ATTENZIONE! Questa storia è una versione
alternativa del primo incontro al Rowdy Raven tra Julian e
l'Apprendista, e contiene spoiler a non finire sia sul prologo sia
sul resto del gioco, dunque siete avvisati: se continuate a leggere
senza aver finito tutto Julian Route rischiate di pentirvene.
Ci vediamo in fondo alla pagina se avete voglia di
leggere qualcosa in più, per il momento godetevi...
Sulle tracce di un corvo chiassoso
***
La biblioteca attorno a me è
silenziosa, e poiché ci sono solo io mi sembra ancora più
grande.
Il soffitto altissimo, ad archi come
quello di una cattedrale, inghiotte ogni suono nella luce eterea
delle vetrate colorate.
L'aria è fresca ed ascuitta. Chi
ha costruito la biblioteca sapeva il fatto suo, ed ha progettato un
sistema di finestre che garantisce un continuo ricambio di aria anche
senza generare corrente, probabilmente perché sapeva che
l'aria stagnante che contiene umidità è il peggior
nemico dei libri.
Anche le vetrate colorate non sono solo
un elemento d'arredo: servono a proteggere i libri dalla luce diretta
del sole.
La pergamena che ho tra le mani infatti
è in perfette condizioni: non troppo flessibile ma nemmeno
troppo rigida, non è ingiallita ed il disegno non è
sbiadito; suppongo che il palazzo del Conte potesse permettersi gli
inchiostri migliori.
La scrivania del Dottor Devorak è
in una delle nicchie laterali, incastonata nella luce turchese di una
vetrata che ritrae un lago con dei fiori acquatici bianchi.
Mi chiedo se questo posto gli sia
piaciuto quando lavorava qui. Quando l'ho incontrato, dal suo modo di
vestire, mi è sembrata una persona incline ad apprezzare le
cose belle.
In realtà la mia domanda è
inutile: sono qui per scovare qualche indizio che mi permetta di
rintracciarlo, non per informarmi sui suoi gusti personali.
A quelli penserà la Contessa,
magari.
Una persona colta e raffinata come lei
sarebbe capace di alloggiarlo in una cella arredata con ogni lusso,
anche se solo per poche ore prima di impiccarlo.
Scuoto la testa per liberarmi di questi
pensieri che mi distraggono e torno a scrutare le pergamene ed i
libri sparsi sulla scrivania, poi di nuovo il disegno che ho in
mano. L'eco che percepisco è quella di una persona
concentrata, assorbita dalla sua... missione? Non coincide né
con l'immagine di Julian che ho avuto dai nostri brevi incontri né
con quella di un assassino. Devo saperne di più su di
lui. La Contessa Nadia mi ha ordinato di trovare l'assassino di
suo marito, senza sapere che io l'avevo già incontrato subito
dopo di lei, quella notte al negozio. È questo che è
strano. Ripensandoci adesso credo che sia stato un bene che io abbia
parlato con Julian prima di sapere dell'offerta della Contessa, così
ho potuto farmi un'idea di che persona sia. E no, non mi sembra un
assassino. Magari un baro, un imbroglione, un furfante da bettola,
una faccia da poker, un manipolatore, ma non un omicida. Ho
percepito molte cose provenire da lui, ma la più pesante era
la confusione. Sì, lui cercava Asra per avere risposte, ma
si è dovuto accontentare della mia lettura delle carte, ed io
non riesco a togliermi dalla testa la sua risata amara quando ho
estratto la Morte. "La morte ha posato molte volte il suo
sguardo su questo disgraziato ed è sempre passata oltre" E
poi "Non ha nessun interesse in un abominio come me". Perché
usare un linguaggio del genere? Bé, sono l'apprendista di
un incantatore, e secondo il mio maestro ho anche delle ottime
capacità. In fretta, ripongo il disegno fatto dal dottore
nella mia borsa. Forse è il momento di fidarmi del giudizio
di Asra e di provare un incantesimo che risolverebbe molti dei miei
problemi. Decido di tornare al negozio, attraversando più
in fretta che posso la città adesso che conosco la strada e
grazie alle scorciatoie che mi sono state insegnate da Porzia.
Impiego ugualmente tre ore, ed appena
dentro mi concedo una pausa per mangiare e riordinare i pensieri.
Per quello che intendo fare forse è
meglio aspettare il calare delle tenebre, e nel frattempo apro il mio
Libro delle Ombre per ripassare l'incantesimo un'ultima volta ed
avere la certezza di eseguirlo in modo corretto. Nella mia borsa
il foglio di pergamena che ho preso dalla scrivania di Julian
scricchiola. Bene. Forse è stato un suggerimento
inconscio a farmi prendere qualcosa che gli è
appartenuto. Forse avevo già pensato di eseguire questo
incantesimo fin dalla prima volta che la Contessa Nadia mi ha
affidato questo incarico. Non appena il sole cala ed appaiono le
prime stelle della sera estraggo la pergamena dalla borsa e la
stringo forte tra le mani. Visualizzo il volto di Julian, tento di
cogliere la sua presenza dalla pergamena, e lentamente espando la mia
coscienza. Vago come nel vuoto, attraverso centinaia di persone,
cercando un'aura simile a quella di cui percepisco l'eco dalla
pergamena. Per un attimo mi sembra di sentirla. Molte aure, poi
poche, poi ancora molte tutte assiepate. In mezzo a loro una mi
appare chiara come una scintilla. Julian! L'ho trovato! Senza
lasciare il contatto, apro un portale che sbocca in un punto in cui
non ci sono aure e lo attraverso. L'aria salmastra mi coglie di
sorpresa. L'odore pesante di acqua salata stagnante, insieme
all'umidità, rende l'atmosfera densa. Non avevo fatto caso
a quale fosse la zona della città in cui sentivo la presenza
di Julian, ma adesso che mi guardo intorno so di essere molto vicino
al porto, nella zona dei canali. La strada in cui mi ha condotto
il mio portale deve essere il retro di una locanda, perché da
dietro le vetrate si vedono tante sagome e si sente un brusio di
chiacchiere inframezzato da qualche urlo. Decisamente, una locanda
oppure un'osteria. Faccio il giro in fretta, ed appena svolto
l'angolo sopra di me appare l'insegna "il corvo chiassoso". Mi
aggiusto la casacca sulle spalle ed entro. Appena dentro mi rendo
conto di quanto sia davvero chiassoso questo posto. Scoppi di
voci, urla, risate, imprecazioni... non sono esattamente a mia agio
in mezzo a tutta questa gente. -Benvenuto! Vuoi da bere,
giovanotto?- urla l'oste nella mia direzione. E si trova a poco
più di un metro da me, dunque non ci sarebbe nessun bisogno di
gridare. Inoltre mi sta antipatico perché è un'altra
persona che mi da automaticamente il maschile, senza chiedere. Le
espressioni neutre sono così difficili da trovare? Capisco che
con i miei capelli corti ed i vestiti che mi fasciano il petto posso
sembrare più un ragazzo, ma andiamo, un minimo di elasticità
mentale! -No, sono qui per incontrare una persona- Rispondo
senza dare troppi dettagli. -Ah, capisco! Dimmi chi cerchi, io
conosco tutti qui dentro- Mi offre con un gesto teatrale di un
braccio che fa vacillare il vassoio che ha un bilico
sull'altro. -Anche io conosco bene la persona che sto
cercando- Taglio corto. Mi inoltro nel locale senza più
badare a lui. Ho una traccia da seguire, che mi porta dritto verso
un posto in fondo, in ombra, dove una figura vestita di nero sta
reclinata sul tavolo. Una mano è tra i capelli, l'altra
saldamente aggrappata ad un boccale di liquido ambrato e
presumibilmente alcolico. Julian sembra in preda a qualche dolore
lancinante, a giudicare da come l'occhio non coperto dalla benda è
strizzato e da come tutto il suo viso sia contorto in una smorfia di
agonia.
Forse è per la sua presenza così
desolata, ma mi pare che questo angolo della taverna sia più
buio del resto, che l'aria sia più pesante e più densa
di fuligine. Ho l'impressione che si sia accorto di me, ma è
un falso allarme. Era solo uno spasmo di ogni singolo muscolo del
suo corpo, ed il gesto con cui si porta il boccale alle labbra per
berne un sorso più che lungo è di disperazione. Credo
di capire quanto possa essere letterale l'espressione "affogare
nell'alcol", ma un uomo morto non da risposte, e nemmeno uno
troppo ubriaco, dunque avanzo a passi decisi verso il dottore. Sul
mio onore, non credevo che un "sorso" potesse durare tanto
a lungo. Julian vuota il boccale con la testa reclinata
all'indietro, il viso contratto per il dolore ed il pomo d'adamo che
si muove ogni volta che deglutisce. Quando posa il boccale non è
rimasto nulla di qualsiasi cosa contenesse in origine, e Julian è
costretto ad ansimare per riprendere fiato. Adesso l'occhio
visibile è sbarrato ed iniettato di rosso. Ne ho abbastanza
di questo spettacolo di miseria umana, per questo non appena
raggiungo il tavolo ci batto la mano sopra. Lui non da segno di
preoccuparsi della mia presenza, ed allora passo alle maniere
forti. -Dottor Devorak!- Questo lo fa sobbalzare. Lo
sguardo che mi rivolge è di puro terrore, almeno finché
non capisce chi ha davanti. -Ah, sei tu! L'aspirante hocus
pocus!- -Mi chiamo Maru-
Lui scrolla le spalle, come se non
gliene importasse niente di me e di come accidenti mi chiamo. -Come
ti pare... Come hai fatto a trovarmi? Uno dei trucchi di Azra ha
funzionato? E soprattutto, cosa ci fai qui?- -Ho aperto un portale
apposta per te, dunque sì, i miei trucchi e quelli di Azra
funzionano piuttosto bene. Quanto al perché sono qui, è
perché ho delle domande-
Senza aspettare un suo invito mi siedo
di fronte a lui, chiaro messaggio che non ho intenzione di schiodarmi
da qui finché non avrò ottenuto qualcosa. -Ah,
interessante! E dunque se hai cercato me vuol dire che credi che io
abbia delle risposte- -Non le hai?- -Non mi hai fatto le
domande, Maru- Mi mordo il labbro. Ora che ce l'ho
davanti non so cosa chiedergli. Non ho domande vere da fargli,
voglio solo capire che tipo di persona è lui. Forse se lo
colgo di sorpresa riuscirò ad ottenere qualcosa di più
che la sua facciata da spaccone. -Hai ucciso tu il Conte
Lucio?- Il suo occhio si dilata per la sorpresa, e per un attimo
penso di avergli strappato via la maschera, ma dopo pochi secondi è
già tornato il solito teatrante. -Cosí dicono,
apprendista, così dicono... ma vuoi sapere la verità
dalle mie labbra?- Si piega complice verso di me, ma io non ho
intenzione di stare al suo gioco e non mi avvicino a lui né
mostro interesse per il suo atteggiamento complice. Lui non si
accorge del mio distacco, assorbito com'è dalla sua scena
madre. -La verità, tutta la verità e nient'altro che
la verità è che...- prende un respiro profondo che
serve solo da pausa ad effetto -...io non lo so!- All'improvviso
scoppia a ridere buttando la testa all'indietro, come se avesse
raccontato qualcosa di divertente. -Mi accusano di un crimine
esecrabile, mi hanno colto sulla scena del delitto, mi hanno
incarcerato e marchiato come assassino, in attesa del patibolo, e
tutto questo per un atto di cui io non ho il minimo ricordo- -Dici
di non ricordare, dunque potresti essere innocente. E allora perché
sei tornato a Vesuvia se sai che rischi la vita?- Di nuovo ride,
ed un altro po' di colore è sparito dal suo viso emaciato e
dalle labbra sottili. -Rischiare la vita dici? Ah, beata la tua
ingenuità!-
Sbatto di nuovo la mano sul tavolo per
riportarlo alla ragione. Non permetto che mi confonda con le sue
scenate e con i suoi giri di parole. -Piantala di delirare!
Raccogli un minimo di lucidità e rispondi! Perché sei
tornato a Vesuvia?- Stavolta un ghigno si allarga sul suo
viso. -Tanta veemenza e tanto ardore meritano considerazione.
Ebbene te lo dirò. Sono tornato a cercare risposte. Un uomo
non può dormire sonni tranquilli se si porta dentro il dubbio
di avere ucciso un altro uomo, non credi?- Ci penso un attimo,
anche se la risposta è ovvia per chiunque abbia un minimo di
coscienza. -No, non può- Julian fa un gesto plateale
allargando le braccia, come a dire "visto che avevo ragione
io?". Vorrei fargli un'altra domanda ma mi rendo conto che
sta tremando, che è impallidito ancor più del solito, e
che la pelle del viso attorno all'occhio è tirata e
grigiastra. "Sta male". Il suo sorriso è
diventato una smorfia che vacilla tra l'isteria e la sofferenza. -Se
non ti dispiace io ordinerei un'altro giro. Sarebbe un piacere se ti
unissi a me. Salty bitter?- -Non bevo quella roba, ed anche tu
dovresti fermarti- Un altro rauco scoppio di risa.
Il "corvo chiassoso" si
addice ad un tipo come lui, e non mi sorprenderebbe se i proprietari
avessero scelto questo nome in onore di Julian e delle sue
maniere. -E perché mai dovrei fermarmi?- -Perché
stai male- -Davvero? Se anche fosse, non sarebbe niente per cui un
boccale in più o in meno farebbe
differenza- -Fermati- Stavolta non ride. Si alza in piedi e poi
si china verso di me con i palmi delle mani piantati sul tavolo. -E
tu invece cosa cerchi, apprendista di magia? Perché ti
interessi tanto a me? Perché... perché...?- Lo vedo
vacillare. Forse si è alzato troppo in fretta, o forse
tutto l'alcol che ha bevuto prima sta facendo effetto all'improvviso,
perché lo vedo vacillare ed accasciarsi sul tavolo. Le sue
lunghe gambe si piegano, incapaci di reggere il suo peso, e lui si
aggrappa alla superficie di legno per non cadere. Ha la testa
girata dal verso opposto e non riesco a vederlo in faccia, ma sento
benissimo il suo respiro sfuggire dalle labbra in rantoli
spezzati. Quest'uomo è davvero incomprensibile. Avrebbe
le risorse per vivere la sua vita lontano da Vesuvia e dalla sua
condanna capitale, eppure è tornato per dei dubbi di
coscienza. E adesso lotta contro la quantità spropositata
di alcol che ha ingerito con il preciso intento di stordirsi. Mi
alzo in piedi per tentare di aiutarlo, ma in realtà devo
decidere in fretta. La Contessa mi ha chiesto di trovarlo ed io
l'ho trovato. La cosa giusta da fare sarebbe portarlo a palazzo...
o no? Se lo consegno alle guardie sarà impiccato entro
pochi giorni. Come posso consegnare alla morte un uomo che è
tornato ad affrontare pericoli per avere la certezza della sua
innocenza? D'altra parte come posso tradire la fiducia della
Contessa? Decido di prendere tempo. Tento di prendere Julian
sotto braccio ma lui scivola dalla mia presa. Il suo guanto
sinistro mi rimane tra le mani, e la sua mano sinistra che adesso è
scoperta mostra il marchio degli assassini: un cuore capovolto, da
cui parte una freccia con due linee che ne attraversano l'asta. Devo
portarlo via da qui. Per quanto il “corvo chiassoso”
sia un posto non esattamente legale, un marchio di questa gravità
non può essere ignorato completamente nemmeno qui. Gli
afferrò la mano per coprire il marchio con la mia, dopo di che
faccio passare il suo braccio attorno alle spalle e lo sollevo di
peso. È più leggero di quanto mi aspettassi, e
contro il mio corpo sento le ossa delle clavicole e delle costole,
mentre all'orecchio sento che sta gemendo penosamente. Mi guardo
velocemente attorno, per assicurarmi che nessuno presti troppa
attenzione a noi, e poi evoco l'incantesimo che apre i portali. So
bene dove andare questa volta: l'unico posto sicuro per lui è
il negozio di Asra. Con un paio di passi sono dentro la mia camera
da letto, e chiudo in fretta il passaggio prima che l'oste si accorga
che siamo andati via senza pagare. Domani dovrò passare a
saldare il conto, ma il mio problema adesso è un altro. Julian
al mio fianco non si regge in piedi, né io posso leggerlo più
di tanto. Non è pesante come mi aspettavo ma è alto,
ed è sempre più incosciente. Faccio un paio di passi
praticamente trascinandolo e tento di farlo scendere sul letto senza
troppi scossoni, tentativo che fallisce miseranente quando il suo
peso mi sbilancia e finiamo per cadere tutti e due di traverso sul
materasso. Mi districo da sotto il suo braccio e passo a tentare
di sistemare le sue gambe che pendono fuori dal letto. So bene che
una persona ubriaca rischia di vomitare, per questo lo sistemo girato
su un fianco. E prego tutte divinità affinché che
non vomiti davvero sul mio letto. Io ho fatto tutto lo sforzo, ma
è lui a rantolare ad ogni respiro. -Julian, riesci a
sentirmi? Qui sei al sicuro. Non ti consegnerò alle guardie
questa notte. Mi capisci?- Lui annuisce lentamente. Il suo viso
è di nuovo contratto per il dolore e stavolta pare che non
riesca a parlare. -Dormi adesso-
Decido di accendere una candela per
risparmiare la mia magia, e le ombre proiettate dal movimento della
fiamma fanno sembrare il viso di Julian ancora più scavato.
Non sembra un assassino. Sembra un uomo
devastato. Pare che dovrò rinunciare al mio letto stanotte,
dunque mi dirigo all'armadio per prelevare una coperta da trasformare
in un materasso extra da mettere a terra. Sto facendo
l'incantesimo quando un lungo lamento mi distrae. È
Julian. Con uno sforzo che per le sue condizioni deve essere
immenso si è rannicchiato su sé stesso, con le gambe
raccolte e le braccia strette al petto. Mi avvicino a lui e gli
poso la mano sulla spalla. -Julian, ti ho detto che sei al sicuro
qui da me. Non verrà nessuno a prenderti, te lo prometto- In
risposta si lamenta ancora e stringe ancora di più le
braccia. Mi viene un dubbio, e subito evoco una sfera di luce da
aggiungere alla candela per controllare più da vicino. Nel
riverbero azzurrino trovo la conferma: il viso di Julian è
rigato di lacrime. Non ho il tempo di chiedergli cosa succede che
è lui a parlare. -Mi dispiace... mi dispiace... io volevo
trovare la cura... volevo che guarissero... non volevo più
vederli soffrire e morire... io volevo... curarli... mi
dispiace!- Uno spasmo scuote tutto il suo corpo e si stringe le
mani al petto come se volesse strappare via qualcosa . Lui era un
medico durante la Peste Rossa, ed ancora soffre per le persone che
non è riuscito a salvare. Possibile che lo stesso uomo sia
un assassino? Non posso crederlo!
Potrebbe avere ucciso il Conte ed allo
stesso tempo essere devastato dal rimorso per non aver fatto
abbastanza come medico durante l'epidemia?
Vederlo così distrutto mi fa
stare male.
La benda gli è scivolata via
dall'occhio mentre si contorceva, e adesso posso vedere il dolore su
tutto il suo viso mentre continua a mormorare parole che io non
riesco a sentire.
Forse sono nomi di persone che
conosceva, o forse sono altri “mi dispiace”, in ogni caso
non posso stare a guardare una persona che soffre tanto senza fare
nulla. -Julian... Julian ascoltami... tu hai fatto del tuo meglio.
Le tue cure hanno salvato delle persone, ma era impossibile salvare
tutti-
Lui risponde solo con altri singhiozzi.
Ho il dubbio che non riesca nemmeno a sentirmi ormai, perso
nell'alcol e nei suoi incubi, per questo decido di agire.
Provo a toccarlo sulla fronte per un
blando incantesimo che lo calmi, ma il risultato è del tutto
opposto... per me!
Mi trovo a vedere e sentire quello che
per lui è reale: attrezzi da medico macchiati di sangue, un
cancello con una placca di metallo... ciò che c'è
inciso sopra... già una condanna! Scendere, scendere ancora,
nel buio e nel fumo delle torce. Le mani tra i capelli, gli occhi che
bruciano per la mancanza di sonno... E poi corpi ammassati, l'aria
satura di afa, vapore, sangue, e rosso che non è sangue, e
“NO!”
L'orrore è indescrivibile!
Un sorriso sbieco di denti affilati, e
poi qualcosa che... no... no... no! Che raschia le pareti
della gola e si muove mentre viene costretto a forza giù
nell'esofago nonostante i conati di vomito.
E poi le urla, la pelle delle mani che
si scortica per picchiare contro la porta, la serratura bloccata
dall'esterno, e poi la febbre, il sudore, i sintomi della Peste
Rossa, ed il corpo sempre più debole... sempre più
debole... occhi rossi attraverso le sbarre della finestrella della
porta, che ogni poche ore scrutano avidi in attesa della... Morte...
e “no, io non morirò qui!” “Io DEVO trovare
le risposte!”.
E poi il buio, ma non buio, e grandi
ali nere e...
Cado a terra ed il contatto tra noi si
spezza.
Mi guardo attorno in preda al terrore,
respirando l'aria pulita della mia stanza e non quella soffocante
dell'incubo di Julian.
Le pareti di pietra sono rassicuranti e
familiari, la finestra mi permette di vedere il mondo esterno, non le
pareti umide di una cella sotterranea.
Io sono al sicuro... io sono a casa...
Julian no!
Lui è ancora disperato e
prigioniero delle sue visioni, a piangere e gridare.
Nonostante il dolore al petto dove il
mio cuore batte frenetico so cosa devo fare.
Ancora con le gambe che mi tremano
scendo le scale e dalla dispensa prendo un sacchetto con un rimedio
di erbe già pronto.
Lo porto al viso e per un attimo mi
lascio confortare dall'aroma dolce della camomilla, da quello
canforato della lavanda e da quello fresco della menta, ma non sono
io ad averne bisogno in questo momento.
Mi faccio forza per tornare su e sento
le grida di Julian prima ancora di entrare nella stanza.
Per tutti gli dei, che cosa hanno fatto
a quest'uomo?!
Stavolta faccio attenzione a non
toccarlo direttamente, ma poso il sacchetto molto vicino al suo viso
tormentato.
Spero che basti. L'incantesimo che è
tessuto all'interno è stato fatto da Asra, e credo che sia il
modo migliore di aiutarlo in quel momento.
Vorrei fare qualcosa di più pr
lui, ma mi rendo conto che non sopporterei altre visioni come quelle
che ho avuto, per questo, anche se con un gran senso di vergogna per
la mia codardia, lascio che sia l'incantesimo di Asra ad agire senza
osare avvicinarmi.
Prima Julian smette di gridare, poi
anche i singhiozzi si calmano, ed infine il suo corpo allenta la
tensione in cui si era costretto.
Ha ancora il viso umido di lacrime, ma
i suoi tratti spigolosi sembrano meno aspri adesso che è
abbandonato al sonno.
Solo i capelli scomposti sono traccia
di quanto è appena successo, mentre la sua aura poco alla
volta viene ripulita dall'incantesimo e dalle erbe.
Quando è immobile provo ad
avvicinarmi, e stavolta quando gli scosto i capelli dalla fronte
l'unica cosa che percepisco nella sua mente è una pacata,
confortante oscurità.
Bene. Il rimedio ha funzionato.
Quanto a me sento la fatica pesarmi
addosso tutta in una volta adesso che è tutto finito.
Lancio un'occhiata alla coperta che è
rimasta abbandonata per terra e che avrebbe dovuto essere il mio
letto, ma poi penso che durante la notte potrei rivedere l'incubo di
Julian, e la prospettiva mi fa rabbrividire.
L'unica soluzione sarebbe prendere per
me un'altro sacchetto di erbe, ma so che la magia non va sprecata, ed
allora l'unica opzione praticabile è dividere quello che ho
preso per Julian. Cioè dormire insieme a lui.
In un certo senso mi sembra giusto,
anche senza il sacchetto con l'incantesimo.
Sospiro e mi stendo nel bordo di
materasso non occupato da gomiti, ginocchia o qualche altro degli
spigoli del corpo di Julian.
È pallido, le sue labbra sono
sottili ed esangui e gli occhi sono cerhiati di viola esattamente
come quando è sveglio, ma adesso, nel sonno, sembra davvero
lui.
In fondo era questo che volevo vedere,
no? L'uomo vero dietro le sue mille maschere di spacconeria o di
maniere affettate.
Ecco, adesso l'ho visto, e sembra così
stanco e provato che per un attimo ho l'istinto di accarezzargli il
viso.
Riesco a trattenermi solo all'ultimo
momento, quando mi ricordo che questo è l'uomo che potrei
dover consegnare al boia.
C'è qualcos'altro che vorrei
mettere a fuoco, ma l'incantesimo sta già facendo effetto
anche su di me, appannando la mia mente, e così spengo la
candela evocando una debole corrente d'aria e la stanza piomba nel
buio.
Lentamente l'aroma delle erbe e
l'incantesimo fanno scivolare dolcemente verso la calma, pacata
oscurità che ha già accolto Julian.
***
Il mattino dopo mi sveglio per una
sensazione strana, come di qualcosa avvolto attorno al torace.
-Faust?- tento, ma no, non è il
famiglio di Asra. È un braccio umano.
Quando apro gli occhi e capisco a chi
appartiene il braccio faccio un salto e mi districo più in
fretta che posso, e non solo dal braccio: nel sonno Julian si è
aggrappato a me, e non è facile sbrogliarmi dal suo corpo
magro ed affusolato.
Ci riesco e per fortuna lui non si
sveglia.
Avrei potuto morire di imbarazzo se
fosse stato lui a svegliarsi per primo o mentre cercavo di
staccarmelo di dosso!
Scendo dal letto ma lui è ancora
profondamente addormentato, e per questo decido di lasciarlo lì
e di fare qualcosa di utile.
Ad esempio lavarmi, cambiarmi, e
procurare l'ennesimo rimedio cortesia della casa.
Quando torno nella stanza con la tazza
in mano Julian è di nuovo rannicchiato a lamentarsi con la
testa tra le mani.
Ormai non dovrebbe più
sorprendermi vederlo in queste condizioni, anche perché so
perfettamente che stavolta sono banalmente i postumi dell'ubriacatura
a farlo lamentare.
-Sei sveglio, vedo-
-Ahiahi... la mia testaaa...- geme.
Sapevo che sarebbe andata così,
ed ho già pronto quello che gli serve.
Gli afferro la mano e lo tiro su,
semiseduto, poi, quando si è stabilizzato, gli faccio
afferrare la tazza, ma per sicurezza non la lascio. Non mi fido della
sua presa, ed a ragione.
-Che è successo? Dove sono?-
-Sei alla bottega. Ed hai bevuto
troppo. Bevi questo: ti farà sentire meglio-
-Peggio sarebbe difficile... tanto vale
provare le tue pozioni-
Fa ancora lo spaccone, ma nemmeno
riesce ad aprire gli occhi per il dolore, e sono io ad accompagnare
la tazza fino alle sue labbra.
Lui beve storcendo il viso per l'amaro,
ma io non gli permetto di lasciare nemmeno una goccia.
-Bleah! Era terribile!-
-Ma ti farà bene. Piuttosto,
come sai che non ti sto avvelenando?-
Lui sghignazza e per un attimo sembra
tornato il solito insopportabile presuntuoso.
-Ci hanno già provato e fino ad
ora non ha mai funzionato nulla. Sono proprio curioso di trovare il
veleno che riuscirebbe ad uccidermi, ma non prima di aver sistemato
certi altri... affari-
-Come scoprire se hai davvero ucciso il
Conte Lucio?-
-Come fai a saperlo?-
-Me lo hai detto tu ieri sera. Eri
ubriaco ed hai straparlato-
-Capisco... che peccato! Pare che non
mi protegga dagli inconvenienti dell'alcol-
Intanto cerca a tentoni attorno, con
solo un occhio socchiuso, e finalmente trova la sua benda.
Quando riesce a sistemarla sopra
l'occhio destro allora tenta di aprire per bene anche il sinistro.
-Ah! Così va meglio!-
-Che non ti protegga cosa?- gli chiedo
io ignorando la sua esclamazione.
-Ah, questa sarebbe una storia
interessante, ma se permetti adesso ho io qualche domanda. Prima di
tutto cosa ci faccio qui? Siamo nella tua bottega, non è vero?
Riconosco l'odore di tutte quelle robe che usava Asra per i suoi
intrugli-
Vorrei fargli notare che le erbe usate
dai maghi sono le stesse usate dai medici, ma non voglio imbarcarmi
in una polemica inutile.
Intanto lui continua a guardarsi
attorno e recupera anche il suo guanto che era rimasto appoggiato sul
comodino.
Per un attimo tutti e due siamo
coscienti del marchio sulla sua mano, ed allora per spezzare la
tensione preferisco rispondere alla sua domanda.
-Avevi bisogno di un posto sicuro in
cui passare la notte. Te l'ho detto, ieri sera eri ubriaco fradicio-
-Un deplorevole inconveniente, lo
ammetto. Mi dispiace di averti imposto la mia presenza e di aver
abusato della tua pazienza, della tua ospitalità e delle tue
magie. Posso sapere perché continui a cercarmi? Forse perché
non ho pagato quella lettura delle carte? Se è questo il
problema...-
Non ricorda che ieri sera gli ho chieso
del conte o del resto della nostra conversazione? O forse lo ricorda
ma da sobrio non ne vuole parlare.
-La Contessa Nadia mi ha dato
l'incarico di trovarti e di consegnarti alla giustizia per l'omicidio
di suo marito- lo interrompo.
-Oh-
Oh? Davvero? È il suo unico
commento?
Per un attimo sembra pensieroso, poi
però mi scocca di nuovo quel ghigno storto.
-Bè, i miei complimenti,
apprendista di magia! Hai catturato l'assassino del conte!-
Accidenti! Julian è davvero un
corvo chiassoso, non ci sono dubbi!
Mi rivolge uno sconclusionato inchino a
braccia a perte, che lo fa sembrare ancora più strano, dal
momento che è ancora seduto sul letto.
-Piantala-
-Cosa? Non è una soddisfazione?
Hai portato a termine il tuo incarico ed avrai per sempre la
gratitudine della Contessa, oltre alla taglia sulla testa di questo
miserabile, ovviamente. Hai di che...-
-Piantala ti ho già detto-
Quest'uomo mi fa venire mal di testa!
Altro che la sua sbronza!
-Ecco cosa faremo- gli dico -È
ancora presto e le strade non sono affollate. Tu ti metterai addosso
il tuo cappotto, ti coprirai per bene la faccia, e poi uscirai dalla
porta sul retro. È chiaro?-
-Ah, certo! Il tuo è un
ottimo... aspetta, che? ... mi lasci scappare?-
-Diciamo che ti concedo un vantaggio.
Non mi mancano i modi per rintracciarti, come hai potuto vedere-
Lui mi scruta per alcuni secondi. In
silenzio... incredibile!
-E perché faresti una cosa del
genere? Perchè non consegnarmi subito alle guardie?-
Per un attimo esito. Lui non è
lo stesso uomo che ha pianto tutta la notte rannicchiato sul mio
letto per non essere riuscito a salvare delle vite.
Da sobrio è irritante,
smargiasso, ed antipatico dietro la facciata di raffinatezza, mentre
da ubriaco era... era davvero lui. Ma non è il momento di
dirglielo.
-Anche io devo chiarire delle cose.
Come ti ho già detto, so come rintracciarti, per questo ti
concedo il tempo di trovare le tue risposte mentre io cerco le mie-
-La Contessa ti ha ordinato di trovare
me, non di indagare. Perché hai bisogno di altre risposte
oltre l'uomo ricercato a portata di mano? Perché dovresti
lasciarmi andare?-
-Perché non posso consegnare un
innocente all'impiccagione-
-Ah, ma io sono davvero innocente?-
Sembra che lo faccia apposta. Per
qualche oscuro, masochistico motivo, a quest'uomo piace farsi
detestare.
-Non lo sei?-
Torna serio.
-Vorrei tanto saperlo-
-Ed allora sbrigati ad uscire dalla
porta sul retro-
Ancora una volta è a corto di
parole, e per fortuna ci resta. Però sorride, e non come le
altre volte. Sorride timido, come se non osasse essere davvero
felice, ed io so che questo è il suo vero sorriso.
Si alza lentamente, come
stiracchiandosi, probabilmente per essere certo del suo equilibrio, e
poi prende a tentare di sistemare i vestiti spiegazzati.
-Pare che io ti debba molti favori...
la lettura, l'ospitalità, la pozione per la mia povera testa
dolorante... e questo vantaggio. Spero di poter saldare il conto un
giorno-
-Mi basta che tu cerchi di contenerti
nel bere, da ora in poi, e saremo pari-
Scoppia a ridere divertito e poi si
avvicina a me, prendendomi il mento tra due dita.
-Ah, come è debole la natura
umana! Cosa non farei per un viso così affascinante? E va
bene! Prometto che... che proverò... a contenermi. Va
bene così?-
Sorride a pochi centimetri dal mio viso
ed io distolgo lo sguardo prima di arrossire troppo.
Non so dove guardare. I suoi occhi
grigioverde mi mettono a disagio, ma guardando in basso c'è la
sua camicia a perta sul petto che non mi aiuta neanche un pochino.
-Va... hem... va bene così-
Lui annuisce
-Ci rivedremo, Maru... spero in
circostanze migliori-
Si infila il cappotto con uno dei suoi
svolazzi teatrali e poi mi saluta con sue dita sulla fronte ed un
sorriso sghembo che forse nelle sue intezioni dovrebbe essere
affascinante.
-A buon rendere!-
E sparisce giù per le scale.
Poco dopo sento la porta al piano di
sotto chiudersi e dalla mia finestra vedo la sua sagoma alta e scura
correre via e sparire nella nebbia del mattino.
Non so ancora se ho fatto bene.
O meglio, so di aver fatto bene, ma non
so dove questa cosa potrebbe portarmi.
Solo le carte potrebbero saperlo, e
forse, con un tipo come Julian, nemmeno gli Arcani ne sarebbero
troppo sicuri.
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Cantuccio dell'Autore
*Gruppo i sostegno per quasi trentenni
che giocano i giochi di ruolo... Ciao a tutti, mi chiamo Makochan. Ho
scaricato su smartphone il gioco “The Arcana” ed ho
giocato tutto il prologo e Julian Route in poco più di una
settimana. E sono perdutamente innamorata del personaggio di Julian
Devorak *
Scherzi a parte, quel gioco è
bellissimo!
E poichè quando a me piace una
cosa mi sento in obbligo di esprimere la mia devozione scrivendo
fanfiction, ecco qui la mia versione alternativa dell'incontro al
Rowdy Raven tra il mio personaggio ed il Dottor Julian Devorak nel
prologo.
È più ampia e dettagliata
per due ragioni: la prima è che io avevo già scelto
Julian da quando gli ho spaccato la bottiglia in testa (Ah, l'amour!)
e la seconda è volevo dare più spazio alla personalità
del mio personaggio.
Ed è una versione diversa perché
io e l'hurt comfort camminiamo a braccetto. D'altra parte una scena
con Julian tormentato dagli incubi c'è davvero nel gioco, io
l'ho solo calcata di più.
Spero che vi sia piaciuta.
Fatemi sapere se avete giocato anche
voi quella meraviglia, ed in caso che personaggio avete scelto.
Makochan
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