Namae wo Yobu yoTitolo: Namae wo Yobu yo
Autore: SignorinaEffe87
Prompt: 23. Parole Nuove (Keywords Challenge; Non Solo Sherlock - Gruppo Eventi Multifandom)
Fandom: Videogiochi > Ghost of Tsushima x Sekiro: Shadows Die Twice Crossover
Genere: Alternate Universe - Yakuza vs Police, One-shot, Slice of Life
Personaggi: Young Yakuza!Sekiro, Child Protégé!Kuro
“Dovremmo avere una parola
d’ordine” annunciò Kuro, dopo aver finito di riempire la pagina del
quaderno di caratteri hiragana ben tracciati. Dal lato opposto del
kotatsu, Lupo smise di sonnecchiare con un occhio aperto e uno chiuso,
anche se non era del tutto sicuro di essere interessato a quella
conversazione: “Una parola d’ordine… per quale motivo?”
Kuro si picchiettò un paio di volte
le labbra con la penna cancellabile a forma di Totoro: “Ad esempio, se
un clan rivale mi rapisse, e potessi inviare un solo messaggio, ci
vuole una parola che ti faccia capire subito che sono in pericolo e
devi venire a salvarmi.”
In quello sciagurato caso, Lupo
avrebbe avuto bisogno di qualcuno che salvasse lui dagli Ashina, perché
significava aver fallito nell’unico compito affidatogli dal vecchio
boss Isshin in persona. Tuttavia, aveva già imparato, facendo la
guardia a quel bimbetto come un vecchio cane fedele, che recitare le
regole del Clan Ashina a Kuro non serviva affatto a smorzare il suo
entusiasmo, anzi, di solito gli faceva tirare fuori idee ancora più
assurde. Assurde e letali.
“Scrivimi il tuo nome, Lupo, in
kanji”: Kuro spinse dalla sua parte del kotatsu il quaderno e la penna,
quindi appoggiò il mento sulle mani e iniziò a fissarlo, con quello
sguardo dolce e insistente che rendeva impossibile persino a un Lupo
non obbedire ai suoi ordini. Sospirò piano, e scrisse i tratti sulla
pagina con una grafia leggera, uno alla volta, perché Kuro potesse
memorizzarne l’ordine: “Non credevo fossi già capace di leggere i
kanji.”
“Infatti non sono capace” borbottò
Kuro, molto arrabbiato con se stesso per quella mancanza, “È una noia
non riuscire a leggere niente, qui dentro, e i libri della scuola li ho
già finiti tutti.”
Sospinse di nuovo il quaderno verso
di lui; Kuro fissò il carattere a sopracciglia incurvate, come un
gattino in cerca del punto migliore per acciuffare una farfalla:
“Sembra difficile, ma lo imparerò di sicuro. Il mio primo kanji… Come
mai ti chiami così? Lupo non è un nome vero.”
Nonostante non fosse sempre facile,
era riuscito ad abituarsi alla rapidità con cui Kuro riusciva a
cambiare argomento durante le loro conversazioni, come se la sua mente
fosse un’ape sempre in cerca di un nuovo fiore su cui posarsi. Però,
questo era il genere di domande con cui quel bambino riusciva, con
tutta la sua preziosa innocenza, a colpirlo a morte. Avrebbe voluto
rispondergli che, quando sei l’unico sopravvissuto alla strage di un
clan e riesci a malapena a piangere attaccato alla mano del sicario che
ha deciso di adottarti invece di ucciderti, devi scegliere tra il
privilegio di non morire e quello di poter avere un nome come tutti gli
altri. Tuttavia, aveva già giurato a se stesso che lo avrebbe protetto
dal mondo in cui erano costretti a vivere ancora per un po’, quindi gli
raccontò solo la parte più innocua della verità: “Il Gufo ha deciso di
chiamarmi così, quando mi ha trovato. Dice che ho gli occhi di un
animale selvatico.”
“A me piacciono i tuoi occhi,
Lupo”: questa devozione innocente, questo sorriso segreto, solo per un
randagio, questo era il motivo per cui doveva mentire, finché riusciva
ancora a chiudere fuori dalla loro piccola realtà nascosta gli Ashina,
i loro nemici e le loro battaglie.
“Allora non ho bisogno di un nome vero. Sarò Lupo per sempre, per te, Kuro.”
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