Il prigioniero del cielo

di Voglioungufo
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Capitolo 8
Uzumaki Naruto!!

 

«I do whatever it takes
'Cause I love how it feels when I break the chains»
(Whatever it takes – Image Dragons)

 

“Papà?”
Fu la piccola domanda appena accennata, detta con voce troppo speranzosa ed esitante, a farlo precipitare di nuovo nella situazione in cui si trovava.
Era così alienante trovarsi davanti a se stesso di molti anni più giovane, vedersi e rendersi davvero conto che questa era un’altra realtà. Rivedere Jiji, Jiraiya o il piccolo Sasuke non era nemmeno lontanamente paragonabile all’estraneità che provava nel vedersi. Il piccolo Naruto – il legittimo Naruto di questa timeline – lo fece sentire un intruso, intrappolato in un posto illegittimo, prigioniero di qualcosa di sconfinato quanto il cielo.
Almeno non dovette simulare la confusione che sentiva e gli faceva battere furiosamente il cuore.
Nozomi guardò la stanza, posando prima gli occhi sull’Hokage, poi su Jiraiya e infine di nuovo su Naruto.
“Cosa?” domandò, anche se la vera domanda che aveva nella punta della lingua era: di già?
Era troppo presto, non aveva previsto che il Sandaime lo presentasse a Naruto così presto, solo dopo due giorni di permanenza a Konoha. Si era aspettato dovessero passare settimane, se non mesi, prima anche solo gliene parlasse; di dover completare missioni, dimostrarsi meritevole di fiducia.
Fiducia.
Gli tornò in mente quello che era successo poco prima nell’arena, il presunto test a cui l’Hokage l’aveva posto insieme a Obito. Ricordò anche che Obito aveva minacciato di rapire Naruto.
Oh.
Prima che potesse dire qualcosa, il Sandaime si fece avanti.
“No, Naruto-kun,” disse dolcemente, “quest’uomo non è tuo padre”.
Si sentì male per la delusione che vide rompersi negli enormi e chiarissimi occhi azzurri.
“È tuo zio, Uzumaki Nozomi”.
Gli occhi del bambino si illuminarono di nuovo, questa volta di incredulità. Nozomi sapeva perfettamente cosa stava pensando in quel momento la sua controparte più giovane.
Famiglia.
Provò un senso di vertigine nel rendersi davvero conto che questo Naruto poteva avere una famiglia.
Si riscosse, rendendosi conto che non poteva continuare a fissare il bambino in quel modo sorpreso. Appuntò quindi sul proprio volto il sorriso più accogliente del suo repertorio e si accucciò alla sua altezza. C’erano molte cose che voleva fare con lui, portarlo a mangiare ramen, accompagnarlo a scuola, preparargli il bento e la merenda, spingere la sua altalena, giocare ai ninja… tutte cose che non aveva mai avuto. Questo Naruto poteva averle! Gliele avrebbe date tutte.
Ma prima doveva portare avanti la messinscena.
“Ciao, come ti chiami?”
Non capiva perché si sentisse nervoso, stava parlando con se stesso del resto, non poteva sbagliare perché sapeva cosa doveva dire per non rendersi antipatico.
Ricevette un’occhiata ancora meravigliata e incerta, come se il bambino temesse di vederlo sparire in fumo per rivelare uno scherzo.
“Uzumaki Naruto” rivelò, poi aggrottò la fronte. “Sei davvero mio zio?”
“Sono il fratello minore di Minato” spiegò non sapendo esattamente come muoversi.
In quel momento Naruto non sapeva nulla dei suoi genitori, non sapeva che suo padre fosse proprio lo Yondaime, non sapeva di sua madre e ancor meno sapeva del Kyūbi. Doveva stare attento a quello che diceva.
“Minato è il mio papà?” chiese infatti il bambino con curiosità.
Hiruzen intervenne prima che potesse dare una risposta e dicesse troppo.
Era tuo padre” corresse. “Come sai è morto, Naruto-kun”.
Ci fu una piccola luce di sofferenza negli occhi blu del bambino e Nozomi ricordò tutte le volte che con poco tatto lo stesso uomo gli aveva ricordato che era inutile parlare dei morti ogni volta che tentava di chiedergli qualcosa dei suoi genitori. Sentì qualcosa ruggire nello stomaco e il senso di protezione verso quel piccolo sé aumentare vertiginosamente, soppiantando il senso di alienazione.
“Quindi aveva un figlio…” mormorò per continuare nella loro recita. “Non lo sapevo”.
“Di questo ne parleremo più tardi” intervenne il Sandaime lanciandogli uno sguardo d’intesa.
Naruto continuava a guardarlo titubante, la fronte increspata e gli occhi socchiusi come se si stesse concentrando troppo.
“Dove sei stato?” chiese e c’era un piccolo tono di accusa nella sua voce.
Perché non eri qui con me?
Fu ancora una volta il Sandaime a rispondere.
“Nozomi ha vissuto solo fuori da Konoha per molti anni, non eravamo a conoscenza della sua esistenza. È arrivato qui solo due giorni fa”.
Gli occhi di Naruto si sgranarono ancor di più e si spostarono anche su Obito.
“Voi siete i ninja fortissimi che stavano combattendo prima!” li riconobbe con eccitazione, le guance che avvamparono.
“Esatto, monello!” garantì ricambiando lo stesso sorrisone incredulo. “Ci hai visti quindi?”
“Assolutamente sì!” esclamò alzando le mani a pugno. “Ne, ne, anche io diventerò un ninja fortissimo!”
“Ne sono sicuro, dattebayo!”
Ci fu un lunghissimo silenzio, in cui sembrò che tutti trattenessero il fiato e Nozomi poté distintamente sentire le maledizioni di Obito contro di lui.
Oh-oh, pensò mentre nella sua testa veniva ripetuta l’istruzione di non usare quell’esclamazione troppo specifica e distintiva con altri.
Naruto allargò sempre di più gli occhi, stupefatto.
“Anch’io dico dattebayo, dattebayo!” sussurrò incredulo.
Colse la palla al balzo nel tentativo di correggere il proprio errore.
“Davvero? Giura, dattebayo!”
“Giuro, dattebayo!” scalpicciò sembrando offeso di non essere creduto subito.
“Lo hai detto davvero, dattebayo!”
“Certo che lo dico, dattebayo!”
“Dattebayo!”
Fortunatamente furono interrotti prima che la situazione degenerasse, con buona pace di Obito che sembrava pronto a gettarsi dalla finestra a un altro dattebayo.
L’interruzione si manifestò con un bussare cortese alla porta, che Hiruzen colse all’istante.
“Entra pure”.
Di tutte le persone che Nozomi poteva immaginare, sull’uscio vide l’ultima che si sarebbe aspettato: Iruka-sensei. Ed era così giovane… perfino più giovane di lui.
“Mi ha convocato, Hokage-sama?” chiese con il solito tono educato che lo contraddistingueva, ma con gli occhi ansiosi davanti alla presenza degli altri shinobi.
“Oh, Iruka” lo salutò caloroso il vecchio. “Eccoti qui. Saresti così gentile da riaccompagnare Naruto-kun a lezione?”
Quella richiesta lasciò sorpreso Nozomi, che ebbe quasi l’istinto di allungare le mani e trattenere quella piccola versione di sé. Si erano appena incontrati ed era durato troppo poco, perché li stava già allontanando?
Anche Naruto sembrò rimanerci male a quella scoperta.
“Non posso restare qui?” piagnucolò testardo.
La ripresa venne veloce da Iruka, ormai temprato dall’Accademia.
“Non disobbedire all’Hokage. E quante volte ti ho detto di non saltare le lezioni per venire a disturbarlo?!”
 “Avevo invitato io Naruto-kun qui” disse velocemente il Sandaime. “Ma ora può tornare ai suoi doveri”.
“No, io…” provò a resistere il bambino, ma lo vide ingoiare la protesta davanti all’occhiata gelida del maestro.
Nozomi provò a intervenire, sperando di riuscire a guadagnare più tempo insieme.
“Può aspettarci fuori e poi possiamo andare a casa insieme?” propose.
Se Naruto sorrise al settimo cielo alla prospettiva, gli occhi dell’Hokage brillarono pericolosamente. Si ritrovò a essere trafitto da uno sguardo fortemente sospettoso e cauto, era la prima volta che lo guardava così da quando era tornato a Konoha e ne rimase senza fiato. Troppo tardi si rese conto di aver fatto un passo falso. Ma soprattutto il suo cuore si appesantì nel rendersi conto che l’Hokage non aveva nessuna intenzione di dargli Naruto, non avrebbe permesso che vivessero insieme.
Avrebbe lasciato Naruto da solo, ancora una volta.
Ingoiò il nodo alla gola, cercando di cacciare lontano le emozioni negative.
“Vorrei conoscere la mia famiglia” disse.
E quello sembrò ammorbidire almeno in parte l’espressione gelida.
“Dobbiamo discutere del vostro scontro e di altre faccende, cose non adatte a un bambino”.
Naruto corrugò la fronte e protestò: “Non sono un bambino! Sono grande e diventerò Hokage, stupido vecchiaccio!”
 “Naruto!” tuonò Iruka, il tono da insegnante che era sempre riuscito a farlo tacere nell’infanzia e anche in quel momento Nozomi ebbe l’istinto di mordersi la lingua. “Modera il tuo linguaggio e porta rispetto, stai parlando con l’Hokage. Per questo ti sei appena meritato una punizione!”
Il bambino sgranò gli occhi, ferito, ma non mollò la presa.
“Non è giusto! Voglio restare!” gridò stringendo i pugnetti.
A questo punto perfino Obito intervenne.
“Per quello che dobbiamo dirci può restare benissimo” fece notare. “E non vedo per quale motivo dopo non dovrebbe venire a casa con suo zio” aggiunse in un basso ringhio.
Nozomi rabbrividì, percependo l’energia del chakra che il compagno stava facendo scorrere sotto la pelle, una chiara minaccia che mise subito in allarme l’Hokage. Portò la mano sotto la sua scrivania, vicino al sigillo che avrebbe attivato l’allarme ANBU per ogni evenienza, ma mantenne lo sguardo fisso sui due shinobi.
“Ne discuteremo non appena Naruto sarà uscito” ordinò.
Gli occhi azzurri del bambino si fecero umidi, il suo corpo sembrava troppo piccolo in mezzo a tutti quegli adulti tesi. L’unico che manteneva la calma era Jiraiya, ma sapeva bene che si trattava solo apparenza, e se la tensione fosse scoppiata, Nozomi non aveva idea cosa avrebbe fatto, con chi si sarebbe schierato. Inoltre non potevano far saltare tutto subito, non potevano permettersi di essere braccati da Konoha. Il Clan Uchiha aveva bisogno di loro, Sasuke e Itachi avevano bisogno di lui, per non parlare dello stesso Naruto, o di Sai e gli altri bambini in ROOT.
Avevano una missione da compiere.
“Va bene” sussurrò, arrendendosi.
Naruto sgranò gli occhi, tradito. “No! Non va bene!”
Nozomi provò un dolore sordo al petto nel vedere l’espressione che fece il piccolo Naruto, nel percepire le forti emozioni negative che Iruka stava provando nei confronti del bambino.
“Naruto, un’altra parola e saranno guai!”
Faceva male.
Faceva male ricordare che anche Iruka all’inizio lo aveva guardato in quel modo.
Ingoiò l’amaro, tentando di rendere il tutto più facile. Mise una mano sulla testolina di Naruto, che sembrò congelarsi a quel gesto e lo guardò con gli occhi sgranati, l’espressione di chi aveva fame di gesti d’affetto.
“Vai a lezione” lo spronò. “Devi studiare se vuoi diventare un ninja fortissimo, ‘tebayo! Poi mi mostrerai i tuoi progressi, va bene?”
Avrebbe fatto tutto il possibile perché il Sandaime glielo affidasse, per diventare la sua famiglia. Lo avrebbe aiutato e spronato, gli avrebbe dato tutto l’affetto che aveva necessitato da bambino e nessuno gli aveva mai concesso. Lo avrebbe aiutato a studiare, allenato, reso più forte di quanto era a quell’età. Se poteva migliorare il futuro, allora avrebbe migliorato anche se stesso, rendendosi un bambino amato e con una famiglia.
Per questo doveva fare in modo che il Sandaime si fidasse di lui.
Naruto lo guardò con occhi acquosi.
“Ti rivedrò?” domandò, con l’evidente terrore che sparisse.
“Ovviamente! Tutte le volte che vuoi” garantì con un sorriso smagliante. “È una promessa e io non vengo mai meno alla mia parola!”
Il bambino tirò su con il naso, apparentemente rassicurato, e si fece coraggio per allontanarsi da lui e raggiungere Iruka. Il maestro non lo toccò, lasciò una certa distanza tra loro; si piegò invece in un inchino educato verso i ninja.
“Mi dispiace per questa interruzione”.
“Nessun problema” garantì il Sandaime visibilmente tranquillizzato e con un ultimo commiato i due si allontanarono.
Nozomi fece una smorfia quando la porta venne chiusa, lasciando solo un’ultima impressione dello sguardo supplicante del bambino, dopodiché tornò a guardare il Sandaime. Tutti sembravano in attesa che dicesse qualcosa.
“Se avessi saputo di lui” disse quindi Nozomi un po’ malinconico, “sarei venuto qui fin da subito”.
Hiruzen fece un sorriso di circostanza.
“L’esistenza di Naruto è segreta, le sue stesse origini sono conosciute solo da pochi e fidati shinobi”.
Nozomi annuì comprensivo. “Immagino che l’eredità di mio fratello fosse difficile da gestire”.
“Immagini giusto. Abbiamo fatto il possibile perché i numerosi nemici del Flash Giallo di Konoha non sapessero nulla della sua esistenza”. Fece una lunga pausa, lasciando che si caricasse di serietà, come a far capire che ciò che stava per aggiungere era qualcosa di altrettanto, se non più, segreto. “Egli è inoltre il Kyūbi no Jinchūriki”.
Decisamente non si aspettava che si fidasse di lui già così tanto da rivelare anche questo fondamentale dettaglio. Non sapendo come reagire si azzardò a lanciare uno sguardo a Obito, in cerca di sostegno. Il Sandaime lo intercettò subito.
“Non ne sembri sorpreso”.
Decise di andare a braccio, sperando nella fortuna.
“Sono una specie di sensore e mi sono accorto che Naruto aveva troppo chakra anche per un bambino Uzumaki” spiegò. “Senza contare che solitamente gli Uzumaki sono ideali come contenitori dei Bijū e si sa che il nono Bijū appartiene a Konoha, perciò è stato facile da indovinare”.
Hiruzen accettò la sua spiegazione con un cenno affermativo del capo. Prese la propria pipa e la fissò per qualche secondo, come se stesse cercando le parole adatte con cui iniziare.
“La madre di Naruto, Uzumaki Kushina, era la precedente Jinchūriki. Quasi otto anni fa, durante il parto, si verificò l’incidente… a quanto pare causato da Madara… e la volpe sfuggì al suo controllo. Lei e Minato dovettero sacrificare le loro vite per fermarla e la sigillarono nel corpo del figlio nato quella stessa notte. Questo è un segreto di livello S, conosciuto da pochi shinobi, e come tale non dovrà uscire da questa stanza. È assolutamente vietato parlare di questo e, ancor di più, riferirlo a Uzumaki Naruto!” concluse imperioso. “Ti sto dando grande fiducia a dirtelo, Uzumaki Nozomi, spero che tu ne sia consapevole”.
Nozomi imitò un piccolo inchino.
“Comprendo. Ti ringrazio per la fiducia” disse seriamente.
Dovette essere la risposta giusta, perché Hiruzen sorrise e addolcì lo sguardo. Nonostante ciò le parole successivi non suonarono meno dure e amare.
“Per questi motivi, ti chiedo di non cercare Naruto”.
Sbatté le palpebre sorpreso, era l’ultima cosa che si aspettava di sentire dopo quell’incontro, anche se avrebbe dovuto immaginarlo. Troppo incredulo per rispondere fu Obito a fare un passo avanti.
“Come sarebbe a dire?”
Hiruzen guardò entrambi seriamente, il viso impassibile e duro come la pietra.
“Naruto è una persona preziosa per questo villaggio e la sua sicurezza ha la primaria importanza. Finché non potremo fidarci totalmente di voi, non posso affidarvelo”.
Obito fece per protestare, ma le parole sfumarono in un ringhio appena accennato quando imperiosamente Hiruzen alzò una mano a zittirlo. Era un uomo anziano, dall’aspetto fragile, ma era ancora il Sandaime Hokage, il Dio degli Shinobi, il Professore: se desiderava il suo aspetto poteva incutere timore e obbedienza con un solo gesto.
“Obito, l’unico motivo per cui non sei stato segnalato come nukenin è che ti credevamo morto, ma è quello che sei stato per tutti questi anni: un disertore che ha abbandonato il suo villaggio”.
“Voi…”
“Comprendo le tue rimostranze e che non siamo stati in grado di mantenere la tua fiducia. Ma erano tempi di guerra e tu sei uno shinobi, al di là di tutto dovevi tornare. Sei stato un nukenin e io avrei dovuto arrestarti per il tuo tradimento”.
“Vuole provare?” lo sfidò oscurando il tono.
Il Sandime lo guardò indispettito.
“Non l’ho fatto e non lo farò” rispose. “Sei tornato, è ciò che conta. Ma visto quello che è successo e il tuo comportamento fino a questo momento, capirai la mancanza di fiducia. Dovrai dimostrare di essere davvero ancora un ninja di Konoha perché ti affida Uzumaki Naruto”. Si voltò verso Nozomi. “Per quanto riguarda te… ci sono ancora molte cose sul tuo passato che non mi sono chiare. Jiraiya garantisce per te e io mi fido di lui, perciò ho deciso di accoglierti nel Villaggio. Ma finché non saprò chi sei, sarai sotto osservazione e in prova, la tua libertà di muoverti per Konoha sarà limitata. Sai che qui potresti avere una famiglia, il piccolo Naruto potrebbe diventarlo, ma perché ciò accada dovrai essere perfettamente onesto con me. Perciò te lo chiedo: se c’è qualcosa che vuoi dirmi, qualcosa che nel nostro primo incontro hai tenuto nascosto, questo è un buon momento per parlare. Siamo solo noi nella stanza, nessun altro al di fuori di me e Jiraiya ne verrà a conoscenza. Hai la mia parola”.
 Nozomi esitò e si morse l’interno della guancia. Quelle parole lo preoccuparono e non seppe cosa fare. Da come parlava, il Sandaime sembrava aver capito qualcosa e questo lo allarmò. Era meglio che non sapesse nulla del suo viaggio dal futuro, Hiruzen in questo momento era troppo influenzato da Danzo e temeva le conseguenze se si fosse confidato con il suo consigliere. Prima di potergli rivelare la verità, Danzo andava sistemato e reso inoffensivo.
Aveva detto qualcosa che li aveva traditi? Durante il combattimento aveva usato per sbaglio il chakra di Kurama?
No, lo rassicurò la volpe nella sua mente, niente del genere, sei stato attento. Deve essere altro.
Contrasse l’espressione. Kurama aveva ragione, era impossibile che avesse capito qualcosa: l’opzione del viaggio del tempo era così assurda che nessuno gli credeva nemmeno quando lo diceva. Era impossibile che jiji lo avesse riconosciuto.
Chiuse gli occhi e scosse la testa.
“Ho già detto tutto, Hokage-sama. Non c’è altro di importante, potete stare tranquillo”.
Una smorfia passò sul viso stropicciato dalle rughe. Era evidente che non gli credeva, Nozomi si chiese perché improvvisamente si fosse impuntato così tanto, quando fino a quel momento si era mostrato benevole e fiducioso nei suoi confronti. Che cosa era cambiato da renderlo sospettoso tutto d’un tratto?  
“Va bene, capisco” disse il vecchio Hokage. “Del resto le analisi del sangue confermeranno o meno la tua genealogia”.
Si bloccò di colpo, accorgendosi del rossore diffusosi sul volto di Nozomi. Quella reazione lo fece preoccupare e capì di non essersi sbagliato quando il giovane rispose.
“In realtà… non mi sono sottoposto all’estrazione del sangue” ammise. “Non ci siamo” corresse poi, spostando gli occhi su Obito.
La pipa quasi rischiò di cadergli dalle labbra a quella rivelazione. Aveva contato proprio sulla visita medica dopo lo scontro per potersi assicurare che Nozomi fosse davvero un Uzumaki e non un impostore. Guardò quindi Jiraiya, incredulo che glielo avesse permesso… che i medici lo avessero permesso dopo che aveva dato chiare istruzioni.
Ma il Sannin si strinse nelle spalle.
“Si sono entrambi appellati al codice medico istituito da Nidaime Hokage al terzo anno di reggenza, quarta legge del secondo paragrafo” citò.
Inarcò le sopracciglia, non aspettandosi quella mossa così astuta. Tobirama-sensei lo aveva creato per riuscire a regolare le visite mediche, dal momento che all’inizio di Konoha nessun shinobi di un clan o con un kekkei genkai si sottoponeva all’assistenza medica, temendo che i medici potesse carpire i segreti nel loro corpo. Per colpa di ciò molti shinobi non avevano ricevuto cure adeguate ed erano morti. Tobirama aveva allora fatto in modo che ci fossero almeno cinque medici rappresentanti di ogni grande Clan, che si sarebbero presi cura dei propri parenti così da non rubare i segreti del Clan. Con il tempo e l’unità di Konoha che diventava sempre più stretta, i clan si erano fusi tra loro e la segretezza in alcuni casi era stata anche abbandonata, perciò questa esigenza venne messa in secondo piano e molti ninja cominciarono a lasciarsi visitare anche senza i garanti del Clan. Al momento solo gli Uchiha, gli Hyūga e gli Aburame applicavano sempre e fedelmente la quarta legge e se n’era quasi dimenticato. Questo era un impiccio, perché non esistevano altri shinobi Uzumaki che potessero visitare Nozomi, perciò appellandosi a quella legge semplicemente faceva capire che avrebbe gestito da solo la propria cura e non avrebbe permesso a nessuno di conoscere i segreti che custodiva nel suo corpo. Per quanto riguardava Obito…
“C’era un medico Uchiha,” disse duramente, “perché non hai lasciato ti visitasse?”
Obito fece un sorrisetto supponente e alzò il mento con sfida.
“Legge 4.1: se lo shinobi presenta lesioni pari o minori del primo grado, può rifiutare la cura medica” citò senza abbandonare il fastidioso sorrisetto. “La visita preliminare mi ha dato un grado zero, quindi…”
Hiruzen fumò il suo fastidio attraverso al pipa. Doveva ammettere di avere le mani legate, la legge che in quanto Hokage proteggeva in questo caso era contro di lui.
Rimase in silenzio, cercando di capire come poteva muoversi. Tornò a guardare Nozomi, lasciando che si vedesse quanto quel loro rifiuto lo seccasse.
“Questo non aiuta la tua causa” gli fece notare. “È un atteggiamento sospetto”.
“Perciò mi costringerete?” domandò accigliandosi.
“No” assicurò suo malgrado, la legge era pur sempre la legge. “Ma come dicevo, sarà più difficile per me fidarmi di te. Questo significa che anche l’ipotetica custodia di Naruto potrebbe essere ripensata”.
Fu un colpo al cuore per Nozomi. Sapeva a cosa stava andando incontro quando lo aveva deciso, ma sentirlo dire era comunque sgradevole, soprattutto ora che aveva potuto vedere Naruto. Era… ingiusto, proprio come aveva detto il sé passato.
Ma non poteva farlo. Nessuno sapeva cosa sarebbe risultato dalle sue analisi del sangue, c’era il rischio che si accorgessero che il suo dna era uguale a quello di Naruto… e a quel punto avrebbe dovuto spiegare tutto.
“Capisco” disse quindi, cercando di mantenere lo sguardo fisso e la voce ferma.
Hiruzen fece una smorfia, forse si aspettava che dopo quel ricatto rivedesse la sua posizione. Sospirò stancamente, staccando la pipa dalla bocca.
“Quindi c’è qualcosa dentro di te che stai nascondendo” disse rassegnato.
Nozomi socchiuse gli occhi, senza rendersene conto il suo corpo si era teso. Dentro di sé non poteva evitare di pensare che in realtà era stato l’uomo davanti a lui a nascondergli cosa aveva dentro di sé per più della metà della sua vita. Aveva dodici fottuti anni quando aveva dovuto farci i conti, solo perché un traditore aveva tradito il segreto. Una parte di lui non voleva sapere quanto ancora, altrimenti, glielo avrebbe tenuto nascosto.
Prese un lungo sospiro. “Sto solo proteggendo i segreti del mio Clan. Sono l’ultimo a conoscerli e ho il dovere di farlo”.
Hiruzen si oscurò. “Uzushio e Konoha sono alleati” ricordò.
Nozomi scattò prima che se ne rendesse conto. “Erano. Visto che voi avete fatto davvero un pessimo lavoro e avete lasciato venisse distrutta” sputò.
Nella sala calò il silenzio e solo in quel momento si accorse di aver alzato il tono della voce, di essersi inasprito. Hiruzen lo guardava con una leggera colpa che velava i suoi occhi, non solo: anche Jiraiya sembrava stupito da quello scatto.
Cercò di ricomporsi, deglutì e strinse i pugni per fermare il tremito delle mani.
“Non sono l’unico a dover dimostrarsi degno di fiducia” disse allora, guardò l’Hokage. “Prima di condividere qualsiasi segreto, devo sapere che non ci tradirai ancora”.
Ormai non stava più recitando, se ne rese conto subito. Anche se stava usando il pretesto di Uzushio, quelle parole le intendeva davvero. Certo, la sua diffidenza non derivava da un’alleanza infranta, ma da tutto quello che jiji gli aveva sempre nascosto su Konoha. Hiruzen lo aveva tradito nascondendogli la verità su tante cose, sulla sua nascita per cominciare, ma anche sul Clan Uchiha. Sasuke non era stato l’unico a sentirsi tradito nello scoprirlo, anche Nozomi si era visto il mondo crollargli addosso. Aveva dovuto affacciarsi con il marciume del suo villaggio, con le sue conseguenze, quando aveva sempre vissuto nella bolla di una Konoha perfetta.
Non era perfetta. Hiruzen aveva permesso troppe cose di accadere.
Nozomi non voleva essere tradito ancora.
Il Sandaime sospirò, riconoscendo una verità nelle sue parole.
“Capisco” disse. “Non insisterò” promise.
Nozomi emise un sospiro, sollevato almeno in parte che l’Hokage avesse mollato la presa su almeno una cosa. Rimase però sull’attenti, cercando di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Hiruzen tacque per qualche secondo, poi la sua espressione cambiò di colpo, passando da preoccupata a gioviale. Gli rivolse un sorriso mentre tirava fuori dei sigilli e li appoggiava sulla scrivania.
“Dunque, avete dimostrato il vostro valore. Direi che il grado Jōnin è più che meritato” osservò. “Avete sfoggiato tecniche più che interessanti, che hanno colpito molti di noi. Potrei farvi alcune domande a riguardo?”
Nozomi si scambiò uno sguardo con Obito, scrollando le spalle. Avevano preparato una risposta per ognuna delle tecniche che avevano mostrato, quindi non dovevano temere nulla. Infatti anche l’Uchiha annuì, senza però abbandonare la piega seccata delle labbra. Evidentemente ce l’aveva ancora con l’Hokage per la faccenda di Naruto.
“Dunque, partiamo da te, Obito…”
“Posso usare il Mokuton, sì”, lo precedette alzando agli occhi al cielo, “grazie alle cellule di Hashirama impiantate dentro di me. Come ho detto, metà del mio corpo è composto da corpo di un clone di Hashirama, lo Zetsu. Madara l’ha ricavato dalle cellule che riuscì a rubare da Hashirama durante il loro scontro, dopo che usò Inzagi per salvarsi la vita” ripeté ancora una volta meccanicamente.
Hiruzen tentò un sorriso stretto. “Questo è molto strano da ascoltare e porta molte domande. Cosa sono gli Zetsu? Per quale motivo le cellule si sono adattate così bene a te?”
Obito si strinse nelle spalle. “Ti ho detto solo quello che so. Per quanto riguarda Madara, anche lui sembrava sorpreso che potessi usare il mokuton”.
“Capisco, ma dimmi: Madara ti ha solo parlato?”
Rispose con una faccia schifata. “Che altro avrebbe dovuto fare?!”
“Per caso, allenarti?”
La domanda sembrava molto studiata e Nozomi sudò un po’ freddo, ma Obito mantenne una faccia di bronzo illeggibile.
“No” mentì con facilità.
“Il tuo modo di combattere è molto simile al suo” spiegò allora. “Troppo simile”.
“Uso tecniche Uchiha e il taijutsu Uchiha” fece notare Obito esasperato. “Sarebbe più strano che combattessi come uno Hyūga francamente”.
Nozomi si morse la lingua per non ridere, ma Hiruzen non sembrò apprezzare la battuta visto la faccia che fece. Si spostò allora verso Nozomi, che si sforzò non lasciare intendere quanto fosse divertito.
“Tu invece mi hai ricordato il nostro Nidaime. Forse non lo sai, ma fu il mio maestro”.
Questa volta Nozomi non si fece scrupoli a sorridere smagliante, del resto faceva parte della recita. Durante la guerra, sia mentre credevano ancora di poter salvare il vecchio mondo, sia quando stavano lavorando al sigillo, Tobirama aveva insegnato a Naruto, Sakura e Sasuke tutte le sue tecniche. Era così che aveva imparato come creare il proprio hiraishin, imparato a usare i sigilli e padroneggiato tutte le tecniche d’acqua che conosceva. Ormai quelle tecniche facevano parte del suo repertorio e non riusciva a restarne senza, soprattutto perché erano le uniche che poteva spiegare senza dover tirare in mezzo il Kyūbi. Jiraiya e Obito avevano facilmente trovato una spiegazione al perché le conoscesse, perfino i kage bushin e l’hiraishin.
Si mostrò emozionato e perfino lusingato.
“Oh, questo è fantastico! È il mio eroe, dattebayo!” esultò senza problemi, ora che poteva dire la buffa espressione senza destare sospetti. “Voglio dire, era davvero un genio e ha inventato così tante cose e sapeva così tante cose di Uzushio!”
Hiruzen sbatté le palpebre, forse un po’ sorpreso da tutto quell’entusiasmo e cercò di dire qualcosa, ma Nozomi non gliene diede modo riprendendo velocemente a parlare.
“Allora, vedi, quando sono andato dai rospi loro dopo sono riusciti a salvare le pergamene di mamma e visto che erano l’unica cosa sua che mi erano rimaste le lessi tutte. E c’era questa pergamena sul teletrasportarsi… non con uno shunshin, proprio un teletrasporto, una tecnica spazio-temporale. Prima sei qui e dopo se lì, così nel giro di un secondo e…”
“So come funziona una tecnica spazio-temporale…” tentò di frenarlo, ma Nozomi ormai era partito.
“Era troppo fico, così volevo impararla, ma Fukasaku-sensei ha detto che ero ancora troppo piccolo e che prima dovevo imparare altre cose. Ma io ho insistito. Tipo tanto. E lui mi ha detto che anche Tobirama-sama prima di inventare l’hiraishin si era allenato in altre tecniche. E allora io: chi è Tobirama-sama? E lui: è l’inventore dell’hiraishin, ha inventato molte delle tecniche conosciute nel Paese del Fuoco” disse imitando la voce del vecchio rospo. “Quindi io ero tipo: forte! Posso imparare anche quelle? E Tobirama ne ha inventata davvero tante e sono tutte così incredibili! Ma la mia preferita è il kage bushin, potevo usarlo per giocare a carte e…”
“È bello vederti così entusiasta!” intervenne Hiruzen spezzando la sua parola. Stava tentando di farlo da un po’, alla prima pausa di due secondi, ma il ragazzo aveva parlato senza respirare.
Nozomi allargò il sorriso e, temendo che riprendesse a vomitare parole, l’Hokage continuò: “La nostra biblioteca ha una grande sezione dedicata a Nidaime, sarai il benvenuto”.
L’Uzumaki si mostrò entusiasta, ma Obito dovette mordersi l’interno delle guance per non alzare gli occhi al cielo e scoppiare a ridere. Nozomi in biblioteca, certo. Sarebbe durato solo due secondi prima di essere cacciato fuori per aver fatto rumore o rovesciato qualcosa. Anche se adesso si stava atteggiando a nerd, Hiruzen faceva un errore a pensare che avesse la stessa passione per lo studio di Minato.
“Comunque, direi che questo è tutto” concluse il Sandaime. Non seppe se fosse solo così o se temeva che Nozomi riprendesse a parlare senza freni.
Toccò con il chakra un sigillo e dalle due pergamene comparvero delle uniformi standard ninja, una targhetta identificativa, un coprifronte e delle scartoffie da compilare.
“Lì ci sono tutte le schede burocratiche per il vostro inserimento. Vi chiedo la gentilezza di inviarle al reparto apposito il prima possibile”. Prese le due fasce ninja e le tese ai due giovani uomini. “Queste sono vostre”.
Nozomi prese la propria in soggezione. Sentì un forte calore allo stomaco quando le dita sfiorarono il freddo metallo, un calore che ricordava quello che aveva provato anni prima, quando era stato Iruka a mettergliela sulla fronte. Quell’hitae-ate rappresentava tutto per Nozomi: era il simbolo di ciò che voleva essere, della sua lealtà, del suo sogno. Poterlo possedere ancora era il ritorno definitivo a casa. Naruto – o Nozomi che fosse – era niente senza il suo coprifronte. Strinse con forza la fascia, già desideroso di indossarla, e alzò lo sguardo sul Sandaime. Il vecchio aveva un sorriso dolce, ammorbidito dalla chiara commozione negli occhi azzurri.
“Benvenuti a Konoha” disse.
Nozomi sorrise genuino, riscaldato da quel pensiero.

 

֎

 

Obito fissò il proprio hitai-ate come se fosse una bomba carta che sarebbe esplosa se non avesse decifrato il suo sigillo. Il metallo era pesante sulla sua mano… non lo ricordava così tanto pesante. Era un peso, ma forse da giovane aveva portato con più spensieratezza il peso che derivava dall’essere uno shinobi di Konoha.  
Erano appena usciti dall’ufficio dell’Hokage, le pergamene con tutto l’equipaggiamento e le scartoffie con loro. Avevano tenuto fuori solo i coprifronte, anche se il solo ad averlo indossato subito era stato proprio Nozomi.
Per qualche motivo, Obito si sentiva inadatto ad averlo, per questo lo fissava in attesa che esplodesse.
“Dovresti indossarlo come Kakashi-sensei”.
“Smettila di chiamarlo sensei” disse in automatico. Poi sbatté la palpebra e lo guardò confuso. “Che?”
Nozomi non se la prese per la sua distrazione. Il sole colpiva il metallo della fascia alla fronte, coperta da alcuni ciuffi laterali più lunghi. In qualche modo rendeva il suo viso più attraente, come se l’hitai-ate fosse fatto apposta per poggiare sulla sua fronte. Su di lui non sembrava un peso, ma un segno orgoglioso.
Distratto da quei pensieri, lasciò che Nozomi gli prendesse il coprifronte dalle mani. Fece il giro andandogli alle spalle e gli cinse la fronte con la fascia, legandola in un nodo stretto sulla nuca. Ma invece di averla appuntata dritta sulla fronte, la mise obliqua, così che si sovrapponesse alla benda che già indossava sull’occhio mancante.
“Ecco, così” ammirò Nozomi il suo lavoro. “Come la porta Kakashi”.
Alzò una mano e toccò il metallo che gli copriva l’occhio. Era strano sentire quel peso lì, dopo tutto quel tempo. Era tornato a essere uno shinobi di Konoha, nonostante tutto quello che era successo, nonostante avesse creduto di aver abbandonato per sempre questa strada.
Guardò meditabondo Nozomi, che non aveva smesso per un secondo di sorridere raggiante come se avessero vinto il mondo.
Fece una smorfia. “Perché glielo hai lasciato fare?”
“Cosa?”
“Lasciare che ti tenesse lontano dal chibi Naruto”.
Nozomi ebbe la grazia di non rispondere subito e almeno mostrare un’espressione amareggiata. Distolse lo sguardo e incrociò le braccia, assumendo la posa di chi si prepara ad avere una conversazione seria e difficile.
“E che dovevo fare? Prenderlo in ostaggio?” scherzò con poca convinzione.
Be’, tipo.
“Provare a protestare un po’ di più?” suggerì invece meno drastico.
Scosse la testa un po’ rassegnato.
“L’Hokage l’ha ribadito bene: non siamo ancora persone di cui possono fidarsi. Dobbiamo fare del nostro meglio perché questo cambi e iniziare protestando a tutto quello che il Sandaime ci ordine è controproducente. Insistere sarebbe stato sospetto…”
Obito strinse le mani a pugno e provò rabbia. Non sapeva perché fosse così importante, in quell’anno e mezzo di viaggio insieme – in realtà da molto prima, da ben quasi otto anni – non aveva mai pensato al figlio di sensei. Prima era stato troppo disinteressato per questo mondo per farlo, dopo… be’, dopo aveva il figlio di sensei adulto al suo fianco. Vedere il vero Naruto di questa linea temporale, vedere il modo in cui era trattato dal villaggio… aveva scatenato qualcosa in lui. Anche se stava facendo pressione su Nozomi, sentiva che era suo dovere prendere Naruto con sé e rimediare a quegli anni di solitudine… Sentiva che avrebbe dovuto protestare, fare qualcosa, minacciare o addirittura uccidere se necessario. Qualsiasi cosa per assicurare una famiglia a quel bambino.
Una mano calda si appoggiò sulla sua guancia, distraendolo da quei pensieri. Incontrò gli occhi limpidi di Nozomi, di quell’azzurro sereno che aveva riacceso la speranza in lui.
“Naruto starà bene” disse dolce.
“Come puoi dirlo?”
Nozomi rise. “Perché sono sopravvissuto a questo già una volta. Anzi, per lui sarà ancora meno doloroso ora: perché ora sa che fuori c’è qualcuno per lui. Inoltre”, aggiunse allargando il sorriso e socchiudendo gli occhi, “il Sandaime  ha detto a me che non devo cercarlo, non a Naruto”.
Lo fissò sospettoso. “Che intendi?”
“Be’, se io avessi saputo di avere uno zio mi sarei appiccicato a lui in ogni momento possibile” spiegò con un sorriso innocente. “E visto che io sono lui…”
Obito rise. “Ora sì che ragioniamo!”
“Aspetta a dirlo. Se riuscirà a superare le guardie ANBU – e lo farà, fidati – ti farà rimpiangere questo. Dovrai sopportare la sua presenza costante!”
Allargò il sorriso, sfumandolo in malizia e affettuoso sarcasmo.
“Mah, ormai mi sono abituato a sopportare te, non può essere peggio…”
Scoppiò a ridere alla faccia offesa che fece Nozomi e quando provò ad andarsene indignato, lo afferrò alla mano per trattenerlo.
“Sei un idiota Obito. La prossima volta ti lascio in pasto a Kurama!”
“Permaloso! Permaloso!”
“Allora visto che devi sopportare un permaloso come me, non ti offrirò nemmeno una ciotola di Ichiraku!”
“Piangerò questa perdita con lacrime amare” ribatté con ampia ironia.
Al che Nozomi gli fece una linguaccia lunga e infantile, Obito approfittò di quel momento per tirarlo al braccio con forza. Nozomi quasi si morse la lingua per la sorpresa dei loro corpi che venivano schiacciati insieme, ma non poté sbuffare nulla nel sentire le loro labbra unirsi. Si sciolse subito come burro nella sua presa, le mani di Obito si alzarono dal polso a stringergli il viso, come se temesse che si allontanasse da quel bacio.
Figuriamoci.
Nozomi chiuse gli occhi e si godette il dolce contatto, lento, in contrasto con la forza della sua presa. Obito era così forte da essere distruttivo, come una tempesta di fuoco, ma lo baciava sempre in modo così dolce. Il fuoco senza controllo della sua rabbia diventava un focolare domestico, caldo… un luogo sicuro dove potersi riposare. Le sue labbra disegnarono un sorriso mentre le loro bocche erano ancora premute insieme, la lingua accarezzò la cicatrice che tagliava a metà il labbro inferiore e si staccò. Obito aveva alzato le mani appoggiandole alle sue guance, tenendolo al viso. L’occhio rosso (era così divertente che nei baci e nel sesso attivasse lo sharingan senza nemmeno accorgersene) lo spiava serio e profondo.
“Non ci serve questo villaggio” gli disse in un sussurro. “Bastiamo solo noi due, possiamo farlo da soli”.
Nozomi fece una smorfia amara non appena capì dove stava andando a parare, ma non disse niente. Obito continuò a fissarlo, l’occhio rosso che ancora faceva roteare i tre tomoi intorno alla pupilla.
“Possiamo prendere Naruto e andarcene” concluse. “Loro non ci servono”.
Sospirò, distanziando il viso di qualche centimetro.
“Solo noi due contro il mondo?” chiese quindi, dolcemente.
Obito annuì, aumentando la presa sulle sue guance. Ma Nozomi voltò il capo e portò le dita sulle mani, delicatamente le staccò dal suo viso. Tenne la presa però, mentre con gli occhi guardava la montagna degli Hokage. Il suo sguardo era proprio su Minato.
“Il villaggio non lo riconobbe perché divenne Hokage” sussurrò. “Ma divenne Hokage perché il villaggio lo riconobbe”.
Obito corrucciò lo sguardo, non capendo quella frase. Si voltò anche lui verso la montagna, mai i seri volti di pietra non gli diedero nessuna spiegazione.
“Cosa?” domandò quindi.
Nozomi scosse la testa. “È una cosa che mi disse Itachi” spiegò. “Durante la Guerra, quando stavamo ancora combattendo contro gli Edo-Tensei e lo incontrai. Lui mi disse questo. Mi disse che se avessi voluto occuparmi da solo della guerra, pensarci da solo, un giorno sarei diventato come Madara… come te”.
Obito si corrucciò. Nozomi lo aveva detto con un tono tranquillo, dolce quasi… ma lui percepì come un’accusa. Si ritrovò a sciogliere la presa delle loro mani e a guardarlo, incapace di dire qualcosa.
In fondo non serviva lo facesse, Nozomi in qualche modo sapeva sempre cosa stava provando.
“Nel mio futuro, tu hai voluto fare tutto da solo” disse. “Hai deciso che avresti risolto tu questo mondo, pensandoci da solo. Non avevi bisogno degli altri”.
“…”
“Avresti vegliato per secoli nella solitudine un mondo soggiogato allo Tsukiyomi. Saresti rimasto l’ultimo, il solo, e per questo credevi di non aver bisogno di nessuno. Era tutto sulle tue spalle e non hai mai pensato di condividere quel peso”.
Obito continuò a non dire niente, lo guardò basta e sentì il suo petto sanguinare nel vedere Nozomi fare un passo indietro, distanziarsi da lui. Guardava ancora la montagna, ma sapeva che i suoi occhi guardavano a un altro obiettivo ormai.
“Durante la guerra, anch’io lo credevo. Di potercela fare da solo, di dover essere solo io quello che avrebbe fermato tutto. Non volevo che altri soffrissero, che altri se ne occupassero. Ero diventato forte, avevo il potere per farlo. Ora sono ancora più forte e forse hai ragione, posso farcela da solo. Non avrei neanche bisogno del tuo aiuto”.
Obito sentì una fitta alla gola, lo stomaco serrarsi e il cuore mancare un battito. Senza rendersene conto, stava già guardando Nozomi come se potesse sparire da un momento all’altro.
“Non ne ho bisogno, ma lo voglio” disse subito Nozomi. “Ti voglio al mio fianco, voglio che più persone possibili mi aiutino. Voglio che tutti i villaggi mi aiutino, solo così può esserci vera collaborazione per la pace.” Fece una pausa, tornando a fissarlo. “Sono forte, ma non lo sono diventato da solo. Senza il team 7, Ero-sennin o Kille B non avrei potuto imparare nulla. Senza i miei amici, senza Nagato e senza te non avrei mai potuto capire chi sono e chi voglio essere. Non avrei mai potuto tornare qui senza tutti coloro che si sono sacrificati per permetterlo. Non sarei mai andato così lontano senza di loro. Non posso dimenticarlo, non posso essere così arrogante da fissarmi sulla mia forza e dimenticare perché esiste. Quindi no, non sarò io o anche solo noi due contro il mondo. Sarà tutto il mondo insieme a risolvere questo casino” concluse.
Obito abbassò il viso, guardandosi i piedi. “Gli altri possono fallire, tradirti” disse amaramente.
“Prenderò questo rischio” rispose senza incertezza. “E se succederà, farò in modo di risolverlo. In fondo sono qui per questo, sono tornato dal futuro per correggere gli errori che sono stati fatti. Non mollerò la presa finché non ci sarà finalmente la pace”.
“Allora perché non dici subito la verità a Hiruzen?” sbottò esasperato.
Nozomi si oscurò. “Te l’ho già detto, prima dobbiamo risolvere Danzō. Nella mia linea temporale, il Sandaime perse fiducia in lui solo dopo il massacro degli Uchiha. Ma qui lo eviteremo, quindi dobbiamo trovare un altro modo. Poi appena sarà possibile gli dirò chi sono e…” tentennò, esitante.
Inarcò un sopracciglio.
“E?” insistette.
“E… gli suggerirò di abdicare a favore di un altro Hokage” borbottò in un sussurro.
Obito rimase interdetto qualche secondo, ma poi tirò le labbra in un sorriso soddisfatto ed emise una leggera risata.
“Questo piano mi piace” concordò compiaciuto. “Ma da te non me lo aspettavo”.
“Scherzi, lo hai visto? Ha la morte negli occhi, tutto quello che vuole è la pensione. Da piccolo non ci ho fatto caso, ma adesso sta praticamente gridando un messaggio d’aiuto. Sarà più che felice di abdicare” spiegò esagitato, un’espressione buffa sul volto.
Rise più forte. “Ti candiderai?” lo stuzzicò.
“No” disse piatto. “Non ruberò il sogno del legittimo Naruto, io non ne ho più diritto da quando sono scappato nel passato…” concluse amareggiato.
L’espressione triste e piena di rimpianti agitò Obito, non era giusto che provasse quel senso di colpo, non avevano avuto scelta. La sua non era stata una fuga vigliacca, non aveva abbandonato nessuno… In fondo quel futuro non poteva più esistere.
“Altri candidati?” chiese allora cercando di mantenere il tono leggero.
“Uhm…” gli occhi azzurri lo guardarono nervosi per qualche secondo, ma poi distolse lo sguardo grattandosi la guancia. “Non proprio, ci penserò meglio”.
“Spero abbastanza velocemente” sbuffò. “Prima quel vecchio se ne va, meglio sarà per Konoha”.
Nozomi scoppiò a ridere. “Non riesci proprio a sopportarlo?”
“È feccia” tagliò corto. “Un uomo che lascia che un bimbo viva solo anche se c’è una soluzione è feccia”.
Nozomi non commentò, perché in cuor suo sapeva che sarebbe stato disonesto a non dargli ragione. Una vecchia rabbia si era accesa dopo quel colloquio, ma non l’avrebbe assecondata. Avrebbe aspettato, sapendo che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Naruto avrebbe avuto una casa sicura, fosse anche l’ultima cosa che faceva.
Fu distratto da quei pensieri nel sentire Obito prendergli la mano.
“Dicevi davvero prima? Nel fare tutto senza di me?”
Era uno stronzo se sorrideva al tono timido e preoccupato con cui lo aveva detto? Probabilmente l’Uchiha si sarebbe offeso o vergognato per quella paura, quindi si morse la guancia e ricambiò con forza la stretta.
“Non farò nulla senza di te” lo rassicurò. “Hai promesso di essere al mio fianco, quindi… non ti lascerò andare”.
La tensione che si era improvvisamente accumulata lasciò i suoi muscoli, Obito quasi tremò per il sollievo. Era sciocco, ma per un momento aveva davvero temuto che lo lasciasse indietro. Non poteva farlo, non dopo che gli aveva rivelato che ciò che progettava da anni era un fallimento; non dopo che gli aveva dato un nuovo motivo per sperare… Senza Nozomi, sperare non avrebbe avuto senso.
“Meglio. Senza di me combineresti un pasticcio dietro l’altro” borbottò comunque, giusto per darsi un tono.
Nozomi scoppiò a ridere e tornò vicino, così vicino che i loro corpi si sfioravano. Sempre ridendo, il naso arricciato e le labbra stese a mostrare un sorriso, portò le proprio mani sul volto di Obito.
“Cosa farei senza di te?” domandò ridendo, ma con uno sguardo dolcissimo.
Obito non rispose, invece lo baciò e ogni dubbio, cattivo pensiero o incertezza sul futuro sparì dalla loro mente. Forse non erano insieme contro il mondo, ma erano decisamente insieme e questo contava più di qualsiasi cosa.
“Andiamo a casa” suggerì Obito, a fior di labbra.
Nozomi inarcò un sopracciglio. “Ma il mio ramen?”
“Ho in mente qualcosa di meglio del ramen…” sussurrò mordendogli un orecchio.
Lo colpì al petto, ma senza una vera intenzione di ferirlo o allontanarlo.
“Uchiha pervertito” ridacchiò mentre le labbra scendevano dal lobo al collo.
“Uzumaki arrapato” ricambiò.
E be’, non poteva negarlo. Lo prese per mano, trascinandolo lungo le strade con una risata che rimbalzava tra le case.

 

 

֎

 

“Così sono loro…”
Mormorò maliziosa la donna, negli occhi uno sguardo terribile. Con i denti spezzò il bastoncino di dango che stava mordicchiando.
Ibiki smise di fissare i due giovani uomini giù sulla strada e spostò gli occhi su Anko, seduta pericolosamente sul bordo dell’edificio.
“Sì, esatto”.
“Sembrano molto intimi…” mormorò con un cipiglio divertito Inoichi, gli occhi acuti che scrutavano tutte le effusioni che si stavano scambiando, incuranti di essere al centro di una strada.
“Di pure fidanzati” sputò Anko. “Peccato, l’Uzumaki è carino… Anche Obito ha il suo fascino con quelle cicatrici, è proprio cresciuto…”
“Anko…” sospirò Inoichi esasperato da quei commenti civettuoli, visto che sapeva che la donna aveva zero interesse negli uomini.
“Può essere solo un bene, visto quanto sono affiatati in combattimento” soppesò Shikaku serio, riportandoli in carreggiata. “Erano inarrestabili”.
“Non vorrei mai averli contro” confermò Choza serio come non lo era mai stato.
Una folata di vento accompagnò le sue parole caricandole di drammaticità.
Anko sputò il mozzicone a terra e si accucciò come un gatto, il sorriso pieno di malizia sempre più largo sulla sua faccia.
“Io direi che dobbiamo dar loro un benvenuto” offrì, con gli occhi che promettevano di divorare in un solo boccone la propria vittima.
 
 
 
 
Salve!
Ecco la seconda parte dell’incontro con l’Hokage ^^ So di avervi fatto sperare inutilmente, ma Hiruzen stava correndo troppo e si è reso conto da solo che doveva ridimensionare il tutto. Ma così adesso Naruto sa di Nozomi, quindi ne vedremo delle belle :D
Un altro capitolo e la fase di “introduzione” a Konoha finisce, si entra nel cuore della storia e finalmente anche tutti gli altri personaggi faranno la loro comparsa :D Qui abbiamo già visto Iruka… Purtroppo non è ancora l’Iruka affettuoso che conosciamo noi, è ancora nella fase rimprovero/disprezzo Naruto. Ma non temete u.u come nel manga canonico si lascerà incantare presto dal nostro Narutino.
 
Ho visto che anche in molti lamentano l’assenza di scene rosse… Okay, forse potrei ritrarre questa cosa? Salire di rating? Non lo so, ditemi voi!
Nel caso nel prossimo capitolo abbiamo una scena lime, che resterà non spinta per logistiche di narrazione xD
 
Grazie mille per le recensioni! Sono davvero felice del vostro entusiasmo ^^ Ci vediamo al prossimo capitolo fra due settimane!
Hatta.




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