La
scelta di Tonks
“Batti,
batti le manine, che
arriverà papà…”
Casa
Tonks riecheggiava di note
ataviche, radicate nel tempo e nell’anima di ogni madre.
La
madre in questione era
Ninfadora Tonks, e il destinatario di quelle nenie ancestrali era suo
figlio,
Teddy, che con sguardo impegnato stringeva i pugnetti strillando come
un’aquila, i capelli blu elettrico che fremevano.
“Dora,
chi è che fa le pulizie in
casa?” Andromeda Tonks scese le scale ed arrivò in
salotto.
“Di
solito le fa Remus, ma ieri
non ha potuto: lui è l’unico che sa come placare
le coliche di Teddy, quindi le
ho fatte io. Perché?”
“Si
vede, cara… tu e gli
incantesimi domestici proprio non andate d’accordo,
eh?”
“Mica
servono gli incantesimi
domestici per diventare Auror, ma’!” le rispose lei
con una linguaccia. “E poi,
ho un tesoro di marito che li fa molto meglio di me… e io
vado fuori a spaccare
la legna come un maschiaccio abbandonando mio figlio a se
stesso”.
“Dora!”
esclamò Andromeda, indignata.
“Stavo
scherzando, mamma!”
concluse lei ridendo.
Proprio
in quel momento arrivò
Remus.
“Di
che state discutendo voi
due?”
“Stavamo
parlando male di te,
caro, mi sembra ovvio” disse Tonks, andando incontro a suo
marito e baciandolo.
“Vieni da Teddy, scalcia come un dannato e non capisco che
gli sia preso… dove
eri finito, a proposito?”
“Ero
a Villa Conchiglia, i
Weasley per ora stanno lì… gira voce che Harry
possa andare ad Hogwarts da un
momento all’altro, potrebbe mancare poco alla
guerra” Prese in braccio Teddy,
gli diede qualche pacca sulla schiena e il piccolo, dopo aver fatto un
ruttino
che fece tremare i vetri, si addormentò
all’istante con un sorriso beato
sulle labbra.
“Ah, ecco
cos’aveva…” mormorò
Tonks. Remus, con un sospiro, le sorrise e
l’abbracciò.
Non
riusciva più a pensare come
sarebbe stata la sua vita senza di lui. Era stata dura
all’inizio, lui non
voleva… ma nonostante le sue paure, i suoi problemi, i suoi
sbalzi d’umore, lei
non riusciva ad immaginare nient’altro che lui al suo fianco.
Il futuro era
incerto, ma entrambi non avevano dubbi: avevano lottato per la loro
famiglia, e
l’avrebbero fatto fino alla fine.
Mentre
Andromeda andava in
cucina, marito e moglie si sedettero sul divano e lei gli chiese,
seria: “Cosa
intendi con: Harry
potrebbe andare ad Hogwarts?”
“Ce
lo aspettavamo tutti; prima o
poi lui ci sarebbe andato. Non sappiamo né quando,
né soprattutto come, ma lo
farà”
“Con
Hogwarts sorvegliata come
non mai dai Mangiamorte, i passaggi pattugliati e Hogsmeade sotto
assedio e col
coprifuoco? Sarebbe pazzo a farlo!” esclamò Tonks,
e i suoi occhi saettarono
verso il figlio che dormiva beato nella culla. Certo che aveva un
padrino coraggioso,
ma anche scavezzacollo…
“Lo
so cara, ma pensaci bene: se
Hogwarts è così sorvegliata, è
perché Tu-Sai-Chi sa che Harry ci andrà, e il
ragazzo ha preso la pessima abitudine di assecondarlo.
Finirà tutto in una
battaglia, e questa battaglia si terrà ad Hogwarts, di
questo ne è sicuro tutto
l’Ordine”.
Rimasero
per un po’ in silenzio,
lei con la testa poggiata sulla testa di lui, come se quel contatto
spazzasse
via tutto: l’orrore, la paura, la guerra, la violenza; come
se solo quel
contatto potesse creare una piccola bolla di quiete e di pace in mezzo
alla
tempesta. Una bolla di sapone, destinata a scoppiare.
Una
lince d’argento arrivò come
un fulmine in mezzo alla stanza, e parlò con la voce calda e
profonda di
Kingsley Shacklebolt.
“Harry è ad Hogwarts.
La battaglia è alle porte.
L’entrata per la scuola è all’interno
della Testa di Porco; Materializzatevi
direttamente all’interno del pub. Abbiamo bisogno della
partecipazione di
tutti”.
Il
Patronus si dissolse in uno
sbuffo argenteo, e con esso la calma della casa. Teddy, che al suono di
quella
voce estranea si era svegliato, ora mugolava preoccupato, come se
avesse capito
la gravità della situazione; Andromeda, come pietrificata
sulla soglia della
cucina, era il ritratto della paura; Lupin corse alla porta
d’ingresso, ma
purtroppo si accorse di non essere solo.
“Dora,
che hai intenzione di
fare?”
“Remus,
io non ti lascio,
chiaro?” Tonks gli sorrise, ma il suo sguardo era
irremovibile. “Io sono tua
moglie, e qualunque cosa ci attenda, ci coglierà
insieme”.
“Non
posso permetterlo. Chi
penserà a Teddy? Ha bisogno di una
madre…”
“…
Anche di un padre, se è per
quello” ribatté Tonks.
“Dora,
non potrei mai affrontare
nulla se non sapessi che l’altra metà del mio
cuore è al sicuro. Ti prego, per
una volta, dammi retta, e resta qui con tua madre”
“E
non pensi all’angoscia che
dovrò patire io a non sapere, ad aspettare, solo aspettare,
e…?” Non riuscì a
finire, mentre due lacrime le rigavano silenziose le guancie. Remus
gliele
asciugò coi pollici, mentre con le mani prendeva il viso di
lei.
“Amore
mio, capisco, ma io sarò
sempre qui” Guardò in direzione di Teddy, che
interpellato emise un
“Gnéééé!”
pieno di orgoglio. Davanti a questo sfoggio di energia, entrambi non
poterono
trattenersi da una risatina nervosa, che però
morì presto, lasciando di nuovo
spazio all’ansia. “Io vado, tornerò il
prima possibile, e Teddy sarà protetto
dalla donna migliore che il mondo abbia conosciuto: sua
madre” La baciò con
un’intensità e una disperazione, come se non
volesse lasciarla, non così; la
strinse a sé con la forza di un addio.
Lei
capì e non disse più nulla:
solo un “Ti amo”; gli mise in mano una foto del
piccolo Teddy che avevano
scattato una settimana prima e, dopo un altro bacio che finì
troppo presto, lo
guardò correre verso l’esterno della protezione
della casa e Smaterializzarsi
subito dopo i confini.
Tonks
si diresse come inebetita
verso il divano e lì si mise ad aspettare, cercando di
pensare ad altro; ma
ogni pensiero era sempre legato a Remus, al suo carattere, al suo
coraggio, al
suo amore per la famiglia.
I
minuti erano lunghi: erano ore,
erano giorni, settimane, mesi. Anni. Secoli.
Tonks
era vecchia, era morta in quell’abisso
d’ansia.
E
fu allora che fece la sua
scelta. Così come aveva scelto Teddy, così come
aveva scelto Remus, così come
aveva scelto proprio quella vita.
Prese
Teddy tra le braccia, e gli
sussurrò: “Piccolo mio, ora mamma va a vedere se
papà sta bene. Io ti amo, papà
ti ama, non ti lasceremo mai. Creeremo per te un mondo migliore, un
mondo dove
sarà bello vivere. Noi saremo qui, sempre con te, sempre.
Ricordatelo;
ricordalo a nonna Andromeda, che ti adora; sii vicino a tuo
padrino, Harry,
perché anche tramite lui noi saremo accanto a te.
Buonanotte, cuore mio, e che
Tosca la buona ti protegga”.
Si
mise il mantello da viaggio e
arrivò alla porta della cucina, da dove sua mamma aveva
visto e udito tutto,
senza dire una parola.
“Hai
scelto” disse, come a prendere
atto di quello che la figlia aveva scelto sulla carta del
menù. “Non dirò nulla
per trattenerti, perché nulla lo farebbe,
ma…” prese un respiro profondo prima
di concludere: “… ricordati di chi lasci a
casa”.
“Lo
so, ma non posso stare senza
sapere cosa succede a Remus, e tu lo sai meglio di me” le
diede un bacio sulla
fronte. “Sta’ vicino a Teddy, mamma”.
“Lo
farò, tesoro” le disse
Andromeda. Lei si diresse alla porta, e non appena mise la mano sulla
maniglia,
sua madre aggiunse: “Noi siamo infinitamente orgogliosi di
te, mia piccola
Dora”
Lei
sorrise, e con una corsa andò
da Remus a dal suo destino.
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