Capitolo 8
Uzumaki Naruto!!
«I
do whatever it takes
'Cause
I love how it feels when I break the
chains»
(Whatever it takes –
Image Dragons)
“Papà?”
Fu la
piccola domanda appena accennata, detta con voce troppo speranzosa ed
esitante,
a farlo precipitare di nuovo nella situazione in cui si trovava.
Era
così
alienante trovarsi davanti a se stesso di molti anni più
giovane, vedersi e
rendersi davvero conto che questa
era
un’altra realtà. Rivedere Jiji, Jiraiya o il
piccolo Sasuke non era nemmeno
lontanamente paragonabile all’estraneità che
provava nel vedersi. Il piccolo
Naruto – il legittimo Naruto di questa timeline
– lo fece sentire un intruso, intrappolato in un posto
illegittimo, prigioniero
di qualcosa di sconfinato quanto il cielo.
Almeno
non
dovette simulare la confusione che sentiva e gli faceva battere
furiosamente il
cuore.
Nozomi
guardò la stanza, posando prima gli occhi
sull’Hokage, poi su Jiraiya e infine
di nuovo su Naruto.
“Cosa?”
domandò, anche se la vera domanda che aveva nella punta
della lingua era: di già?
Era
troppo
presto, non aveva previsto che il Sandaime lo presentasse a Naruto così presto, solo dopo due
giorni di
permanenza a Konoha. Si era aspettato dovessero passare settimane, se
non mesi,
prima anche solo gliene parlasse; di dover completare missioni,
dimostrarsi
meritevole di fiducia.
Fiducia.
Gli
tornò
in mente quello che era successo poco prima nell’arena, il
presunto test a cui
l’Hokage l’aveva posto insieme a Obito.
Ricordò anche che Obito aveva
minacciato di rapire Naruto.
Oh.
Prima
che
potesse dire qualcosa, il Sandaime si fece avanti.
“No,
Naruto-kun,” disse dolcemente,
“quest’uomo non è tuo padre”.
Si
sentì
male per la delusione che vide rompersi negli enormi e chiarissimi
occhi
azzurri.
“È
tuo zio,
Uzumaki Nozomi”.
Gli
occhi
del bambino si illuminarono di nuovo, questa volta di
incredulità. Nozomi
sapeva perfettamente cosa stava pensando in quel momento la sua
controparte più
giovane.
Famiglia.
Provò
un
senso di vertigine nel rendersi davvero conto che questo Naruto poteva
avere
una famiglia.
Si
riscosse, rendendosi conto che non poteva continuare a fissare il
bambino in
quel modo sorpreso. Appuntò quindi sul proprio volto il
sorriso più accogliente
del suo repertorio e si accucciò alla sua altezza.
C’erano molte cose che
voleva fare con lui, portarlo a mangiare ramen, accompagnarlo a scuola,
preparargli il bento e la merenda, spingere la sua altalena, giocare ai
ninja…
tutte cose che non aveva mai avuto. Questo Naruto poteva averle! Gliele
avrebbe
date tutte.
Ma prima
doveva portare avanti la messinscena.
“Ciao,
come
ti chiami?”
Non
capiva
perché si sentisse nervoso, stava parlando con se stesso del
resto, non poteva
sbagliare perché sapeva cosa doveva dire per non rendersi
antipatico.
Ricevette
un’occhiata
ancora meravigliata e incerta, come se il bambino temesse di vederlo
sparire in
fumo per rivelare uno scherzo.
“Uzumaki
Naruto” rivelò, poi aggrottò la fronte.
“Sei davvero mio zio?”
“Sono
il
fratello minore di Minato” spiegò non sapendo
esattamente come muoversi.
In quel
momento Naruto non sapeva nulla dei suoi genitori, non sapeva che suo
padre
fosse proprio lo Yondaime, non sapeva di sua madre e ancor meno sapeva
del
Kyūbi. Doveva stare attento a quello che diceva.
“Minato
è
il mio papà?” chiese infatti il bambino con
curiosità.
Hiruzen
intervenne prima che potesse dare una risposta e dicesse troppo.
“Era tuo padre” corresse.
“Come sai è
morto, Naruto-kun”.
Ci fu
una
piccola luce di sofferenza negli occhi blu del bambino e Nozomi
ricordò tutte
le volte che con poco tatto lo stesso uomo gli aveva ricordato che era
inutile
parlare dei morti ogni volta che tentava di chiedergli qualcosa dei
suoi
genitori. Sentì qualcosa ruggire nello stomaco e il senso di
protezione verso
quel piccolo sé aumentare vertiginosamente, soppiantando il
senso di
alienazione.
“Quindi
aveva un figlio…” mormorò per
continuare nella loro recita. “Non lo sapevo”.
“Di
questo
ne parleremo più tardi” intervenne il Sandaime
lanciandogli uno sguardo
d’intesa.
Naruto
continuava a guardarlo titubante, la fronte increspata e gli occhi
socchiusi
come se si stesse concentrando troppo.
“Dove
sei
stato?” chiese e c’era un piccolo tono di accusa
nella sua voce.
Perché
non eri qui con me?
Fu
ancora
una volta il Sandaime a rispondere.
“Nozomi
ha
vissuto solo fuori da Konoha per molti anni, non eravamo a conoscenza
della sua
esistenza. È arrivato qui solo due giorni fa”.
Gli
occhi
di Naruto si sgranarono ancor di più e si spostarono anche
su Obito.
“Voi
siete
i ninja fortissimi che stavano combattendo prima!” li
riconobbe con
eccitazione, le guance che avvamparono.
“Esatto,
monello!” garantì ricambiando lo stesso sorrisone
incredulo. “Ci hai visti
quindi?”
“Assolutamente
sì!” esclamò alzando le mani a pugno.
“Ne, ne, anche io diventerò un ninja
fortissimo!”
“Ne
sono
sicuro, dattebayo!”
Ci fu un
lunghissimo silenzio, in cui sembrò che tutti trattenessero
il fiato e Nozomi
poté distintamente sentire le maledizioni di Obito contro di
lui.
Oh-oh,
pensò mentre nella sua testa
veniva ripetuta l’istruzione di non usare
quell’esclamazione troppo specifica e
distintiva con altri.
Naruto
allargò sempre di più gli occhi, stupefatto.
“Anch’io
dico dattebayo,
dattebayo!” sussurrò
incredulo.
Colse la
palla al balzo nel tentativo di correggere il proprio errore.
“Davvero?
Giura, dattebayo!”
“Giuro,
dattebayo!” scalpicciò sembrando offeso di non
essere creduto subito.
“Lo
hai
detto davvero, dattebayo!”
“Certo
che
lo dico, dattebayo!”
“Dattebayo!”
Fortunatamente
furono interrotti prima che la situazione degenerasse, con buona pace
di Obito
che sembrava pronto a gettarsi dalla finestra a un altro dattebayo.
L’interruzione
si manifestò con un bussare cortese alla porta, che Hiruzen
colse all’istante.
“Entra
pure”.
Di tutte
le
persone che Nozomi poteva immaginare, sull’uscio vide
l’ultima che si sarebbe
aspettato: Iruka-sensei. Ed era così giovane…
perfino più giovane di lui.
“Mi
ha
convocato, Hokage-sama?” chiese con il solito tono educato
che lo
contraddistingueva, ma con gli occhi ansiosi davanti alla presenza
degli altri
shinobi.
“Oh,
Iruka”
lo salutò caloroso il vecchio. “Eccoti qui.
Saresti così gentile da riaccompagnare
Naruto-kun a lezione?”
Quella
richiesta lasciò sorpreso Nozomi, che ebbe quasi
l’istinto di allungare le mani
e trattenere quella piccola versione di sé. Si erano appena
incontrati ed era
durato troppo poco, perché li stava già
allontanando?
Anche
Naruto sembrò rimanerci male a quella scoperta.
“Non
posso
restare qui?” piagnucolò testardo.
La
ripresa
venne veloce da Iruka, ormai temprato dall’Accademia.
“Non
disobbedire all’Hokage. E quante volte ti ho detto di non
saltare le lezioni
per venire a disturbarlo?!”
“Avevo invitato io
Naruto-kun qui” disse
velocemente il Sandaime. “Ma ora può tornare ai
suoi doveri”.
“No,
io…”
provò a resistere il bambino, ma lo vide ingoiare la
protesta davanti
all’occhiata gelida del maestro.
Nozomi
provò a intervenire, sperando di riuscire a guadagnare
più tempo insieme.
“Può
aspettarci fuori e poi possiamo andare a casa insieme?”
propose.
Se
Naruto
sorrise al settimo cielo alla prospettiva, gli occhi
dell’Hokage brillarono
pericolosamente. Si ritrovò a essere trafitto da uno sguardo
fortemente
sospettoso e cauto, era la prima volta che lo guardava così
da quando era
tornato a Konoha e ne rimase senza fiato. Troppo tardi si rese conto di
aver
fatto un passo falso. Ma soprattutto il suo cuore si
appesantì nel rendersi
conto che l’Hokage non aveva nessuna intenzione di dargli
Naruto, non avrebbe
permesso che vivessero insieme.
Avrebbe
lasciato Naruto da solo, ancora una volta.
Ingoiò
il
nodo alla gola, cercando di cacciare lontano le emozioni negative.
“Vorrei
conoscere la mia famiglia” disse.
E quello
sembrò ammorbidire almeno in parte l’espressione
gelida.
“Dobbiamo
discutere del vostro scontro e di altre faccende, cose non adatte a un
bambino”.
Naruto
corrugò la fronte e protestò: “Non sono
un bambino! Sono grande e diventerò
Hokage, stupido vecchiaccio!”
“Naruto!”
tuonò Iruka, il tono da insegnante
che era sempre riuscito a farlo tacere nell’infanzia e anche
in quel momento
Nozomi ebbe l’istinto di mordersi la lingua.
“Modera il tuo linguaggio e porta
rispetto, stai parlando con l’Hokage. Per questo ti sei
appena meritato una
punizione!”
Il
bambino
sgranò gli occhi, ferito, ma non mollò la presa.
“Non
è
giusto! Voglio restare!” gridò stringendo i
pugnetti.
A questo
punto perfino Obito intervenne.
“Per
quello
che dobbiamo dirci può restare benissimo” fece
notare. “E non vedo per quale
motivo dopo non dovrebbe venire a casa con suo zio” aggiunse
in un basso
ringhio.
Nozomi
rabbrividì, percependo l’energia del chakra che il
compagno stava facendo scorrere
sotto la pelle, una chiara minaccia che mise subito in allarme
l’Hokage. Portò
la mano sotto la sua scrivania, vicino al sigillo che avrebbe attivato
l’allarme ANBU per ogni evenienza, ma mantenne lo sguardo
fisso sui due
shinobi.
“Ne
discuteremo non appena Naruto sarà uscito”
ordinò.
Gli
occhi
azzurri del bambino si fecero umidi, il suo corpo sembrava troppo
piccolo in
mezzo a tutti quegli adulti tesi. L’unico che manteneva la
calma era Jiraiya,
ma sapeva bene che si trattava solo apparenza, e se la tensione fosse
scoppiata, Nozomi non aveva idea cosa avrebbe fatto, con chi si sarebbe
schierato. Inoltre non potevano far saltare tutto subito, non potevano
permettersi di essere braccati da Konoha. Il Clan Uchiha aveva bisogno
di loro,
Sasuke e Itachi avevano bisogno di lui, per non parlare dello stesso
Naruto, o
di Sai e gli altri bambini in ROOT.
Avevano
una
missione da compiere.
“Va
bene”
sussurrò, arrendendosi.
Naruto
sgranò gli occhi, tradito. “No! Non va
bene!”
Nozomi
provò un dolore sordo al petto nel vedere
l’espressione che fece il piccolo
Naruto, nel percepire le forti emozioni negative che Iruka stava
provando nei
confronti del bambino.
“Naruto,
un’altra parola e saranno guai!”
Faceva
male.
Faceva
male
ricordare che anche Iruka all’inizio lo aveva guardato in
quel modo.
Ingoiò
l’amaro,
tentando di rendere il tutto più facile. Mise una mano sulla
testolina di
Naruto, che sembrò congelarsi a quel gesto e lo
guardò con gli occhi sgranati, l’espressione
di chi aveva fame di gesti
d’affetto.
“Vai
a lezione”
lo spronò. “Devi studiare se vuoi diventare un
ninja fortissimo, ‘tebayo! Poi
mi mostrerai i tuoi progressi, va bene?”
Avrebbe
fatto tutto il possibile perché il Sandaime glielo
affidasse, per diventare la
sua famiglia. Lo avrebbe aiutato e spronato, gli avrebbe dato tutto
l’affetto che
aveva necessitato da bambino e nessuno gli aveva mai concesso. Lo
avrebbe
aiutato a studiare, allenato, reso più forte di quanto era a
quell’età. Se
poteva migliorare il futuro, allora avrebbe migliorato anche se stesso,
rendendosi un bambino amato e con una famiglia.
Per
questo
doveva fare in modo che il Sandaime si fidasse di lui.
Naruto
lo
guardò con occhi acquosi.
“Ti
rivedrò?” domandò, con
l’evidente terrore che sparisse.
“Ovviamente!
Tutte le volte che vuoi” garantì con un sorriso
smagliante. “È una promessa e
io non vengo mai meno alla mia parola!”
Il
bambino
tirò su con il naso, apparentemente rassicurato, e si fece
coraggio per
allontanarsi da lui e raggiungere Iruka. Il maestro non lo
toccò, lasciò una
certa distanza tra loro; si piegò invece in un inchino
educato verso i ninja.
“Mi
dispiace per questa interruzione”.
“Nessun
problema” garantì il Sandaime visibilmente
tranquillizzato e con un ultimo
commiato i due si allontanarono.
Nozomi
fece
una smorfia quando la porta venne chiusa, lasciando solo
un’ultima impressione
dello sguardo supplicante del bambino, dopodiché
tornò a guardare il Sandaime.
Tutti sembravano in attesa che dicesse qualcosa.
“Se
avessi
saputo di lui” disse quindi Nozomi un po’
malinconico, “sarei venuto qui fin da
subito”.
Hiruzen
fece un sorriso di circostanza.
“L’esistenza
di Naruto è segreta, le sue stesse origini sono conosciute
solo da pochi e
fidati shinobi”.
Nozomi
annuì comprensivo. “Immagino che
l’eredità di mio fratello fosse difficile da
gestire”.
“Immagini
giusto. Abbiamo fatto il possibile perché i numerosi nemici
del Flash Giallo di
Konoha non sapessero nulla della sua esistenza”. Fece una
lunga pausa,
lasciando che si caricasse di serietà, come a far capire che
ciò che stava per
aggiungere era qualcosa di altrettanto, se non più, segreto.
“Egli è inoltre il
Kyūbi no Jinchūriki”.
Decisamente
non si aspettava che si fidasse di lui già così
tanto da rivelare anche questo
fondamentale dettaglio. Non sapendo come reagire si azzardò
a lanciare uno
sguardo a Obito, in cerca di sostegno. Il Sandaime lo
intercettò subito.
“Non
ne
sembri sorpreso”.
Decise
di
andare a braccio, sperando nella fortuna.
“Sono
una
specie di sensore e mi sono accorto che Naruto aveva troppo chakra
anche per un
bambino Uzumaki” spiegò. “Senza contare
che solitamente gli Uzumaki sono ideali
come contenitori dei Bijū e si sa che il nono Bijū appartiene a Konoha,
perciò
è stato facile da indovinare”.
Hiruzen
accettò la sua spiegazione con un cenno affermativo del
capo. Prese la propria
pipa e la fissò per qualche secondo, come se stesse cercando
le parole adatte
con cui iniziare.
“La
madre
di Naruto, Uzumaki Kushina, era la precedente Jinchūriki. Quasi otto
anni fa, durante
il parto, si verificò l’incidente… a
quanto pare causato da Madara… e la volpe
sfuggì al suo controllo. Lei e Minato dovettero sacrificare
le loro vite per
fermarla e la sigillarono nel corpo del figlio nato quella stessa
notte. Questo
è un segreto di livello S, conosciuto da pochi shinobi, e
come tale non dovrà
uscire da questa stanza. È assolutamente vietato parlare di
questo e, ancor di
più, riferirlo a Uzumaki Naruto!” concluse
imperioso. “Ti sto dando grande
fiducia a dirtelo, Uzumaki Nozomi, spero che tu ne sia
consapevole”.
Nozomi
imitò
un piccolo inchino.
“Comprendo.
Ti ringrazio per la fiducia” disse seriamente.
Dovette
essere la risposta giusta, perché Hiruzen sorrise e
addolcì lo sguardo.
Nonostante ciò le parole successivi non suonarono meno dure
e amare.
“Per
questi
motivi, ti chiedo di non cercare Naruto”.
Sbatté
le
palpebre sorpreso, era l’ultima cosa che si aspettava di
sentire dopo
quell’incontro, anche se avrebbe dovuto immaginarlo. Troppo
incredulo per
rispondere fu Obito a fare un passo avanti.
“Come
sarebbe a dire?”
Hiruzen
guardò entrambi seriamente, il viso impassibile e duro come
la pietra.
“Naruto
è
una persona preziosa per questo villaggio e la sua sicurezza ha la
primaria
importanza. Finché non potremo fidarci totalmente di voi,
non posso
affidarvelo”.
Obito
fece
per protestare, ma le parole sfumarono in un ringhio appena accennato
quando
imperiosamente Hiruzen alzò una mano a zittirlo. Era un uomo
anziano,
dall’aspetto fragile, ma era ancora il Sandaime Hokage, il
Dio degli Shinobi,
il Professore: se desiderava il suo aspetto poteva incutere timore e
obbedienza
con un solo gesto.
“Obito,
l’unico motivo per cui non sei stato segnalato come nukenin
è che ti credevamo
morto, ma è quello che sei stato per tutti questi anni: un
disertore che ha
abbandonato il suo villaggio”.
“Voi…”
“Comprendo
le tue rimostranze e che non siamo stati in grado di mantenere la tua
fiducia.
Ma erano tempi di guerra e tu sei uno shinobi, al di là di
tutto dovevi
tornare. Sei stato un nukenin e io avrei dovuto arrestarti per il tuo
tradimento”.
“Vuole
provare?” lo sfidò oscurando il tono.
Il
Sandime
lo guardò indispettito.
“Non
l’ho
fatto e non lo farò” rispose. “Sei
tornato, è ciò che conta. Ma visto quello
che è successo e il tuo comportamento fino a questo momento,
capirai la
mancanza di fiducia. Dovrai dimostrare di essere davvero
ancora un ninja di Konoha perché ti affida Uzumaki
Naruto”.
Si voltò verso Nozomi. “Per quanto riguarda
te… ci sono ancora molte cose sul
tuo passato che non mi sono chiare. Jiraiya garantisce per te e io mi
fido di
lui, perciò ho deciso di accoglierti nel Villaggio. Ma
finché non saprò chi
sei, sarai sotto osservazione e in prova, la tua libertà di
muoverti per Konoha
sarà limitata. Sai che qui potresti avere una famiglia, il
piccolo Naruto
potrebbe diventarlo, ma perché ciò accada dovrai
essere perfettamente onesto
con me. Perciò te lo chiedo: se c’è
qualcosa che vuoi dirmi, qualcosa che nel
nostro primo incontro hai tenuto nascosto, questo è un buon
momento per
parlare. Siamo solo noi nella stanza, nessun altro al di fuori di me e
Jiraiya
ne verrà a conoscenza. Hai la mia parola”.
Nozomi esitò e si
morse l’interno della
guancia. Quelle parole lo preoccuparono e non seppe cosa fare. Da come
parlava,
il Sandaime sembrava aver capito qualcosa e questo lo
allarmò. Era meglio che
non sapesse nulla del suo viaggio dal futuro, Hiruzen in questo momento
era
troppo influenzato da Danzo e temeva le conseguenze se si fosse
confidato con
il suo consigliere. Prima di potergli rivelare la verità,
Danzo andava
sistemato e reso inoffensivo.
Aveva
detto
qualcosa che li aveva traditi? Durante il combattimento aveva usato per
sbaglio
il chakra di Kurama?
No, lo
rassicurò la volpe nella sua mente, niente
del genere, sei stato attento. Deve
essere altro.
Contrasse
l’espressione. Kurama aveva ragione, era impossibile che
avesse capito
qualcosa: l’opzione del viaggio del tempo era così
assurda che nessuno gli
credeva nemmeno quando lo diceva. Era impossibile che jiji lo avesse
riconosciuto.
Chiuse
gli
occhi e scosse la testa.
“Ho
già
detto tutto, Hokage-sama. Non c’è altro di
importante, potete stare
tranquillo”.
Una
smorfia
passò sul viso stropicciato dalle rughe. Era evidente che
non gli credeva,
Nozomi si chiese perché improvvisamente si fosse impuntato
così tanto, quando
fino a quel momento si era mostrato benevole e fiducioso nei suoi
confronti.
Che cosa era cambiato da renderlo sospettoso tutto d’un
tratto?
“Va
bene,
capisco” disse il vecchio Hokage. “Del resto le
analisi del sangue
confermeranno o meno la tua genealogia”.
Si
bloccò
di colpo, accorgendosi del rossore diffusosi sul volto di Nozomi.
Quella
reazione lo fece preoccupare e capì di non essersi sbagliato
quando il giovane
rispose.
“In
realtà…
non mi sono sottoposto all’estrazione del sangue”
ammise. “Non ci siamo”
corresse poi, spostando gli occhi su Obito.
La pipa
quasi rischiò di cadergli dalle labbra a quella rivelazione.
Aveva contato
proprio sulla visita medica dopo lo scontro per potersi assicurare che
Nozomi
fosse davvero un Uzumaki e non un impostore. Guardò quindi
Jiraiya, incredulo
che glielo avesse permesso… che i medici lo avessero
permesso dopo che aveva
dato chiare istruzioni.
Ma il
Sannin si strinse nelle spalle.
“Si
sono
entrambi appellati al codice medico istituito da Nidaime Hokage al
terzo anno
di reggenza, quarta legge del secondo paragrafo”
citò.
Inarcò
le
sopracciglia, non aspettandosi quella mossa così astuta.
Tobirama-sensei lo
aveva creato per riuscire a regolare le visite mediche, dal momento che
all’inizio di Konoha nessun shinobi di un clan o con un
kekkei genkai si
sottoponeva all’assistenza medica, temendo che i medici
potesse carpire i
segreti nel loro corpo. Per colpa di ciò molti shinobi non
avevano ricevuto
cure adeguate ed erano morti. Tobirama aveva allora fatto in modo che
ci fossero
almeno cinque medici rappresentanti di ogni grande Clan, che si
sarebbero presi
cura dei propri parenti così da non rubare i segreti del
Clan. Con il tempo e
l’unità di Konoha che diventava sempre
più stretta, i clan si erano fusi tra
loro e la segretezza in alcuni casi era stata anche abbandonata,
perciò questa
esigenza venne messa in secondo piano e molti ninja cominciarono a
lasciarsi
visitare anche senza i garanti del Clan. Al momento solo gli Uchiha,
gli Hyūga
e gli Aburame applicavano sempre e fedelmente la quarta legge e se
n’era quasi
dimenticato. Questo era un impiccio, perché non esistevano
altri shinobi
Uzumaki che potessero visitare Nozomi, perciò appellandosi a
quella legge
semplicemente faceva capire che avrebbe gestito da solo la propria cura
e non
avrebbe permesso a nessuno di conoscere i segreti che custodiva nel suo
corpo.
Per quanto riguardava Obito…
“C’era
un
medico Uchiha,” disse duramente, “perché
non hai lasciato ti visitasse?”
Obito
fece
un sorrisetto supponente e alzò il mento con sfida.
“Legge
4.1:
se lo shinobi presenta lesioni pari o
minori del primo grado, può rifiutare la cura medica”
citò senza
abbandonare il fastidioso sorrisetto. “La visita preliminare
mi ha dato un
grado zero, quindi…”
Hiruzen
fumò il suo fastidio attraverso al pipa. Doveva ammettere di
avere le mani
legate, la legge che in quanto Hokage proteggeva in questo caso era
contro di
lui.
Rimase
in
silenzio, cercando di capire come poteva muoversi. Tornò a
guardare Nozomi,
lasciando che si vedesse quanto quel loro rifiuto lo seccasse.
“Questo
non
aiuta la tua causa” gli fece notare. “È
un atteggiamento sospetto”.
“Perciò
mi
costringerete?” domandò accigliandosi.
“No”
assicurò suo malgrado, la legge era pur sempre la legge.
“Ma come dicevo, sarà
più difficile per me fidarmi di te. Questo significa che
anche l’ipotetica
custodia di Naruto potrebbe essere ripensata”.
Fu un
colpo
al cuore per Nozomi. Sapeva a cosa stava andando incontro quando lo
aveva
deciso, ma sentirlo dire era comunque sgradevole, soprattutto ora che
aveva
potuto vedere Naruto. Era… ingiusto, proprio come aveva
detto il sé passato.
Ma non
poteva farlo. Nessuno sapeva cosa sarebbe risultato dalle sue analisi
del
sangue, c’era il rischio che si accorgessero che il suo dna
era uguale a quello
di Naruto… e a quel punto avrebbe dovuto spiegare tutto.
“Capisco”
disse quindi, cercando di mantenere lo sguardo fisso e la voce ferma.
Hiruzen
fece una smorfia, forse si aspettava che dopo quel ricatto rivedesse la
sua
posizione. Sospirò stancamente, staccando la pipa dalla
bocca.
“Quindi
c’è
qualcosa dentro di te che stai nascondendo” disse rassegnato.
Nozomi
socchiuse
gli occhi, senza rendersene conto il suo corpo si era teso. Dentro di
sé non
poteva evitare di pensare che in realtà era stato
l’uomo davanti a lui a
nascondergli cosa aveva dentro di sé per più
della metà della sua vita. Aveva
dodici fottuti anni quando aveva dovuto farci i conti, solo
perché un traditore
aveva tradito il segreto. Una parte di lui non voleva sapere quanto
ancora,
altrimenti, glielo avrebbe tenuto nascosto.
Prese un
lungo sospiro. “Sto solo proteggendo i segreti del mio Clan.
Sono l’ultimo a
conoscerli e ho il dovere di
farlo”.
Hiruzen
si
oscurò. “Uzushio e Konoha sono alleati”
ricordò.
Nozomi
scattò prima che se ne rendesse conto. “Erano.
Visto che voi avete fatto davvero un pessimo lavoro e avete lasciato
venisse
distrutta” sputò.
Nella
sala
calò il silenzio e solo in quel momento si accorse di aver
alzato il tono della
voce, di essersi inasprito. Hiruzen lo guardava con una leggera colpa
che
velava i suoi occhi, non solo: anche Jiraiya sembrava stupito da quello
scatto.
Cercò
di
ricomporsi, deglutì e strinse i pugni per fermare il tremito
delle mani.
“Non
sono
l’unico a dover dimostrarsi degno di fiducia” disse
allora, guardò l’Hokage.
“Prima di condividere qualsiasi segreto, devo sapere che non
ci tradirai
ancora”.
Ormai
non
stava più recitando, se ne rese conto subito. Anche se stava
usando il pretesto
di Uzushio, quelle parole le intendeva davvero. Certo, la sua
diffidenza non
derivava da un’alleanza infranta, ma da tutto quello che jiji
gli aveva sempre
nascosto su Konoha. Hiruzen lo aveva tradito nascondendogli la
verità su tante
cose, sulla sua nascita per cominciare, ma anche sul Clan Uchiha.
Sasuke non
era stato l’unico a sentirsi tradito nello scoprirlo, anche
Nozomi si era visto
il mondo crollargli addosso. Aveva dovuto affacciarsi con il marciume
del suo
villaggio, con le sue conseguenze, quando aveva sempre vissuto nella
bolla di
una Konoha perfetta.
Non era
perfetta.
Hiruzen aveva permesso troppe cose di accadere.
Nozomi
non
voleva essere tradito ancora.
Il
Sandaime
sospirò, riconoscendo una verità nelle sue
parole.
“Capisco”
disse. “Non insisterò” promise.
Nozomi
emise un sospiro, sollevato almeno in parte che l’Hokage
avesse mollato la
presa su almeno una cosa. Rimase però
sull’attenti, cercando di capire quale
sarebbe stata la sua prossima mossa. Hiruzen tacque per qualche
secondo, poi la
sua espressione cambiò di colpo, passando da preoccupata a
gioviale. Gli
rivolse un sorriso mentre tirava fuori dei sigilli e li appoggiava
sulla
scrivania.
“Dunque,
avete dimostrato il vostro valore. Direi che il grado Jōnin
è più che meritato”
osservò. “Avete sfoggiato tecniche più
che interessanti, che hanno colpito molti
di noi. Potrei farvi alcune domande a riguardo?”
Nozomi
si
scambiò uno sguardo con Obito, scrollando le spalle. Avevano
preparato una
risposta per ognuna delle tecniche che avevano mostrato, quindi non
dovevano
temere nulla. Infatti anche l’Uchiha annuì, senza
però abbandonare la piega
seccata delle labbra. Evidentemente ce l’aveva ancora con
l’Hokage per la
faccenda di Naruto.
“Dunque,
partiamo da te, Obito…”
“Posso
usare il Mokuton, sì”, lo precedette alzando agli
occhi al cielo, “grazie alle
cellule di Hashirama impiantate dentro di me. Come ho detto,
metà del mio corpo
è composto da corpo di un clone di Hashirama, lo Zetsu.
Madara l’ha ricavato
dalle cellule che riuscì a rubare da Hashirama durante il
loro scontro, dopo
che usò Inzagi per salvarsi la vita”
ripeté ancora una volta meccanicamente.
Hiruzen
tentò un sorriso stretto. “Questo è
molto strano da ascoltare e porta molte
domande. Cosa sono gli Zetsu? Per quale motivo le cellule si sono
adattate così
bene a te?”
Obito si
strinse nelle spalle. “Ti ho detto solo quello che so. Per
quanto riguarda
Madara, anche lui sembrava sorpreso che potessi usare il
mokuton”.
“Capisco,
ma dimmi: Madara ti ha solo parlato?”
Rispose
con
una faccia schifata. “Che altro avrebbe dovuto
fare?!”
“Per
caso,
allenarti?”
La
domanda
sembrava molto studiata e Nozomi sudò un po’
freddo, ma Obito mantenne una
faccia di bronzo illeggibile.
“No”
mentì
con facilità.
“Il
tuo
modo di combattere è molto simile al suo”
spiegò allora. “Troppo simile”.
“Uso
tecniche Uchiha e il taijutsu Uchiha” fece notare Obito
esasperato. “Sarebbe
più strano che combattessi come uno Hyūga
francamente”.
Nozomi
si
morse la lingua per non ridere, ma Hiruzen non sembrò
apprezzare la battuta
visto la faccia che fece. Si spostò allora verso Nozomi, che
si sforzò non
lasciare intendere quanto fosse divertito.
“Tu
invece
mi hai ricordato il nostro Nidaime. Forse non lo sai, ma fu il mio
maestro”.
Questa
volta Nozomi non si fece scrupoli a sorridere smagliante, del resto
faceva
parte della recita. Durante la guerra, sia mentre credevano ancora di
poter
salvare il vecchio mondo, sia quando stavano lavorando al sigillo,
Tobirama
aveva insegnato a Naruto, Sakura e Sasuke tutte le sue tecniche. Era
così che
aveva imparato come creare il proprio hiraishin, imparato a usare i
sigilli e
padroneggiato tutte le tecniche d’acqua che conosceva. Ormai
quelle tecniche
facevano parte del suo repertorio e non riusciva a restarne senza,
soprattutto
perché erano le uniche che poteva spiegare senza dover
tirare in mezzo il Kyūbi.
Jiraiya e Obito avevano facilmente trovato una spiegazione al
perché le
conoscesse, perfino i kage bushin e l’hiraishin.
Si
mostrò
emozionato e perfino lusingato.
“Oh,
questo
è fantastico! È il mio eroe,
dattebayo!” esultò senza problemi, ora che poteva
dire la buffa espressione senza destare sospetti. “Voglio
dire, era davvero un
genio e ha inventato così tante cose e sapeva
così tante cose di Uzushio!”
Hiruzen
sbatté le palpebre, forse un po’ sorpreso da tutto
quell’entusiasmo e cercò di
dire qualcosa, ma Nozomi non gliene diede modo riprendendo velocemente
a
parlare.
“Allora,
vedi, quando sono andato dai rospi loro dopo sono riusciti a salvare le
pergamene di mamma e visto che erano l’unica cosa sua che mi
erano rimaste le
lessi tutte. E c’era questa pergamena sul
teletrasportarsi… non con uno
shunshin, proprio un teletrasporto, una tecnica spazio-temporale. Prima
sei qui
e dopo se lì, così nel giro di un secondo
e…”
“So
come
funziona una tecnica spazio-temporale…”
tentò di frenarlo, ma Nozomi ormai era
partito.
“Era
troppo
fico, così volevo impararla, ma Fukasaku-sensei ha detto che
ero ancora troppo
piccolo e che prima dovevo imparare altre cose. Ma io ho insistito.
Tipo tanto.
E lui mi ha detto che anche Tobirama-sama prima di inventare
l’hiraishin si era
allenato in altre tecniche. E allora io: chi è
Tobirama-sama? E lui: è
l’inventore dell’hiraishin, ha inventato
molte delle tecniche conosciute nel Paese del Fuoco”
disse imitando la voce
del vecchio rospo. “Quindi io ero tipo: forte! Posso imparare
anche quelle? E
Tobirama ne ha inventata davvero tante e sono tutte così
incredibili! Ma la mia
preferita è il kage bushin, potevo usarlo per giocare a
carte e…”
“È
bello
vederti così entusiasta!” intervenne Hiruzen
spezzando la sua parola. Stava
tentando di farlo da un po’, alla prima pausa di due secondi,
ma il ragazzo
aveva parlato senza respirare.
Nozomi
allargò il sorriso e, temendo che riprendesse a vomitare
parole, l’Hokage
continuò: “La nostra biblioteca ha una grande
sezione dedicata a Nidaime, sarai
il benvenuto”.
L’Uzumaki
si mostrò entusiasta, ma Obito dovette mordersi
l’interno delle guance per non
alzare gli occhi al cielo e scoppiare a ridere. Nozomi in biblioteca,
certo.
Sarebbe durato solo due secondi prima di essere cacciato fuori per aver
fatto
rumore o rovesciato qualcosa. Anche se adesso si stava atteggiando a
nerd,
Hiruzen faceva un errore a pensare che avesse la stessa passione per lo
studio
di Minato.
“Comunque,
direi che questo è tutto” concluse il Sandaime.
Non seppe se fosse solo così o
se temeva che Nozomi riprendesse a parlare senza freni.
Toccò
con
il chakra un sigillo e dalle due pergamene comparvero delle uniformi
standard
ninja, una targhetta identificativa, un coprifronte e delle scartoffie
da
compilare.
“Lì
ci sono
tutte le schede burocratiche per il vostro inserimento. Vi chiedo la
gentilezza
di inviarle al reparto apposito il prima possibile”. Prese le
due fasce ninja e
le tese ai due giovani uomini. “Queste sono vostre”.
Nozomi
prese la propria in soggezione. Sentì un forte calore allo
stomaco quando le
dita sfiorarono il freddo metallo, un calore che ricordava quello che
aveva
provato anni prima, quando era stato Iruka a mettergliela sulla fronte.
Quell’hitae-ate rappresentava tutto per Nozomi: era il
simbolo di ciò che
voleva essere, della sua lealtà, del suo sogno. Poterlo
possedere ancora era il
ritorno definitivo a casa. Naruto – o Nozomi che fosse
– era niente senza il
suo coprifronte. Strinse con forza la fascia, già desideroso
di indossarla, e
alzò lo sguardo sul Sandaime. Il vecchio aveva un sorriso
dolce, ammorbidito
dalla chiara commozione negli occhi azzurri.
“Benvenuti
a Konoha” disse.
Nozomi
sorrise genuino, riscaldato da quel pensiero.
֎
Obito
fissò
il proprio hitai-ate come se fosse una bomba carta che sarebbe esplosa
se non
avesse decifrato il suo sigillo. Il metallo era pesante sulla sua
mano… non lo
ricordava così tanto pesante. Era un peso, ma forse da
giovane aveva portato
con più spensieratezza il peso che derivava
dall’essere uno shinobi di Konoha.
Erano
appena usciti dall’ufficio dell’Hokage, le
pergamene con tutto
l’equipaggiamento e le scartoffie con loro. Avevano tenuto
fuori solo i
coprifronte, anche se il solo ad averlo indossato subito era stato
proprio Nozomi.
Per
qualche
motivo, Obito si sentiva inadatto ad averlo, per questo lo fissava in
attesa che
esplodesse.
“Dovresti
indossarlo come Kakashi-sensei”.
“Smettila
di chiamarlo sensei” disse in automatico. Poi
sbatté la palpebra e lo guardò
confuso. “Che?”
Nozomi
non
se la prese per la sua distrazione. Il sole colpiva il metallo della
fascia
alla fronte, coperta da alcuni ciuffi laterali più lunghi.
In qualche modo
rendeva il suo viso più attraente, come se
l’hitai-ate fosse fatto apposta per
poggiare sulla sua fronte. Su di lui non sembrava un peso, ma un segno
orgoglioso.
Distratto
da quei pensieri, lasciò che Nozomi gli prendesse il
coprifronte dalle mani.
Fece il giro andandogli alle spalle e gli cinse la fronte con la
fascia,
legandola in un nodo stretto sulla nuca. Ma invece di averla appuntata
dritta
sulla fronte, la mise obliqua, così che si sovrapponesse
alla benda che già
indossava sull’occhio mancante.
“Ecco,
così” ammirò Nozomi il suo lavoro.
“Come la porta Kakashi”.
Alzò
una
mano e toccò il metallo che gli copriva l’occhio.
Era strano sentire quel peso
lì, dopo tutto quel tempo. Era tornato a essere uno shinobi
di Konoha,
nonostante tutto quello che era successo, nonostante avesse creduto di
aver
abbandonato per sempre questa strada.
Guardò
meditabondo
Nozomi, che non aveva smesso per un secondo di sorridere raggiante come
se
avessero vinto il mondo.
Fece una
smorfia. “Perché glielo hai lasciato
fare?”
“Cosa?”
“Lasciare
che ti tenesse lontano dal chibi Naruto”.
Nozomi
ebbe
la grazia di non rispondere subito e almeno mostrare
un’espressione
amareggiata. Distolse lo sguardo e incrociò le braccia,
assumendo la posa di
chi si prepara ad avere una conversazione seria e difficile.
“E
che
dovevo fare? Prenderlo in ostaggio?” scherzò con
poca convinzione.
Be’,
tipo.
“Provare
a
protestare un po’ di più?”
suggerì invece meno drastico.
Scosse
la
testa un po’ rassegnato.
“L’Hokage
l’ha ribadito bene: non siamo ancora persone di cui possono
fidarsi. Dobbiamo
fare del nostro meglio perché questo cambi e iniziare
protestando a tutto
quello che il Sandaime ci ordine è controproducente.
Insistere sarebbe stato
sospetto…”
Obito
strinse le mani a pugno e provò rabbia. Non sapeva
perché fosse così
importante, in quell’anno e mezzo di viaggio insieme
– in realtà da molto
prima, da ben quasi otto anni – non aveva mai pensato al
figlio di sensei.
Prima era stato troppo disinteressato per questo mondo per farlo,
dopo… be’,
dopo aveva il figlio di sensei adulto al suo fianco. Vedere il vero
Naruto di
questa linea temporale, vedere il modo in cui era trattato dal
villaggio… aveva
scatenato qualcosa in lui. Anche se stava facendo pressione su Nozomi,
sentiva
che era suo dovere prendere Naruto
con sé e rimediare a quegli anni di solitudine…
Sentiva che avrebbe dovuto protestare,
fare qualcosa, minacciare o addirittura uccidere se necessario.
Qualsiasi cosa
per assicurare una famiglia a quel bambino.
Una mano
calda si appoggiò sulla sua guancia, distraendolo da quei
pensieri. Incontrò
gli occhi limpidi di Nozomi, di quell’azzurro sereno che
aveva riacceso la
speranza in lui.
“Naruto
starà bene” disse dolce.
“Come
puoi
dirlo?”
Nozomi
rise. “Perché sono sopravvissuto a questo
già una volta. Anzi, per lui sarà
ancora meno doloroso ora: perché ora sa che fuori
c’è qualcuno per lui.
Inoltre”, aggiunse allargando il sorriso e socchiudendo gli
occhi, “il
Sandaime ha detto a me che non devo cercarlo, non a
Naruto”.
Lo
fissò
sospettoso. “Che intendi?”
“Be’,
se io
avessi saputo di avere uno zio mi sarei appiccicato a lui in ogni
momento
possibile” spiegò con un sorriso innocente.
“E visto che io sono lui…”
Obito
rise.
“Ora sì che ragioniamo!”
“Aspetta
a
dirlo. Se riuscirà a superare le guardie ANBU – e
lo farà, fidati – ti farà
rimpiangere questo. Dovrai sopportare la sua presenza
costante!”
Allargò
il
sorriso, sfumandolo in malizia e affettuoso sarcasmo.
“Mah,
ormai
mi sono abituato a sopportare te, non può essere
peggio…”
Scoppiò
a
ridere alla faccia offesa che fece Nozomi e quando provò ad
andarsene
indignato, lo afferrò alla mano per trattenerlo.
“Sei
un
idiota Obito. La prossima volta ti lascio in pasto a Kurama!”
“Permaloso!
Permaloso!”
“Allora
visto che devi sopportare un permaloso come me, non ti
offrirò nemmeno una
ciotola di Ichiraku!”
“Piangerò
questa perdita con lacrime amare” ribatté con
ampia ironia.
Al che
Nozomi gli fece una linguaccia lunga e infantile, Obito
approfittò di quel
momento per tirarlo al braccio con forza. Nozomi quasi si morse la
lingua per
la sorpresa dei loro corpi che venivano schiacciati insieme, ma non
poté
sbuffare nulla nel sentire le loro labbra unirsi. Si sciolse subito
come burro
nella sua presa, le mani di Obito si alzarono dal polso a stringergli
il viso,
come se temesse che si allontanasse da quel bacio.
Figuriamoci.
Nozomi
chiuse gli occhi e si godette il dolce contatto, lento, in contrasto
con la
forza della sua presa. Obito era così forte da essere
distruttivo, come una
tempesta di fuoco, ma lo baciava sempre in modo così dolce.
Il fuoco senza
controllo della sua rabbia diventava un focolare domestico,
caldo… un luogo
sicuro dove potersi riposare. Le sue labbra disegnarono un sorriso
mentre le
loro bocche erano ancora premute insieme, la lingua
accarezzò la cicatrice che
tagliava a metà il labbro inferiore e si staccò.
Obito aveva alzato le mani
appoggiandole alle sue guance, tenendolo al viso. L’occhio
rosso (era così
divertente che nei baci e nel sesso attivasse lo sharingan senza
nemmeno
accorgersene) lo spiava serio e profondo.
“Non
ci
serve questo villaggio” gli disse in un sussurro.
“Bastiamo solo noi due,
possiamo farlo da soli”.
Nozomi
fece
una smorfia amara non appena capì dove stava andando a
parare, ma non disse
niente. Obito continuò a fissarlo, l’occhio rosso
che ancora faceva roteare i
tre tomoi intorno alla pupilla.
“Possiamo
prendere
Naruto e andarcene” concluse. “Loro non ci
servono”.
Sospirò,
distanziando il viso di qualche centimetro.
“Solo
noi
due contro il mondo?” chiese quindi, dolcemente.
Obito
annuì, aumentando la presa sulle sue guance. Ma Nozomi
voltò il capo e portò le
dita sulle mani, delicatamente le staccò dal suo viso. Tenne
la presa però,
mentre con gli occhi guardava la montagna degli Hokage. Il suo sguardo
era
proprio su Minato.
“Il
villaggio non lo riconobbe perché divenne Hokage”
sussurrò. “Ma divenne Hokage
perché il villaggio lo riconobbe”.
Obito
corrucciò lo sguardo, non capendo quella frase. Si
voltò anche lui verso la
montagna, mai i seri volti di pietra non gli diedero nessuna
spiegazione.
“Cosa?”
domandò quindi.
Nozomi
scosse la testa. “È una cosa che mi disse
Itachi” spiegò. “Durante la Guerra,
quando stavamo ancora combattendo contro gli Edo-Tensei e lo incontrai.
Lui mi
disse questo. Mi disse che se avessi voluto occuparmi da solo della
guerra,
pensarci da solo, un giorno sarei diventato come Madara… come te”.
Obito si
corrucciò. Nozomi lo aveva detto con un tono tranquillo,
dolce quasi… ma lui
percepì come un’accusa. Si ritrovò a
sciogliere la presa delle loro mani e a
guardarlo, incapace di dire qualcosa.
In fondo
non serviva lo facesse, Nozomi in qualche modo sapeva sempre cosa stava
provando.
“Nel
mio
futuro, tu hai voluto fare tutto da solo” disse.
“Hai deciso che avresti
risolto tu questo mondo, pensandoci da solo. Non avevi bisogno degli
altri”.
“…”
“Avresti
vegliato per secoli nella solitudine un mondo soggiogato allo
Tsukiyomi.
Saresti rimasto l’ultimo, il solo, e per questo credevi di
non aver bisogno di
nessuno. Era tutto sulle tue spalle e non hai mai pensato di
condividere quel
peso”.
Obito
continuò a non dire niente, lo guardò basta e
sentì il suo petto sanguinare nel
vedere Nozomi fare un passo indietro, distanziarsi da lui. Guardava
ancora la
montagna, ma sapeva che i suoi occhi guardavano a un altro obiettivo
ormai.
“Durante
la
guerra, anch’io lo credevo. Di potercela fare da solo, di
dover essere solo io quello
che avrebbe fermato tutto. Non volevo che altri soffrissero, che altri
se ne
occupassero. Ero diventato forte, avevo il potere per farlo. Ora sono
ancora
più forte e forse hai ragione, posso farcela da solo. Non
avrei neanche bisogno
del tuo aiuto”.
Obito
sentì
una fitta alla gola, lo stomaco serrarsi e il cuore mancare un battito.
Senza
rendersene conto, stava già guardando Nozomi come se potesse
sparire da un
momento all’altro.
“Non
ne ho
bisogno, ma lo voglio” disse subito Nozomi. “Ti
voglio al mio fianco, voglio
che più persone possibili mi aiutino. Voglio che tutti i
villaggi mi aiutino,
solo così può esserci vera collaborazione per la
pace.” Fece una pausa,
tornando a fissarlo. “Sono forte, ma non lo sono diventato da
solo. Senza il
team 7, Ero-sennin o Kille B non avrei potuto imparare nulla. Senza i
miei
amici, senza Nagato e senza te non avrei mai potuto capire chi sono e
chi
voglio essere. Non avrei mai potuto tornare qui senza tutti coloro che
si sono
sacrificati per permetterlo. Non sarei mai andato così
lontano senza di loro.
Non posso dimenticarlo, non posso essere così arrogante da
fissarmi sulla mia
forza e dimenticare perché esiste. Quindi no, non
sarò io o anche solo noi due
contro il mondo. Sarà tutto il mondo insieme a risolvere
questo casino”
concluse.
Obito
abbassò il viso, guardandosi i piedi. “Gli altri
possono fallire, tradirti”
disse amaramente.
“Prenderò
questo rischio” rispose senza incertezza. “E se
succederà, farò in modo di
risolverlo. In fondo sono qui per questo, sono tornato dal futuro per
correggere gli errori che sono stati fatti. Non mollerò la
presa finché non ci
sarà finalmente la pace”.
“Allora
perché non dici subito la verità a
Hiruzen?” sbottò esasperato.
Nozomi
si
oscurò. “Te l’ho già detto,
prima dobbiamo risolvere Danzō. Nella mia linea
temporale, il Sandaime perse fiducia in lui solo dopo il massacro degli
Uchiha.
Ma qui lo eviteremo, quindi dobbiamo trovare un altro modo. Poi appena
sarà
possibile gli dirò chi sono e…”
tentennò, esitante.
Inarcò
un
sopracciglio.
“E?”
insistette.
“E…
gli suggerirò di abdicare
a favore di un
altro Hokage” borbottò in un sussurro.
Obito
rimase interdetto qualche secondo, ma poi tirò le labbra in
un sorriso
soddisfatto ed emise una leggera risata.
“Questo
piano mi piace” concordò compiaciuto.
“Ma da te non me lo aspettavo”.
“Scherzi,
lo hai visto? Ha la morte negli occhi, tutto quello che vuole
è la pensione. Da
piccolo non ci ho fatto caso, ma adesso sta praticamente gridando un
messaggio
d’aiuto. Sarà più che felice di
abdicare” spiegò esagitato,
un’espressione
buffa sul volto.
Rise
più
forte. “Ti candiderai?” lo stuzzicò.
“No”
disse
piatto. “Non ruberò il sogno del legittimo Naruto,
io non ne ho più diritto da
quando sono scappato nel passato…” concluse
amareggiato.
L’espressione
triste e piena di rimpianti agitò Obito, non era giusto che
provasse quel senso
di colpo, non avevano avuto scelta. La sua non era stata una fuga
vigliacca,
non aveva abbandonato nessuno… In fondo quel futuro non
poteva più esistere.
“Altri
candidati?” chiese allora cercando di mantenere il tono
leggero.
“Uhm…”
gli
occhi azzurri lo guardarono nervosi per qualche secondo, ma poi
distolse lo
sguardo grattandosi la guancia. “Non proprio, ci
penserò meglio”.
“Spero
abbastanza velocemente” sbuffò. “Prima
quel vecchio se ne va, meglio sarà per
Konoha”.
Nozomi
scoppiò a ridere. “Non riesci proprio a
sopportarlo?”
“È
feccia”
tagliò corto. “Un uomo che lascia che un bimbo
viva solo anche se c’è una
soluzione è feccia”.
Nozomi
non
commentò, perché in cuor suo sapeva che sarebbe
stato disonesto a non dargli
ragione. Una vecchia rabbia si era accesa dopo quel colloquio, ma non
l’avrebbe
assecondata. Avrebbe aspettato, sapendo che tutto si sarebbe risolto
per il meglio.
Naruto avrebbe avuto una casa sicura, fosse anche l’ultima
cosa che faceva.
Fu
distratto da quei pensieri nel sentire Obito prendergli la mano.
“Dicevi
davvero prima? Nel fare tutto senza di me?”
Era uno
stronzo se sorrideva al tono timido e preoccupato con cui lo aveva
detto?
Probabilmente l’Uchiha si sarebbe offeso o vergognato per
quella paura, quindi
si morse la guancia e ricambiò con forza la stretta.
“Non
farò
nulla senza di te” lo rassicurò. “Hai
promesso di essere al mio fianco, quindi…
non ti lascerò andare”.
La
tensione
che si era improvvisamente accumulata lasciò i suoi muscoli,
Obito quasi tremò
per il sollievo. Era sciocco, ma per un momento aveva davvero temuto
che lo
lasciasse indietro. Non poteva farlo, non dopo che gli aveva rivelato
che ciò
che progettava da anni era un fallimento; non dopo che gli aveva dato
un nuovo
motivo per sperare… Senza Nozomi, sperare non avrebbe avuto
senso.
“Meglio.
Senza di me combineresti un pasticcio dietro
l’altro” borbottò comunque, giusto
per darsi un tono.
Nozomi
scoppiò a ridere e tornò vicino, così
vicino che i loro corpi si sfioravano.
Sempre ridendo, il naso arricciato e le labbra stese a mostrare un
sorriso,
portò le proprio mani sul volto di Obito.
“Cosa
farei
senza di te?” domandò ridendo, ma con uno sguardo
dolcissimo.
Obito
non
rispose, invece lo baciò e ogni dubbio, cattivo pensiero o
incertezza sul
futuro sparì dalla loro mente. Forse non erano insieme
contro il mondo, ma
erano decisamente insieme e questo contava più di qualsiasi
cosa.
“Andiamo
a
casa” suggerì Obito, a fior di labbra.
Nozomi
inarcò un sopracciglio. “Ma il mio
ramen?”
“Ho
in
mente qualcosa di meglio del ramen…”
sussurrò mordendogli un orecchio.
Lo
colpì al
petto, ma senza una vera intenzione di ferirlo o allontanarlo.
“Uchiha
pervertito” ridacchiò mentre le labbra scendevano
dal lobo al collo.
“Uzumaki
arrapato” ricambiò.
E
be’, non
poteva negarlo. Lo prese per mano, trascinandolo lungo le strade con
una risata
che rimbalzava tra le case.
֎
“Così
sono
loro…”
Mormorò
maliziosa la donna, negli occhi uno sguardo terribile. Con i denti
spezzò il
bastoncino di dango che stava mordicchiando.
Ibiki
smise
di fissare i due giovani uomini giù sulla strada e
spostò gli occhi su Anko,
seduta pericolosamente sul bordo dell’edificio.
“Sì,
esatto”.
“Sembrano
molto intimi…” mormorò con un cipiglio
divertito Inoichi, gli occhi acuti che
scrutavano tutte le effusioni che si stavano scambiando, incuranti di
essere al
centro di una strada.
“Di
pure
fidanzati” sputò Anko. “Peccato,
l’Uzumaki è carino… Anche Obito ha il
suo
fascino con quelle cicatrici, è proprio
cresciuto…”
“Anko…”
sospirò Inoichi esasperato da quei commenti civettuoli,
visto che sapeva che la
donna aveva zero interesse negli uomini.
“Può
essere
solo un bene, visto quanto sono affiatati in combattimento”
soppesò Shikaku
serio, riportandoli in carreggiata. “Erano
inarrestabili”.
“Non
vorrei
mai averli contro” confermò Choza serio come non
lo era mai stato.
Una
folata
di vento accompagnò le sue parole caricandole di
drammaticità.
Anko
sputò
il mozzicone a terra e si accucciò come un gatto, il sorriso
pieno di malizia
sempre più largo sulla sua faccia.
“Io
direi
che dobbiamo dar loro un benvenuto” offrì, con gli
occhi che promettevano di
divorare in un solo boccone la propria vittima.
Salve!
Ecco la
seconda parte dell’incontro con l’Hokage ^^ So di
avervi fatto sperare
inutilmente, ma Hiruzen stava correndo troppo e si è reso
conto da solo che
doveva ridimensionare il tutto. Ma così adesso Naruto sa di
Nozomi, quindi ne
vedremo delle belle :D
Un altro
capitolo e la fase di “introduzione” a Konoha
finisce, si entra nel cuore della
storia e finalmente anche tutti gli altri personaggi faranno la loro
comparsa
:D Qui abbiamo già visto Iruka… Purtroppo non
è ancora l’Iruka affettuoso che
conosciamo noi, è ancora nella fase rimprovero/disprezzo
Naruto. Ma non temete
u.u come nel manga canonico si lascerà incantare presto dal
nostro Narutino.
Ho visto
che anche in molti lamentano l’assenza di scene
rosse… Okay, forse potrei
ritrarre questa cosa? Salire di rating? Non lo so, ditemi voi!
Nel caso
nel prossimo capitolo abbiamo una scena lime, che resterà
non spinta per
logistiche di narrazione xD
Grazie
mille per le recensioni! Sono davvero felice del vostro entusiasmo ^^
Ci
vediamo al prossimo capitolo fra due settimane!
Hatta.
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