Come
la spessa volta di un sarcofago, il cielo, grigio di nubi, opprimeva
la città e un vento gelido sferzava le strade, ingombre di
corpi privi di vita, contorti in posizioni grottesche, su cui
brulicavano banchi di insetti famelici.
Gli
edifici, ormai ridotti a scheletri metallici, di tanto in tanto,
crollavano su se stessi e il loro boato si mescolava a quello dei
lampi, che, di tanto in tanto, illuminavano il cielo di bagliori
lividi.
Wes,
in piedi, la mano stretta attorno al petto, fissava la strada.
Tra
i corpi scorse i cadaveri di Ransik e di sua figlia Nadira, a poca
distanza l'uno dall'altro.
– Ci
sono riuscito... – mormorò. Era riuscito a impedire ad
un mutante corroso dall'odio di tramutare la Terra in una landa
desolata.
Il
futuro dell'umanità era stato salvato.
Certo,
la ricostruzione avrebbe richiesto il suo tempo, ma era possibile.
Gli
esseri umani, in occasioni estreme, avevano mostrato una tempra
forte.
La
trasformazione, ad un tratto, si dissolse e il giovane, con un
gemito, crollò al suolo.
Si
strinse la mano sul petto, in un gesto istintivo, poi la ritirò,
rossa di sangue.
– Almeno,
sono riuscito a salvare voi, amici... – mormorò. Poco
prima di intraprendere quella mortale battaglia, con un inganno, era
riuscito a riportare i suoi amici nella loro epoca.
Gli
era dispiaciuto ricorrere a simili mezzi, ma non voleva trascinarli
nella morte.
Malgrado
un inizio burrascoso, si era affezionato a quei quattro ragazzi,
provenienti da un futuro assai lontano.
Con
loro, aveva condiviso una importante parte del suo cammino ed era
riuscito a divenire un uomo, capace di scelte consapevoli.
Come
poteva condannarli ad un destino così orribile?
No,
il suo senso dell'amicizia gli imponeva di agire per la loro
salvezza.
Il
suo cuore, vedendo i loro volti umidi di lacrime e distorti dalla
disperazione, avrebbe voluto urlare, ma la sua mente, fredda, gli
aveva ricordato il suo scopo.
A
cosa sarebbe servito morire insieme, senza alcuno scopo?
Eppure,
malgrado fosse cosciente di questo, non riusciva a non provare
amarezza.
Avvertiva
su di sé il peso della solitudine e del rimpianto.
La
sua tomba sarebbe stata una cittadina agonizzante, ancora consumata
dal fuoco di una crudele battaglia.
Suo
padre non avrebbe avuto una tomba su cui piangerlo.
– Papà...
Mi dispiace... – mormorò. Tra di loro, c'erano stati
contrasti assai aspri, legati alla sua scelta, ma non poteva non
negare l'affetto da lui provato verso il suo unico genitore.
Gli
voleva bene e non poteva non ammirare la sua tempra rocciosa, che gli
aveva permesso di costruire un ampio impero economico.
Chiuse
gli occhi e alcune lacrime tremarono sulle sue ciglia. Gli mancava
anche la presenza di lei.
Jen.
Con
lei, erano state tensioni assai forti all'inizio, ma poi era
cresciuto un sentimento d'amore assai forte.
Avrebbe
voluto vivere quel sentimento, prima di cadere per salvare la sua
città.
Invece,
era stato costretto a compiere una scelta dolorosa, per impedire a
lei e agli altri ranger di morire senza alcuno scopo.
Un
denso velo grigio, ad un tratto, coprì i suoi occhi e le sue
orecchie furono tormentate da un insistente ronzio.
Con
un gemito, si lasciò cadere disteso e chiuse gli occhi.
Era
finita. Finalmente, poteva riposare.
– Sveglia!
– urlò una voce dura, apparentemente impassibile.
A
fatica, Wes aprì gli occhi e, chino su di lui, scorse Eric.
– Tu...
– mormorò il Red Ranger, la voce flebile. Perché
il capo dei Silver Guardians era lì, accanto a lui?
Pur
essendo occasionali alleati, Eric, col suo temperamento schiettamente
brutale, non aveva mai fatto mistero del suo disprezzo per lui.
E
non comprendeva la ragione.
Lui
non poteva non stimare Eric, per la sua fermezza d'animo.
Era
di origini modeste, lo sapeva, ma era migliore di tanti membri del
suo stesso sociale, che, stolti, si compiacevano di una ricchezza
spesso immeritata.
Accennò
ad un sorriso melanconico. L'aspro comandante dei Silver Guardians e
Quantum Ranger sarebbe stato uno dei suoi rimpianti.
Scorgendo
lo stupore negli occhi dell'agonizzante combattente, Eric scosse la
testa.
– Perché
ti stupisci? E' mio dovere provvedere al ritrovamento e al trasporto
dei feriti. – rispose, il tono apparentemente duro. Per lui,
Wesley Collins era il figlio viziato e amato di Albert Collins, suo
datore di lavoro, che aveva scelto per noia la vita del vigilante.
Ma
queste sue considerazioni personali non lo distoglievano dal suo
dovere.
Wes,
in quel momento, era ferito e necessitava di cure urgenti.
Studiò
la situazione. Quelle lesioni, per quanto gravi, non erano mortali.
Eppure,
il volto di Wes era pallido e il suo respiro era sempre più
veloce.
Questo
non era un buon segnale.
Certo,
Wes era cosciente, ma tali segni di sofferenza erano insoliti.
Forse,
aveva delle emorragie interne in corso.
Probabilmente,
la trasformazione aveva richiesto un prezzo elevato al suo fisico.
Una
risata amara risuonò sulle labbra di Wes.
– Perché
ridi? – chiese il Quantum Ranger, sorpreso.
– Hai
detto che è tuo dovere individuare i feriti e provvedere al
loro trasferimento in ospedale... E allora perché sei qui? Io
vedo solo morti... – rispose il Red Ranger.
D'istinto,
Eric girò la testa verso destra e vide i corpi di Ransik e
Nadira.
– Li
hai uccisi tu. – dichiarò, la voce apparentemente
monocorde. Solo Wes, in quel settore della città, grazie ai
suoi poteri, poteva opporre una valida resistenza all'avanzata
distruttrice di Ransik.
Pur
consapevole della situazione, aveva lottato e aveva sovvertito
pronostici infausti.
Grazie
a lui, la minaccia era stata sventata.
Eric
sospirò e scosse la testa, amareggiato. Questo distruggeva i
pregiudizi che, per tanti, troppi anni, lui aveva nutrito verso Wes.
Non
era un ragazzino viziato, che aveva scelto la vita di Ranger per
allontanare la noia.
Si
era mostrato un combattente risoluto e forte, pronto a qualsiasi
sacrificio.
Meritava
il suo rispetto.
Cinse
le spalle di Wes con un braccio e passò l'altro sotto le sue
ginocchia.
Il
giovane, sentendo quel tocco, si irrigidì in uno spasmo di
dolore.
– Eric...
Ti prego. – lo supplicò.
Il
Quantum Ranger, colpito dal suo tono, fissò i suoi occhi neri
in quelli cerulei di Wes. Aveva sbagliato qualche manovra?
– Ti
prego... Non pensare a salvare un morto... Non voglio occupare un
posto inutile... Tante persone hanno più possibilità di
me... – mormorò il giovane figlio di Albert Collins.
Sgomento,
l'altro sbarrò gli occhi e il suo volto si scolorò. Wes
gli stava chiedendo di lasciarlo morire, pur di permettere a civili e
innocenti di salvarsi.
Tale
pensiero era encomiabile, degno di un valoroso soldato, ma suscitava
in lui una forte opposizione.
Wes
non doveva morire.
– Anche
la tua vita è importante. – affermò, lugubre. Un
senso di pena si faceva strada nel suo animo.
I
pregiudizi avevano frapposto tra di loro un muro assai alto, che non
poteva essere varcato.
E
la morte, crudele, non avrebbe permesso un rimedio.
Il
Red Ranger chiuse gli occhi e la sua mano, con fatica, si sollevò
e si appoggiò sull'avambraccio dell'altro. Aveva compreso le
ragioni del Quantum Ranger e non poteva non sentirsi felice.
Era
riuscito a conquistare la stima e il rispetto di un valoroso e forte
guerriero.
– Grazie...
Sono felice che tu non mi odi più... – confessò,
sereno.
Il
Quantum Ranger strinse gli occhi e frenò le lacrime. Si
sentiva uno stupido, in quel momento.
Aveva
odiato Wes per uno stupido pregiudizio.
Eppure,
lui non aveva mai smesso di cercare la sua amicizia.
Vedeva
il suo rispetto come un privilegio e non come un suo diritto...
Quanto
poco conosceva il giovane che si stava spegnendo, stretto tra le sue
braccia?
Un
boato, come lo scoppio di una palla di cannone, risuonò
nell'aria.
Ad
un tratto, Wes, con fatica, armeggiò attorno al suo morpher e
lo consegnò al capo dei Silver Guardians.
Eric
gli lanciò uno sguardo perplesso.
– Perché
lo dai a me? – chiese, stupito.
– Ormai
è un oggetto inutile per me... Per favore, ti chiedo di
consegnarlo a mio padre, quando tornerai da lui... E digli che hai
trovato il mio corpo carbonizzato... Almeno, avrà un ricordo
di me non doloroso... – mormorò.
Il
capo dei Silver Guardian annuì e prese il dispositivo. In quel
momento, qualsiasi considerazione passata perdeva di significato.
Doveva
ad un eroe un simile favore.
Gli
prese la mano e, deciso, gliela strinse.
– Te
lo prometto. – dichiarò, risoluto.
Una
debole serenità illuminò il pallido viso di Wes.
– Grazie...
– sussurrò. Ormai, non avvertiva più forza nel
suo corpo dilaniato.
Ma
era felice.
Eric,
malgrado i loro contrasti, era una persona leale.
Avrebbe
mantenuto la parola.
Tentò
ancora di parlare, ma uno sbocco di sangue spense le sue parole e il
suo corpo, ormai privo di forze, si abbandonò nella morte.
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