo volto tra le mani costringendolo a tenere gli occhi aperti. «Guardami.» intimò. Riario annuì, un nuovo lamento sfuggì alle labbra mobilissime, che poi si arricciarono senza alcun suono in chissà quale indecente preghiera.
«Devi fermarmi se ti fa male – alla fine fu Leonardo gentilmente a pregare – Guardami… Questo non è un peccato.»
«Non ti fermare, disastro d’un uomo!» protestò Riario.
Fu Leonardo a socchiudere gli occhi e poi con un gemito fin troppo sonoro a spingere più forte.
«Piano! – si lamentò Riario – No, non le spinte, la voce… Taci. Come potevo sperare che tu non fossi un amante rumoroso?»
«Chiudimi la bocca.» lo provocò Leonardo. Solo allora Girolamo si decise a baciarlo e il sollievo che ne provarono entrambi li ammutolì per un po’. Poi facendosi forza contro il muro Girolamo artigliò le natiche dell’Artista, chiedendo di più. Più forte, più a fondo, finché non gridarono entrambi.
Leonardo crollò tra le braccia dell’amante, che esausto si appoggiò alle pareti del ponte. «Vieni con me.» sospirò l’Artista sul collo dell’altro. In quel momento udirono certe voci sgraziate di ragazzi. Leonardo afferrò in fretta il mantello per coprire Girolamo e quando passarono si era appena sistemato i pantaloni, ma incontrando gli sguardi ancora languidi degli amanti uno di quei giovinastri mormorò: «Porci.» Gli occhi di Riario lampeggiarono e i giovani affrettarono il passo.
«Bellezza e corruzione.» sussurrò Riario.
«Se Roma ti piace tanto, ci ritroveremo qui.» affermò disinvolto Leonardo. Ma non aveva il coraggio di guardarlo.
«Fate discorsi romantici, Da Vinci. Non è da voi.»
Gli occhi verdi brillarono nella penombra. «Puoi tornare a quella vita… dopo aver provato questo?»
«Devo.»
«Chi te lo impone? La tua religione? La famiglia? La storia?»
«La mia colpa.» rispose Girolamo lasciando cadere il mantello.
Leonardo non si era accorto che fosse diventato così magro, così fragile. Si avvicinò per stringerlo di nuovo ma Riario lo respinse. «Che senso ha? – Leonardo era esasperato – Tu stesso hai affermato di non avere più un dio a cui rendere conto.»
«Ho la mia coscienza.»
«E la tua coscienza dov’era, poco fa, mentre ti lasciavi…»
«Possedere da te? Era presente e godeva di ogni istante. E sapeva che avrei rimpianto ogni istante.»
Leonardo platealmente alzò le mani al cielo, agitando le dita nell’aria come faceva quando un’improvvisa ispirazione attraversava la sua mente. «La mia vendetta! Hai lasciato che completassi la mia vendetta.»
«Esattamente. Era giusto che io provassi queste cose per poi rimpiangerle con maggiore ferocia nei giorni che verranno.»
«Ma lo capisci che non ha senso? Che questa è la vera eresia. Che nel momento in cui credi di espiare stai facendo altro male… anche a me.»
Riario si bloccò. Recuperati i suoi vestiti aveva il portamento rigido e dignitoso di sempre, ma l’audacia di quelle parole riuscì a spiazzarlo. «Non pensavo… Hai avuto tanti amanti, tante avventure. Ma questo non cambia nulla. Lucrezia aveva ragione: sei tu quello libero. Libero di creare… di amare ancora. Tu sei una creatura della volta celeste. Non lasciare che un mostro ti costringa a terra.» Riario sollevò la mano per una carezza ma Leonardo lo respinse. Poi all’improvviso l’Artista costrinse l’altro ancora contro il muro, le braccia lungo il busto, le dita intrecciate alle sue. Si avvicinò fino al punto di sfiorargli le labbra, ma scosse beffardamente la testa. «No, Riario, questa volta niente baci. Presto vi sposerete davvero.» E lasciando andare le mani del Conte gli voltò le spalle per inoltrarsi nell’oscurità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




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