1day
#BokuAka
Week (31 luglio – 09 agosto)
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Day: 7
- Prompt: illness
- Parole: 1446
Retrouvailles
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Quel fastidioso rumore non cessava. Le
palpebre di pergamena si schiusero con fatica, le iridi cristalline
vagarono cercando stancamente di mettere a fuoco la stanza, il
respiro era breve e appena accelerato, come se avesse da poco
terminato una corsa, mentre stava solamente cercando di svegliarsi.
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Ancora quel ronzio. Akaashi si portò le
mani alle tempie come se comprimendosele potesse giungere una qualche
sorta di sollievo. Inutile. Sbuffando cercò di levarsi quanto meno a
sedere sul letto, i muscoli si ribellarono immediatamente e il
giovane sentì le ossa pesanti e al tempo stesso fragili come velina.
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Un'imprecazione silenziosa si arenò
sulle labbra aride, guardò la stanza dalle linee pulite e moderne
datagli dall'università. Non era grande, il letto a una piazza e
mezza era addossato alla parete di un sofisticato grigio scuro, al
lato opposto c'era la scrivania a muro, candida e ordinata con varie
mensole colme di libri e quaderni e una piantina rigogliosa –
regalo di sua madre –, il cassettone per i vestiti vicino
all'entrata a scorrimento del minuscolo bagno, e l'appendiabiti
accanto alla porta completavano il suo piccolo mondo di studente di
letteratura. In quel momento però, le distanze gli parevano altresì
esagerate.
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Sospirò piano, imponendosi calma, non
era certo tipo da crogiolarsi nell'autocommiserazione, era sempre
stato maturo per la sua età, e controllato. Non era la prima volta
che la febbre lo coglieva lasciandolo in un tale stato di spossatezza
– anche se per un misero labile istante rimpianse di non essere
rimasto a casa con i suoi, invece di voler, risoluto, cercare la
propria indipendenza -, scosse il capo e alcune ciocche corvine gli
rimasero appiccicate alla fronte imperlata e calda. Fece un piano
mentale: doccia, aspirina, letto; i suoi proposti di studio erano
decisamente – e con enorme disappunto personale – rimandati
all'indomani. Perché lui non avrebbe concesso alla malattia più di
ventiquattrore.
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Barcollante si diresse verso il bagno, un
ulteriore ronzio ebbe il potere di irritarlo a morte, pensando quasi
fosse la febbre a fargli percepire rumori inesistenti.
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Mentre si infilava sotto il piumone scuro
– dopo la breve doccia bollente – e con lo sguardo annebbiato
rivolto alla finestra, da cui osservava – senza vedere – gli
evanescenti e immacolati fiocchi di neve scendere muti dal cielo
plumbeo; gli sembrò di essersi dimenticato qualcosa di importante.
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Le palpebre si abbassarono esauste, e
sulla piccola mensola – che fungeva da comodino – accanto al
letto, il cellulare vibrò e si illuminò per l'ennesima volta.
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Kōtarō Bokuto era a una passo dalla
disperazione più nera.
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Il ritiro con la squadra era terminato,
lui e i suoi compagni stavano tornando, di buona mattina, in corriera
a Tokyo.
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Le iridi dorate del giocatore erano
sporcate da ombre di inquietudine, i capelli sale e pepe ricadevano
flosci lungo il volto dai lineamenti affilati, ora irrigiditi per la
tristezza e l'angoscia. Il cellulare fra le mani non dava cenni di
aver ricevuto messaggi o squilli.
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«Bokkun che hai?», il sorriso
obliquo sul volto del setter dei Black Jackals scomparve per lasciare
spazio a un'espressione vagamente perplessa.
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«Agaaasheee–» gridò Bokuto
con voce lamentosa stringendo spasmodicamente il cellulare, «Ag–
che?», Atsumu aveva raggiunto nuovi livelli di confusione di fronte
al proprio compagno in evidente afflizione.
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«Akaashi non risponde! Tsum Tsum!
Sapeva che oggi sarei tornato. Dovevamo sentirci per incontrarci più
tardi, ma continua a ignorare le mie chiamate e messaggi. E se–? E
se–?»
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«–Si fosse stancato?» concluse
brillantemente l'alzatore, ma si pentì nemmeno un istante dopo della
battuta – che comprese al volo essere stata orribile, oltre che di
un tempismo pessimo anche senza lo sguardo disgustato di Sakusa
seduto dal lato opposto -, il viso pallido e lo sguardo annichilito
dello schiacciatore lo colpirono.
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«Ehi Bokkun scherzavo! Dai, dai
non essere così tragico. È Akaashi, no? Avrà sicuramente un buon
anzi- ottimo motivo per non risponderti», ma Kōtarō non lo stava
più ascoltando.
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E se davvero Akaashi, il suo
Akaashi non volesse più avere niente a che fare con lui? Era
consapevole che la sua carriera sportiva gli portasse via molto tempo
e impegno, d'altronde Akaashi aveva gli studi, a cui si dedicava con
passione e attenzione, tanto che erano molte le volte in cui gli era
capitato di doverlo aspettare fino a tardi all'uscita della
biblioteca della facoltà, in cui vi si attardava, ma innumerevoli
erano le volte in cui era proprio l'universitario a doverlo attendere
fino a sera inoltrata a causa degli allenamenti.
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Lo schiacciatore non riusciva a pensare
una vita senza Akaashi al suo fianco, e sinceramente non la voleva
nemmeno, non riusciva nemmeno a ricordarla la sua vita prima di lui,
era l'unico che gli era rimasto sempre accanto, momenti buoni e non.
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Era vagamente conscio di possedere
svariate debolezze – e certo che Keiji le conoscesse tutte – ma
quella più grande di tutte era proprio l'ex setter. E se avesse
incontrato qualcuno di meno complicato? Qualcuno meno confusionario,
umorale e volubile? Qualcuno più simile a lui, elegante, posato e
acculturato... Al solo pensiero il cuore pulsò violentemente
terrorizzato nel petto, tanto che gli sembrò che il dolore fosse
diventato fisico. Sarebbe riuscito a accettarlo? Forse– se
fosse stato davvero in grado di far felice il suo adorato Akaashi.
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In quel caso gli avrebbe detto che lo
amava per l'ultima volta...
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~
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Keiji si svegliò diverse ora più tardi,
ma fu un continuo bussare alla porta a strapparlo alle riposanti
braccia di Morfeo. I tonfi attutiti lo riportarono lentamente alla
realtà, ma impiegò qualche istante a capire che qualcuno lo stava
chiamando da oltre la porta, tese l'orecchio cercando di capire chi
mai potesse essere... Finché non riuscì a distinguere nitidamente
quella voce che gli arrivò dritto al petto, emozionandolo.
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Avvertì il cuore dilatarsi in uno spasmo
di gioia e si alzò di scatto, ma barcollò, dimentico dello stato
febbricitante in cui versava. La voglia, però, di aprire quella
porta era troppa.
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«Agaaasheee!»
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Akaashi sussultò alla vista di un Bokuto
disperato, i cui occhi erano incendiati da lucide lacrime.
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«Bok-kuto-san», replicò con voce
esitante e fragile, resa tale per l'emozione e la malattia. Come
aveva potuto scordarsi che sarebbe tornato oggi?
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«Akaashi, io volevo solo dirti che ti
amo e ti amerò per sempre – singhiozzò – non importa se tu ami
un altro ora...»
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«CoOsA!?» esalò il moro
costretto però, a piegarsi in avanti a causa di un acceso colpo di
tosse. Solo in quel momento il giocatore si rese conto che il suo
amato ragazzo non stava affatto bene e quando lo vide incespicare sui
propri piedi si mosse avvolgendolo fra le sue braccia.
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«'Kaashi ma tu scotti» mormorò
sconvolto.
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«Già, ho bisogno di tornare a letto,
non è che mi aiuteres–?», non ebbe bisogno nemmeno di completare
la frase che immediatamente Bokuto lo prese fra le braccia –
ignorando bellamente il suo imbarazzo – e lo poggiò con delicata
premura fra le lenzuola.
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«Bokuto-san mi spiace. Sono davvero
mortificato ho completamente scordato che saresti tornato oggi – un
altro colpo di tosse lo scosse – cos'è comunque questa storia che
ora amo un altro?» chiese perplesso, osservandolo oltre il fosco
velo della febbre.
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«Io, – si grattò il capo a metà fra
il colpevole e l'imbarazzato – non rispondevi ai miei messaggi e
chiamate, e poi Tsum Tsum ha detto cose strane e io beh... sai come
sono fatto, la mia mente ha iniziato a viaggiare e–», la mano di
Keiji lo colpì piano ma decisa dritta in testa.
Quanto era ingenuo il suo Bokuto.
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«Bokuto-san
quante volte ti ho detto di non dar troppo peso alle battute di
Atsumu-san?» mormorò dolcemente, accarezzandogli delicatamente i
crini sale e pepe, un gesto che amava compiere «E poi–» un altro
piccolo colpo di tosse lo interruppe; abbassò lo sguardo, le iridi
di Kōtarō si erano fatte troppo
luminose, troppo
ardenti per lui, i suoi sentimenti vi trasparivano in maniera
troppo limpida e ogni volta
Keiji se ne sentiva sopraffatto.
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«E poi
Akaashi?»
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«E poi sei
l'unico che io possa amare così intensamente» continuò, mentre il
suo viso si colorava di un emozionato rosso. E no, non per la febbre.
Bokuto tirò su col naso e poi gli rovinò addosso travolto da quelle
parole, «Agaaasheee!».
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«Bokuto-san
per favore! Non sono nelle condizioni migliori al momento» trillò
il minore, cercando di tenere a bada quel tumulto che aveva nel
cuore.
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«Oh 'Kaashi
perdonami, hai ragione! Adesso tu stenditi e penso io a tutto!»
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«No
Bokuto-san non vorrei che ti ammalassi anche tu, non–», ma lo
sguardo terso e deciso del suo ragazzo non gli lasciò diritto di
replica.
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Chiuse gli
occhi e sospirò sollevato, avvolto nell'amorevole calore delle
braccia del suo Bokuto-san,
non c'era medicina migliore di quella.
___________________________________________________Asia's Corner
Settima
giornata check! Waaa è stata dura ma sono riuscita a terminarla
per tempo ^^ Ma quanto sono dolci? No vabbé se con loro due non
cado nel fluff più malsano non sono contenta, beh spero che
anche questa storia vi sia piaciuta, vi do appuntamento al prossimo
prompt!
Stay tuned!
Grazie a tutti!
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