Condannato
Alessio Ferrari per l’omicidio del fratello, avvenuto
quarant’anni prima a causa dell’omosessualità
della vittima.
L’immagine
della giornalista, ad un tratto, scomparve.
Pochi
istanti dopo, venne sostituita da quella di un uomo alto, anziano,
con corti capelli bianchi, che veniva trascinato da due poliziotti
verso una gazzella della polizia.
Gli
occhi azzurri di Angelo, fissi sullo schermo, si riempirono di
lacrime e le lenti degli occhiali si appannarono. Erano trascorsi
anni da quella tragedia, ma la giustizia, finalmente, era giunta.
Finalmente,
il suo compagno Andrea aveva avuto giustizia.
Si
alzò dalla poltrone e, a passo svelto, si avvicinò alla
credenza e, su di essa, era poggiata una foto.
Nella
pellicola, era impressa l’immagine di un giovane uomo alto e
robusto, con corti capelli biondi e occhi grigi, che fissavano decisi
l’obiettivo.
Il
suo braccio, con un gesto protettivo, cingeva le spalle di un uomo
poco più basso di lui, ma più tarchiato, il volto
circondato da folti ricci rossi e gli occhi azzurri.
Il
primo indossava una maglia bianca, pantaloni neri e scarpe blu scuro,
lucide, mentre il secondo vestiva una giacca nera, pantaloni blu e
scarpe un poco più scure della giacca, a punta triangolare.
Con
dita tremanti, accarezzò la fotografia. Gli bastava toccare
quei frammenti di pellicola e i ricordi di loro due emergevano.
–
Amore
mio… Mi mancano i nostri momenti. – mormorò. Fin
da quando aveva dodici anni, aveva scoperto di non provare nessuna
attrazione per le donne.
I
suoi occhi di fanciullo, scosso dai primi turbamenti, si fissavano
sui compagni maschi.
Erano
loro a scuotere i suoi sensi.
Per
fortuna, la sua natura riservata gli aveva impedito di fare scorgere
i suoi sentimenti.
Ma
quella ritrosia si era frantumata davanti ai meravigliosi occhi grigi
di Andrea Ferrari, figlio dell’ingegnere Ferrari Domenico.
Si
erano conosciuti durante una cena di lavoro dei loro padri e,
parlando, avevano scoperto di avere molte cose in comune.
Entrambi
adoravano i film di Marlon Brando e di Montgomery Clift, i classici
russi e il nuoto.
Quante
volte si erano abbandonati alla passione sulle spiagge deserte di
Ostia...
Le
sue dita, in uno spasmo d’amarezza, si strinsero attorno alla
fotografia. Quel legame, malgrado la giovane età, si era
tramutato in amore.
Parevano
i legami indissolubili dei film d’amore visti da sua madre,
Giovanna, con tanto trasporto.
–
Eravamo
gli elementi sbagliati… – singhiozzò l’uomo,
amareggiato. Se uno di loro fosse stato una ragazza, il loro legame
sarebbe stato riconosciuto e legalizzato.
Non
avrebbero sentito quel senso di colpa opprimente.
Anzi,
si sarebbero sposati e avrebbero avuto tanti figli.
Sarebbero
stati una famiglia meravigliosa.
Ma
erano due omosessuali.
Due
invertiti.
Erano
malati!
Eppure,
non avevano fatto nulla di male contro gli altri.
Due
anni dopo, al compimento dei loro diciannovesimo compleanno, Andrea
Ferrari erano stato trovato morto sulla spiaggia.
Il
suo corpo erano piegato in posizione fetale e nella mano destra
stringeva un foglio, nel quale era confessata la sua colpa.
Era
omosessuale e non riusciva a vivere con un tale rimorso.
Nella
mano sinistra, invece, stringeva una pistola e il suo volto era
dilaniato da un colpo di proiettile.
–
Che
ingiustizia… – ringhiò l’uomo.
Si
sedette di nuovo sulla poltrona e rimase immobile, la foto stretta
contro il petto. Quando aveva veduto il cadavere di Andrea, si era
ben accorto della sciarpa attorno al suo collo.
Era
una stranezza, perché Andrea era morto in una giornata estiva.
Come
era possibile? Perché la polizia non si era accorta di nulla?
Il
peso della consapevolezza, presto, lo aveva sommerso al funerale di
Andrea. Si creava un ritratto fasullo, buono per l’alta
società.
Inoltre,
si era accorto del contegno assai freddo di suo fratello e dei suoi
guanti.
Eppure,
erano in una giornata assai calda.
Un
atroce sospetto, in quel momento, era sorto nella sua mente. Alessio
si era macchiato di un orribile fratricidio.
Ne
era certo.
Probabilmente,
aveva saputo dell’omosessualità del suo fratello e, in
nome di un distorto senso di onore, aveva ucciso Andrea, facendolo
passare per un caso di suicidio.
Con
la funzione, la vicenda di Andrea Villari era stata relegata al campo
delle chiacchiere velenose.
–
Era
tuo fratello… – mormorò. Quelle esequie, tanto
penose, gli avevano svelato il velo dell’ipocrisia.
E,
da allora, aveva deciso di non nascondersi più dietro un
paravento.
Aveva
vissuto la sua omosessualità in maniera aperta e aveva dato il
suo contributo alla lotta per i diritti delle comunità LGBT.
E,
grazie all’aiuto di un investigatore deciso e risoluto, era
riuscito a fare riaprire il caso.
Doveva
ringraziare Domenico Villari e la sua testardaggine taurina, se erano
riusciti a condannare Alessio Ferrari.
Ne
ricordava gli occhi castani scintillanti di gioia, quando gli aveva
parlato della riapertura della vicenda.
Si
allungò sulla poltrona e strinse la foto contro il petto.
Finalmente, tutto si era concluso.
Un
cerchio di dolore e amarezza si era chiuso.
–
Ti
amo, Andrea… – mormorò, la voce flebile.
Poi,
chiuse gli occhi.
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