Autocritica

di Takke
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Avverto tratti di indefinita disattenzione verso le parole che mi vedo pronunciare e che puntualmente ignoro.
Riscontro una marcata assenza di autocritica.
Raggiungo fragili convinzioni che mi permettono di sopravvivere. Ravvivo scheletri di un noto armadio sepolto da dita di polvere.
Ravviso imperiture concezioni che si stagliano dal fumo vaporoso. Respingo estreme unzioni su di un corpo combattente. Trattengo zanne su fauci che non hanno più sapore.
Abbraccio coerenza e disillusione. Affondo sogni e problematiche. Apprezzo una ferma presa di posizione.
Osservo un cielo turchese che non è mai stato mio. Rimpiango il nulla, perché rifuggo il rimpianto.
Acclamo l’empio e accresco la fama del santo. Dissacro il devoto e raccolgo dissenso e disappunto.
Dissimulo me stesso per essere almeno scorto. Ottengo che il torto è ammesso solo per silenzio.
Elargisco false speranze di un cambiamento. Permeo il mio essere di superbe aspirazioni.
Anelo al nulla. Annuncio la mia presenza. Pretendo una degna accoglienza.

Sono perché penso. Vivo perché scrivo.






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