Ceralacca
Il primo,
è un bacio tremulo e impaurito, un fiocco di neve che si
scioglie sulla lingua.
Hinata
è ancora in punta di piedi quando sgrana gli occhi, sperduto
come un passerotto caduto dal nido, mentre la consapevolezza di
ciò che ha appena fatto gli infiamma le guance. Dapprima
boccheggia alla ricerca delle parole giuste da dire, poi serra le
labbra e s'aggrappa convulsamente ai suoi polsi, quasi come se temesse
che fuggisse via. Ha il viso teso in una smorfia che stilla
vergogna e imbarazzo, e sta trattenendo il fiato.
«Scusa»
borbotta infine sottovoce, lasciandolo andare per indietreggiare di
qualche centimetro. «Non so che mi sia preso.»
E siccome
Hinata è coraggioso, solleva il mento tremante con orgoglio e
incastra lo sguardo nel proprio.
Rimangono
immobili a squadrarsi, confusi, impacciati, determinati, mentre
l'oscurità della palestra tenta di mitigare l'ansia che li
soffoca.
«È
okay» risponde quindi Kageyama, con una voce che non somiglia
affatto alla propria.
«Okay
in che senso?»
Kageyama
sbuffa, distende le dita, gli pizzica forte una guancia e s'avvicina.
Il
secondo, è un bacio tiepido e umido, una bucaneve che
sboccia ai primi raggi del mattino, lo stelo ancora punteggiato dalla
rugiada.
Ora
è Kageyama quello che non respira, mentre Hinata gli avvolge
incerto gli zigomi con i palmi appiccicati di sudore. Il cuore scalpita
nel petto come un forsennato, è quasi doloroso mentre pulsa
contro i timpani. A Hinata sfarfallano le ciglia a causa
dell'agitazione, infine serra le palpebre e gli preme forte le labbra
sulle proprie. Kageyama sbarra gli occhi e lascia che l'ansia lo
inondi, perché non ha la più pallida idea di cosa
fare, di come muoversi.
«Non
avere paura.»
Il
sussurro di Hinata s'infrange sulla punta del suo naso, poi gli sfiora
una tempia e infine gli lambisce timidamente la pelle screpolata con la
lingua. Kageyama lo assaggia, percepisce il sapore amaro della saliva,
e quello più dolce dell'arancia e della cioccolata.
Mentre un
fremito incontrollabile gli scuote le viscere, s'aggrappa alla sua
felpa, schiude a sua volta la bocca, e finalmente annega.
Il terzo,
è un bacio che scotta, adrenalina pura che scorre come lava
nelle vene, che sgretola la pelle come briciole di pane.
Kageyama
sente le dita di Hinata scivolargli placide lungo l'addome,
accarezzargli il ventre teso, contratto e rovente, per poi insinuarsi
sotto il tessuto di cotone. Allora si lascia sfuggire un gemito
frustrato e gli affonda la faccia nell'incavo del collo. Inspira il suo odore dolciastro e sudato, e lo ascolta ansimargli
sottovoce vicino all'orecchio.
Kageyama
non ha mai provato un desiderio tanto totalizzante e annichilente,
tuttavia in quell'istante non c'è spazio nemmeno per la
paura. Gli conficca le unghie nella schiena e lo spinge contro la
parete ruvida dello spogliatoio, lasciando che quella brama proibita e
tanto, tanto
sbagliata lo
pervada come la marea. Hinata brilla, brucia, gli scioglie sia l'anima
che le ossa. Infine gli rivolge un'occhiata impacciata, come se stesse
chiedendo il permesso, poi piega le gambe permeandogli la pancia
con una scia di baci umidi e timidi, goffi, tenendo sollevato il lembo
della sua felpa.
Infine
s'accuccia, s'inginocchia, e per la
prima volta Kageyama si scorda della pallavolo.
Il quarto,
è un bacio soffice e dolce, regalato in dormiveglia sulla
fronte.
Le
lenzuola sgualcite avvolgono le loro caviglie con premura, Hinata
respira pesantemente con la bocca socchiusa, sbavandogli sulla spalla.
È notte fonda, la pioggia gelida scroscia sull'asfalto della
strada e il vento di tramontana imperversa contro le saracinesche,
tuttavia Kageyama è accaldato. È un nido, quello
che hanno costruito, e il tepore della flanella e del cuscino e della
pelle di Hinata lo culla fino a farlo galleggiare, come se si trovasse
su una nuvola.
Paradossalmente
sa di essere al sicuro, nonostante non sia mai stato tanto vulnerabile,
con l'anima schiusa, scoperta, nuda, priva di
qualsiasi difesa e corazza.
Hinata
freme, in balia del sonno, e si accoccola più forte contro
il proprio sterno. Dopo un principio di esitazione, Kageyama gli
circonda la schiena con le braccia e gli seppellisce la faccia nella
nuca soffice e scarmigliata. Profuma di shampoo all'albicocca, quello
per bambini. Kageyama accenna un sorriso, inspira, si trascina il suo odore nei sogni e s'addormenta.
Il quinto,
è un bacio arrabbiato e ferito, graffiante come rovi
infilati a forza nella gola.
Qualcosa
si è spezzato, qualcosa si è rotto,
perché adesso sotto i loro piedi nudi ci sono soltanto
frammenti di vetro aguzzi e taglienti.
E Kageyama
non è mai stato bravo, a riparare gli oggetti.
«Non
te ne frega niente» soffia quindi Hinata a denti stretti, lo
sguardo incandescente arpionato al suo. Dietro il fuoco che divampa
infuriato, Kageyama scorge tuttavia una pozza gelida di buio e
tristezza, che s'allarga a dismisura.
Vorrebbe
dirgli che sì, certo
che gli importa. Soltanto
che non riesce a dimostrarlo, perché è incapace
di gestire e di esprimere quello che prova.
Eppure
rimane in silenzio, gli occhi blu che luccicano freddi, affilati,
vuoti.
Hinata
allora abbassa piano le braccia - prima intrecciate attorno alla sua
schiena -, agguanta la borsa della palestra e va via sbattendo la
porta. Kageyama lascia che un brivido acido gli attraversi la
ginocchia, poi lo segue e si dirige verso casa, sentendosi
più sperduto e solo che mai.
Un'altra
volta.
Il sesto,
è un bacio arido, spoglio, che odora di pioggia e
d'abbandono.
«Credo
sia meglio farla finita» bisbiglia Hinata dopo che ha
schiacciato la palla, lo sguardo puntato sul pavimento lucido della
palestra. È sera, ma la sofferenza che gli lampeggia nelle
iridi è così palpabile che Kageyama la sente
scorrere come un fiume in piena nello stomaco e fra le dita.
«Perché?»
Quella
domanda gli scivola via dalle labbra senza preavviso, mentre un dolore
sconosciuto gli annoda le viscere, gli scoppia in gola, e la terra
sotto i piedi scompare. Persino Hinata si meraviglia, lo osserva
scioccato un istante, prima di scoprire i denti in un sorriso avvilito.
«Perché
non sono più felice, con te.»
Kageyama
annuisce, e mentre Hinata monta in bici pedalando come un forsennato,
qualcosa dentro di lui appassisce e muore per sempre.
Il settimo
bacio, è anche l'ultimo. I minuti scorrono così
in fretta da risultare quasi dolorosi, e di quello che c'è
stato fra di loro non restano altro che conchiglie sulla battigia
spolverate di sabbia, che le onde salate del mare trascineranno presto
via.
Kageyama
osserva la palestra della Karasuno tentando di reprimere quel
sentimento nostalgico che minaccia di esplodergli nel petto. Afferra
una palla dalla cesta e la schiaccia forte nel campo avversario.
Hinata, leccandosi le labbra, si fa trovare pronto e riesce a ricevere.
Kageyama
ripensa, per un istante, a tutto ciò che hanno passato, che
hanno condiviso, a quello che si sono detti e soprattutto a quello che non sono
riusciti a dirsi.
I rimbalzi
della palla sul pavimento riecheggiano fra le mura sempre
più flebili, tremolando leggermente finché non
s'interrompono.
«Ci
vediamo, Kageyama.»
Hinata
sorride, e Kageyama incurva le labbra a sua volta.
«Sì.»
Fa
malissimo, ma va
bene così.
«Ci
vediamo.»
Escono
fuori, bagnati dal tepore della primavera, i diplomi stretti fra le
dita, l'amara consapevolezza di due strade che si separeranno per
chissà quanto tempo.
Tuttavia,
non è un addio quello che aleggia nell'aria, quanto
piuttosto il profumo dolceamaro di una promessa.
Il liceo
Karasuno li guarda, e sorride loro per l'ultima volta.
L'ottavo,
è il bacio che non c'è mai stato.
Accade
più di un anno dopo, quando all'improvviso Kageyama si sente
soffocare. Dapprima non capisce cosa sia quella sensazione che punge e
che fa male, ma poi serra le palpebre e i pensieri si scagliano rapidi
e affamati su due occhi grandi, ambrati, e ciocche rosso fuoco.
È una mancanza tanto improvvisa e inaspettata, che Kageyama
si sente quasi tradito dalla sua stessa anima. Si aggroviglia fra le
lenzuola, poi esala un sospiro esasperato e scivola via dal proprio
letto, uscendo sulla veranda. In un moto di coraggio, o forse di
disperazione, afferra il telefono e cerca il nome di Hinata sulla
rubrica. Sta quasi per chiamarlo, quando una brezza leggera gli
accarezza la faccia, sfiorandogli le labbra. Kageyama ricorda allora i
baci soffici, screpolati, duri, disperati, intensi.
Ricorda
tutti quelli che si sono scambiati e tutti quelli che non ci sono mai
stati.
Allora
ripone il telefono, perché Hinata è dall'altra
parte del mondo e quello non è il momento giusto.
Il nono,
è il primo bacio che non dà a lui.
Kageyama
non sa neanche come ci sia finito, a stringere i seni
acerbi di quella ragazza dalle ciglia folte e scure. Ha le labbra
lisce, piene, i ricci le ricadono soffici sulle scapole mentre gli
intreccia le dita minute e affusolate nei capelli.
È
così diversa da lui.
Kageyama
è impacciato, nervoso, arrabbiato,
perché non riesce a comprendere se stia assecondando un
sincero desiderio o se sia semplicemente tanto disperato da tentare di
rimpiazzarlo.
Trova la
risposta non appena il delicato profumo di rosa che aleggia nell'aria
gli fa storcere il naso. Lui necessita di sentire il sapore amaro del
sudore sotto la lingua, ha voglia della fragranza dolciastra
dell'arancia. Ha fame di Hinata.
Hinata,
Hinata, Hinata.
Kageyama
si sente sbagliato, si sente un bugiardo, si sente solo,
poiché l'unica persona che vorrebbe stringere a
sé è troppo lontana, e probabilmente
starà baciando un altro paio di labbra, avvolto dai raggi
bollenti del sole di Rio, circondato dallo sciabordio dell'oceano.
Forse quelle di Oikawa.
Kageyama
allora pensa alla pallavolo per tentare di placarsi e respira a fondo.
Però non ci riesce proprio, a lasciarsi andare.
Il decimo
bacio, è solo un ricordo.
Frammenti
di vetro che luccicano mischiandosi alla polvere dell'asfalto, cenere
di una brace che non s'è mai raffreddata del tutto.
È
quel che resta d'un mozzicone di candela, la cui fiammella
però continua a vivere testarda, imperterrita, impavida.
Non si
spegnerà.
Arriva
nella notte, in punta di piedi, un sussurro gentile che gli sfiora il
collo e le guance. È il ricordo di Hinata che dorme, con le
lentiggini spruzzate sul naso e sulla fronte. È il ricordo
di Hinata che si lamenta e che fa i capricci, mentre richiede, pretende
attenzioni. È il ricordo di Hinata che schiaccia forte le
sue alzate, i denti scoperti in un sorriso selvaggio, estasiato.
È il ricordo di ogni loro litigio, ogni grido e ogni
silenzio stizzito. È il ricordo del tepore della sua pelle,
dei bisbigli impauriti e imbarazzati, delle lacrime a goccioloni che
più di una volta gli avevano rigato il viso.
È
il ricordo di quando Hinata, rumoroso e impertinente, riuscì
a spazzare via quel silenzio in cui s'era rifugiato, senza accorgersi
che stava soffocando.
È
il ricordo di quando Hinata gli entrò nel cuore senza
bussare, travolgendolo con irruenza, spaccando argini e mura.
È
il ricordo di quando Hinata non volle sentir ragioni, arpionandolo per
la mano, costringendolo a mettere la testa fuori dal buco che aveva
scavato.
Hinata gli
ha fatto capire che le voci delle altre persone non sono poi
così fastidiose. Gli ha insegnato che nella solitudine si
rischia di annegare, e quando l'acqua oramai gli saturava la gola, i
polmoni e le orecchie, Hinata l'aveva prosciugata come il sole di
mezzogiorno, svuotandolo e rendendolo libero.
Il
problema di Hinata è che c'è sempre, sempre stato.
L'undicesimo,
è un bacio disperato, fatto di saliva, di sangue e di
coraggio.
È
il bacio di chi s'è mancato fino allo sfinimento,
è il bacio in cui le labbra e le mani si cercano, si
ritrovano e s'intrecciano, con un'urgenza che scoppia a ridere persino
in faccia al tempo. È un bacio salato, profondo, mozzafiato.
È un bacio che arriva dopo anni, che supera e che spazza via
tutto il risentimento che s'era incrostato sul loro rapporto,
seppellendolo, celandolo come un tesoro prezioso. Hinata è
un ciclone che scardina asfalto e cemento, e d'improvviso Kageyama
capisce che oramai nessuno dei due pensa più a quello che
erano stati in passato, ma a ciò che saranno in futuro.
Avversari,
compagni, amanti e rivali, non importa se siano vicini o lontani.
Kageyama respira a fondo il suo odore come se fosse questione di vita o
di morte, e finalmente le dita tanto anelate gli s'aggrappano alla
schiena, la pelle bollente si appiccica alla propria.
L'arancia gli inonda il cuore e tutto torna al suo posto, o forse diventa
tutto più a soqquadro di prima.
Ma a
Kageyama non importa. Questo è quello che vuole, e difatti
è felice.
Il
dodicesimo bacio somiglia a un sorriso, a un campo di girasoli che
spunta inaspettato dietro una curva.
È
un bacio equilibrato, è un bacio perfetto.
Odora di
salsedine, di pioggia, di caffè bevuto al mattino, di
distanza, di cuscini condivisi, di cartoline spedite dal Brasile e
dall'Italia, di aerei, di messaggi improvvisi, di silenzi e di litigi,
di tepore e di abbracci.
È
un bacio che profuma di voglia di vincere, di amore e di promesse
mantenute.
È
un bacio caparbio, orgoglioso, ed è soltanto loro.
Sa
di nove e dieci.
È
un bacio scambiato sulla cima del mondo.
Note
d'autrice
Ciaooooo!
Toccata e fuga perché stavo pubblicando troppe AtsuHina e il
mio profilo necessitava di essere riequilibrato.
Vabbè,
spero che 'sta cosa vi sia piaciuta. Intanto, grazie per essere
arrivati sin qui e per aver letto, vi mando un abbraccio fortissimo!
See ya!
♥