Con
passo rapido, Wes entrò nella torre dell'orologio.
– Non
sembra passato un giorno. – mormorò, il tono velato
dalla malinconia. Invece, era passato un lungo anno dalla fine della
battaglia contro Ransik.
Certo,
erano riusciti a salvare il mondo e il capo dei mutanti aveva
compreso i suoi errori, consegnandosi spontaneamente alla giustizia,
ma, a causa della diversità temporale, erano stati costretti
ad una nuova, straziante separazione.
Non
poteva esserci un legame duraturo tra persone appartenenti a epoche
differenti.
Si
sarebbero creati dei paradossi difficilmente risanabili.
Si
appoggiò al muro e si lasciò cadere a terra. Tale
consapevolezza non rendeva più aspra l'amarezza della
separazione.
In
quel lungo periodo di condivisione, si era affezionato ai quattro
ranger provenienti dal futuro.
Con
loro, aveva conosciuto il significato dell'amicizia ed era riuscito a
crescere e a maturare.
Si
era liberato delle storture di una vita agiata e aveva appreso il
valore del lavoro.
Il
ragazzino stolto e ingenuo era svanito e aveva lasciato il posto ad
un uomo.
– E
poi... – mormorò, sconfortato. Oltre all'amicizia, nella
sua vita era entrato l'amore.
Jen.
Quel
sentimento, per lui, era racchiuso in quel bel volto, spesso
atteggiato ad una espressione seria.
Ridacchiò,
amaro. Eppure, i primi tempi non erano stati facili.
Lei,
in lui, rivedeva il suo primo amore, Alex, anche a causa della loro
somiglianza.
Eppure,
il tempo aveva appianato questi contrasti e si erano innamorati.
Ma,
nonostante la forza del loro sentimento, erano stati costretti a
rinunciare.
Sospirò.
Forse, lei, nella sua epoca, aveva ricostruito il suo legame col suo
vero fidanzato.
Chissà,
magari si erano sposati e avevano avuto dei figli.
Tutto
era come doveva essere.
Si
alzò, salì le scale e si recò nella stanza
comune. Anche in quell'ambiente, tutto era rimasto immutato, come
cristallizzato in un incantesimo.
Solo
la polvere , posatasi sui mobili e sugli oggetti, indicava il tempo
trascorso.
Posò
lo sguardo sul tavolo, su cui era posata la scacchiera. Quante
partite, durante i pomeriggi liberi, aveva effettuato lunghe partite
con Trip, il genio dei Time Force Ranger.
Ogni
oggetto racchiudeva un ricordo legato ai suoi amici lontani.
Si
sedette sulla sedia, sconfortato, la testa tra le mani. Ricordare il
tempo trascorso con Trip, Lucas, Kate e Jen stava acuendo il suo
sentimento di nostalgia.
Eppure,
in quella giornata libera, aveva sentito il bisogno di stare solo coi
suoi pensieri.
Non
aveva la necessità di mostrare una serenità ben
lontana dal suo animo.
Chiuse
gli occhi e cercò di frenare le lacrime, che minacciavano di
rigare le sue guance. Certo, i Silver Guardian davano una direzione
alla sua vita, ma non allontanavano quel senso di amarezza, che gli
stringeva il petto.
Gli
mancavano i suoi compagni.
E
sentiva nostalgia di lei.
– Finirò
per impazzire. – mormorò. Nessuno conosceva la pena che
ribolliva nel suo cuore e non era sicuro di riuscire a mantenere una
tranquillità fasulla.
Ma
non riusciva a non deporre quella maschera.
Eppure,
il peso di quella recita continuava a crescere e gli impediva la
serenità dell’anima.
Stanco,
si distese sul letto e strinse il lenzuolo contro il suo petto.
Un
penetrante olezzo marino solleticò i suoi sensi e il giovane
boccheggiò, come colpito da un pugno. Quello era il profumo di
Jen…
Deboli
singhiozzi sollevarono il suo petto e il giovane, d’istinto,
strinse il lenzuolo contro il suo petto. Quel semplice effluvio aveva
rotto gli argini già deboli del suo autocontrollo…
I
ricordi avevano inondato la sua mente.
Le
lacrime rigarono le sue guance, mentre violenti tremiti scossero il
suo corpo. Aveva bisogno della loro presenza…
Quell’effimero
profumo recava in sé il peso di rimpianti e desideri mai
espressi.
Desiderava
rivederla, un’ultima volta.
Ma
non era possibile.
Estenuato
e sofferente, chiuse gli occhi e si addormentò.
Una
mano si appoggiò sulla sua spalla.
Il
giovane, stupito, aprì gli occhi e si girò.
Sbatté
le palpebre, stupefatto, e vide Eric, che lo fissava con sguardo
serio, impenetrabile.
– Che
cosa succede Eric? – domandò il giovane. Quella era una
giornata di vacanza.
Perché
Eric lo aveva seguito?
Era
accaduto qualcosa di serio?
L’ex
Quantum Ranger scosse la testa, sconfortato. Da tanto, troppo tempo
si era accorto della malinconia di Wes.
Certo,
non si lamentava mai e, stoicamente, sopportava ogni allenamento, ma,
oltre quella serenità, aveva veduto il lampo d’
un’amarezza repressa.
E
ne comprendeva la ragione.
Una
nube di preoccupazione velò lo splendore dei suoi occhi neri.
Aveva sempre ritenuto Wes un ragazzino viziato, istupidito da una
vita facile.
Eppure,
aveva mostrato un encomiabile spirito di sacrificio, quando aveva
scelto di combattere da solo i mutanti.
Li
amava e, in nome del loro legame, aveva voluto riportarli nel loro
tempo, incurante della sua incolumità.
Per
alcuni istanti, studiò il volto del suo compagno. I suoi occhi
chiari erano rossi di pianto e le sue guance avevano le tracce delle
lacrime.
Ancora
piangeva i suoi amici.
Ancora
soffriva l’assenza di Jen.
Eppure,
cercava di non essere di peso agli altri.
– Wes,
stai impazzendo. – mormorò il Silver Guardian,
monocorde. Gli dispiaceva vederlo così, aggrappato ad un
ricordo senza alcun futuro e, per questo, desiderava scuoterlo.
In
quei mesi, gli era mancato il ragazzo vivace e incosciente,
conosciuto i tempi dell’accademia.
Avrebbe
preferito rivedere lui, invece di un uomo così triste.
Wes
corrugò la fronte e gli lanciò una breve occhiata
sdegnosa.
– Grazie
per la comprensione, Eric. Sei venuto qui per farmi la predica? –
sibilò, irritato. In quel momento, gli sembrava di essere
tornato ai tempi delle loro incomprensioni.
Certe
cose non cambiano mai., pensò,
amareggiato. Credeva di avere fatto cambiare idea a Eric su di lui.
Ma
non era così.
Lui
aveva espresso un giudizio tagliente sul suo dolore.
Bel
lavoro Eric. Si è chiuso ancora di più.,
imprecò l’ex Quantum Ranger contro se stesso. Voleva
aiutare Wes, ma, con quelle parole, era riemersa la sua ottusità.
Lui,
a causa della sua esperienza, non riusciva a capire quell’abbandono
ai ricordi.
Così,
ci si consumava in riflessioni inutili, che consumavano energie.
Sospirò
e posò una mano sull’avambraccio di Wes.
– No,
non volevo offenderti. Ma non mi piace questa tua recita. Puoi
ingannare gli altri, ma non me. – cominciò l’ex
Quantum Ranger.
La
rabbia negli occhi di Wes scomparve, presto sostituita da una
espressione confusa.
– Io
so. So che tu non vuoi essere di peso a nessuno. Ti
sei allenato con molto impegno per diventare un Silver Guardian e ci
sei riuscito, guadagnandoti il mio rispetto e quello dei miei
compagni. Ma io ho visto che non sei felice. –
Si
fermò.
– Io
ricordo che eri un ragazzo vivace, desideroso di fare nuove
esperienze. E piuttosto incline a cacciarti nei guai. Ai miei occhi,
eri insopportabile. Forse, anche per questo rifiutavo i tuoi
tentativi di amicizia.– continuò, calmo.
Strinse
un poco la presa della sua mano sull’avambraccio dell’ex
Ranger Rosso.
Wes
non si mosse. Quella presa forte e sicura dava requie al suo spirito
inquieto.
Eppure,
avvertiva uno strano calore irradiarsi lungo tutto il suo corpo.
Forse,
il brusco Eric Myers voleva davvero aiutarlo, ma, anche in simili
momenti, la sua durezza gli rendeva difficoltosa qualsiasi
comprensione.
– Sorridi
poco, il tuo sguardo è spento e, al termine di ogni turno, vai
subito a casa tua. Sembri disprezzare la compagnia degli altri
guardiani,
ma, in realtà, non riesci a legarti con nessuno, dopo la
partenza della Time Force. Con
loro, hai perso te stesso. –
– E’
vero, sei maturato molto, ma sei diventato un uomo spento, incapace
di sorridere e provare vero
piacere. Sei
diventato più cupo di me e questo non è un bene. Ci
vuole equilibrio in ogni cosa e
qui non ce n’è.
– concluse.
Wes
meditò, sorpreso da quelle parole. Non avrebbe mai immaginato
nel suo brusco rivale un tale spirito di osservazione.
Eric
era riuscito ad andare oltre la sua maschera di serenità e
cortesia.
Il
suo volto impenetrabile celava un cuore nobile, capace di andare
oltre le apparenze.
Era
preoccupato per lui e, pur con maniere discutibili, cercava di
aiutarlo a reagire.
Inoltre,
non aveva mai fatto il nome di Jen.
Malgrado
i suoi toni, aveva mostrato riguardo.
O
forse non aveva compreso l’autentica natura del sentimento tra
lui e Jen?
Scosse
la testa. Non era il caso di porsi domande simili.
Il
nome di Jen dilaniava il suo cuore, nonostante il tempo trascorso.
I
suoi occhi cerulei si rifletterono in quelli neri di Eric.
Il
giovane sussultò, colto di sorpresa da quello sguardo. Quelle
iridi chiare avevano la limpidezza dei laghi.
Sto
diventando sdolcinato., si
disse. Eppure, non aveva potuto fare a meno di sentirsi vulnerabile.
In
quei brevi istanti erano stato denudato delle sue difese.
– Siamo…
Eravamo diventati una squadra. Si era cementato tra noi un legame
forte. Per questo, ho cercato di mandarli via. Eppure, quando sono
tornati, mi sono sentito
felice. Ma tale gioia sarebbe
durata poco. Questo non era e non è il loro tempo.
– confessò.
– Ho
dovuto pagare quella gioia con una nuova separazione. Si
è riaperta una ferita ancora fresca e non credo si rimarginerà
più. – confessò, amareggiato.
L’ex
Quantum Ranger non rispose. Gli faceva male tanta pena.
Wes
non doveva portare un peso tanto crudele sulle sue braccia.
Si
allungò sul letto e si stese accanto a lui.
Poi,
le sue braccia cinsero i fianchi di Wes e lo attirarono contro il suo
petto.
– Che…
Che fai? – domandò, la voce resa stridula dall’imbarazzo
e dalla sorpresa. Non si era aspettato quel gesto tanto espansivo da
parte di Eric.
Di
solito, il suo collega era molto poco incline a simili
manifestazioni.
Eppure,
in quel momento, era stretto tra le sue braccia e la sua testa
poggiava sulla spalla dell’ex Quantum Ranger.
Contro
il suo orecchio, risuonava, regolare, il palpito del suo cuore.
Non
sapeva perché, quel suono gli donava quiete.
Un
leggero sorriso sollevò le labbra di Eric e le sue mani
sfiorarono i capelli dell’altro.
– Voglio
dimostrare che ti sbagli. Sei ferito e stai soffrendo, ma qualsiasi
dolore può essere superato. Anche le tue ferite, Wes, si
possono rimarginare, se
permetti a qualcuno di starti accanto.
– affermò poi. Sì,
voleva aiutarlo.
Non
gli avrebbe permesso di sprofondare nelle secche della depressione.
Voleva
rivedere l’uomo volitivo e vivace che aveva imparato a
rispettare.
Wes
sospirò e cinse con un braccio il torace del suo collega. Non
credeva fosse possibile un simile atto.
Poteva
una ferita simile, che ancora sanguinava, rimarginarsi?
Gli
sembrava utopica una simile affermazione.
Eppure,
doveva provare a riemergere.
Doveva
onorare la generosità del suo rivale e afferrare la sua mano
tesa.
Gli
doveva un simile tentativo, seppur velleitario.
– Farò
del mio meglio. Grazie, Eric. –
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